Tecnologie alimentari

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Tecnologie alimentari

Scienze e tecnologie alimentari

Prima lezione

L’alimento è un prodotto vivo, vulnerabile e deperibile, e si modifica nel tempo.
Il consumatore chiede sempre più qualità.
L’alimento ha molti fattori di rischio per l’uomo, bisogna capire come evitare questi rischi adottando idonee tecnologie di produzione, trasformazione e conservazione.

La qualità è l’insieme di tutte quelle caratteristiche atte a soddisfare le esigenze del consumatore. La qualità è comunque in parte soggettiva dipende da consumatore a consumatore.
Il consumatore per vedere se è di qualità usa i sensi annusa, assaggia.
Il laboratorio verifica la qualità microbiologica, ogni alimento ha degli standard per dire se il prodotto è idoneo o no per il consumatore.
Hccp, significa controllo dei punti critici in tutta la fase di filiera produttiva, quindi non si guarda solo il prodotto finito come invece si faceva una volta, un controllo a valle, alla fine del processo, e se qualcosa non andava bene dovevo ritirare tutto dal mercato.
Con l’avvento di questo controllo integrato di filiera è possibile controllare a monte il processo e limitare la perdita di prodotto.
La qualità dell’alimento comprende numerose sotto qualità:
nutrizionale, organolettica, tecnologica, chimica e quella microbiologica che viene divisa in igienica e sanitaria.

Qualità nutrizionale: la valuto perché un alimento si può alterare, (ad esempio se cucino la verdura le vitamine  termo-sensibili vanno via) con trattamenti tecnologici (termico ad esempio) riducendo quindi l’apporto nutrizionale vitaminico.
Il trattamento termico può però influire anche positivamente, pensiamo alla patata, cruda non si può mangiare, anche perchè la patata contiene delle sostanze alcaloidi che sono tossiche che con la cottura vengono inibite.
Altro trattamento è la cottura alla brace, che fa la crosticina grazie alla reazione di Maillard che ha due effetti uno positivo che sono i composti buoni che danno profumo e gusto alla carne, l’altro negativo è che dalla reazione di Maillard si formano delle sostanze che possono essere tossiche, un’altra cosa è che in questa reazione una proteina si lega ad uno zucchero e questo complesso può essere difficilmente digeribile (la crosta del pane è meno digeribile della mollica).

Qualità organolettica: si intende il gusto, il sapore, l’odore, la consistenza tutto quello che il consumatore avverte quando mangia l’alimento. Significa inoltre capire se quel prodotto è alterato oppure buono (se è andato a male, se è acido ecc).
Le qualità organolettiche dipendono da alimento ad alimento, se ho un formaggio grana con delle grandi occhiature non va bene, mentre sono caratteristiche dell’emmenthal. Se ho una muffa sul formaggio non va bene ma sul formaggio verde si perché è una sua caratteristica.

Qualità tecnologica: ogni alimento ha delle qualità tecnologiche sulla base del prodotto in cui lo vogliamo trasformare. Ad esempio il latte (voglio fare il formaggio) analizzo contenuti di proteine di grassi ecc, coscia di suino voglio fare il prosciutto crudo, devo sicuramente stare attento al ph all’acidità, quindi qualità tecnologica significa attitudine alla trasformazione di quella determinata materia prima.

Qualità chimica: un prodotto alimentare dovrebbe essere esente da sostanze chimiche, in realtà l’agricoltura con i fertilizzanti l’allevamento con le cure per gli animali, negli alimenti un po’ di residuo c’è.
Ci devono essere dei limiti per salvaguardare la salute del consumatore. Ci sono altri momenti inoltre in cui l’alimento può essere sottoposto ad una contaminazione di tipo chimico, ad esempio in una industria alimentare dopo aver fatto una sanificazione; sono sicuro di rimuovere tutti i prodotti detersivi che ho usato? L’alimento potrebbe essere inquinato. Ci sono inoltre  gli aspetti di contaminazione chimica che derivano da un trattamento tecnologico ad esempio l’affumicatura che mi conserva gli alimenti ma che può comportare la produzione di idrocarburi policiclici aromatici che a lungo andare e per accumulo possono essere tossici alla salute.

Qualità microbiologica: e quella che preclude la commercializzazione, se un alimento viene analizzato e ha un livello superiore ai limiti di un determinante patogeno, non viene messo in commercio.
Non tutti i microrganismi sono dannosi e fanno male, alcuni li sfruttiamo ad esempio nello yogurt, o per fare il formaggio.

L’alimento deve avere un certo stato igienico sanitario, che noi dobbiamo perseguire durante tutta la filiera produttiva. Dalla materia prima (latte) al prodotto finito (formaggio) io devo mantenere, controllare la qualità del mio elemento soprattutto la qualità microbiologica.
Il latte dopo essere munto deve seguire la catena del freddo, bisogna fare attenzione alle temperature per evitare la proliferazione microbica, attenzione all’ambiente alle attrezzature alle cisterne di stoccaggio, utilizzare personale specializzato, se usiamo queste cautele avremo un prodotto finito con elevati standard qualitativi.
Per vedere se tutto è stato eseguito alla perfezione andiamo a ricercare nel prodotto i germi indice di contaminazione o indicatori di processo.

Qualità igienica: vado a vedere la situazione microbiologica dell’alimento.

Qualità sanitaria è una qualità essenziale che fa si che un alimento non sia dannoso al consumatore.

Quindi noi facciamo qualità per prevenire i fattori di rischio, che classifichiamo e riassumiamo in microbiologici, chimici e fisici.

Il rischio zero non esiste, non si può avere una qualità assoluta, ma bisogna cercare di avere la migliore qualità possibile.

Le principali cause di alterazione degli alimenti sono di tipo microbiologico e di tipo fisico chimico. L’alimento (o quando lo raccolgo da terra come l’insalata o quando lo macello come un bovino) può essere alterato da microrganismi e da enzimi oppure da fattori fisico chimici, ad esempio l’ossigeno (ecco perché conserviamo sottovuoto), o alterati dal calore con la variazione del contenuto idrico.

Enzimi: sono proteine che possono fare danno o “non danno” all’alimento, ad esempio taglio la mela e diventa nera, alcuni enzimi mi causano questo imbrunimento enzimatico. Oppure altri enzimi mi possono però far diventare la carne più morbida (frollatura attraverso gli enzimi proteolitici presenti all’interno del muscolo).

Microrganismi: li troviamo dappertutto, mi possono alterare dei caratteri organolettici dell’alimento (putrefazione, irrancidimenti, fermentazioni non desiderate, variazione di colore, mucillaggini, muffa). Sono tutti danni visibili, in altri casi io non posso vedere se l’alimento è alterato e può esserci una compromissione della salute anche se l’alimento è buono al gusto (le aflatossine nel latte non le vediamo).

Oltre a microrganismi ed enzimi che alterano il nostro alimento ci sono anche delle cause chimico fisiche come l’ossigeno (mela che diventa nera).
L’ossigeno va ad operare assieme agli enzimi (imbrunimenti) può causare irrancidimento dei lipidi (dei grassi) può inattivare delle vitamine fotosensibili (come il carotene).
Il calore: la prima cosa che fa è quella di favorire la proliferazione dei microrganismi e di alterare dal punto di vista igienico l’alimento, il calore può anche disidratare, ad esempio se lascio l’insalata a temperatura ambiente.
I prodotti possono alterarsi anche per l’effetto contrario di assorbire umidità, se prendo i biscotti e li metto in frigo (per evitare che proliferino i microrganismi) si rammolliscono (i biscotti secchi in realtà hanno una disponibilità di acqua libera che non mi permette la proliferazione dei microrganismi) i biscotti perdono caratteristiche organolettiche.

Noi dobbiamo capire quali sono le tecnologie alimentare che dobbiamo utilizzare a seconda del prodotto che abbiamo davanti, e in base ai risultati che vogliamo ottenere, in base a quanto che voglio il prodotto resti sul mercato prima di deteriorare (ad esempio se voglio un latte solo pastorizzato che mi duri qualche giorno o un latte sterilizzato che mi duri per più tempo).
Se vogliamo bloccare gli enzimi possiamo usare le alte temperature, oppure il freddo per un blocco momentaneo, oppure in molti prodotti vengono aggiunti degli antiossidanti per bloccare l’attività ossidante dell’enzima.
Se invece vogliamo bloccare alcune alterazioni di tipo chimico fisico (imbrunimento, l’ossidazione) agisco sulla tecnologia che applico in fase di confezionamento (sottovuoto, atmosfera controllata ecc).

Abbiamo visto che ci sono numerosi metodi di tecnologie, di tipo fisico, di tipo biologico e di tipo chimico per bloccare o limitare i fattori di rischio e quindi per preservare la qualità dei nostri alimenti.
Le prossime lezioni ci permetteranno di capire come agiscono le alte o le basse temperature, cosa succede con la fermentazione degli alimenti, perché posso conservare sott’olio e sotto aceto i peperoni per tanto tempo, oppure attraverso l’aggiunta di certi conservanti cosa succede all’alimento.

 

Le alterazioni degli alimenti: sapete che gli alimenti freschi vanno incontro a queste trasformazioni fisiche e chimiche e che in certi casi li rendono non commestibili. Questo problema della conservazione dei cibi è sempre stato preso in considerazione dall’uomo, la carne bisognava conservarla, i cereali lo stesso e infatti esistono molti metodi di conservazione, dalla salagione all’essiccamento all’affumicatura, all’utilizzo del ghiaccio, oppure in alcuni casi i prodotti venivano trasformati in altri prodotti per aumentarne la conservabilità.

Le prime industrie di conservazione nascono in Europa nell’800 per una serie di motivi, sia per il progresso tecnologico sia per il fatto che la società stava cambiando cominciavano a formarsi le città (lontane dai luoghi di produzione) che portano alla necessità di avere degli alimenti che potessero essere in qualche modo trasportabili e conservabili.
Però per conservare un alimento bisogna anche capire le cause che lo alterano, per contrastare meglio questa alterazione.
I microrganismi sono stati riconosciuti come i principali responsabili di queste cause di alterazione degli alimenti. Poi in realtà si è visto che questi microrganismi non agiscono da soli ma sempre insieme agli enzimi (sostanze di natura proteica) presenti in tutte le cellule. Sono prodotti dai microrganismi e in certi casi sono già presenti di per sé negli alimenti e permettono le reazioni, fungono da catalizzatori, se non ci fossero questi enzimi le reazioni avverrebbero con tempi non compatibili in qualche modo con la vita o con i bisogni metabolici.
Oltre agli enzimi e ai microrganismi, ci sono altre cause chimico fisiche  che portano all’alterazioni degli alimenti, l’ossigeno, le radiazioni, il calore, le variazioni di contenuto d’acqua.

Dove sono questi enzimi prodotti dall’alimento e presenti nell’alimento: gli alimenti sono organismi di origine vegetale o animale costituiti da cellule dotate di un loro patrimonio enzimatico. Dove si trova questo patrimonio enzimatico? È contenuto in questi organuli che si chiamano lisosomi.
Un lisosoma contiene anche 50 tipologie diverse di enzimi che sono in grado  di scindere e degradare molecole sia di natura endogena (quindi interna) oppure molecole di natura extracellulare. Capite che se poi all’interno di una cellula noi troviamo anche 200-300 lisosomi moltiplicato per 50 vuol dire che questa attività enzimatica all’interno di una cellula è notevole.
Una volta che l’organismo muore, questa cellula muore, di fatto questi enzimi contenuti nel lisosoma che vengono riversati all’esterno, iniziano tutta una serie di degradazioni.
Per quanto riguarda invece i microrganismi, questi vivono perché di fatto gli alimenti sono un ottimo substrato di crescita per i microrganismi stessi.
Che alterazioni possono dare questi microrganismi? Sicuramente un alterazione di quelli che sono i caratteri organolettici e del valore nutritivo, oppure una cosa di cui si parla molto che è la salubrità del prodotto.
I microrganismi che attaccano gli alimenti possono essere o aerobi o anaerobi.
Aerobi vuol dire che vivono in presenza di ossigeno, anaerobi vuol dire che possono vivere in assenza di ossigeno, in realtà spesso agiscono insieme, e alcuni possono vivere sia in presenza che in assenza di ossigeno.
Possono darci di solito un idrolisi delle proteine, quindi una rottura di queste proteine (putrefazione) idrolisi delle sostanze grasse e loro irrancidimento, idrolisi dei carboidrati e la fermentazione, ossidazione degli alcoli (trasformazione dell’alcol in acido acetico ad opera dei batteri acetici), e comunque tutti danno un cambiamento del sapore odore, rammollimento, marciumi, ci sono delle alterazioni macroscopiche, cambia il colore, si possono formare mucillaggini ad esempio nel vino si forma il filante che il vino sembra olio, oppure ci sono le formazioni delle muffe.
Da una parte possiamo avere questa alterazione di caratteri organolettici e del valore nutritivo, che in qualche modo spesso possiamo riconoscere (vediamo che l’alimento non è più come dovrebbe essere).
Quello che ci interessa molto è che queste modificazioni provocate da questi microrganismi mi danno una compromissione della salubrità dell’alimento (spesso sono colpa dei mal di pancia a cui non sappiamo dare una causa).
I microrganismi patogeni o possono essere trasmessi direttamente con gli alimenti e quindi noi li ingeriamo, oppure possono utilizzare l’alimento come substrato e quindi riprodursi, dare origine a tutta una serie di sostanze indesiderate come il botulino, ecc, e il problema delle micotossine, prodotte da funghi che fino ad una decina di anni fa si considerava solo per i paesi caldi o dove c’è scarsa igiene o gli alimenti conservati male, oggi è anche un problema nostro, oltre al problema salutistico è un problema per le industrie.
Queste micotossine possono essere anche ingerite dagli animali, a loro non fanno niente, vengono accumulate, passano a noi ecc.
È un problema per chi stocca cereali, farine e derivati, per il latte, per i mangimi.
C’è da dire che non tutti i microrganismi fanno male, l’industria alimentare non vive senza i microrganismi, e anche l’industria farmaceutica per la preparazione di certi antibiotici. Spesso i microrganismi si collegano a qualcosa che possa sempre far male.
Cause quindi di tipo biologico, questi enzimi o questi microrganismi e cause invece anche chimico fisiche.
La prima che si cita sempre è l’ossigeno, che mi dà questo problema di irrancidimento, (nei grassi acidi insaturi gli oli liquidi a temperatura ambiente), molte vitamine reagiscono con l’ossigeno per cui può esserci una rimozione del carico delle vitamine, poi tutta una serie di sostanze aromatiche che si sviluppano che sono negative, per cui l’aroma diventa un problema.
In realtà le quantità di ossigeno necessarie per alterare gli alimenti sono bassissime, nei succhi di frutta, si parla di 15 parti per milione.
Oltre all’ossigeno abbiamo il problema delle radiazioni, voi sapete che la luce e i raggi ultravioletti provocano tutta una serie di reazioni a catena oppure la luce come l’ossigeno reagisce con certe vitamine modificandole (per questo i succhi di frutta vanno messi lontano dalla luce).
Bisogna parlare anche dei raggi infrarossi, perché anche il calore modifica le qualità degli alimenti, se non altro perché un aumento di temperatura favorisce anche in certi casi la crescita microbica.
Anche le reazioni di tipo enzimatico, sono legate alla temperatura, ad una certa temperatura avvengono in modo più veloce.
Per cui sono tutti parametri che dobbiamo tenere sotto controllo quando vogliamo conservare i nostri alimenti.
Una cosa molto importante che da sempre noi abbiamo considerata per la conservazione degli alimenti che è la variazione del contenuto idrico.
Di fatto voi sapete che una disidratazione ( che in certi casi utilizziamo come metodo di conservazione) può darmi dei problemi se abbiamo dei prodotti freschi, (avvizzimento delle verdure a foglia).
L’essiccazione da questo punto di vista potrebbe essere un ottimo metodo di conservazione, diminuisce il volume del prodotto, non ho bisogno di temperature particolari, lo metto dove voglio, ma i prodotti essiccati devono essere messi in vendita con un umidità massima consentita per legge, quindi l’umidità deve essere controllata. Ad esempio i biscotti secchi se vengono tenuti in un ambiente umido tendono a rammollire, perdono freschezza e fraganza.
Visto che i microrganismi sono tra le principali cause di alterazione degli alimenti è giusto che uno a grandi linee li sappia collocare:
ci sono i batteri, sono organismi semplici, sono unicellulari, possono anche formare delle catene, hanno forme diverse, possono essere dotati di movimento se hanno dei flagelli, e come composizione spesso hanno una capsula esterna di sostanze mucillaginose, a cui segue questa parete che in base alla composizione divide i batteri gram positivi dai gram negativi, poi c’è la membrana all’interno della quale sono presenti una serie di organi interni e dove non c’è una membrana che mi separa il nucleo che è la cosa più importante che contraddistingue questi organismi molto semplici, che però hanno una grande capacità di adattamento.
Di tutto ciò cosa mi preoccupa, e cosa voi dovete tenere sempre a mente quando si parla di conservazione, si parla di alcuni di questi microrganismi che sono in grado di produrre queste spore, queste forme di vita latente, quando diciamo le condizioni ambientali non sono più consone per lo sviluppo di questi microrganismi si trasformano in queste forme di vita quiescente (?) che hanno una sopravvivenza enorme e nello stesso tempo che trovano un substrato di un alimento o comunque condizioni ambientali favorevoli per la loro ripresa dell’attività vegetativa e quindi si sviluppano, possono farlo.
Capite che questo innesca tutta una serie di problematiche a livello conservativo. Mentre di solito a noi interessano i batteri che utilizzano gli alimenti come fonte di energia. Secondo voi i batteri che fonti di energia utilizzano? Carboidrati, proteine o grassi? I carboidrati sono di solito la fonte primaria di utilizzo per tutti quindi anche per i batteri.
Le due grandi vie metaboliche sono la respirazione, quindi di togliere da questi carboidrati in particolare dal glucosio tutta l’energia presente trasformandola in anidride carbonica e acqua, oppure la fermentazione cioè in assenza di ossigeno non si può togliere tutta l’energia presente nei carboidrati, se ne toglie una parte e si formano però dei metaboliti intermedi, con dei vantaggi e degli svantaggi, in certi casi le fermentazioni sono utilizzate dall’industria alimentare in altri casi la fermentazione mi dà sostanze aromatiche pungenti odori acri, quindi causa di alterazione negli alimenti.
I funghi dal punto di vista evolutivo sono più complessi, li colleghiamo di solito con le muffe, certe muffe possono sopravvivere anche a temperature molto basse, anche all’interno dei frigoriferi, quando noi vediamo la muffa vuol dire che ormai siamo pieni, di fatto anche le muffe sono piccolissime, sono simili ai batteri (anche se non dal punto di vista di organizzazione cellulare) quando diventano tante, diventano visibili e per noi è un grande problema.
Le muffe si addentrano nell’alimento e poi hanno questa fluorescenza fungina sopra, da cui si staccano delle spore che vanno in giro per l’ambiente a depositarsi.
La caratteristica delle muffe è che hanno bisogno di aria.
Ci sono dei ceppi selezionati di muffe usati per la preparazione dei formaggi.
Assieme alle muffe ci sono i lieviti (produzione del vino della birra, panificazione), questi lieviti sono molto piccoli, hanno anche loro un organizzazione cellulare abbastanza complessa, ce ne sono alcuni che mi danno problemi, altri no .
I lieviti sono in grado di vivere sia in presenza che in assenza di ossigeno.
Perché ho fatto tutta questa carrellata dal punto di vista microbiologico, perché mi interessava definirvi queste che sono delle temperature molto importanti dal punto di vista della conservazione, alcune sono anche definite per legge, ci sono delle temperature che sono la minima, ottimale e massima di crescita.
Temperatura minima al di sotto della quale questi microrganismi in generale non sono in grado di sopravvivere, una temperatura ottimale quella che voi trovate scritta sotto tra i 15° e i 20°   25° e 40°  45° e 60° sono le temperature ottimali di crescita, per questi organismi psicrofili amanti del freddo, mesofili delle temperature intermedie, termofili amanti del caldo.
A parte alcune muffe che arrivano a svilupparsi a -5° in realtà di solito a livello alimentare oltre -5° non c’è nessun microrganismo che si sviluppa perché l’acqua passa dallo stato liquido allo stato solido, per cui in assenza di acqua anche loro non si sviluppano. Di solito nella fascia dei mesofili, tra i 25° e i 40° è quella anche che si collocano la maggior parte dei batteri patogeni.
L’umidità è importantissima per i microrganismi, anche per le muffe, perché oltre all’umidità c’è la questione della pressione osmotica, tanto meno acqua c’è più aumenta la pressione osmotica ……………… più difficile (?) diventa la vita dei microrganismi. Il ph è molto importante per loro, la maggior parte vive a ph attorno alla neutralità, i lieviti si differenziano da questo e anche le muffe che vivono a ph più acidi in particolare i lieviti.
Le radiazioni di solito sono una cosa non ben tollerata dai microrganismi, anzi la usiamo a scopo conservativo, e poi abbiamo tutta una serie di sostanze chimiche che possono favorire lo sviluppo di questi microrganismi, dagli acidi (di solito in ambiente acido pochissimi microrganismi sono in grado di vivere) ambiente basico anche qua fanno fatica a sopravvivere perché c’è questo potere dissolvente dell’eccesso di OH nei confronti delle proteine, tutto il problema dei metalli pesanti che quindi sfavoriscono (o favoriscono?) anche la crescita dei microrganismi, e un altro fattore che sfavorisce (o favoriscono?) la crescita dei microrganismi ma ognuno ha un suo target con azione tipica sono gli antibiotici.
Di  fatto queste fonti di contaminazione degli alimenti, possono essere da materie prime che sono già contaminate, l’ambiente, e quello di cui si parla molto sono le contaminazione dovuta alle pratiche da lavorazione.
Per cui c’è una microflora già presente nell’alimento, una microflora presente sulla superficie che interagisce con l’acqua, con l’uomo, con gli utensili, con i processi di lavorazione, contenitori ed ambienti di conservazione, vanno tutte ad influenzare questo nostro alimento, e noi con le tecniche di conservazione dobbiamo un po’ cercare di mediare il tutto.

3 lezione

Oggi entriamo in un argomento che ci interessa di più che è quello della conservazione e quindi e arriviamo alla così detta classificazione dei metodi di conservazione. Per alimento conservato si intende qualsiasi prodotto sottoposto a processi finalizzati a conservarne le caratteristiche nutritive sensoriali, mettendolo al riparo da un periodo più o meno lungo, da ogni alterazione che ne comprometta l’edibilità (è scritto anche nella slide). Sulla base di questo si possono definire le conserve le semiconserve o di prodotti trasformati.
Le conserve sono quei prodotti contenuti in contenitori più o meno ermetici che hanno una conservazione per tempi piuttosto lunghi o a bassa temperatura o a temperatura ambiente, le semiconserve sono tutti quei prodotti intermedi, abbiamo dei trattamenti di conservazione non particolarmente forti, pesanti, per cui la conservazione è limitata per cui spesso si associa anche a refrigerazione o conservati in atmosfera controllata o modificata (latte fresco pastorizzato), poi ci sono i prodotti trasformati con aggiunta di zucchero o sale o con l’affumicatura, sono trasformati perché il prodotto finale è con caratteristiche organolettiche e nutrizionali completamente diverse dal prodotto di partenza, per cui secondo alcuni i prodotti conservati sono a sé rispetto ai metodi di conservazione che invece tendono a mantenere inalterate le caratteristiche del prodotto, è pure vero comunque che la frutta se non la trasformo in marmellata non mi si conserva.
Nel tempo il concetto di prodotto conservato è cambiato, il latte che noi consideriamo fresco ha in realtà subito molti processi di conservazione, rispetto al concetto di 40 anni fa di prodotto fresco che era un prodotto appena colto ì, oggi tutti i prodotti che noi consumiamo hanno subito sicuramente una frigo conservazione, per cui tutti i prodotti (forse ad eccezione delle uova, che non possono subire dei processi di conservazione).
Qui vedete c’è un elenco dei metodi fisici che sono basati sulle basse temperature, refrigerazione, congelamento, oppure i metodi fisici basati sulle alte temperature, pastorizzazione e sterilizzazione, c’è poi la disidratazione c’è l’utilizzo delle radiazioni poi c’è l’atmosfera controllata, poi ci sono i così detti metodi chimici che sono i conservanti naturali o artificiali, i metodi chimico fisici che è una via di mezzo che è l’affumicatura, e i metodi biologici che sono le fermentazioni, perché comunque quando un prodotto è fermentato subisce una trasformazione e quindi arriva ad un altro prodotto che comunque subisce una trasformazione.
Alcuni classificano anche i vari metodi di conservazione in funzione delle cause di alterazione verso cui sono rivolti, per esempio i metodi di conservazione contro i microrganismi, contro l’attività enzimatica oppure per cercare di impedire le alterazioni chimico fisiche di questi alimenti, confezionarli, evitare che siano a contatto con la luce, con l’aria, con il calore. Di solito tutti  i metodi che sono rivolti contro i microrganismi sono anche efficaci contro le attività enzimatiche.
Andiamo a vedere adesso queste modificazioni che avvengono acarico dei principi nutritivi durante la conservazione. È ovvio che alcune sono volute, guidate perché sono poi un pregio nel mio alimento, altre possono essere indifferenti, altre mi possono modificare le caratteristiche nutrizionali degli alimenti, le trasformazioni che avvengono ad esempio nella stagionatura dei formaggi, degli insaccati che sono tutta una serie di modificazioni a carico dei principi nutrizionali che per noi sono delle cose gradite e che vogliamo che avvengano, viceversa ci sono tutta una serie di trasformazioni che invece sono sgradite perché portano una serie di caratteristiche organolettiche anche piuttosto consistenti, pesanti, in certi casi l’alimento non è più utilizzabile.
Partiamo da quelle a carico delle sostanze grasse, dei lipidi, noi le vediamo in sostanza in funzione dei trigliceridi, siccome le sostanze grasse nei prodotti alimentari sono rappresentate al 98% dai trigliceridi  noi andremo ad occuparci appunto di queste modificazioni a carico dei trigliceridi.
La prima è la così detta idrolisi o inaridimento del prodotto. Le cause che la portano sono acqua, cos’è l’idrolisi o inaridimento, voi vedete che c’è il trigliceride formato da glicerina più tre acidi grassi, si liberano queste tre molecole di acqua (potevano liberarsene solo due o una formando i monogliceridi o i digliceridi) formando glicerolo con tre acidi grassi (o glicerolo unito con un solo acido grasso o glicerolo unito con due acidi grassi). A noi questo perché preoccupa? Di solito questo enzima, queste lipasi sono di origine batterica, dove lo troviamo questo inaridimento, lo troviamo soprattutto in sostanze che sono ricche di grassi dove c’è anche acqua presente, grassi di origine animale (burro per esempio) a noi perché preoccupa? Perché non è tanto che sia un problema che determina un acidità dell’alimento, ma perché alcuni di questi acidi grassi poi portano odore e sapore sgradevoli, noi vediamo il problema in quel senso. Come la posso bloccare, in realtà cercando di mantenere in buone condizione gli alimenti, quindi al riparo della luce, al riparo dall’umidità ( ma se ce l’hanno gia dentro non faccio più niente). Quello che si può fare invece è proprio, siccome i lipasi sono enzimi di origine batterica, cercare di prevenire la formazione e la contaminazione di questi batteri, quindi con l’aggiunta di antimicrobici.
Per quanto riguarda invece l’irrancidimento di tipo chetonico, avviene su acidi grassi, da qualcosa che si è liberato dall’idrolisi dei trigliceridi. Vedete in presenza di enzimi si libera un chetoacido perché c’è un doppio legame con l’ossigeno, esce una molecola di anidride carbonica e si forma un diacil chetone. Sono anche queste delle sostanze abbastanza puzzolenti, che in certi casi vogliamo come ad esempio il gorgonzola, le muffe sono le responsabili proprio della formazione di questi tipi di aroma.
Per quanto riguarda l’ultimo tipo di irrancidimento che avviene a livello delle sostanze grasse, che è l’irrancidimento di tipo ossidativo, è abbastanza complesso perché avviene in tre fasi. Una fase di induzione, una fase di propagazione e una fase di terminazione, è uno di quei processi chimici che quando inizia non si fermano più, fino a che tutte le sostanze chimiche non hanno reagito tra di loro, allora, intanto vedete di solito parte con l’assorbimento dell’ossigeno da parte di acidi grassi insaturi, quindi noi qua parliamo di oli, liquidi a temperatura ambiente. Quindi soprattutto oli che hanno subito dei trattamenti ed hanno perso delle sostanze antiossidanti naturali come ad esempio la vitamina E. Gli oli rettificati sono più soggetti a questo tipo di alterazione, (gli oli di semi sono tutti rettificati), oltretutto è anche favorito dalla clorofilla, per via fotochimica, quindi in realtà gli oli che sono liquidi, che sono ricchi di questi grassi acidi insaturi, che sono stati anche rettificati hanno anche delle sostanze che tendono ad attivare il processo.
Adesso vi spiego come funziona la reazione, intanto vedete RH è un acido grasso che in presenza di luce, calore e metalli a questa scissione che si dice di tipo emolitico nel senso che il legame covalente si scinde però rimane un elettrone a carico di entrambe le sostanze. Per cui vuol dire che si formano delle sostanze estremamente reattive, in presenza di ossigeno (secondo passaggio) reagiscesubito e forma questo radicale idroperossi che a stavolta è estremamente reattivo e tenderà all’equilibrio per cui reagisce con un altro acido grasso per arrivare a formare un idroperossido, però ho sempre la formazione di un radicale libero, quindi sostanze sempre estremamente reattive, questo è un po’ anche la base di quello che avviene in natura per l’invecchiamento cellulare.
La propagazione: la fase di induzione che è la prima finisce con questa formazione di idroperossido che è stabile e di questi radicali che si formano, però vedete nella seconda fase di propagazione succede che gli idroperossidi possono reagire tra di loro e decomporre anche qua in dei radicali  o  alcossi o idroperossi che sono estremamente reattivi, poi possono reagire con altri acidi grassi, possono dare dei composti di decomposizione + altri radicali, fintanto che questo va avanti perché fin che reagiscono tra di loro (essendoci dei radicali liberi), arriviamo finalmente alla fase di terminazione quando non c’è più niente che può reagire e tutto si ferma (finchè abbiamo radicali la reazione va avanti).
Vedete che questi composti di decomposizione cioè alcoli, aldeidi, chetoni, idrocarburi sono quelli che sono responsabili di tutta la componente aromatica che si forma durante questa ossidazione. Vi dicevo prima che questo a noi preoccupa molto perché quando inizia non finisce più, una volta che si innescano queste reazioni di tipo a catena è difficile bloccarle.
Ovviamente i grassi saturi, non tendono ad avere una ossidazione così dei lipidi perché hanno già una loro stabilità dal punto di vista chimico.
Vedete che la fase di terminazione avviene quando tutti i radicali si trasformano in specie neutre (specie che non reagiscono più), gli idroperossidi sono considerati i prodotti primari dell’ossidazione (vi ricordate la prima parte) e però i prodotti secondari che ci preoccupano dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche sono proprio gli idrocarburi, esteri, aldeidi, chetoni.
Se si formano anche dei composti che intervengono nella reazione di Maillard, cosa posso fare io? L’unica cosa che posso fare è cercare di bloccare la prima fase, mettendo degli antiossidanti per cercare di bloccare la formazione dei prodotti primari, perché se blocco quella non va neanche tutto il resto, se invece mi parte la formazione dei prodotti primari mi vanno anche tutte le altre.
Dicevamo prima la clorofilla è un attivatore, l’alterazione interessa principalmente gli acidi grassi insaturi oppure saturi a temperatura maggiore di 60° (perché in questo caso la temperatura diventa un attivatore del processo), le precauzioni come si diceva prima è ridurre l’umidità, il contatto con l’aria, evitare i rialzi termici, il contatto con metalli pesanti, la luce, sono cose preventive perché una volta che comincia va poi avanti.
La fermentazioni: di solito avvengono a carico delle sostanze zuccherine, dei glucidi, sono comunque delle alterazioni dei nostri principi nutritivi, e comunque dei nostri alimenti, alcune sono desiderate altre assolutamente indesiderabili. Di solito la definizione di fermentazione è vera quella che è riportata qua, c’è un catabolismo, quindi si scindono le sostanze, anaerobio, in assenza di ossigeno, in sostanze organiche, prevalentemente glucidi, quindi zuccheri, ad opera di enzimi microbici, anche se alcuni tra le fermentazioni mettono anche le fermentazioni di tipo ossidativi, tipo la trasformazione dell’alcol in acido acetico, che non è sicuramente un catabolismo di tipo anaerobio, anzi in questo caso l’ossigeno è la cosa importante, perché senza l’ossigeno i batteri acetici non ci sono e non sopravvivono.
Le fermentazioni si distinguono in omofermentative e eterofermentative a seconda di quelli che sono i prodotti di degradazione che si vengono a formare, omo vuol dire uguali, etero vuol dire che si formano diversi prodotti di fermentazione, la prima che si ama ricordare è la fermentazione alcolica perché in realtà il vino si conosceva molto prima di conoscere i lieviti che sono gli agenti che provocano la fermentazione alcolica. La fermentazione alcolica ha come substrato il glucosio e il fruttosio, si forma alcol, anidride carbonica che dà questo senso di bollire di fermentare, però si formano anche tutta una serie di prodotti secondari come glicerina ed acidi organici molto importanti per i gusti e gli aromi.
Che fermentazioni ci sono: c’è la fermentazione omolattica, quella che avviene nella produzione dello yogurt, la fermentazione eterolattica è ad opera non solo di batteri lattici ma anche di lieviti e oltre ad acido lattico produce anche una minima quantità di etanolo, la fermentazione acetonbutilica ad opera di clostridi, indesiderati perché si forma acetone, la fermentazione propionioca invece è una che noi sfruttiamo sono dei batteri (proponici) nella formazione dell’emmenthal che danno la tipica occhiatura, poi la fermentazione butirrica si trova nei formaggi a lunga stagionatura che producono dei gas che spaccano le forme dei formaggi a crosta rigida (deprezzamento e depregiamento del prodotto).

Alterazione delle proteine e degli aminoacidi: potrebbero essere dovute a processi di trasformazione degli alimenti, per esempio la cottura, di fatto noi con la cottura trasformiamo le sostanze proteiche in un cosa che noi vogliamo, non è che sempre sono sfavorevoli per la salubrità degli alimenti, anzi spesso è una cosa che noi ricerchiamo. Oppure e questa è una cosa che mai non vogliamo imputabile all’azione degradativa di enzimi e microrganismi, non c’è da scherzare sulla degradazione delle proteine a livello di alimenti, tipico esempio sono i prodotti ittici, tutte le problematiche igienico sanitarie legate al consumo di prodotti ittici che non siano freschi, non parliamo di molluschi ma di pesce, sono proprio legate all’azione degradativa di enzimi presenti nell’alimento o di origine microbica a carico delle sostanze proteiche (con la formazione anche di sostanze tossiche, o che possono provocare serie reazioni allergiche incerti individui predisposti).
Adesso vediamo che cos’è questa denaturazione proteica: le proteine vengono classificate a seconda di una loro struttura, quindi in qualche modo questa denaturazione proteica che è la rottura di questa struttura di queste proteine, per rendere più stabili nell’ambiente che dopo si trovano, non è una rottura delle proteine in se, perché vedete i legami peptidici non vengono rotti, i legami peptidici sono quelli tra gli aminoacidi, una volta che le proteine si sono formate quindi hanno questo legame tra i diversi aminoacidi., poi c’è tutta una loro struttura ed organizzazione anche a livello spaziale e diciamo che è questa che si va a rompere, la proteina passa da uno stato organizzato ad uno stato disorganizzato ed è un  processo irreversibile, cioè non torna più indietro. Cosa provoca questo? Per esempio l a diminuizione della solubilità del prodotto, aggregazione e coagulazione, perdita dell’attività biologica e questo ci preoccupa perché gli enzimi hanno attività biologica, quindi se perdo l’attività biologica degli enzimi vuol dire che non riescono più a fare la loro funzione, però e questo ci fa piacere aumenta la sensibilità agli enzimi proteolitici, le proteine diventano più digeribili, sono più facilmente attaccate dagli enzimi a livello digestivo e quindi di fatto aumenta la loro digeribilità.
Per noi questa denaturazione alimentare è legata in buona sostanza all’utilizzo del calore, si denaturano queste proteine, tipico esempio e l’odore del latte bollito, si rompono questi ponti di solfuro, si libera idrogeno solforato con il tipico odore di latte bollito, che in questo caso è una cosa che non vogliamo.
Sappiate che la maggior parte delle proteine vengono denaturate a temperature maggiori di 60°. La stessa proteina comunque messa in ambiente diverso può reagire in modo diverso.
Le proteine generalmente parlando sopportano meglio il freddo.
Ovviamente l’essiccazione, gli ultrasuoni, radiazioni, trattamenti di tipo meccanici, tutte le modificazioni ad esempio che noi abbiamo quando lavoriamo le farine, la laminazione ad esempio per la lavorazione della pasta, provoca tutta una serie di modificazioni ad opera proprio delle sostanze proteiche contenute nelle farine, oppure tutto lo sfruttamento delle proteine delle uova a  fini tecnologicici, produzioni di schiume, stabilità di queste schiume. Comunque in ogni caso ricordatevi sopra i 60° le proteine cominciano ad essere denaturate il freddo le influenza meno rispetto alle alte temperature, poi anche i trattamenti meccanici possono avere un influenza sulle caratteristiche di queste proteine.
Poi cosa può succedere, qua si sviluppano tutta una serie di sostanze che non ci piacciono tanto, la modifica delle catene laterali degli amminoacidi, di solito questo è sempre ad azione del calore per cui vedete, si può liberare H2S per cui sicuramente puzza, si può liberare ammoniaca sempre per azione del calore, perché questi amminoacidi che sono i componenti strutturali delle proteine con il calore si modificano chimicamente, e quello di cui avete sicuramente sentito parlare le proteine associate al calore sono proprio queste sostanze a potere mutageno gli idrocarburi policiclici aromatici, (soprattutto carne alla brace).
Quello che invece a noi interessa sempre molto, io volevo dirvi due parole sulla reazione di Maillard, che noi sfruttiamo anche da punto di vista tecnologico per la conservazione degli alimenti, è una reazione che avviene tra le sostanze proteiche e gli zuccheri. A seguito della reazione di Maillard tra le proteine e gli zuccheri di solito in presenza di calore, luce, si formano tutta una serie di sostanze che possono essere scure e anche sostanze composti volatili per cui anche con aromi, sapori particolari. Questo interessa perché la reazione di Maillard da una parte è responsabile del sapore di latte cotto che non tutti amano in un latte trattato ad alta temperatura, viceversa è una cosa che noi apprezziamo quando trattiamo ad alta temperatura il caffè, o del malto tostato o del pane arrostito.
Putrefazione:è una delle cose peggiori che accadono alle proteine, di solito sono ad opera di enzimi di origine microbica, e rompono, degradano le proteine e attaccano poi anche questi amminoacidi che si formano dalla degradazione delle proteine. Vedete si può liberare ad esempio acido solfidrico H2S, oppure dai prodotti di degradazione della cisteina se siamo nelle carni in presenza di ossigeno da questa solfomioglobina dal colore verdognolo, le carni che dopo un po’ diventano verdi sono proprio legate a questa degradazione proteica. Dalla metionina si formano tutta una serie anche di altre sostanze tipo il metilmercaptano  che è puzzolente.
Invece per quanto riguarda tutta una serie di modificazioni che avvengono a carico dei composti azotati, tipico sul pesce, prima dagli amminoacidi viene prodotta ammoniaca, e poi tramite degli enzimi presenti nei microrganismi o direttamente dentro la carne stessa del pesce, si ottengono tutta una serie di ammine, la cadaverina, la putrescina.
Infine vedete questi prodotti di degradazione del triptofano che è un amminoacido che porta alla formazione dello scatolo che è una delle sostanze più puzzolenti che esistano in natura, per cui di fatto dalla putrefazione delle proteine si formano tutta una serie di sostanze che sono puzzolenti ma anche in alcuni casi possono reagire chimicamente e dare delle sostanze che possono causare seri danni alla salute del consumatore.
Ovviamente, noi per ora abbiamo solo parlato di principi nutritivi, quindi proteine, sostanze grasse, le fermentazioni a carico degli zuccheri, però in realtà quando noi parliamo di conservazione, quello che andiamo a vedere è anche che in certi casi il colore del prodotto si può modificare, tutto il problema quindi dei così detti imbrunimenti. Li accenniamo brevemente perché ci tenevo a dirvi che pensate ad esempio agli imbrunimenti che avvengono nel caso dei succhi di agrumi o del concentrato di pomodoro che scuriscono, perché l’acido ascorbico che è contenuto tende a modificarsi chimicamente, e questi sono semplicemente imbrunimenti di origine chimica, contro i quali possiamo fare ben poco se non cercare di bloccarli ma che avvengono naturalmente. Pensate il problema della caramellizzazione degli zuccheri, lo zucchero portato ad alta temperatura diventa un problema, trattare e conservare prodotti ricchi di zucchero ad alte temperature può dare il problema della caramellizzazione (sostanze scure e aroma indesiderato), oppure pensate alla frutta tagliata che dopo un po’ tende ad imbrunire, anche qui si formano ovviamente agendo con l’ossigeno tutta una serie di altre sostanze e anche queste sono indesiderate, quindi quando noi parleremo dei mezzi di conservazione terremo si molto in considerazione la parte aspetto nutrizionale, però anche di questo perché poi il consumatore va a guardare il colore, il sapore, la consistenza, per cui le due cose devono sempre essere tenute insieme.

 

METODI DI CONSERVAZIONE

Spesso interagiscono tra di loro, perché spesso i procedimenti chimici interagiscono con l’abbassamento del valore dell’attività dell’acqua e quindi di fatto con l’essiccazione, vedete le frecce sono tutti un po’ collegati tra di loro non c’è mai una cosa da sola, i prodotti che subiscono una fermentazione poi magari vengono a subire anche una salatura o un essiccazione.
Adesso noi partiremo da quelli che sono i metodi basati sui così detti conservanti chimici, che sono salamoia, affumicatura, acidificazione.
Intanto voi sapete che i conservanti chimici vengono usati a livello di industria alimentare però hanno un’azione molto minore rispetto ai processi di tipo fisico che però sono anche più costosi. Cioè pensate ad una salagione o un aggiunta di zucchero rispetto ad un surgelamento o ad una pastorizzazione dei prodotti.
Spesso come si diceva prima si tende ad utilizzare insieme questi  due metodi chimici e fisici, per cercare di compensare le caratteristiche negative che darebbero agli alimenti entrambi. Voi sapete che ci sono tantissime sostanze chimiche che possono avere un’azione antimicrobica (sostanze acide, basiche, fenoli, coloranti) qual è il problema, quelli che noi scegliamo devono essere intanto adatti allo scopo alimentare, per cui di fatto devono poter essere utilizzati negli alimenti, devono avere questo potere batteriostatico (i microrganismi non muoiono, però non sono messi in condizioni di moltiplicarsi), battericida (i microrganismi vengono uccisi), devono essere attivi a basse concentrazioni, devono essere innocui per il consumatore e poi  in certi casi non vogliamo che ci modifichino le caratteristiche organolettiche e sensoriali del prodotto su cui andiamo a metterli.
Questi agenti conservanti chimici si dividono di solito in naturali e artificiali.
Artificiali sono tutti gli additivi ammessi dalla legislazione, mentre noi parleremo soprattutto di quelli naturali che possono essere o normali costituenti di un prodotto, per esempio zucchero, sale oppure possono trovarsi nel prodotto a seguito a un processo di tipo fermentativo, per esempio l’acido lattico che noi ci troviamo dopo la fermentazione dei crauti fatta a livello industriale, nello yogurt ecc. sicuramente hanno un azione conservativa e modificano però anche il gusto e l’aroma dell’alimento. Tra i conservanti abbiamo quindi i conservanti chimici alimentari o che vengono addizionati all’alimento il cloruro di sodio, il saccarosio,  l’alcol, l’aceto le spezie ed erbe aromatiche o che si formano con le fermentazioni,  l’acido lattico, l’acido acetico, l’alcol etilico e questi così detti conservanti chimici artificiali che voi sapete fanno parte del grande gruppo degli additivi alimentari, sono normati per legge, quelli che a noi interessano particolarmente sono gli antimicrobici e gli antiossidanti, sono prodotti che possono essere messi a livello alimentare solo in determinati alimenti, in certe concentrazioni ci sono delle liste ammesse per legge, per cui determinati additivi si trovano in determinati alimenti e solo in quelli. Di solito c’è anche l’obbligo di dichiararlo in etichetta, gli alimenti nell’etichetta vengono messi in ordine crescente di peso, e alla fine vedete se c’è qualche additivo alimentare, una volta si chiamavano additivi chimici, siccome chimico faceva brutto è stato cambiato in additivo alimentare. Da non confondere con i conservanti, perché i conservanti sono una categoria di additivi.

Cloruro di sodio (detto anche sale da cucina): voi sapete che da sempre il sale è stato utilizzato come conservante adesso ha un suo utilizzo soprattutto a scopo conservativo solo nelle carni nel pesce il sale conferisce gusto e sapore caratteristici. Noi lo ricaviamo o da giacimenti sotterranei o da salamoie naturali per evaporazione dell’acqua marina.
Come agisce questo meccanismo d’azione del sale, voi sapete che qualsiasi microrganismo quando vive in un ambiente deve essere in equilibrio con l’ambiente in termini di pressione osmotica, per cui la concentrazione dei sali all’interno del microrganismo e della soluzione in cui lui vive quindi dell’alimento devono essere perfettamente uguali. La pressione osmotica (qui seguitemi perché questo mi serve per farvi capire che differenza c’è tra zucchero e sale nell’azione conservativa) dipende dal numero delle molecole o ioni in soluzione e non dalle dimensioni, per cui a parità di quantità di sale, (la stessa quantità di sale o la stessa quantità di zucchero), la pressione osmotica viene maggiormente influenzata dal sale rispetto allo zucchero, perché il sale si dissocia completamente per cui ho il numero di molecole in questo caso di ioni in soluzione, maggiore rispetto allo zucchero (a parità) per cui di fatto noi tutti sappiamo che il sale è un potentissimo conservante, lo zucchero non è un conservante così potente come il sale, perché a parità di quantità utilizzata l’azione del sale è molto maggiore rispetto all’azione dello zucchero. Questo mi giustifica il fatto che in certi casi io utilizzo il glucosio o il fruttosio che sono zuccheri semplici rispetto al saccarosio come conservante, perché a parità hanno dimensioni minori e quindi ho un maggior numero di molecole e quindi l’azione conservativa è più elevata.
Abbiamo detto, questi microrganismi devono essere in equilibrio con l’ambiente, se non sono in equilibrio abbiamo due fenomeni, e in particolare la plasmolisi noi la sfruttiamo per la conservazione con il sale, allora, se noi abbiamo che nella cellula la concentrazione è più elevata rispetto all’ambiente esterno la cellula tenderà ad attirare acqua, per avere la stessa concentrazione, quello che avviene un po’ nei globuli rossi, cioè loro possono riempirsi di acqua ad un certo punto però scoppiano i batteri non possono scoppiare perché hanno una parete rigida attorno, e questa è la plasmoptisi, quello che invece avviene sotto l’azione del sale è il contrario, noi mettiamo tanto sale nella soluzione esterna per cui i microrganismi tendono a concentrarsi, si liberano dell’acqua per cui tendono a sgonfiarsi, ma voi sapete che l’acqua è un componente fondamentale per cui ad un certo punto loro per portarsi alla concentrazione esterna tendono a far uscire tutta l’acqua che hanno all’interno. Oltretutto, non è che tutta l’acqua presente in un alimento possa essere utilizzata dai microrganismi, noi parliamo solo di un acqua che è disponibile, perché c’è tutta una serie di tipologie di acqua, che sono legate alle molecole o ai Sali che di fatto non sono disponibili per la vita e lo sviluppo di questi microrganismi.
Abbiamo detto diminuisce l’acqua disponibile poi però ha anche tutta un'altra serie di aspetti il sale perché fa questa ulteriore usufruizione dell’acqua libera perché tende ad idratarsi di ioni sodio e cloro tendono ad idratarsi per cui a toglire l’acqua presente nell’alimento, si formano questi complessi con gli enzimi proteolitici, diminuisce (ecco un'altra azione importante) la presenza di ossigeno la solubilità dell’ossigeno per cui un fattore ancora maggiormente negativo per i microrganismi, come si diceva prima ha questa azione selettiva sulle fermentazioni, perché alcuni microrganismi sono in grado di sopravvivere altri no, per cui però in realtà  anche la capacità conservativa del sale dipende moltissimo, in certi casi viene associato e viene usato da solo, però in realtà dipende molto anche da qual’ è la microflora per esempio, se l’alimento contiene anche dei microrganismi che sono tolleranti al sale diventa un po’ un problema. Voi sapete che (se noi sapevamo soprattutto io e Attilio saremmo stati a casa) i metodi di salagione sono a secco o a umido, se è a secco il sale viene posto a contatto diretto con l’alimento (mescolato con nitrati e nitriti per aumentare l’azione conservativa per favorire il mantenimento del colore perché nitrati e nitriti evitano le ossidazioni), voi sapete che se io vi dovessi chiedere se mettereste le sardine sotto sale, sotto sale grosso o sotto sale fino, la risposta è sale grosso, perché il sale grosso si scioglie più lentamente però riesce ad arrivare più in profondità nell’alimento, che è quello che a noi interessa che tutto l’alimento sia permeato di questo sale. Il sale fino in realtà tende a reagire con tutte le sostanze proteiche della parte esterna dell’alimento facendo una specie di crosta per cui poi non si riesce più a penetrare al cuore, al centro dell’alimento e viceversa l’acqua non riesce più ad uscire, per cui si formano queste sostanze piuttosto dure reagendo con le proteine e fa questa crosta che non va bene.
Di solito voi mettete i prodotti sotto sale a freddo, perché le alte temperature tendono a favorire proprio questo, sempre questa formazione di crosta esterna (reazione con le proteine) per cui di fatto sfavoriscono la penetrazione. I due metodi che trovate sono o per sfregamento o per sovrapposizione a strati, sapete poi che siccome l’acqua esce dall’alimento è bene che il sale venga spesso cambiato, come è bene che anche la posizione dell’alimento venga cambiata, in modo che tutto il prodotto sia interessato dal sale. La salagione a umido, vedete ci sono questi diversi tipi di salamoie che possono essere deboli, mediamente deboli, forti, voi sapete che di solito con una salagione a umido diciamo proprio perché apporta acqua è sconsigliata rispetto a quella a secco, è un sistema rapido per grandi quantità di prodotti, spesso per prodotti che poi vengono anche cucinati o che vengono associati ad altri metodi di conservazione. La salagione a umido può essere o per immersione diretta (si può utilizzare il vuoto, la corrente continua) oppure c’è la salagione diretta nel caso della muscolatura di certe parti delle carni.
Importantissimo quando si parla di salamoie la loro qualità igienico sanitaria. La salamoia dà tutta una serie di problematiche in caseificio, durante la formazione delle croste, perché comunque dei microrganismi presenti in questa acqua e sale riescono a sopravvivere, e queste salamoie devono sempre essere cambiate.
Anche perché durante il trattamento si forma tutta una serie di sostanze di degradazione, a base di azoto, acido lattico, acido acetico, per cui questa salamoia non rimane più pura e quindi anche per questo bisogna anche cambiarla.
Cosa succede per esempio nella carne durante la salagione, varia il colore si abbassa il ph aumento della ritenzione idrica, si denaturano le proteine muscolari, può diminuire il potere nutrizionale (fuoriescono Sali minerali, amminoacidi, composti azotati) e poi accelerazione dei processi ossidativi a carico dei lipidi.

 

Fonte: http://www.formazioneesicurezza.it/AA_UNIVERSITA/Dispense/Scienza%20e%20Tecnologia%20Alimentari/Scienze%20e%20tecnologie%20alimentari.doc

Sito web da visitare: http://www.formazioneesicurezza.it/AA_UNIVERSITA/Dispense/

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