Usi e costumi degli indiani d’ America

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Usi e costumi degli indiani d’ America

Usi e costumi degli indiani d’ America

L'uso del termine Indiani, risale alle prime fasi dell'esplorazione del sub-continente nordamericano. Si giustificava col fatto che Cristoforo Colombo, col suo viaggio transoceanico intendeva trovare una rotta alternativa per giungere sulle coste del subcontinente indiano.
Il territorio degli Stati Uniti non vide la nascita delle grandi civiltà precolombiane del Centro-Sud America (Maya, Aztechi), ciò nonostante in questi territori vissero per millenni tribù organizzate sulla caccia e sull'agricoltura.

Nel Sud Ovest vissero tanto popoli di cacciatori-raccoglitori (fra cui gli Apache) quanto popoli di orticoltori, come i Mojave, i Navajo. Nonostante la sua aridità, la regione offriva considerevoli quantità di cibi selvatici, sia animali che vegetali, che fornivano il sostentamento necessario ai numerosi insediamenti, organizzati patrilinearmente o matrilinearmente. Erano frequenti le incursioni
contro gli orticoltori vicini.

La zona delle Pianure (ovvero le praterie che si estendono dal Canada centrale fino al Messico e dal Midwest alle
Montagne Rocciose) è sempre stata abitata da popolazioni che vivevano in piccoli gruppi nomadi al seguito delle grandi mandrie di bisonti, in quanto la caccia ha costituito la principale risorsa alimentare fino al 1890, anche se lungo il Missouri e altri fiumi delle pianure erano presenti forme di agricoltura stanziale.
Ma chi erano gli indiani delle pianure? Trenta tribù in tutto, tra cui le più conosciute erano Arapaho, Piedi Neri, Cheyenne, Comanche, Crow, Sioux e Wichita. La più grande e potente di tutte le tribù era quella dei Sioux, a volte chiamati anche Dakota.
Per i SIOUX nella scala di valori comportamentali il coraggio occupava il primo posto. Sin dalla prima infanzia, il coraggio di un uomo veniva costantemente messo alla prova dai membri più anziani della tribù. Piangere per la sofferenza, mostrare i sentimenti (anche amore e amicizia) troppo apertamente veniva considerato in maniera negativa. Poi, c'era la generosità. I membri della tribù che possedevano beni materiali dovevano dividerli con coloro che non possedevano nulla. Per i Sioux non era la ricchezza a definire lo status ma la generosità, specialmente nei confronti degli orfani, dei disabili e degli anziani.
Erano Sioux molti personaggi famosi, alcuni conosciuti tanto quanto i loro avversari bianchi. Tra questi Toro Seduto, Cavallo Pazzo, Nuvola Rossa.
Più a ovest dei Síoux c'erano i Cheyenne. Tra di loro molti. erano giovani audaci agguerriti; furono forse loro gli indiani che cercarono dì fermare il passaggio della ferrovia attraverso le loro terre, facendo deragliare una locomotiva e assaltando un treno in corsa. Nel corso del XIX secolo i Cheyenne rischiarono di estinguersi. I cacciatori di pelli avevano portato il vaiolo, che contagiò la popolazione, decimandola. Nel 1849 fu poi la volta del colera, portata dagli emigranti che infettarono più di un terzo della tribù.
Le pianure del Nordest erano territorio dei Crow e dei Piedi Neri. Le tribù Crow e Piedi Neri erano aggressive, in continua lotta tra loro e con molte tribù vicine; l'arrivo dei cavalli e il commercio delle pellicce, poi, contribuirono decisamente all'intensificarsi delle ostilità.


LA SOCIETA' INDIANA
L'organizzazione sociale degli indiani d'America era quasi ovunque incentrata sulla famiglia. Le popolazioni vivevano in villaggi spesso alleati tra loro; ogni villaggio era governato da capi che per decisioni importanti si riunivano in consiglio. In molte aree, le famiglie erano legate in clan.

Con tutte queste tribù che si spostavano nelle grandi pianure e parlavano dialetti diversi, fu necessario sviluppare un comune linguaggio dei segni. Il semplice sistema di comunicazione per mezzo di gesti era usato da tutti gli indiani dei Nordamerica, ma fu nelle pianure che questo tipo di comunicazione raggiunse la sua massima diffusione. Come qualsiasi altra lingua, cambiò continuamente e si diffuse sempre più finche la civiltà indiana delle pianure non venne distrutta.
Falco di Ferro rispose che era stato un dono del Grande Spirito. «Ai bianchi è stata data la capacità di leggere e scrivere» aggiunse. «A noi il Grande Spirito ha dato la capacità di parlare con le nostre mani e con le braccia, di mandare informazioni con gli specchi, le coperte e i cavalli; così, quando incontriamo indiani che parlano una lingua diversa dalla nostra, possiamo comunicare con il linguaggio dei segni.» Per esempio, per dire: «raggiungerò il mio campo nel giro di un mese» con il linguaggio dei gesti, bisognava dire: «luna finita, io arrivare mio campo».

Una delle attività più famose presso gli indiani era la caccia al bisonte, di cui esistevano centinaia di migliaia di esemplari in tutto il territorio, dal Canada fino al Texas.
«Con la pelle di bisonte facevano case, vestiti, scarpe e corde; dalle budella ottenevano matasse di fili che impiegavano per l'abbigliamento e la casa;
con le ossa realizzavano utensili vari; il letame lo usavano come legname visto che nelle pianure di legna non ce n'era molta; gli stomaci diventavano contenitori o borracce per l'acqua. Ne mangiavano la carne arrosto o cruda, strappata a mani nude o con un coltello. Ne ingoiavano grossi bocconi mezzi masticati, mangiavano anche il grasso senza cuocerlo, e quando non avevano altro cibo a disposizione ne bevevano il sangue. »
Come il cavallo, il bisonte entrò nella mitologia e nella religione indiana, diventando un animale sacro. Quasi ogni cerimonia importante includeva alcuni simboli che richiamavano quell'animale. La Danza dei Sole avveniva attorno a un'effigie di bisonte con danzatori che trascinavano teschi di bisonte legati ad aste a raggiera attorno ai loro corpi. Inoltre, il pelo del bisonte era di estrema importanza nella preparazione di medicamenti vari. Infine, senza l'aiuto dello spirito di un bisonte, nessun cacciatore aveva possibilità di avere successo nella caccia o in guerra.

Prima dell'arrivo dei cavalli, i bisonti venivano cacciati con diverse tecniche. Una delle leggende più famose narra che gli indiani cercavano di ucciderli spingendoli giù da alti dirupi per poi ripulirne la carcassa della pelle e della carne. Questo metodo veniva a volte usato da tribù che vivevano alle pendici delle Montagne Rocciose, dove non mancavano precipizi adatti. Negli spazi aperti delle ampie vallate, invece, non era facile trovare una mandria in prossimità di un burrone. Il metodo usato più comunemente era quello di isolare alcuni animali appartenenti a una mandria con l'aiuto di numerosi cacciatori e tentare di uccidere più bisonti che fosse possibile prima che questi potessero fuggire. Alcune tribù nelle pianure settentrionali misero a punto una trappola che consisteva nell'accatastare rocce e travi in modo da formare una V, ossia un tunnel all'interno del quale si poteva spingere l'animale per sopprimerlo.
Quando i cacciatori si avvicinavano alla mandria, venivano prese precise precauzioni per non spaventare gli animali. L'attacco veniva sempre sferrato controvento affinche gli animali non percepissero l'odore dei cacciatori e, dov'era possibile, colline, canyon o altre formazioni naturali venivano usate come riparo.
Alcuni cacciatori modificarono le armi dei bianchi per renderle adatte alla caccia al bisonte, altri invece preferirono continuare a utilizzare arco e frecce. «Bastava una sola freccia per stendere a terra un bisonte». «Miravano sotto la spalla e scoccavano le frecce con un forza da trapassare i polmoni dell'animale.» Francis Parkman vide un cacciatore Sioux Ogala conficcare una freccia così in profondità da farla scomparire dentro la carne dell'animale.
Di solito, dopo la caccia aveva luogo una grande festa. Verso sera, si accendevano enormi fuochi per cucinare i pezzi di carne migliori: teste, lingue e costole.

Quando gli indiani del Sudovest videro per la prima volta i CAVALLI ne furono spaventati e credettero che gli spagnoli che li montavano fossero dei mostri con testa e tronco umani e quattro zampe di animale. Per tutte le pianure si sparse la voce che quegli esseri spaventosi divoravano la gente, anche se tali credenze non durarono a lungo.
Pochi anni dopo l'arrivo dei primi esemplari, i cavalli iniziarono a essere considerati animali sacri inviati dagli dei per il bene degli uomini. Alcune tribù lì introdussero nei loro villaggi coprendo di panni il suolo che calpestavano. Dal momento che non esisteva un nome per il cavallo, dovettero inventarne uno. La parola cane era usata molto spesso, perciò dapprima definirono il cavallo «il grande cane dell'uomo bianco». I Sioux usarono le parole sunka wakan, ossia «caní misteríosi», e i Piedi Neri «caní daini».
Sin dalla nascita, gli indiani che abitavano le pianure entravano a stretto contatto con i cavalli. In alcune tribù, dopo il parto, le madri prendevano il cordone ombelicale del neonato e lo legavano alla coda o alla criniera del loro pony preferito; in altre tribù, invece, lo seppellivano sotto le orme lasciate dai cavalli per assicurare ai figli l'armonia con gli animali

Abitazioni
Gli indiani d'America vivevano in tende fatte di pelli nei climi più miti. Dove abbondava il legname venivano costruite case di legno, altrove si utilizzava la paglia per coprire semplici capanne: Le case di paglia dei Wichita erano prodigi d'ingegneria realizzati con materiali semplici.
Le attività in cui erano impegnate le donne ruotavano tutte attorno alla tenda. Si occupavano di tutto ciò che riguardava la sua costruzione, conciando le pelli secondo le esigenze. In un giorno solo con l'aiuto degli amici tutte le pelli necessarie per costruire una tenda potevano essere sparse a terra ed essere cucite insieme in forma semicircolare.
Per fare una copertura di medie dimensioni, servivano dalle quindici alle diciannove pelli, o comunque un numero dispari secondo la tradizione. I Cheyenne credevano che una copertura composta da un numero dispari di pelli avrebbe tenuto meglio. La struttura di sostegno della tenda era composta da circa venti pali, preferibilmente in legno di cedro, disposti su un cerchio dì circa quattro o cinque metri di diametro, fissati saldamente al terreno e con le estremità superiori coperte.
Le porte erano costituite da pelli di bisonte attaccate a una struttura di legno di salice. Dentro la tenda, al centro c'era il focolare, dove veniva sempre tenuta della brace accesa; il fumo usciva dall'apposito foro lasciato aperti in cima alla tenda.
In ogni tenda c'erano tre basse panche, usate di giorno come sedili e di notte come giacigli. Venivano coperte con pelli di bisonte per tenere lontana la pioggia che poteva cadere dal camino superiore durante i temporali. Nonostante le tende sembrassero perfettamente coniche, in realtà non lo erano. La parte posteriore veniva lasciata più corta delle entrate rivolte ad est per opporre maggiore resistenza al forte vento proveniente da ovest che soffiava sulle pianure.

LO SCALPO
Scotennare il nemico fu una consuetudine diffusa originariamente in alcune vaste zone dell'America del Nord. Lo scalpo era formato solitamente da una piccola parte rotonda del cuoio capelluto, larga 415 centimetri di diametro, che veniva staccata dì netto, a volte aiutandosi perfino con i denti. Se l'esecuzione era eseguita bene si sentiva il caratteristico flop della pelle che si staccava dal cranio; l'operazione era molto dolorosa, ma non mortale. Vi sono stati molti casi di persone scotennate e sopravvissute.
Alcune tribù usavano invece prendere tutta la capigliatura, staccando tutta la pelle: a volte gli scalpi, che avevano un grande valore, perché i parenti dell'ucciso avrebbero fatto di tutto per riaverli, anche pagando profumatamente, se l'uso della forza non era possibile. In molte nazioni scotennare un nemico significava privarlo della possibilità di raggiungere l'aldilà; lo scalpo era considerato un'estensione dell'anima e mantenendo la capigliatura dell'uomo si lasciava la sua anima vagare nella terra.
Gli scalpi dei soldati non avevano valore. II soldato bianco portava i capelli corti e combatteva in maniera diversa dai guerrieri indiani, un modo che non lasciava quasi mai spazio al valore individuale o a gesti audaci.
I Mescaleros, ad esempio, non scotennavano mai nessuno, perché avevano un sacro timore dei morti e            credevano che per loro ogni occasione fosse buona per tornare a molestare i vivi. Altre tribù Apache sottoponevano i guerrieri che avevano preso scalpi a riti di purificazione, per tenere lontano lo spettro del morto.
La colonia del Massachusetts pagava l'equivalente di 60 dollari, nel 1703, per ogni scalpo indiano. Le capigliature erano quotate a seconda dell'età e del sesso: ciò portò a marcare gli scalpi con alcuni simboli e colori tipici per ogni categoria di persona scotennata. Gli scalpi venivano raccolti da commercianti, che potremmo definire grossisti, impacchettati e imballati in confezioni di un centinaio di pezzi ognuna.
Ogni spedizione contava almeno 7001800 pezzi e veniva spedita via terra o via canoa. Dato l'alto valore in danaro degli scalpi, questo genere di traffico attirava molti individui senza scrupoli che pur di guadagnare non badavano tanto per il sottile a chi appartenesse lo scalpo, se a indiani amici o nemici,

le donne I loro compiti erano innumerevoli: scuoiavano animali, affumicavano la carne, confezionavano tutti gli indumenti, anche i mocassini, erano espertissime conciatrici di pelli: riuscivano a renderla morbida come un tessuto (una donna riusciva a conciare 4 pelli di montone all'anno), e poi raccoglievano la frutta, pestavano il mais e il miglio, cucinavano, montavano e smontavano le tende, e, naturalmente, accudivano i figli.
In effetti le donne erano oggetto di p
premure e di attenzioni: a cominciare dal mattino quando il marito spazzolava i capelli alla moglie (con una coda di porcospino attaccata ad un impugnatura decorata), le faceva le trecce e le dipingeva il viso
Il matrimonio era tenuto in grande considerazione presso i Sioux. La celebrazione (se così si può chiamare) consisteva nel fatto che il fidanzato andava a prendere la ragazza nel tepee dove alloggiava con la sua famiglia e la portava nella loro tenda (preparata precedentemente dalle donne imparentate con la sposa). Lei dava subito dimostrazione di essere a casa sua: accendeva il fuoco al centro della tenda, sedendosi al posto della moglie a destra del focolare, di fronte si sedeva il marito, nel posto proprio del capofamiglia. Senza altre formalità erano marito e moglie. Il matrimonio doveva essere consenziente, poteva esserci un accordo tra la famiglia di lei e quella dello sposo oppure si poteva fuggire mettendo entrambe le famiglie di fronte al fatto compiuto o ancora, in casi estremi, la donna veniva rapita direttamente, senza perdere tempo.
Se la cerimonia del matrimonio era piuttosto semplice e diretta, il corteggiamento era invece un rito lungo e complicato: un metodo molto diffuso era quello di mettersi sulla via dell' acqua e aspettare che le donne passassero per attingere l'acqua o per lavare i panni, afferrare la sottana o colpirla a distanza con dei sassolini. Se lei rallentava il passo significava che il corteggiatore aveva il permesso di affiancarsi e parlarle, se non era interessata lo avrebbe ignorato
Altro tipo di corteggiamento era quello della coperta: i corteggiatori si presentavano dopo il tramonto davanti al tepee della famiglia di lei e chiedevano di sedersi accanto alla ragazza, avvolgendola nella coperta. Se lei gradiva, la conversazione si prolungava, e non era raro che ci fosse qualche "approfondimento" reciproco della conoscenza del corpo dell'altro. Ma sempre da seduti. Era vietato sdraiarsi sotto la coperta. Se lei non gradiva, il corteggiatore veniva congedato in fretta.
In genere i divorzi erano dovuti ai tradimenti, ma se un marito infedele non poteva essere punito dalla propria donna (che aveva solo il diritto di andare in collera e di divorziare), per una donna infedele la punizione era peggiore : al primo tradimento il marito aveva il diritto di tagliarle una treccia (due se era particolarmente geloso) e se l'infedeltà era recidiva poteva arrivare a mutilarla tagliandole via il naso.

Religione
Gli indiani d'America coltivavano una grande varietà di credenze religiose. La maggior parte delle popolazioni venerava un'entità spirituale, origine di tutte le cose, che veniva identificata in diverse realtà o eventi: come luce e forza vitale (era allora rappresentata dal sole); come fertilità (e quindi aveva sede nella terra); come conoscenza e potere, di cui erano depositari principalmente alcuni animali, quali il giaguaro, l'orso, il serpente.
Alla base di tutta la spiritualità sioux esisteva una forza generale, che animava ogni cosa chiamata Wakan, specie di frammentazione del Grande Spirito della Natura, Wakan Tanka (il Grande Mistero). Fenomeni naturali come il vento, le stelle o la nascita di un bambino venivano considerati Respiro (frammenti) del Grande Mistero.
Wakan Tanka, era concepito come una forza invisibile presente in tutte le cose, ovvero si identificava con la stessa natura. Scrive Eastman:
agli elementi e alle grandiose forze della natura — il Fulmine, il Vento, l'Acqua, il Fuoco e il Gelo — si guardava con sacro timore come a potenze spirituali, ma sempre di carattere secondario e intermedio. Noi credevamo che lo spirito permeasse di sé tutto il creato, e che ogni essere avesse un'anima anche se in gradi diversi, e non necessariamente un'anima consapevole. L'albero, la cascata, l'orso grigio incarnano tutti una Forza, e come tali sono oggetto di venerazione.

C'erano complesse pratiche tradizionali come la ricerca della visione, il rito della Capanna dei Sudore e la Danza dei Sole si cercava proprio il contatto con il Grande Mistero . Per provocare visioni venivano spesso somministrati allucinogeni, tra cui ìl peyote, all'intemo di cerimonie caratterizzate da canti e digiuni. Peyote o Mescal Piccolo cactus privo di spine, dalla forma simile al tubero della rapa, diffuso in Messico e nelle regioni sudoccidentali degli Stati Uniti. Le infiorescenze grigiastre della pianta (dette bottoni di peyote o di mescal) hanno la forma di un fungo e contengono diversi alcaloidi, dei quali la mescalina è il più noto; essa è una droga piuttosto potente e pericolosa, che viene consumata sotto forma di diverse preparazioni, ottenute dai bottoni essiccati. La mescalina può provocare, in chi ne fa uso, un'alterazione delle percezioni sensoriali, ansia, eccitazione, tremori, anche se, diversamente da altre droghe

Importante era il culto dei morti, di cui erano ministri gli sciamani, un uomo o una donna in grado di avere esperienze extracorporee, di comunicare con gli spiriti e  di recarsi nel loro mondo; lo sciamano ha il potere di guarire dalle malattie, di interpretare i sogni e di predire il futuro, così come di assicurare il successo nella caccia o in guerra. Molte storie si narrano su individui capaci di mutare il proprio aspetto in quello di un animale, grazie a poteri magici o, talvolta, con l'inganno: uno di questi, le cui vicende sono tuttora oggetto di racconti assai diffusi, è Coyote, che riveste un ruolo di eroe culturale, ma che compare anche in veste di imbroglione licenzioso e avido.

totem Il termine viene comunemente utilizzato per indicare gli alti pali di legno sui quali alcune tribù indiane d'America, ancora oggi, incidono e dipingono le immagini degli animali-antenati. Il totem rappresentava il più delle volte una serie di animali e più raramente vegetali e fenomeni naturali. In molti casi esso diventava oggetto di culto della tribù che in esso vedeva il proprio antenato cui erano attribuite delle gesta mitiche.
Il totem viene scelto di norma da un individuo (che in questo caso stabilisce con il totem una relazione personale), oppure da un clan, che ne fa il suo emblema per distinguersi da altri gruppi o clan. Il totem è considerato un compagno o un aiutante e spesso gli vengono attribuiti poteri soprannaturali; è rispettato e venerato, ed è diffuso il divieto di cacciare o raccogliere l'animale o la pianta cui è riferito e di cibarsene.

La DANZA DEL SOLE veniva praticata quasi esclusivamente dagli indiani delle pianure e variava a seconda del ceppo linguistico. Si trattava di una cerimonia a cadenza annuale, che aveva luogo nella tarda primavera o all'inizio dell'estate, in cui abbondavano i simboli religiosi che rappresentavano la rinascita della tribù. I preparativi duravano circa quattro giorni: i festeggiamenti, che includevano danze, veglie funebri, digiuni, autotorture e visioni rivelatrici, ne duravano altri quattro.
«Per prima cosa le tribù invitate arrivavano al campo» «Ciascuna si accampava per conto proprio. Anche se alcune tribù erano storicamente nemiche, durante le Danze del Sole sospendevano le rivalità, si facevano visita, si stringevano la mano e formavano alleanze, trascorrendo alcune settimane in questo clima di armonia.»
Era diventato il palo che raffigurava il sole. Ai rami rimasti attaccarono dei sacchetti medicinali, un telo scarlatto e due sagome ritagliate dalla pelle del bisonte, una a forma di bisonte e l'altra a forma di uomo; ciascuna delle due figure era dotata di un enorme fallo che doveva rappresentare la vita e la fertilità della stagione estiva. Inoltre, saldamente attaccati alla cima del palo, una dozzina di lacci di cuoio lunghi fino a terra pendevano per i giovani indiani che dovevano compiere i loro voti e che erano in attesa dentro la tenda. "
Attorno al palo, furono piantati paletti di legno a formare due cerchi concentrici.
Alla prima cerimonia parteciparono i capi e gli anziani, marciando attorno al palo e rivolgendo gesti drammatici alle figure poste sulla cima del palo. Un banditore ufficiale della tribù diede poi inizio alle donazioni, invitando tutti a porgere doni alle vedove, agli orfani e alle famiglie povere I restanti giorni della Danza del Sole erano tradizionalmente dedicati ai giovani che dovevano sottoporsi a torture per far fede ai loro voti. Dopo rituali che variavano da tribù a tribù, circa una dozzina di partecipanti coperti solo da un panno sulle parti intime si presentavano al cospetto degli sciamani che incidevano i loro petti evi infilavano spilloni di legno che perforavano i loro muscoli pettorali. Gli spilloni venivano legati alle grosse briglie in pelle di animale che pendevano dalla cima del palo.
Così imbrigliati i danzatori si allontanavano finche il loro laccio non si staccava. A questo punto, con le braccia alzate al cielo e in bocca un fischietto dì osso d'aquila, i danzatori iniziavano a ballare rivolti verso il sole

DREAM CATCHER SECONDO LA CULTURA LAKOTA
Nei tempi antichi, quando il mondo era giovane, un vecchio uomo-medicina si trovava sulla cima di un monte ed ebbe una visione. lktome, grande maestro di saggezza ma un po' briccone, gli apparve sotto forma di ragno e gli parlo' in una lingua sacra. Disse al vecchio lakota dei cicli della vita, di come iniziamo a vivere da bambini passando dall'infanzia all'eta' adulta, e alla fine diventiamo vecchi e qualcuno si prende cura di noi come se fossimo diventati un'altra volta bambini, così' si completa il ciclo.
Mentre parlava lktome il ragno prese all'anziano un cerchio che aveva con lui, era un cerchio di salice al quale erano attaccate delle piume e delle crine di cavallo abbellite da perline e c'erano anche attaccate delle offerte sacrificali. Prese il cerchio e inizio' a tessere una rete all'interno, mentre tesseva continuava a parlare e disse: "in ogni periodo della vita vi sono molte forze, alcune buone e altre cattive, se ascolterai le forze buone queste ti guideranno nella giusta direzione, ma se ascolterai quelle cattive andrai nella direzione sbagliata e questo potrebbe danneggiarti. Dunque, queste forze possono aiutarti oppure, possono interferire con l'armonia della natura".
Mentre il ragno parlava continuava a tessere nel cerchio la sua tela, quando finì di parlare Iktome consegnò all'anziano il cerchio con la rete e disse: " la ragnatela è un cerchio perfetto con un buco nel centro, utilizzala per aiutare la tua gente a raggiungere i loro obiettivi, facendo buon uso delle idee, dei sogni e delle visioni. Se crederete in WAKAN TANKA, la rete tratterrà le vostre visioni buone, mentre quelle cattive se ne andranno attraverso il buco centrale".
L'anziano uomo-medicina raccontò questa sua visione alla sua gente e da allora i lakota ritengono l'acchiappasogni un oggetto sacro e lo appendono all'entrata dei loro tepee per filtrare i sogni e le visioni. Quelli buoni sono catturati nella rete e quelli maligni scivolano nel buco centrale e scompaiono per sempre.
Nelle leggende delle tribù diverse l'acchiappasogni è entrato nella cultura dei nativi, queste leggende sono diverse tra loro anche ma è ritenuto da tutti un oggetto sacro e che serve per filtrare i sogni.

Per la Nazione sioux, come per altri popoli nativi del Nord america, la pipa ( channunpa ) rappresenta I 'oggetto sacro per eccellenza, presente in tutte le cerimonie.
Secondo Alce Nero venne donata ai Lakota da Whope, Donna Bisonte Bianco, la bella, e anche nei racconti di altri informatori, pur con versioni un poco diverse, viene confermata questa origine. Ella diede precise istruzioni sul modo di usarla e sulle funzioni; assicurò inoltre ai Lakota che sarebbe stata presente ogni volta che la pipa fosse stata usata nel modo sacro e avrebbe portato le loro preghiere a Wakan Tanka (il Grande Mistero).
La pipa è composta di due parti: il cannello, che rappresenta l'albero della vita e il fornello a forma di T o di L, che simbolizza il mondo, la creazione. Quando non è usata, le due parti sono conservate separate in una borsa di pelle di daino o di cervo decorata. Poiché essa è dotata di grande potere e l'atto di collegarla equivale all'unione tra maschile e femminile, tra cielo e terra, tra mondo spirituale e mondo fisico, mantenerla collegata costituirebbe un sacrilegio.
Essa inoltre racchiude in sé altre simbologie: secondo Alce Nero, le penne che pendono dove il cannello si incastra nel fornello rappresentano tutti gli esseri alati, così che " tutti questi popoli e tutte le cose dell'universo si uniscono a voi che fumate la pipa, tutti mandano le loro voci a Wakan Tanka". I sioux fumano una mistura chiamata chanshasa, ottenuta prevalentemente con la corteccia interna essiccata del salice rosso alla quale vengono mescolate delle erbe aromatiche e, a volte, del tabacco. La pipa, offerta alle quattro direzioni, al Cielo e alla Terra, viene passata di mano in mano in senso orario e, seguendo un preciso rituale, fumata da tutti, che in tal modo si uniscono come fossero una cosa sola ed entrano in contatto con il mondo spirituale e allo stesso tempo è il respiro del Grande Spirito.
Nell' immaginario dei bianchi la Sacra Pipa è stata spesso identificata con la cosiddetta "pipa della pace", il che è indubbiamente riduttivo, per quanto la pipa potesse essere intesa anche come strumento di pace e riconciliazione, visto che tenerla in mano collegata e accesa e dire il falso è considerato un sacrilegio, un'offesa a tutto l'esistente.

Il rito ínípí o più comunemente chiamata sauna (anche se tale termine è a dir poco impreciso e riduttivo) era ed è uno dei più antichi della tradizione Lakota e di molte altre nazioni indiane del centro nord America. Il Lakota tramite l'inipicerca di rafforzare il proprio ní e simultaneamente di purificare il proprio corpo, ma essenzialmente è una purificazione interiore che permette di sentirsi più vicino al "Grande mistero".
L'inipi è collegato alla base di tutte le cerimonie importanti e in partícolar modo all'uso della pipa sacra. La capanna  è costituita da 12 o meglio ancora 16 rami di salice bianco che conficcati nel terreno e curvati formano una cupola del diametro 2 o 3 metri con l'ingresso generalmente rivolto a Est. Anticamente ricoperta da pelli di bisonte.
Ali' interno dell'inítí viene scavata una buca a forma circolare profonda circa 35-40cm che rappresenta l'universo e dove poi vengono deposte le pietre che rappresentano la terra progenitrice. Una volta che i partecipanti 0 maniera rituale e secondo precise regole entrano nella capanna, vengono introdotte le pietre arroventate (da un minimo di 7 fino a un massimo di 40) con un bastone biforcuto, una volta chiusa la capanna viene versata l'acqua sopra le pietre da colui che dirige la cerimonia e il calore che se ne sprigiona è molto elevato.

 

Fonte: http://parolevoci.altervista.org/materiali/indiani%20tradizioni.doc

Sito web da visitare: http://parolevoci.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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