Storia le cause delle rivoluzioni del 1848

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Storia le cause delle rivoluzioni del 1848

Le cause delle rivoluzioni del 1848
Le contraddizioni economiche e sociali scoppiarono prima che altrove in Francia, dove si registrarono due cattivi raccolti ed una crisi generale dell'industria e del commercio che provocarono fame e disoccupazione. Il regno di Luigi Filippo si era basato su un precario equilibrio tra vecchie classi aristocratiche, grandi magnati della finanza e borghesia industriale. Questo equilibrio, grazie ai ministri Thiers e Guizot, si mantenne finché durò la prosperità economica. Con la crisi tale sistema non fu più valido mentre si allargava il consenso attorno alle proposte liberali di allargamento del suffragio.
La repressione scatenata dal governo contro una manifestazione liberale fece esplodere la situazione: era la rivoluzione. Il re venne cacciato e si formò un governo provvisorio nel quale la presenza di una forte componente socialista determinò la formazione di un programma molto avanzato sul piano sociale:
1) venne introdotto il SUFFRAGIO UNIVERSALE maschile;
2) fu eliminata la pena di morte per reati politici;
3) fu abolita la schiavitù delle colonie;
4) fu fissata in 10 ore la giornata lavorativa;
5) fu garantito il diritto al lavoro. In tal senso furono istituiti gli ATELIERSNATIONAUX, cioè fabbriche cooperative di proprietà dello Stato, come aveva teorizzato Louis Blanc.
La rivoluzione parigina del 23 febbraio 1848 fu possibile grazie all'alleanza tra borghesia industriale e classe lavoratrice, alleanza destinata a durare poco dal momento che la borghesia voleva conquistare il potere politico.
La rivoluzione dilagò a macchia d'olio nelle capitali europee: Vienna, Budapest, Praga, Berlino, Venezia, Milano. Ovunque furono rovesciati i governi e costituiti i governi provvisori, nell'intento di promulgare una Costituzione per ridefinire l'assetto del sistema politico. Rapidamente però i contrasti tra moderati e radicali e l'esplodere di complesse questioni nazionali che si inserirono nel conflitto tra monarchia assoluta ed istanze liberali, non resero possibili gli equilibri politici auspicati durante la rivoluzione; così i sovrani e le vecchie classi dirigenti poterono riprendere il controllo della situazione.

 

 

Il 1848 in Italia: la Prima Guerra d'Indipendenza
Nel 1848 in Italia le rivolte furono diretta conseguenza dei moti parigini e viennesi e testimoniano la crescita del movimento liberale italiano che aveva fatto un passo avanti con l'elezione a Papa di Pio IX , che avviò una politica di riforme d'ispirazione liberale, concedendo un'amnistia per i reati politici ed istituendo una CONSULTA di STATO. Questi provvedimenti, pur non avendo intenti rivoluzionari, aprirono una nuova fase politica in Italia.
In Piemonte ed in Toscana i sovrani concedettero delle riforme istituzionali, concedendo una limitata libertà di stampa e cambiando in senso liberale l'ordinamento giudiziario e di polizia; questi provvedimenti erano stati da tempo auspicati dalle classi popolari e dall'opinione pubblica borghese.
Dove non furono fatte queste concessioni, come nel Regno delle Due Sicilie, esplosero le rivolte. A Palermo una rivolta popolare, che si estese anche a Napoli, costrinse il sovrano a concedere la Costituzione. Questo fatto ebbe ripercussioni in tutti gli Stati Italiani.
A Torino le pressioni popolari tendenti ad ottenere la Costituzione, costrinsero Carlo Alberto , diventato re dopo la morte dello zio Carlo Felice , a concedere lo Statuto, cosiddetto «Albertino» (4 marzo 1848) e fu subito imitato dal Granduca di Toscana .
Appena si sparse la notizia che a Vienna era scoppiata una sommossa liberale e Metternich era stato costretto alla fuga, la popolazione veneziana insorse, liberò dalle prigioni due noti patrioti, Manin e Tommaseo, che si posero alla guida dell'insurrezione e proclamarono la Repubblica dopo aver cacciato gli Austriaci.
La notizia si propagò nel Lombardo-Veneto: il 18 marzo Milano insorse ed in 5 giornate le truppe austriache furono sconfitte e costrette a rifugiarsi nel «QUADRILATERO » (formato dalle città di Mantova, Peschiera, Verona e Legnago). Anche le altre città lombarde insorsero mentre a Milano si formava un governo provvisorio diretto da forze moderate capeggiate da Gabrio Casati. A questo gruppo si contrapponevano i democratici capeggiati da Carlo Cattaneo e Angelo Cernuschi.
I fatti di Venezia e Milano si diffusero in tutta la penisola: a Parma gli insorti costrinsero il Duca a concedere la Costituzione, a Modena il Duca preferì abbandonare la città; colonne di volontari si mossero da ogni angolo d'Italia in aiuto dei governi provvisori di Venezia e Milano. Durante questi fatti, esponenti della borghesia liberale e dell'aristocrazia si erano rivolti a Carlo Alberto perché intervenisse contro l'Austria. I liberali moderati che guidavano i governi provvisori pensavano che solo con l'intervento di un esercito regolare si potesse sconfiggere definitivamente l'Austria. Questa richiesta era anche motivata dalla preoccupazione che le sommosse prendessero una piega radicale e repubblicana: le divergenze fra moderati e democratici rimanevano profonde, perciò i moderati puntavano sull'iniziativa sabauda per togliere spazio al movimento popolare e dare alla Casa dei Savoia l'immagine di difensore dell'indipendenza e dell'unità nazionale.
Premuto da queste sollecitazioni e dal timore che nel Regno di Sardegna si potessero verificare fatti analoghi a quelli di Milano e di Venezia, Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria il 23 marzo 1848 (PRIMA GUERRA D'INDIPENDENZA). L'entusiasmo dei liberali costrinse i sovrani di Toscana e Napoli e lo stesso Papa ad inviare contingenti di truppe in aiuto dell'esercito sabaudo. Dopo i primi successi (Milano, d'altronde, si era già liberata da sola!) la condotta militare suscitò molte perplessità per lentezza ed incertezze. L'eccessiva fretta con cui Carlo Alberto puntava all'annessione della Lombardia piuttosto che impegnarsi ulteriormente contro gli Austriaci, insospettì i rivoluzionari ed anche gli altri sovrani, che, uno dopo l'altro, a cominciare da Pio IX, ritirarono le truppe.
L'azione militare non procedeva perché Carlo Alberto era soprattutto preoccupato di chiudere ogni spazio all'iniziativa popolare ed ai democratici. In questo quadro le prime sconfitte piemontesi fecero precipitare la situazione. A CUSTOZA, dopo 3 giorni di combattimento, il 25 luglio Carlo Alberto si ritirò lasciando Milano nelle mani degli Austriaci ed il 9 agosto il generale Salasco firmò l'armistizio che determinò una crisi del movimento liberale aggravata dalla sconfitta dei moti insurrezionali nel Regno delle Due Sicilie, dove a maggio Ferdinando II di Borbone aveva compiuto un colpo di stato sciogliendo il Parlamento.
Ad uscire battuti furono soprattutto i moderati che avevano confidato nella monarchia sabauda; i democratici ed i repubblicani, trovando conferma alle loro idee, ripresero l'iniziativa politica: agitazioni democratiche ci furono in Toscana e costrinsero il Granduca alla fuga; esse diedero vita ad un Governo Provvisorio guidato da Guerrazzi e Montanelli.
Anche nello Stato Pontificio gli avvenimenti precipitarono: di fronte alle pressioni dei democratici Pio IX chiamò a capo del Governo un conservatore illuminato, Pellegrino Rossi, nella speranza di evitare un inasprimento della tensione politica. Il programma di Rossi urtò contro l'opposizione dei conservatori e del clero, ma risultò limitato ai rivoluzionari. Rossi fu da quest'ultimi assassinato ed il Papa abbandonò Roma per rifugiarsi a Gaeta; dopo poche settimane fu eletta un'assemblea costituente che, il 9 febbraio 1849, proclamò la fine del potere temporale del Papato e la fondazione della Repubblica Romana con a capo un triumvirato composto da Mazzini, Armellini e Saffi.

 

 

la crisi della rivoluzione in Europa
Già dalla seconda metà del 1848 la rivoluzione cominciò ad entrare in una spirale di crisi:
- in Francia l'alleanza fra borghesia e proletariato si infranse e prese corpo una soluzione conservatrice legata all'affermazione di un nuovo leader, Luigi Bonaparte, nipote di Napoleone, che prese il nome di NAPOLEONE III;
- in Germania i contrasti tra moderati e democratici non riuscirono a comporsi e le monarchie prussiana ed austriaca s'imposero di nuovo;
- in Italia, sotto la pressione dei democratici, riprese il conflitto austro-piemontese, sospeso dall'armistizio di Salasco. La guerra fu subito sfavorevole alle truppe piemontesi, perché l'Austria era in netta ripresa sul piano politico e militare; essa durò appena 80 ore ed il 23 marzo, a Novara, le truppe sabaude subirono una gravissima sconfitta che costrinse Carlo Alberto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Questi, a Vignale, firmò un armistizio particolarmente gravoso per il Piemonte, in base al quale l'Austria avrebbe occupato il novarese ed avrebbe avuta una guarnigione ad Alessandria.
L'esito della guerra diede nuove possibilità d'iniziativa ai conservatori. In Toscana i grandi proprietari ed il clero, grazie all'intervento armato dell'Austria, riuscirono ad abbattere il governo democratico, richiamando dall'esilio il Granduca. Solo Venezia e Roma rimanevano come focolai di rivoluzione; ma la vittoria di Luigi Bonaparte in Francia accelerò la fine della Repubblica Romana, mentre l'Austria stringeva d'assedio Venezia, già prostrata dal colera e dalla fame. Per guadagnarsi l'appoggio dei moderati cattolici e del clero francese, Luigi Bonaparte intervenne con un corpo di spedizione; sbarcato a Civitavecchia, costrinse la Repubblica Romana, nonostante l'accanita resistenza delle truppe comandate da Giuseppe Garibaldi, alla resa ed al reinsediamento con la forza di Pio IX. Anche Venezia, stremata dall'assedio, dalla fame e dal colera, avviò le trattative per la resa che avvenne, con l'onore delle armi, il 02 agosto 1849, esattamente un mese dopo il crollo della Repubblica Romana.
A Milano, a Vienna, a Praga, a Budapest, a Roma ed a Venezia la vittoria della controrivoluzione fu seguita da una reazione sanguinaria e barbara che lasciò sconcertata l'opinione pubblica liberale europea. Tutte le Costituzioni furono annullate, mentre quella francese si adattò a legalizzare la dittatura di Luigi Bonaparte. Solo nel Piemonte di Vittorio Emanuele II rimase in vigore lo Statuto Albertino.
Alla fine del 1849, accanto al Regno Sardo-Piemontese, l'unico Stato europeo retto da un regime liberale era l'Inghilterra, che rimase indenne dalla scossa rivoluzionaria del 1848, perché questo Paese aveva attraversato una fase rivoluzionaria diversi anni prima, nel 1839, quando si era sviluppato il MOVIMENTO CARTISTA. Nel 1842 e di nuovo nel 1848 il Cartismo tornò alla carica, senza avere migliore fortuna di quella che ebbe ai suoi albori. L'Inghilterra, comunque, non conobbe gli sconvolgimenti del 1848, non perché non vi fossero motivi di tensione sociale, ma perché le strutture politiche inglesi dimostrarono una straordinaria capacità di mediazione e di scelta. Il Paese aveva il sistema industriale e la classe operaia più forti d'Europa; nel corso degli anni '40 si moltiplicarono le leggi sociali sul lavoro, fino a quella del 1847 che riduceva a 10 ore l'orario di fabbrica. Esisteva un sistema di dazi doganali che accrescevano di molto il prezzo dei grani importati e consentivano ai produttori interni di avere alti profitti. I liberali inglesi combatterono a lungo contro questo sistema doganale e nel 1846, a causa del cattivo raccolto, fu addirittura un governo conservatore ad abolire i dazi sul grano. Erano scelte politiche che favorivano gli imprenditori industriali rispetto ai proprietari agrari, ma esse contribuirono anche ad allentare il malessere della classe operaia. Il sistema politico inglese dimostrava così una capacità di adattamento sconosciuta ad altri paesi europei e fu questo a consentire al Paese di evitare le violente lacerazioni del 1848.

 

 

Fonte: http://www.calamandrei2013.altervista.org/rivoluzioni_1848.doc

Sito web da visitare: http://www.calamandrei2013.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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