Serie TV

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Serie TV

 

Lo Storytelling e il successo delle Serie TV. Il Mondo letto da uno schermo.
Di Elisa Di Giovanni

INTRODUZIONE

Questo elaborato si pone l' obiettivo di approfondire alcuni dei cambiamenti che stanno mutando il modo stesso di trasmettere contenuti all' interno dell' universo mediale dei così detti mezzi di comunicazione di massa.
Nell'epoca della modernità "fluida" di Baumann1, risulta sempre più difficile riuscire a parlare di massa, intesa come aggregato anonimo di persone facilmente manipolabili e condizionabili.
Le possibilità di scelta legate anche agli sviluppi tecnologici nel mondo delle comunicazioni; l'emancipazione di una determinata fascia di popolazione, con la conseguente insofferenza per i prodotti main stream; la necessità da parte delle aziende produttrici di catturare e fidelizzare un pubblico sempre più distratto e sovrastimolato, hanno fatto sì che il mezzo televisivo si sviluppasse e cambiasse di pari passo con il suo pubblico.
Rifacendosi alle teorie di Umberto Eco, sarebbe anacronistico parlare oggi di paleotelevisione e neotelevisione, ma anche la televisione commerciale sembra aver perso il suo appeal, in un periodo storico in cui risulta arduo perfino definire cosa sia il mezzo televisivo.
Lo smart phone, il tablet, il PC, perdono la loro connotazione originaria divenendo mezzo televisivo ad uso e consumo dell' utente, così come la stessa televisione si può trasformare, grazie alla connessione internet, in social network o dispositivo di ricerca sul web.
1 Z. Baumann, Modernità liquida, Laterza, 2003. Modernità liquida, del sociologo polacco Zygmunt Bauman, è un testo interessante che propone un’analisi chiara e puntuale dei cambiamenti che stanno attraversando le nostre società all’inizio del nuovo secolo.

Vengono meno le vecchie categorie concettuali che intrappolavano i mezzi nel loro ruolo specifico.
La trasmedialità2 è diventata la parola d'ordine per riuscire ad intercettare le esigenze sempre più mobili e mutevoli della nuova tipologia di audience: nomade, alla continua ricerca di stimoli in grado di catturare la propria attenzione e desiderosa di storie che rendano più comprensibile e fruibile il reale senza per questo negarlo.
La necessità da parte dell'essere umano di comprendere il mondo che lo circonda attraverso la creazione di storie efficaci e coinvolgenti non è certo un'invenzione dell' epoca odierna, ma la riscoperta della narratività sta oggigiorno investendo ogni ambito.
Particolamente significativi a questo proposito sono quei prodotti televisivi che si sono evoluti con il mezzo, fin dai suoi albori: le serie televisive.
Queste, passando da una forma primitiva che avvicinava i serial ai radiodrammi e ai romanzi a puntate, possono ora essere considerate una, se non la, principale fucina innovativa del panorama filmico. E' attorno alle case produttrici, resesi indipendenti dalle grandi majors, che si raggruppano sceneggiatori, registi, attori, dai grandi nomi del cinema ai giovani talenti più promettenti.
L'innovazione, la libertà espressiva e la sperimentazione delle serie TV, non solo hanno catalizzato l'attenzione di critici e intellettuali, da sempre refrattari nel considerare i prodotti televisivi come produzioni di valore, ma hanno anche

2 H. Jenkins, Convergence Culture: Where Old and New Media Collide , 2006. Transmediale, come prodotto, storia, contenuto, servizio capace di viaggiare tra più piattaforme distributive e di incarnarsi su media differenti secondo le regole della convergenza, qualora usato facendo riferimento alla definizione di transmedia storytelling di Henry Jenkis, nella quale si sottolinea infatti la capacità del prodotto, storia, contenuto, servizio di aggiungere brandelli di senso e narrazione a ogni sua incarnazione sulle diverse piattaforme.

riscoperto una funzione educativa che la televisione sembrava aver dimenticato negli ultimi anni.
Estranee alla logica indottrinatrice della televisione delle origini, ora le serie TV mettono in scena senze ingenue edulcorazioni o moralismi stantii, i problemi, i drammi, le grandi tematiche e la continua conflittualità presente nella vita di tutti i giorni. I protagonisti e la caratterizzazione degli stessi, si spogliano dallo statico manicheismo da fiction, per ricalcare i continui mutamenti e le contraddizioni dell'essere umano.
Ciò che vediamo diventa per tanto più reale del reale: la storia per eccellenza nella quale riconoscersi e misurare sè stessi e il mondo. Fonte inesauribile di approfondimenti e rimandi.
Per l'elaborazione di questo studio sulla nuova serialità televisiva, vista come massima espressione dello sviluppo del transmedia storytellig in ambito televisivo, sono state riproposte le considerazioni di Frank Rose, contenute in Immersi nelle Storie, il quale descrive la società attuale come fosse avvolta in un universo narrativo che condiziona e indirizza (più o meno consapevolmente) la percezione che si ha dell'esistenza.
Attraverso incontri con registi (da James Cameron a David Lynch), creatori di serie TV (Damon Lindelof di Lost), ideatori e sviluppatori di videogame, Rose chiarisce un punto: se le storie sono ciò che ci nutre questo dipende dal fatto che tendiamo a leggere il mondo in relazione a un senso3.
Fondamentale in questo contesto anche l' illuminante contributo sul tema di

3 F. Rose, Immersi nelle Storie. Il mestiere di raccontare nell' era di internet, Codice, 2013

Christian Salmon, che in Storytelling ha saputo delineare magistralmente come negli ultimi anni il sistema di comunicazione sia passato dal mezzo-brand al mezzo- storia: ciò che viene trasmesso non è più un'icona o una marca, ma la trama che sta dietro questi elementi.
Dal marketing, alla politica, fino anche alla televisione, lo storytelling sembra occupare ogni ambito, agevolato in questo da una cultura di tipo transmediale, nella quale tutti i mezzi di comunicazione sono legati tra loro tramite rimandi e interconnessioni. Concetto esposto anche da Andrea Fontana e Ester Mieli in Siamo Tutti Storyteller, con delle brillanti associazioni tra le storie più comuni utilizzate nella vita reale e le più moderne serie televisive, le quali non si limitano alla rappresentazione di queste, ma si tramutano spesso in veri e propri dispositivi narrativi. La domanda giunge spontanea: sono le TV series ad ispirarsi alla realtà o viceversa?
La tesi si propone quindi di dare un' interpretazione di questo complesso fenomeno in atto, in cui pratiche sociali e pratiche mediali si fondono e si influenzano a vicenda.
Nel contempo vengono analizzati sia il contesto nel quale questa nuova tipologia televisiva è nata e prospera, sia i motivi per cui si è imposta come produzione ad alto livello, surclassando anche cinema e letteratura e imponendosi come mezzo educativo. In questa parte della trattazione si espongono, ampliandole e integrandole, le teorie contenute in Televisione di Carlo Freccero.
L'elaborato si suddivide in cinque parti, rappresentanti ognuna una tematica, che entrando in relazione con le altre, propongono un quadro complessivo del fenomeo.

La prima parte costitusce una doverosa premessa volta a delineare l' evoluzione del mezzo televisivo dalle origini ad oggi. Un excursus che parte dalla paleotelevisione, fino alla neotelevisione di stampo commerciale, durante il quale si individuano i cambiamenti principali e la tipologia di programmi che maggiormente rappresentano i diversi periodi storici.
L'unidirezionalità del messaggio con finalità dichiaratamente educative, veicolato da un'unica emittente, nella quale gli spazi pubblicitari erano racchiusi all'interno di programmazioni ad hoc, erano le caratteristiche della TV degli esordi. Questo modello verrà ben presto sostituito da una logica a flusso di matrice statunitense, nella quale programmi e pubblicità costituiscono un continuum inscindibile, volto ad intrattenere lo spettatore per l'intero arco della giornata. Il mezzo perde progressivamente la sua iniziale funzione pedagogica, cercando invece un coinvolgimento emotivo con il telespettatore, nel tentativo di intrattenerlo per il maggior numero di ore possibili.
Accanto alla messa in scena della quotidianità nei suoi aspetti più banali e triviali, si assiste anche alla riproposizione di formati seriali mutuati dall'America, volti a fidelizzare il telespettatore nel lungo periodo.

La crisi della televisione generalista e la conseguente nascita di una nuova tipologia di mezzo televisivo, che si distanzia dalla logica a flusso ormai obsoleta, sono gli argomenti trattati nella seconda parte. L'età della disponibilità, che aveva soppiantato l'età della scarsità, volge ormai verso la fine. Anche se in alcuni Paesi

questa rappresenta ancora la cultura televisiva dominante, è evidente che una nuova era, quella dell'abbondanza, sta prendendo il sopravvento4.
Grazie alle recenti innovazioni tecnologiche digitali, il nuovo telespettatore è in grado di liberarsi da una programmazione legata a logiche commerciali di stampo pubblicitario, creando il proprio palinsesto personalizzato.
Accanto ad una televisione che si potrebbe definire "povera", sia per cotenuti che per risorse, si è affiancata una TV più "ricca", generalmente a pagamento e sempre più presente sul web, in grado di investire su una programmazione qualitativamente migliore e tematicamente più varia.
La fascia più giovane della popolazione, non sentendosi nè rappresentata nè stimolata dalla televisione di stampo commerciale, si stà progressivamente spostando su nuove piattaforme, attirando sempre più ingenti investimenti commerciali.

Con la terza parte si entra nel vivo dell'analisi, approfondendo il concetto della pervasività e dell' importanza delle storie nei meccanismi di costruzione del reale.
Le grandi narrazioni, lungi dall'essere morte, imperniano ogni aspetto della quotidianità, influenzando la percezione stessa che si ha del reale.
A questo concorre anche la produzione televisiva, adattandosi e sviluppando i cambiamenti in atto nella società, dando vita a produzioni ad alto livello qualitativo che, anzichè allontanarsi dalla complessità, ne fanno la propria caratteristica distintiva.
Lo sviluppo delle serie TV hight concept e di come queste si siano velocemente

4 J. Ellis, Seeng things: television in the age og uncertainty, 1999

affermate come dispositivo narrativo per eccellenza in ambito televisivo, esemplificano perfettamente il cambiamento in atto.
Questa particolare tipologia risulta l'ideale per la veicolzione di tematiche attuali, sia grazie alla caratterizzazione di personaggi dalla psicologia ariticolata, sia in virtù dello sviluppo di intrecci tutt'altro che prevedibili e lineari.

Ad una definizione di cosa sia una serie televisiva qualitativamente alta e di come si sia evoluta tale tipologia espressiva, viene dedicata l'intera quarta parte.
Assodato il fatto che il bisogno di narrazione ha trovato espressione attraverso i mezzi di comunicazione di maggior richiamo in ogni epoca storica, si prosegue illustrando come la tipologia seriale sia sempre esistita e abbia costituito una formula di successo, dal fuilleton in poi.
Attraverso la catalogazione delle varie tipologie seriali, dove si enucleano brevemente le caratteristiche distintive di ognuna, si vuole dare una misura dell'ampiezza del fenomeno in atto e di come questo si sia evoluto negli anni.
L'ultimo capitolo della quarta sezione è dedicato all'analisi del principale innovatore nel campo delle serie TV hight concept, il canale indipendente HBO.

La quinta parte si può definire l'ultima, sia per la cronologia degli eventi trattati, in quanto si affronta l'analisi del mutevole e competitivo scenario attuale, sia perchè si propone di fornire una chiave di lettura non solo per interpretare correttamente il fenomeno in atto, ma anche per prefigurare i possibili sviluppi nell'ambito.
In questa sezione si mettono in luce le cause sottostanti al successo del fenomeno

Netflix e le motivazioni che hanno spinto altri big del web, come Amazon, ad allargare il proprio business nel settore televisivo.
Appare evidente come quello delle serie TV non sia più un fenomeno di nicchia, ma rappresenti il futuro del mezzo televisivo.

Segue quindi, nella sesta parte, l'analisi esemplificativa di tre serie TV, che hanno riscosso notevole successo sia di critica che di pubblico. Quest'ultima si pone l'obiettivo di fornire gli strumenti per l'analisi di ogni serie TV hight concept, dimostrando come un prodotto televisivo, da sempre considerato di serie B, sia riuscito ad imporsi, racchiudendo al suo interno e mettendo in scena, le dinamiche riscontrabili nella realtà.

Storytelling, transmedialità, stimolo all'intelligenza, uniti a creatività, libertà espressiva, sviluppo di codici comunicativi mai prima d'ora esplorati all'interno dell'angusto ambito televisivo, hanno fatto sì che anche la televisione si imponesse come oggetto di studio e interesse, divenendo dispositivo primario di innovazione.
Non ci resta quindi che rimanere incollati davanti allo schermo.

PRIMA PARTE

CAPITOLO 1:

DALLA TELEVISIONE DEL MONOPOLIO STATALE ALLA NASCITA DELLE RETI PRIVATE: DALLA PALEOTELEVISIONE ALLA NEOTELEVISIONE

 

Paleo e neotelevisione sono concetti nati dall'intuizione di Umberto Eco5 per identificare due modi differenti di concepire il mezzo televisivo: da un lato la televisione delle origini che ricopre un arco temporale che va dagli anni '50 agli anni '70, caratterizzata da finalità prettamente pedagogiche; dall'altro la televisione di intrattenimento degli anni '806.
La televisione pedagogica delle origini è concepibile solo se si prendono in considerazione due fattori indispensabili:
• la presenza di un'unica emittente;

• l'unidirezionalità del messaggio che gli spettatori non sono in grado, in questa particolare fase storica, né di discutere, né di selezionare, ma possono solo accettare7.
La RAI apre le trasmissioni nel 19548 con l'adattamento televisivo de L'osteria della
5 Umberto Eco (Alessandria, 5 gennaio 1932) è un semiologo, filosofo e scrittore italiano di fama internazionale. Nel 1988 ha fondato il Dipartimento della Comunicazione dell'Università di San Marino. Dal 2008 è professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell'Università di Bologna. Saggista prolifico, ha scritto numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo. Dal 12 novembre 2010 Umberto Eco è socio dell'Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofiche. Nel 1954 partecipò e vinse un concorso della RAI per l'assunzione di telecronisti e nuovi funzionari. Con Eco vi entrarono anche Furio Colombo e Gianni Vattimo. Tutti e tre abbandonarono l'ente televisivo entro la fine degli anni cinquanta. Nel concorso successivo entrarono Emmanuele Milano, Fabiano Fabiani, Angelo Guglielmi, e molti altri. I vincitori dei primi concorsi furono in seguito etichettati come i "corsari" perché seguirono un corso di formazione diretto da Pier Emilio Gennarini e avrebbero dovuto, secondo le intenzioni del dirigente Filiberto Guala, "svecchiare" i programmi. Con altri ingressi successivi, tra i quali Gianni Serra, Emilio Garroni e Luigi Silori, i grandi amici innovarono davvero l'ambiente culturale della televisione, ancora molto legato a personalità provenienti dall' EIAR, venendo in seguito considerati come i veri promotori della centralità della RAI nel sistema culturale italiano.
6 U. Eco, Sette anni di desiderio, Bompiani, 1983
7 C. Freccero, Televisione, Bollati Boringhieri, 2013
8 3 gennaio 1954. E` domenica. Dopo cinque anni di sperimentazione da Torino e due da Milano, la televisione italiana, organizzata dalla RAI, è pronta a partire ufficialmente, giungendo fino a Roma tramite 7 trasmettitori. Da

posta, un atto unico di Carlo Goldoni.

Questo inizio testimonia la nascita dell'intersezione tra due differenti forme di comunicazione che accompagnerà gran parte della televisione delle origini: il teatro di prosa e/o musicale e la televisione vera e propria.
Il teatro sarà quindi il modello da cui trarre ispirazione, sia da un punto di vista narrativo-didascalico, sia dal punto di vista produttivo, tant'è che fu proprio il mondo del palcoscenico a fornire alle cineprese i primi attori, registi, scenografi e sceneggiatori.
Ai suoi esordi la televisione venne concepita, sul modello della BBC britannica, come lo strumento pedagogico per eccellenza e come promotrice di una cultura unica nazionale9.
E' il 1972 quando Raymond Williams10, professore dell'Università di Cambridge, viene chiamato a tenere un semestre alla Standford University, in California. Fu proprio in questo nuovo contesto che si accorse delle enormi differenze esistenti tra la televisione britannica e quella americana, molto più commerciale e spettacolare, slegata dalle istanze pedagogiche ed educative di stampo prettamente europeo.
Tre cose colpiscono in particolare lo studioso:

• la frequenza con cui ricorrono gli spot pubblicitari;

settembre 1952 va in onda da Milano tre volte a settimana il Telegiornale, diretto dall'aprile 1953 dal radiocronista Vittorio Veltroni. La Domenica Sportiva ha già debuttato in TV l'11 ottobre 1953, divenendo il programma più longevo della RAI. Dell'inaugurazione del 3 gennaio 1954 non esistono filmati originali, essendo una telecronaca diretta, e dieci anni dopo Ugo Zatterin farà recitare il palinsesto di quel fatidico giorno all'annunciatrice della sede TV di Milano Fulvia Colombo: "la Rai, Radiotelevisione Italiana comincia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive. Gli odierni programmi di oggi sono ore 11 inaugurazione...".Quel 3 gennaio 1954 gli abbonati sono appena novanta, in un mese 24mila, in un anno 88mila. Nel giro di quattro anni saranno più di un milione. [da raistoria.rai.it]
9 F. Monico, Il dramma televisivo: l' autore e l' estetica del mezzo, Meltemi Editore, 2006
10 Raymond Williams (Llanfihangel Crucorney, 31 agosto 1921 – Saffron Walden, 26 gennaio 1988) è stato uno scrittore e sociologo britannico. I suoi scritti sulla politica, sulla cultura, sui mass media e sulla letteratura sono un contributo significativo alla critica marxista della cultura e delle arti. Il suo lavoro ha posto le basi per il campo degli studi sociali che prende il nome di Cultural Studies e ha studiato e confrontato culture scritte e orali, nobili e popolari.

• l'assenza di una qualche segnalazione degli stessi;

• ed infine il fatto che questi venivano a fondersi con le trasmissioni che interrompevano.
Fu proprio sulla base di questa esperienza che egli coniò il termine flow (flusso), applicandolo alla televisione d'oltreoceano, per identificare uno strumento di puro intrattenimento, inserito in un regime di concorrenza dove ogni mezzo è lecito per sottrarre una fetta di ascolti all'avversario e dove è il divertimento (e non l'educazione) il servizio propugnato dalle diverse emittenti. In questo senso il medium deve inserirsi nella quotidianità del telespettatore, pianificando un'offerta in grado di fondersi con la vita dei suoi utenti, scorrendo (to flow) come un ruscello, accompagnando le attività dell'ascoltatore, fungendo da sottofondo dell'esistenza del singolo11.
”C'era una volta la paleotelevisione […] ora, con la moltiplicazione dei canali, con la privatizzazione, con l'avvento delle nuove diavolerie elettroniche, viviamo nell'epoca della neotelevisione”12.
A cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta anche la televisione italiana inizia ad intraprendere il suo percorso di cambiamento, che porterà ad una rivoluzione sostanziale delle tecnologie e del linguaggio.
Tramonta per sempre la TV dell'enlightment italiano, del monopolio democristiano, della censura, dei codici di buona condotta, quella che mirava ad educare il telespettatore, sostituendo ai dialetti del lavoro e della quotidianità, la lingua colta italiana, unificando l'intero Paese13: "la caratteristica principale della neotelevisione

11 F. Marinozzi, Lo schermo del quotidiano: lo spettacolo della neo-televisione, Effata Editrice, 2009 12 U. Eco, op. cit.
13 F. Monico, op. cit.

è che essa sempre meno parla (come la paleotelevisione faceva o fingeva di fare) del mondo esterno. Essa parla di se stessa e del contatto che sta stabilendo col proprio pubblico. Non importa cosa dica o di cosa parli (anche perché il pubblico col telecomando decide quando lasciarla parlare e quando passare su un altro canale). Essa, per sopravvivere a questo potere di commutazione, cerca di trattenere lo spettatore dicendogli: io sono qui, io sono io, e io sono te"14.
Alla televisione di Stato si contrappone la neotelevisione generalista delle reti private, che mira al coinvolgimento del pubblico, tramite la moltiplicazione delle trasmissioni all'interno dell'intero arco della giornata.
Gli spettatori non solo hanno a disposizione un numero sempre maggiore di proposte, ma hanno anche il mezzo tramite il quale effettuare una scelta: il telecomando15. Attirare l'attenzione di un pubblico sempre più numeroso divenne progressivamente più difficile, ma nel contempo di vitale importanza per permettere la sopravvivenza delle singole reti, essendo i telespettatori anche i clienti ai quali si rivolgevano i prodotti lanciati dalle pubblicità all'interno delle stesse.
La televisione commerciale introduce un'alternativa di scelta, non è più l'emittente a selezionare i programmi, ma il pubblico con le sue scelte. Decisivi non sono più i contenuti, ma la maggioranza dei consensi. La storia della televisione può essere riassunta come una storia di cambiamenti tra emittente e pubblico16.
Nei primi anni Ottanta la televisione commerciale rappresentava il nuovo che si impone, contro la tradizionale ripetitività del servizio pubblico, esprimendo l'energia
nascente del consumismo made in U.S.A. e del benessere.
14 U. Eco, op. cit.
15 F. Giordana, Tecnologie, media & società mediatica: evoluzioni, influenze ed effetti degli strumenti di comunicazione sulla società dagli anni '60 ai giorni nostri, Franco Angeli, 2005
16 C. Freccero, op. cit.

È in questi anni che si passa dal concetto di classe, un soggetto collettivo ma allo stesso tempo antagonistico, a quello di maggioranza17.
La maggioranza nasce dalla necessità insita nel mezzo di abbattere le divisioni e uniformare il gusto per estendere al massimo i consumi, smussando le differenze sino ad annullarle. Il mercato è il luogo dell'omologazione, gli strumenti privilegiati di questa omologazione sono il marketing e l'audience.
Nella seconda parte del Novecento, i consumi quotidiani e il consumo dei mass media, sono profondamente intrecciati. Infatti i così detti consumi immateriali (di immagini, suoni e testi) non sono solo il traino principale di quelli materiali, ma ne disegnano gli ambienti, le pratiche e i modelli18.
Il tema dei consumi, insito quindi nella natura stessa del nuovo sistema televisivo a stampo commerciale, emerge come pulsione trainante della neotelevisione, rifrangendosi nell'organizzazione dei palinsesti. Da questo momento in poi si tende ad uscire dalla tradizionale nozione di cultura “alta” tipicamente europea, per valorizzare tutti quei prodotti che hanno contribuito alla formazione dell'immaginario contemporaneo: i film di genere, le serie americane, i talk show, i quiz fino ad arrivare ai reality show.
I programmi, a differenti livelli, mettono in scena la dimensione ordinaria delle conversazioni, dei rapporti e della vita quotidiana, favorendo in questo modo la veicolazione di modelli sempre più aderenti al presente dei pubblici, agevolando lo scadimento dei palinsesti e la volgarità delle trasmissioni. Si passa dal macrogenere al metagenere: programmi ibridi che tra il serio e il faceto
17 C. Freccero, op. cit.
18 M. Sardelli, F. Tarquini, Cosa conta. Pubblici, modelli economici e metriche della televisione contemporanea, Rubbettino Editore, 2014

intrattengono il pubblico ospitando personaggi noti per altri programmi19.

La filosofia della neotelevisione viene perfettamente recepita in territorio nostrano da Canale5, che nasce sulla base di quelli che oggi definiremo contenuti “premium”: calcio, cinema, telefilm di successo20.
Le reti Mediaset, dotate di una forte carica emotiva, anziché educativa, sostituiscono il palinsesto “a singhiozzo” del passato (caratterizzato da una netta separazione dei generi televisivi per fasce orarie e pubblico), con la programmazione “a flusso” di matrice americana, nella quale lo zapping concesso dal telecomando risulta una componente indispensabile.
Se determinati contenuti di un certo spessore culturale possono venire imposti in mancanza di alternative, con il telecomando, attraverso il quale lo spettatore può sempre trovare una via di fuga verso contenuti più bassi, viene sancita definitivamente la fine della TV pedagogica. Così facendo si introduce una fruizione continuata dei programmi proposti, perfettamente compatibile con l'ascolto distratto. La neotelevisione introduce quindi un rapporto nuovo tra lo spettatore e l'emittente, non più basato su una comunicazione unidirezionale, che prevedeva una netta separazione dei ruoli, ma su di una relazione basata sulla comprensione e sulla complicità tra emittente e ricevente, se l'imperativo del servizio pubblico era di tipo didascalico, ora è la fidelizzazione del pubblico a divenire di cruciale importanza21. Come conseguenza del potere del telespettatore di costruire una propria esperienza televisiva, modellandola in ragione di ciò che maggiormente desidera, i palinsesti si riempiono di programmi sempre più coinvolgenti, sperimentando nuove
19 D. Pitteri, L' intensità e la distrazione, Franco Angeli, 2006 20 C. Freccero, op. cit.

forme di relazione diretta e indiretta con i propri pubblici, determinando la scomposizione dell'utenza e la moltiplicazione dei canali sempre più attenti alle diverse tipologie di audience.
L'evoluzione del sistema televisivo dalla condizione paleotelevisiva del monopolio a quella multicanale tipicamente neotelevisiva, portò all'affermarsi di un inevitabile interesse per la rilevazione e misurazione degli ascolti, necessaria per una panificazione più oculata degli investimenti pubblicitari.
La valutazione in termini quantitativi delle performance dei programmi trasmessi diverranno il punto di partenza per la successiva analisi dei comportamenti del pubblico. La somma di tali esigenze favorì la nascita dell'Auditel22, equiparabile ad una vera e propria rivoluzione copernicana nell'utilizzo del mezzo televisivo, per cui la programmazione delle reti è sempre meno un fenomeno di creatività dell'autore e sempre più una concessione alle richieste del pubblico23.
Non a caso il modello organizzativo di questa società è quello della Joint Industry Committee, una formula tripartita che riunisce tutte le componenti del mercato televisivo: investitori pubblicitari, emittenti televisive pubbliche e private e centri media24. La specifica funzione di questa società è la misurazione degli ascolti di un campione di pubblico rappresentativo della popolazione italiana.
Se nella televisione pubblica il centro della programmazione era costituito dalla formazione e la pubblicità era un'eccezione all'interno di questa, tanto da essere relegata in spazi e tempi ad essa dedicati, nella televisione privata sarà proprio la

22 Auditel è una società nata a Milano il 3 luglio 1984 per raccogliere e pubblicare dati sull'ascolto televisivo italiano. I dati, resi noti dal 7 dicembre 1986, sono diventati il termometro che misura il successo o l'insuccesso delle trasmissioni del piccolo schermo.
23 C. Freccero, Televisione, Bollati Boringhieri, 2013 24 M. Sardelli, F. Tarquini, op. cit.

comunicazione ai fini commerciali a divenire il fulcro dell'intero palinsesto che comincia a costruirsi sulle scelte del pubblico25.
A testimonianza di ciò concorre lo stesso slogan rinvenibile nell'home page del sito della stessa Auditel: “oltre che per monitorare il successo dei programmi offerti dalle Emittenti, la misurazione degli ascolti è un elemento fondamentale per la pianificazione degli spazi pubblicitari, risorsa di cui la TV vive”.

25 Ibidem

CAPITOLO 2:

“LA TV SMETTE DI TRASMETTERE LA VERITA' E DIVENTA UN MEZZO PER CREARE LA REALTA'”26: DALLA TV EDUCATIVA ALLA TV EMOTIVA

 

Anche TeleMilano, prima di diventare la nota Canale5, seguiva uno schema orizzontale e rigido di programmazione mutuato dalla televisione di Stato. La giornata tipo veniva replicata per tutto il corso della settimana, con un film al centro della programmazione.
Assunte a tutti gli effetti le caratteristiche di network, grazie all'aumento degli introiti garantiti dal passaggio dalla pubblicità locale a quella nazionale, la televisione privata adotta il palinsesto all'americana. Un modello che, in assenza della diretta, garantisce una forte identificazione della rete e la “simulazione della diretta” con la messa in onda in contemporanea di programmi registrati che potremo definire una “diretta in differita”27.
Nel 1980 la TeleMilano di Silvio Berlusconi si trasforma in Canale5, una rete che trasmette la propria programmazione in undici regioni, avvalendosi di una struttura composita costituita da un centro di produzione (Videoprogram), una per l'acquisto e la distribuzione dei programmi (Reteitalia) e una concessionaria di pubblicità (Publitalia)28.
L'intuizione di Berlusconi di puntare su prodotti premium, lo porterà ad acquistare i diritti per le riprese televisive di Mundialito sempre nel 1980, ottenendo la concessione dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ad utilizzare il satellite

26 Gli anni '90, intervista a Carlo Freccero, nationalgeographic.it 27 A. Voglino, L' informazione, Jaca Book, 1994
28 ibidem

per il collegamento, trasmettendo così la telecronaca dell'avvenimento. Le emittenti locali cedono il passo ai grandi network, minando così la supremazia della Rai e ottenendo sempre migliori risultati.
Sarà proprio un telefilm a decretare il vincitore della “guerra” per il primato del prime time: Dallas29.
Dallas era una soap-opera tutt'altro che inedita, in quanto già la Rai ne aveva tentato la programmazione con risultati pressoché infelici. Se l' imperativo del servizio pubblico era quello di educare, di ben altro tenore era la vocazione della TV commerciale che mirava a fidelizzare il pubblico. Con la sua enfasi sui tradimenti familiari, gli intrighi erotici e la sete di denaro, Dallas portò alla ribalta un immaginario che le maglie pedagogiche della TV pubblica difficilmente avrebbero lasciato passare in prima serata: anche in questo la serie incarnò la rivoluzione libertaria della televisione commerciale. La Rai non capì il potenziale di un prodotto seriale come Dallas, tant'è che venne letteralmente sprecato, programmandolo in orari secondari o addirittura senza seguire la serialità delle puntate30. Canale5 comprese invece che il punto di forza di un prodotto seriale risiede proprio nella regolarità dell'informazione, tant'è che proprio Dallas divenne il programma di punta della neonata televisione commerciale: “Dallas è il prodotto che fonda la TV commerciale... fa capire che la fidelizzazione nasce con la serialità. Con i film il pubblico deve essere conquistato ogni volta, con le serie lo si aggancia all'inizio e

29 Dallas è una soap opera statunitense prodotta dalla CBS dal 1978 al 1991. In Italia la serie è andata in onda nel 1981 su Rai Uno, che ha trasmesso i primi episodi della prima stagione ma il telefilm passò pressoché inosservato anche a causa dell'errata messa in onda degli episodi da parte della Rai che ne compromette la narrativa. Pochi mesi dopo gli episodi successivi vennero acquistati e mandati in onda da Canale 5 che ha fatto della serie uno dei suoi cavalli di battaglia nella guerra dell'audience degli anni ottanta. Www.wikpedia.com
30 C. Freccero, Televisione, Bollati Boringhieri, 2013

lo si tiene puntata dopo puntata31”.

Come già accennato, i principali cambiamenti avvenuti con il tramonto della televisione delle origini invertono tematiche e prospettive fino ad allora inesplorate: la prossimità, ossia la dimensione del quotidiano che inizia a riempire i palinsesti; la convivialità l'insistenza retorica sullo ”stare insieme”; il flusso continuo, con il conseguente sincretismo televisivo, sono le peculiarità proprie del nuovo sistema televisivo che vede nel talk show la sua più completa realizzazione.32
Aldo Grasso definisce i talk show come la versione moderna ed elettronica dei capannelli: “i capannelli non sono una forma di spontaneità democratica33. Ben più antica è la loro origine. I capannelli si formano sempre attorno ad un cadavere. Quando il cadavere non c'è, quel posto evoca molti cadaveri che lì sono stati, molti che lì appariranno. È l'ultimo rito che tiene assieme la società civile. Chi lo forma obbedisce ad una vocazione, svela improvvisamente la sua appartenenza ad una vastissima setta: quella dei devoti di una potenza ufficialmente inerme, essenzialmente persecutoria: l' Opinione34”.
Il contatto diretto con il pubblico e la messa in scena della “gente”, con un conduttore che si offre come il rappresentante della “voce delle persone”, dà risalto all'uomo medio, con il quale tutti si riconoscono e si immedesimano e che costituisce il “cadavere” che sta al centro del talk show.
La massa invisibile degli spettatori è per quanto difforme al suo interno, paradossalmente legata ad un senso assoluto di uguaglianza, in quanto ogni
telespettatore è, pur nella diversità del contesto in cui si trova, simile ad un altro
31 Ibidem
32 A. Grasso, Radio e televisione: analisi, storie, esercizi, Vita e Pensiero, 2000 33 Ibidem
34 K. Kraus, Gli ultimi giorni dell' umanità, Adelphi, 1980

telespettatore. Una testa è una testa, un telecomando è un telecomando: non esistono differenze tra loro35.
Il conduttore durante la trasmissione, è una guida e un capo, sia per coloro presenti in sala, sia per coloro che assistono alla messa in scena da casa. Sono proprio le voci e le opinioni degli ospiti intervistati il fulcro attorno a cui ruota l' intero programma e a cui si presta la massima attenzione. Con un budget contenuto ed elementi compositivi scarni, questo genere di trasmissione inaugura un fenomeno destinato negli anni a dilagare e diventare un modello per ogni altro discorso televisivo: il bisogno di confessarsi in pubblico36.
Viene meno il modello più colto di talk show, di stampo politico e religioso, per lasciare il posto all' interno dei palinsesti ad una tipologia di intrattenimento che trova le proprie radici nella messa in scena della “gente comune”, degli ospiti che cercano nella platea televisiva il riscatto sociale, una sorta di certificazione di esistenza.
Esistono diversi sottogeneri di talk show:

• i talk show del dibattito, all'interno del quale vi sono uno o più argomenti assunti a tematica quotidiana sulla quale si confrontano i diversi ospiti intervistati dal conduttore, all'interno di questi essenziale è il rispetto della par condicio, grazie alla quale tutti devono avere diritto di parola;
• i talk show del dolore, all'interno del quale sono i fatti quotidiani e drammatici a trovare ampio spazio, entrando nella vita privata delle persone e spettacolarizzandola attraverso un uso sapiente dell'intervista e della regia;37
35 A. Grasso, op. cit.
36 Ibidem
37 M. Stazio, L' informazione giornalistica, Simone Spa, 2003

• acquisirà sempre maggiore rilevanza con il dilagare del fenomeno, la variante trash del talk show, con il modello della “rissa televisiva”38. All'interno di questa tipologia la spettacolarizzazione raggiunge il suo apice, in base al'assunto per cui oggi l'evento televisivo non deve tanto essere compreso, quanto emozionare, essendo la consumazione del prodotto sempre più immediata e molto spesso distratta. La sfera della logica cessa di esistere, e si ricerca negli eventi il mero impatto emotivo39.

Il talk show risponde pienamente a queste esigenze di immediatezza, essendo una vera e propria macchina narrativa che produce storie a basso costo, la cui influenza sulle vite e sulle abitudini delle persone, è ineguagliabile con qualunque format della paleotelevisione. Se quest'ultima si caratterizzava per la volontà di trasmettere contenuti informativi e formativi, la preoccupazione primaria della neotelevisione è quella di costruire rapporti comunicativi, esortando in continuazione una relazione empatica e fiduciaria con il telespettatore e con la sua rappresentazione vicaria, il pubblico in studio: “invece di ascoltare, come nell'arte, le voci di un estremo talento, si assiste al poderoso colpo di coda della vita chiusa e ottusa: i pregiudizi, i rancori, le gelosie, le vendette, i cattivi umori di cui si ha vergogna a parlare con un' altra persona. Qui tutto esplode in un pubblico sotto lo stimolo anfetaminico del conduttore di talk show che incoraggia, incalza, e anzi sceglie i partecipanti alla sua corrida accertandosi per tempo della loro disponibilità a dire l'indicibile, a rinunciare ad ogni decenza, pur che sia spettacolo […] un

38 Ibidem
39 C. Freccero, op. cit.

mondo estremo, la cui arrischiata rappresentazione un tempo era affidata a profeti e poeti, adesso è nelle mani della retroguardia della nostra vita sociale e mentale. Qualcuno che si situa alle spalle della gente comune, del comune buon senso, della tolleranza media, dei sentimenti accettati, viene incoraggiato al peggio. Emana dal basso un segnale che diventa potente attraverso la televisione40”.
Ogni gesto e ogni parola all'interno del talk show rassicura lo spettatore sulla confidenzialità e sulla domesticità della messa in scena. L'atmosfera è volutamente intima e familiare, non solo nei contenuti, ma anche nel palcoscenico stesso che diventa un vero e proprio “salotto televisivo”, incarnando l'esigenza commerciale di creare una comunicazione affettiva ed empatica con la propria audience, instaurando una relazione fiduciaria con il telespettatore.
Lo stesso pubblico in sala, non più classificabile come semplice figurante muto, ora si tramuta in interlocutore attivo, facendo parte dello spazio della rappresentazione. Anche quando fisicamente assente il pubblico viene comunque evocato o surrogato con elementi vicari, come le telefonate da casa, le lettere e più recentemente i messaggi. Attraverso queste lusinghe plateali, il telespettatore viene indotto a credere di appartenere allo spazio della recita televisiva, divenendo in un certo qual modo protagonista assoluto, invadendo il luogo della rappresentazione televisiva ed entrando a farne parte41.
Il declino dell'informazione, a vantaggio di elementi comunicazionali evasivi ed emotivi, trovano la propria raison d'etre nella fiction.
In quest'ambito con comunicazione non ci si riferisce più alla possibilità offerta dal

mezzo televisivo di una comprensione del mondo e dell'attualità, ma piuttosto si intende l'obiettivo di accompagnare il telespettatore potenzialmente durante tutto l'arco della giornata, svagandolo e distraendolo. I media diventano quindi dei compagni ben disposti e sempre disponibili, “rassicurando il vecchietto solo e fungendo da bay sitter per milioni di bambini di ritorno da scuola”42.
L'impegno profuso dal mezzo televisivo è concentrato sul prolungare al massimo questa comunione con un pubblico più vasto possibile, ponendo l'accento sulle sensazioni (che possono essere le più disparate: gioia, emozione, tristezza ma anche la violenza). Non è più possibile, nè auspicabile, riflettere o analizzare: le emozioni vengono stimolate paralizzando la nostra capacità di analisi e provocano reazioni primordiali.
La necessità di rispondere alle due esigenze comunicative più imperanti all' epoca : rendere raccontabile, comprensibile e spettacolare il quotidiano e mostrare un mondo straordinario il più possibile assimilabile alla vita vera, ha fatto si che si affermassero una serie di programmi a metà strada tra la fiction e il reality.
Importante nella definizione di questa tipologia distinguere i termini verità e reality: la TV verità è un genere proiettato verso l'esterno, impegnato nel sociale, che dà agli eventi una lettura sociologia; il reality invece rappresenta la completa realizzazione dell'autoreferenzialità televisiva, in base alla quale ciò che vediamo è reale in quanto si realizza sotto gli occhi della cinepresa.
Cambiano quindi gli oggetti stessi della rappresentazione: non più il mondo esterno, costituito da politica, economia, corruzione … ma solo e ossessivamente il rapporto che la TV stringe con il telespettatore e quindi il quotidiano, elevato a
42 A. Voglino, L' informazione, Jaca Book, 1994

sensazionale e il gossip. I protagonisti sono molto spesso quegli stessi personaggi che hanno trovato fama e visibilità grazie a fiction, reality e talk show e il cui maggior pregio è quello del non avere alcun talento particolare, realizzando così la piena e più compiuta identificazione con un pubblico medio che si riconosce in questa assoluta normalità.43
Per inquadrare questo genere, è possibile partire dalle teorie di François Jost44 che propone di analizzare i prodotti audiovisivi che rendono indistinguibile la linea di confine tra realtà e finzione, superando l’opposizione classica tra “fattuale” e “finzionale”, cioè tra ciò che si riferisce a qualcosa che è davvero accaduto e ciò che è completamente inventato45. Egli suggerisce di parlare, piuttosto, di effetti di senso, ricordando come, da un punto di vista formale, “non c’è proprietà testuale, sintattica o semantica che permetta di identificare un testo come opera di finzione”46. Esistono dunque reality, documentari o docusoap che, sul versante della reality TV, producono la sensazione di una maggiore o minore aderenza alla realtà. E possono essere realizzati serial, serie o docufiction che, a seconda del linguaggio utilizzato, appaiono più o meno vicini al reale. Quando i due estremi si toccano, nascono quei programmi ambigui che vorremmo catalogare sotto l’etichetta di “real fiction”.
Reality TV e fiction diventano difficili da separare, suggerendoci di cercare in alcuni tratti formali di questi prodotti e non nella loro supposta relazione referenziale con il reale, il motivo per cui essi sono in grado, nello stesso tempo, di dare la sensazione
43 C. Freccero, op. cit.
44 François Jost è docente alla Sorbonne Nouvelle Paris III, dove dirige il Centro di Studi sull'immagine e il suono mediatici (CEISME) e insegna analisi della televisione e semiologia degli audiovisivi. È visiting professor in università di diversi Paesi e autore di numerosi saggi sul cinema e sulla televisione. fr.wikipedia.org
45 F. Jost, Realtà/Finzione, l' impero del falso, Il Castoro, 2003

di un contatto diretto con ciò che mostrano e di appassionare alle storie che raccontano. Oggetto dello spettacolo non è la società, ma il nostro Io, depurato da sovrastrutture, ideali e principi47.
Il reality porta a compimento il rovesciamento del divismo e dello star system proprio del grande cinema degli anni Cinquanta e Sessanta, proponendo come modello l'uomo qualunque, creando le sue star dal nulla, non in base a criteri di eccellenza ma di assoluta normalità.
Secondo Jost48, esistono tre modi di giocare sul rapporto tra realtà e finzione nel dominio delle immagini, che dipendono dal rapporto che si instaura tra queste ultime e ciò che esse rappresentano. Questo rapporto è esemplificato da tre figure di “lavoratori del visivo”: il pittore, il reporter e il falsario. Ognuno riproduce il reale, nei confronti del quale si può porre con tre atteggiamenti diversi: realistico, finzionale, ludico. Riprendendo questo modello è possibile inquadrare i prodotti televisivi appartenenti al nuovo genere della real fiction. Il semiologo nel descrivere questi diversi modelli si basa sul concetto di “finta”, che articola in due sottoinsiemi a seconda che le immagini si dichiarino apertamente “fattuali” o “finzionali”:
• finta profilmica, “far passare una disposizione più o meno intenzionale della realtà, cioè del profilmico, per un modo di essere […], fare come se la realtà venisse a impressionarsi direttamente sulla pellicola”49 ;
• finta diegetica, “far credere allo spettatore che una serie di azioni recitata da attori sia presa direttamente dalla realtà”50.
La finta profilmica è fondamentale in tutta la reality TV. Come ricorda Matilde
47 C. Freccero, op. cit.
48 F. Jost, op. cit.
49 Ibidem
50 Ibidem

D’Errico51, per esempio, le docusoap si basano spesso sull’idea di studiare la vita quotidiana nei contesti che si desiderano mostrare, per poi chiedere ai protagonisti delle storie più interessanti di rifare qualche scena sfuggita alle telecamere. D’altro canto, questo modo di disporre la realtà, affinché essa appaia come uno stato spontaneo del mondo, non è molto diverso da ciò che avviene nei reality, dove i concorrenti, consapevoli di essere osservati, sono desiderosi di far passare per vera una certa immagine di sé. Per esemplificare il concetto di finta diegetica, invece, Jost si riferisce alle ricostruzioni storiche degli albori del cinematografo, quando importanti fatti di cronaca, non potendo essere ripresi e trasmessi in diretta, venivano riprodotti da registi e attori. È chiaro che l’effetto di senso di questo modo di rappresentare la realtà, spesso scambiato dal pubblico per la realtà stessa, è l’obiettivo finale di tutte le fiction che si ibridano con le regole di genere della reality TV.
È sempre Jost a completare l'analisi dei nuovi generi nati come contrappunto alla TV verità, delineando i così detti “segni”:
• i segni dell’autore: legati all’attività del reporter, che cerca di convincere lo spettatore di essere venuto in contatto direttamente con ciò che gli presenta;
• i segni del documento: con cui il falsario riproduce i codici dei testi che vuole copiare. In questo senso, il semiologo francese elenca alcune tecniche veridittive che sono alla base delle real-fiction. Per esempio, la cosiddetta “somatizzazione dell’immagine”, che consiste nel fornire l’impressione che le riprese siano realizzate da qualcuno che è presente fisicamente sulla scena, partecipandovi implicitamente o esplicitamente. Oppure la simulazione della
51 M. D' Errico, La vita come un film. Da residence Bastoggi la docufiction in Italia, Zona, 2005

diretta, che viene percepita dallo spettatore come la prova che ciò che vede si svolga spontaneamente davanti alle telecamere. Ancora, le tecniche di recitazione non professionale e improvvisata che, una volta di più, forniscono la sensazione di non trovarsi di fronte a qualcosa di costruito a priori.52 Questi sono alcuni degli espedienti che vanno a costituire l’ampio armamentario di scelte stilistiche con cui può essere confezionata una real-fiction.
Alla fine degli anni '60 Andy Warhol disse che in futuro tutti avrebbero potuto assaporare quindici minuti di notorietà. E' questa affermazione che funge da chiave interpretativa per la comprensione del fenomeno del Reality Show. Negli USA uno studio sui palinsesti televisivi condotto nel 2002-2003, ha calcolato che più dei due terzi dei programmi della stagione erano reality53. Il dilagarsi di questo fenomeno di matrice americana pare non aver risparmiato nemmeno il territorio europeo54.
In The Truman Show55 l' intera vita del protagonista Truman Burbank, dalla nascita in poi, viene trasmessa in onda 24 ore su 24 in diretta mondiale, senza che questi se ne avveda. Se il film fosse stato trasmesso nelle sale cinematografiche un paio di anni fa probabilmente non avrebbe riscosso il successo e l'interesse della critica, come invece è avvenuto nella sua presentazione nel lontano 1998, dimostrando una sorprendente intuizione profetica da parte del regista Peter Weir.
Weir infatti intendeva deliberatamente portare all'estremo le caratteristiche del

52 F. Jost, op. cit.
53 G. Bettetini, P. Braga, A. Fumagalli, Le logiche della televisione, FrancoAngeli, 2004
54 “Partita in sordina, con poco più di cinque milioni di telespettatori nella prima puntata del 14 settembre 2000, la prima edizione del primo reality show andato in onda in Italia, Il Grande Fratello, ha ottenuto un grande successo nel corso delle seguenti puntate, toccando il record dei dieci milioni di spettatori nell'ottava puntata e terminando, il 21 dicembre, con ben 16 milioni di spettatori, con un pubblico triplicato rispetto alla puntata d'esordio.” Grande fratello, nuovo record d'ascolti in Corriere della Sera, 4 novembre 2000.
55 The Truman Show è un film del 1998, diretto da Peter Weir e interpretato da Jim Carrey. Il film, candidato a tre Premi Oscar nel 1999, venne premiato con tre Golden Globe e altrettanti BAFTA. È ispirato alla moda allora nascente di raccontare la vita in televisione attraverso i reality show, immaginando una situazione paradossale, portata all'estremo, dalla quale emergono temi filosofici.

nascente fenomeno del reality show, destinata a diventare un fenomeno mediatico senza precedenti nella storia della televisione.
È a partire dagli anni Duemila che la formula della TV realtà raggiunge l'apice del successo, grazie alla diffusione su scala mondiale del format olandese The Big Brother.
La vita quotidiana di una decina di persone normali riunite e rinchiuse in un'unica casa costantemente sorvegliata da telecamere, sembra aver letteralmente conquistato il pubblico di tutto il mondo, tanto che diverse versioni del medesimo reality sono state create in ben 24 paesi.
Focalizzando l' attenzione in ambito nazionale, diversi sono stati i generi di successo creati sulla falsa riga del Grande Fratello, come l'Isola dei Famosi, La Talpa, La Fattoria, che hanno catalizzato l'attenzione degli italiani su una “realtà al di fuori della realtà”56. Il un mondo in cui la finzione diventa realtà, il mondo reale diventa per contrasto più distante e illusorio57.
Una delle ragioni, di natura meramente tecnica, dell'immediato successo della formula del reality show, è il notevole vantaggio economico che questi costituiscono per l'emittente, essendo trasmissioni a basso costo e di facile realizzazione, che possono riempire ampie fasce del palinsesto, ottenendo successo tra diverse tipologie di telespettatori, fornendo un buon rendimento per un lungo periodo, permettendo altresì l'inserimento di spazi pubblicitari che, in base al successo del programma, godranno di un ampio pubblico per un notevole lasso di tempo58.
La TV realtà nei palinsesti costituisce un continuum, sia perché molte di queste

56 G. Bettetini, op. cit.
57 Ibidem
58 Ibidem

trasmissioni si assomigliano nei loro elementi caratterizzanti, sia perché questo tipo di programmi ha proprio nella quotidianità il proprio elemento caratterizzante, motivo per cui la maggior parte delle reti dedica loro un'ampia esposizione, sia con finestre giornaliere, sia con appuntamenti serali a scadenza settimanale.
Non è da sottovalutare inoltre il fenomeno del “riciclo televisivo”, per il quale elementi dei reality trovano spazio anche in tipologie di programmazione non identificate esplicitamente in questi termini. La televisione mangia sé stessa, non buttando via nulla, nemmeno coloro i quali hanno avuto la loro breve notorietà televisiva grazie ad un reality e successivamente vengono riutilizzati come opinionisti o come concorrenti per i più svariati format televisivi, anche tematicamente distanti dall'originale59.
È l'icona a vincere sulle parole, tant'è che non è più importante cosa ha fatto tale o talaltro personaggio per comparire nella scena mediatica. Il telespettatore non ricorda più se fosse un cantante, calciatore, filosofo, scrittore, politico, si conosce solo ciò che è reale e contingente davanti ai nostri occhi, ossia il fatto che ora è “in televisione” a commentare le gesta di altri personaggi dei quali si è similmente persa la memoria originale del ruolo60.
I personaggi senza alcuna dote particolare che partecipano al Grande Fratello particolare e a quello più grande, caratterizzato dal sistema televisivo globale, si inventano il mestiere di ospite televisivo e vengono riproposti in ogni programma di intrattenimento o talk show, in cui i soliti volti noti del piccolo schermo, riversano sull'audience la loro conclamata mediocrità.

59 A. Fioravanti, La storia senza storia. Racconti del passato tra letteratura, cinema e televisione, Morlacchi, 2006

Il successo personale non si misura più in capacità e preparazione ma in spazio televisivo occupato, il successo non viene decretato dalla bravura ma da quanto si appare in televisione61. I personaggi e le storie della TV realtà sono praticamente inesauribili.
L'aspetto caratterizzante di questo particolare format televisivo risiede nel fatto che l'aspetto coinvolgente stia nella messa in scena degli aspetti peggiori dei protagonisti. Si potrebbe addirittura affermare che “il bello del programma sta nel brutto”: stanze disordinate, personaggi famosi che subiscono ogni genere di privazione in isole semi deserte, ragazze che si accapigliano le une con le altre, risse, alcol, sesso promiscuo, sono queste solo alcune delle situazioni estreme che accrescono l' audience e che vengono quindi esaltate dai curatori dei programmi che andranno ad arricchire i palinsesti televisivi. Il pericolo derivante dai reality show deriva proprio dal nome: reality. Il loro scopo conclamato è infatti quello di rappresentare la realtà dei personaggi, dando la possibilità al telespettatore di modificarla, attraverso eliminazioni e televoto. La proposizione continua di questi programmi altro non è se non l amplificazione del piacere voyeuristico della società contemporanea, come spiare dal buco della serratura e osservare la realtà mentre nel contempo viviamo la nostra vita.
Il format italiano più longevo e di maggiore successo all'interno di questa tipologia è costituito senza dubbio da Uomini e Donne, a metà strada tra reality show, talk show e dating show62.
Uomini e Donne pur essendo universalmente considerata una delle trasmissioni più

61 A. Fioravanti, op. cit.
62 Dating show: genere televisivo il cui principale obiettivo è quello di formare delle coppie che possano poi proseguire una relazione sentimentale nella vita reale.

trash63 del panorama televisivo nostrano, riscuote un successo decennale innegabile. Milioni di telespettatori assistono alla programmazione quotidiana in diretta da Cologno Monzese, durante la quale ragazzi e ragazze, signori e signore, parlano di sè stessi ricercando nel contempo l'anima gemella, sotto lo sguardo vigile e indagatore della conduttrice Maria De Filippi. Con una conduzione estremamente a basso profilo la padrona di casa lascia magistralmente ad intendere che i veri protagonisti sono i suoi personaggi e le loro storie. Così in un teatrino di liti, pianti, riconciliazioni, confessioni e sentimenti contrastanti, si consuma un accattivante rituale in cui è in scena la quotidiana esperienza del corteggiamento e dell'amore, con i suoi alti e bassi, nella quale il telespettatore può facilmente riconoscersi e immedesimarsi64.
Il successo del format può essere in parte spiegato anche dal fatto che il pubblico generalista di quella determinata fascia oraria (Uomini e Donne viene trasmesso generalmente dalle 14,30 alle 16,00) ha poche alternative e la De Filippi è riuscita negli anni a fidelizzare la platea femminile attraverso un cinico mix di falsi e costruiti sentimenti e di spettacolarizzazione dell'amore. Altra leva sull'affezione del pubblico è la formula della sceneggiatura a puntate, che segue un cliché determinato e appare come una sorta di fotoromanzo apparentemente accattivante ma indubbiamente povero nei contenuti. La forza della trasmissione sta proprio nell'aver legato il pubblico attraverso una cultura televisiva di basso livello. A tal proposito il professor Domenico De Masi, docente di Sociologia del Lavoro
all'Università La Sapienza di Roma, afferma che Uomini e Donne è privo di valori
63 Trash in inglese significa "spazzatura". Il termine è entrato nell'uso comune della lingua italiana con il riferirsi ad espressioni artistiche o di intrattenimento ritenute di basso profilo culturale: per esempio, l'espressione "cinema trash".
64 Uomini e Donne: i motivi del successo, in Panorama 5 ottobre 2012

morali e contenuti positivi, ben adattandosi ad alcuni trend negativi dell'attuale società: “i giovani, soprattutto, sono attratti dalla facilità di poter diventare qualcuno, di poter guadagnare magari in una serata in discoteca, lo stesso stipendio di un lavoratore. Uomini e donne è lo specchietto per allodole, la facile trappola che cattura giorno dopo giorno, incollando dinanzi alla TV anche giovani che, attraverso la sceneggiatura del programma, imparano la maniera con cui prepararsi per l'eventuale provino a cui mirano. Io credo che la colpa di tale successo sia da addossarsi a tutti noi, senza esclusione alcuna. E' colpevole la TV pubblica che non propone programmi in grado di contrastarne lo strapotere, è colpevole il mondo dei mass media che si interessa di queste trasmissioni decretandone il successo.”65 Il professor De Masi delinea in queste poche righe un'altro dei motivi che hanno decretato il successo della formula del reality show, ossia la possibilità attraverso di esso di immaginare per sé stessi possibilità di realizzazione personali, sopratutto se i protagonisti dei programmi non sono personaggi già noti al mondo delle spettacolo. Il telespettatore medio senza particolari capacità, vede quindi la concretizzazione dei propri sogni. Chi entra nel reality sa che il programma lo etichetterà, ma sarà proprio questa etichetta che gli permetterà di cambiare radicalmente vita, accedendo a quei simboli di successo che un tempo sembravano preclusi ai più. Sono testimonianza di questo fenomeno di identificazione la presenza sempre maggiore di persone che partecipano alle selezioni con la speranza di entrare a far parte di uno di questi programmi66.

 

65 Ibidem
66 D. Cannizzo, docente di Educazione, Formazione e Media, Univesità di Roma La Sapienza, facoltà di Sociologia.

SECONDA PARTE

CAPITOLO 3:

LA CRISI DELLA TELEVISIONE GENERALISTA E L' AVVENTO DEL DIGITALE

 

Secondo John Ellis, studioso inglese di media, la storia sociale della televisione si divide in tre periodi focali67:
1. il primo di questi è definito Età della scarsità e coincide con l' avvento della televisione in un contesto domestico e il suo decollo come principale e più popolare mezzo di intrattenimento, oltre che di informazione.
“Lo sviluppo della TV è intimamente connesso con le trasformazioni nella società dei consumi. L' età della scarsità coincide con e contribuisce a promuovere lo sviluppo del consumo domestico da una prima fase di 'fornitura universale' a una seconda fase di crescita della scelta del consumatore. All'inizio l' abitazione diventa il principale mercato per il consumo. Le case vengono fornite di sempre più numerosi apparecchi tecnologici e l' uso, il possesso o la mancanza d' essi diventa un indicatore cruciale dello status sociale. La fornitura d' elettricità rappresenta il punto di svolta. Dopo l' elettricità sono venuti l' aspirapolvere, i frigoriferi, le radio, le lampade elettriche, le lavatrici e le asciugatrici”.68 In questa fase non vi è strumento di modernizzazione della società e della cultura più efficace della televisione69, caratterizzata da una limitata offerta televisiva destinata ad un pubblico di massa inteso come generalista. Le importanti trasformazioni
67 J. Ellis, Seeng things: television in the age og uncertainty, 1999 68 Ibidem
69 A. Grasso, Le tre età della tv, una guida per capire il digitale, in Corriere della Sera, 24 luglio 2003

sociali ed economiche degli anni Ottanta porteranno ad una profonda trasformazione della società e ad una sua caratterizzazione prettamente consumistica. Si parla in questi anni anche di deregulation intesa come fenomeno che si lega all'innovazione tecnologica e che affranca il pubblico dalla scarsità della tradizionale TV irradiata via etere dai Servizi Pubblici. In Italia, non a caso, la deregulation coincide con l' avvento delle TV commerciali e l' ingresso in scena di Silvio Berlusconi70;
2. si entra in questo contesto in quella definita Età della disponibilità71 la cui tendenza di fondo è costituita da un progressivo allargamento dell'offerta televisiva, sia in termini di canali fruibili, sia in termini di tempi di trasmissione, approdando ad un flusso televisivo che ricopre le ventiquattro ore.
La grande rivoluzione televisiva di questi anni è caratterizzata dal passaggio al digitale, che permette di moltiplicare ogni canale analogico per cinque, ponendo fine alla scarsità delle frequenze e permettendo l' interazione e l' integrazione con media diversi;
3. giungiamo infine in quella che John Ellis definisce l' Età dell'abbondanza72, nella quale alla convergenza mediale, prodotta dalla perfetta compatibilità e interazione degli strumenti di comunicazione più diversi, si unisce una convergenza culturale, per cui il pubblico abbandona il suo ruolo passivo per divenire attore e autore dei nuovi media con i quali interagisce73.
Anche se per molti l' approccio con il mezzo televisivo è ancora di tipo

70 Ibidem
71 J. Ellis, op. cit.
72 A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos'è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società: i generi, l' industria, il pubblico, Garzanti, 2005
73 C. Freccero, Televisione, Bollati Boringhieri, 2013

generalista, di massa, essenzialmente mono-direzionale e segmentato secondo i bisogni degli inserzionisti pubblicitari, per altri invece la personalizzazione del consumo è ormai un dato acquisito.
Aldo Grasso descrive bene questa situazione: “entrando nel nuovo Millennio, la TV offre un curioso spettacolo di evoluzione diseguale. L' industria corre verso una nascente età dell'abbondanza, mentre la maggior parte degli spettatori sta ancora facendo i conti con l' età della disponibilità. La TV è piena di nuove tecnologie, nuove sfide e nuove incertezze. In gioco c' è l'allontanamento da un'economia dominata dal broadcasting terrestre inteso come gratuito per lo spettatore. Questa è ancora la forma principale di TV nell' età della disponibilità, che ha esteso l' offerta con la moltiplicazione dei canali e con l' estensione delle ore di trasmissione. In molti Paesi, un tale servizio continua a caratterizzare la cultura televisiva della maggioranza dei fruitori, sebbene, all'interno dell'istituzione, vi siano alcuni che predicono già la fine del broadcasting74”. La progressiva sostituzione del palinsesto con il video on demand e l' allargamento dell'interattività, sono due delle principali caratteristiche legate alla digitalizzazione.

Nella lingua corrente, il termine digitale significa “qualcosa che prevede l' uso di segnali discreti per rappresentare dati sotto forma di numeri o di lettere alfabetiche”. Nell'ambito tecnologico la parola digitale (che porta in sé i significati di dito/misura/numero) è utilizzata per definire un codice in grado di trasformare in bit le informazioni testuali, sonore e visive. Attraverso questo codice è possibile far
74 A. Grasso, Le tre età della tv, una guida per capire il digitale, in Corriere della Sera, 24 luglio 2003

parlare a tutti i media la stessa lingua. Il digitale viene distribuito dal satellite, dalle fibre ottiche, dal digitale terrestre (il vecchio sistema analogico convertito) e consente già ora ai telespettatori servizi integrativi (sondaggi e votazioni in diretta, acquisti on line, operazioni bancarie, ecc.).
Per sfuggire ad un'interpretazione unicamente tecnologica del cambiamento in corso, è necessario sottolineare il mutamento stesso della percezione del tempo e della sua suddivisione da parte della società contemporanea. Non vi è più un’unica temporalità condivisa dalla maggior parte della popolazione, ma molti ritmi differenti che si intersecano e cercano di coordinarsi75. Il tempo sociale è diventato sempre più variegato e flessibile, tende a ridursi in frantumi: il tempo del lavoro perde la sua assoluta centralità, mentre il “tempo liberato”, costituito da un bricolage di tempi differenti, acquista maggiore valore e diviene il luogo dell’investimento principale della vita dell’uomo76.
Il nuovo modo di intendere il tempo televisivo e la conseguente creazione di diverse forme di palinsesto personalizzate, rese possibili dai cambiamenti digitali, diviene quindi un riflesso delle trasformazioni macroculturali in atto da parte dell'individuo della tardomodernità77.
Sulle reti digitali satellitari e successivamente sulle reti digitali terrestri emergono forme di palinsesto di tipo tematico. Nelle televisioni generaliste, condizionate dai ritmi culturali di una popolazione, il tempo televisivo è sincronico rispetto al tempo sociale. A seconda della fascia oraria in cui si trasmette sono infatti messi in onda programmi adatti al tipo di pubblico che potrebbe essere davanti alla televisione nel
75 Ibidem
76 R. Sue, Il tempo in frantumi. Sociologia dei tempi sociali, Dedalo, 2001 77 C. Freccero, Televisione, Bollati Boringhieri, 2013

momento considerato. Le televisioni tematiche si differenziano da quelle generaliste dal fatto che il tempo televisivo è slegato rispetto al tempo sociale, considerato meno uniforme. La tecnologia digitale rende inoltre possibili palinsesti che si emancipano dalla rigidità temporale tipica del medium. Nei palinsesti cosiddetti near video on demand uno stesso programma è variamente ripetuto in modo da rendere più flessibile la sua fruizione. Il vero e proprio video on demand rende infine del tutto inservibile il concetto di palinsesto: qui è lo spettatore che si costruisce il proprio, traendolo da un archivio potenzialmente sconfinato.
L’impressione che si ha ripercorrendo le attuali fasi di mutazione del sistema mediale e televisivo è che un modello non sostituisca quello precedente, ma vi si affianchi. La televisione generalista, con la sua funzione di sincronizzare una comunità molto vasta, di raccoglierla attorno a una comune piazza, non cesserà questo compito, ma tramite i nuovi mezzi digitali e l’informatica, fra loro sempre più in simbiosi, si affermeranno usi più personali e interattivi dei media in generale e del mezzo televisivo in particolare.
A un tempo comune quindi si stanno affiancando una molteplicità di tempi articolati e complessi.
Nel corso del 2014 più di mezzo milione di persone non ha più seguito programmi televisivi78 ad indicare che l'attuale TV sembra non essere particolarmente apprezzata e rispondente ai bisogni del pubblico.

 

 

 

78 Dati Auditel tratti da www.auditel.it

CAPITOLO 4:

BROADCAST TELEVISION, BASIC CABLE, PREMIUM CABLE, TV GENERALISTA , PAY TV, TECNOLOGIE IPTV: LA TELEVISIONE CHE CAMBIA
(uno sguardo d' insieme al panorama Americano ed Europeo)

 

Per quanto riguarda le modalità di trasmissione negli Stati Uniti esistono tre tipi di televisione: broadcast television, basic cable e premium cable.
La broadcast television potrebbe essere definita come il corrispettivo americano della TV generalista nostrana ed è dominata da quattro players, le cosidette Big Four: ABC79, CBS80, NBC81 e FOX82. In quanto televisione di tipo generalista si caratterizza sia per il fatto di essere gratuita, tant'è che la fonte di sostentamento principale è costituita dalla vendita di spazi pubblicitari, sia da un pubblico acquisito di massa, segmentato in fasce demografiche a cui gli inserzionisti possono fare riferimento. I prodotti delle reti broadcast, che coprono l' intero territorio nazionale, devono sottostare ad una severa regolamentazione sui contenuti, con particolare attenzione a Obscenity, Indecency e Profanity, tale controllo è svolto dalla FCC83. In tal modo i programmi televisivi sono stretti nella duplice morsa dell'audience e della censura84.
L' avvento della televisione via cavo (cable television) ha sicuramente contribuito ad acuire la crisi della televisione generalista americana. Gli Stati Uniti possono

79 ABC (American Broadcasting Company) è parte del gruppo Disney-ABC Television, una divisione della Walt Disney Company.
80 CBS (Columbia Broadcasting System) appartiene alla CBS Corporation, Viacom fino al 2005.
81 NBC (National Broadcasting Company) è parte del gruppo Comcast NBC Universal, una joint venture di Comcast (il maggiore operatore televisivo via cavo degli Stati Uniti) e General Electric.
82 FOX appartiene al gruppo Fox Entertainment, di proprietà della New Coporation di Rulph Murdoch.
Tra le Big Four si sta facendo spazio anche The CW, joint venture di CBS Corporation e Warner Bros, che negli ultimi anni ha ottenuto ottimi risultati grazie alla messa oin onda di serie Tv a target giovanile, quali: Supernatural (2005), Gossip Girl (2007), The Vampire Diaries (2009).
83 FCC (Federal Communications Commission) www.fcc.gov/guides/obscenity-indecency-and-profanity 84 P. Brembilla, G. Pescatore, America oggi. Cinema, media, narrazioni del nuovo millennio, Kaplan, 2014

vantare l' ascesa della prima televisione via cavo basic a sottoscrizione fin dal 1948. I vantaggi della televisione via cavo sono duplici, in quanto le reti cable possono contare sia sugli introiti derivati dagli abbonamenti, sia su quelli canonici della vendita di spazi pubblicitari (forme più recenti di finanziamento sono costituite inoltre dal Video On Demand e lo streamig legale on line), inoltre la regolamentazione della FCC risulta meno severa rispetto alle reti broadcast85.
Focalizzando l' attenzione all'interno del panorama Europeo sul ruolo ricoperto dal mezzo televisivo dagli esordi ad oggi, è evidente che la televisione è da sempre stata uno degli aspetti chiave nel processo di modernizzazione nazionale. Ai suoi esordi contribuì alla diffusione di una cultura e di un linguaggio condivisi, svolgendo, come già detto precedentemente, un importante ruolo pedagogico. Negli anni '80, con il boom della TV commerciale, vennero promulgati modelli e comportamenti nuovi e all'avanguardia. Le fasi evolutive della televisione sono spesso scadenzate da mutamenti tecnologici che molto spesso sono stati all'origine di importanti trasformazioni sociali ed economiche. Dapprima fu l' abbassamento dei costi dell'elettronica di consumo a far si che il mezzo televisivo entrasse nelle case degli italiani, dopodiché fu la volta della televisione a colori e del telecomando ed ora l'alta definizione della TV digitale e l'utilizzo delle tecnologie Internet, sono
alla base della nascita della televisione via web (IPTV)86 e del lancio di servizi triple
85 Ibidem
86 IPTV sta per Internet Protocol Television e consiste nell’impiego del protocollo di rete IP per la trasmissione di contenuti televisivi in formato digitale attraverso connessioni a Internet a banda larga. Un servizio IPTV può pertanto essere veicolato su tecnologia ADSL, su reti Wi-Fi, su fibra ottica e anche su reti cellulari.Le offerte IPTV includono di solito contenuti televisivi trasmessi in diretta, su richiesta (Video on Demand), e pacchetti e canali opzionali a pagamento (Pay per View). La fruizione degli stessi passa per molteplici apparati. È possibile accedere a un servizio IPTV tramite set-top box dedicato, personal computer, smartphone, tablet, Smart TV, console per il gaming, decoder digitale terrestre con bollino Gold. Quest’ultimo indica un decoder DTT in grado di ricevere anche i canali trasmessi in broadband via Ethernet o Wi-Fi. Per Smart TV si intende un televisore abilitato alla connessione a Internet. I ricavi da servizi IPTV sono in crescita a livello mondiale, secondo il più recente studio Pay-TV ARPU and Revenues di ABI Research. Di contro, si registra una contrazione dei ricavi generati da servizi tv via cavo. Per quanto riguarda la revenue market share dei servizi IPTV, la percentuale è passata dal 10% del 2011 all’11,5% del

play87 da parte degli operatori di telecomunicazioni.

Oggi, grazie al proliferare di offerte alternative alla televisione di tipo generalista, si sta entrando in una nuova fase evolutiva, all'interno della quale si va dai canali digitali satellitari, alle TV tematiche e a pagamento (televisione digitale terrestre), fino all'IPTV destinata a modificare profondamente le abitudini dei consumatori.
Come già detto in precedenza, nel corso del 2014 più di mezzo milione di persone non ha più seguito i programmi della televisione generalista88, le cui reti leader possono essere identificate con Raiuno e Canale5. Nel 2000 le due reti raggiungevano ciascuna il 23% dell'ascolto, ad oggi sono scese rispettivamente al 17% e 16%; Rai2 passa dal 15% al 7%, Italia1 dall' 11% al 6%. Le quattro reti sono scese dal 72% al 46%, perdendo in quindici anni 26 punti percentuale.
Qualche segnale positivo è ancora riscontrabile solo in quei piccoli canali free tematici, ossia in quelle reti che hanno una caratterizzazione più specifica e tematizzata, con programmi rivolte a pubblici ben individualizzabili. Quelle censite dall'Auditel sono: Iris, Raimovie e Cielo, per gli amanti del cinema; Rai YoYo e Cartoonito per i bambini; Dmax, RealTime, RTL102,5 e MyDeeJay per i giovani. Queste reti hanno un ascolto che si aggira attorno all' 1%.
Pare non esistere più una “televisione focolare” che attirava attorno a se intere

2012. La quota dei servizi tv via cavo, invece, è scesa dal 48,5% del 2011 al 47% del 2012. Entro il 2018, i provider IPTV metteranno mano sul 18% dei ricavi generati dal mercato globale Pay tv, che si attesteranno sui 305 miliardi di dollari circa. A trainare la crescita del mercato IPTV sono la disponibilità di infrastrutture per la fruizione di servizi di connettività a banda larga e ultralarga, e le offerte bundle predisposte dagli operatori di telecomunicazioni, ha spiegato Jake Saunders, vicepresidente della visione Forecasting di ABI Research.
87 Attraverso le recenti evoluzioni tecnologiche, gli ultimi standard di cavi, xDSL e xPON, possono fornire un'ampiezza di banda compresa tra 10e 100 Mb/s. Una larghezza di banda Internet in rapida crescita fornisce ottime possibilità ai provider di servizi di offrire il Triple Play, un servizio che riunisce video, voce e dati sulla singola linea utente. Triple Playconsente ai provider di servizi di differenziarsi, incrementare i costi occasionali per i clienti che desiderano scegliere tra i provider di servizi e consentire il cross selling per i servizi al di là delle offerte precedenti. I servizi Triple Play portano vantaggi ad aziende e consumatori, consentendo di utilizzare diversi servizi con costi di gestione inferiori.
88 Dati Auditel www.auditel.it/dati/

famiglie, ora l' audience si è frantumata nelle decine di canali sorti grazie al digitale. I dati riportati da Econmedia89 aiutano a fornire una spiegazione di tipo economico a questo fenomeno. La TV generalista essendo finanziata dagli inserzionisti pubblicitari, ha da sempre avuto il vantaggio di essere percepita come gratuita dal telespettatore: la programmazione poteva sorreggersi su copiosi investimenti e il pubblico premiava le reti con ascolti elevati. I contraccolpi della crisi finanziaria e un quadro macroeconomico caratterizzato dal forte rallentamento dei consumi non hanno comunque frenato, nel corso del 2010, la crescita ed il consolidamento del mercato di contenuti audiovisivi digitali, mentre hanno penalizzato le produzioni della televisione commerciale, a causa di un abbattimento degli investimenti pubblicitari necessari per sostenerle. Coloro con disponibilità economica si sono nel frattempo abbonati alla pay TV, generando così una spirale positiva per cui è la pay ad investire maggiormente sui programmi, acquisendo le serie cult e i film top, gli avvenimenti sportivi più importanti, calcio in primis, in modo da attirare un numero sempre maggiore di abbonati. Inoltre la disponibilità di connessioni broadband sempre più veloci ed affidabili, così come la sempre maggiore consuetudine dei consumatori finali a forme di fruizione attiva dei contenuti video, hanno determinato anche tassi di crescita esponenziali nel consumo di media attraverso il web e altre piattaforme distributive basate sul protocollo IP, evidenziando la profonda evoluzione in essere nelle modalità di consumo di contenuti audiovisivi da parte degli utenti90.
Nei fatti si sono create due televisioni: una che si potrebbe definire “povera”, sia nei

89 Dati Econmedia www.econmedia.it
90 Associazione Italiana Degli Operatori IPTV, Dall’IPTV alla Smart TV: Nuove tecnologie e contenuti per il Video On Demand, Milano,

contenuti che nelle risorse, ossia la TV generalista; e una “ricca”, ossia la TV a pagamento e l' IPTV, la quale sottrae ai canali generalisti quote di ascolto importanti più che per quantità, per qualità91.
I principali fruitori di canali tematici sono infatti i giovani, i responsabili di acquisto, gli opinion leader, mentre il 60% di pertinenza dell'ex duopolio è costituito da un'audience la cui età media è sempre più imponente, a testimonianza di questo incorrono gli stessi spot televisivi: dentiere, montascale, unguenti contro l'artrite e quant'altro92.
"Il mondo della TV generalista si è atrofizzato, tanto che il modello di creatività è diventato la soap opera [...]. La situazione è drammatica . La TV generalista, anche per mancanza di soldi, fa riferimento ormai a due soli tesoretti di pubblico: gli anziani, target di riferimento di Rai1 per intenderci, e il pubblico degli analfabeti, dei più ignoranti, dei tamarri e delle donne tatuate. E non c’è spazio per la creatività. [...] La somma del pubblico del talk show faceva circa il 16% dello share della TV generalista. Ma il pubblico del talk è un pubblico vivace, interessato all’attualità e si è dimezzato proprio perché non si riconosce più nel livello bassissimo raggiunto dai canali generalisti e si è spostato sul web, sulla pay TV e su consumi personalizzati dove trova contenuti più interessanti. Sulla TV generalista non si muove più nulla. E questo è drammatico.”93
E' l'IPTV a rappresentare però la forma più avanzata e innovativa di televisione digitale. A livello europeo si contano ancora pochi milioni di clienti, con alcuni paesi
91 F. Devescovi in Il Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2014
92 E. Menduini in CorriereComunicazioni, 23 dicembre 2013
93 Estratto tratto dall' intervento di Carlo Freccero al convegno Nuovi contenuti, nuovi contenitori organizzato a Roma da Anart (Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi e Teatrali) e dalla Siae. Carlo Freccero, ha guidato diversi canali generalisti tra gli anni ’80 e i primi anni del nuovo millennio (Canale 5, Italia1, Rai2) fino all'incarico a Rai4, lasciato nell'estate 2013 per andare in pensione.

particolarmente evoluti in tal senso come Francia, Spagna e Inghilterra. In Italia le famiglie connesse all'IPTV rappresentano ancora una percentuale relativamente marginale del mercato della TV digitale, sia pure in presenza di previsioni di crescita costanti.
Si tratta di fenomeni importanti, con effetti trasversali sull’audience televisiva e sui modelli economici della televisione, che nel nostro paese rischiano di essere sottovalutati a causa della prevalente attenzione verso la competizione tra i media tradizionali, in particolare tra la TV digitale terrestre e la TV satellitare94.
Come tutti i fenomeni legati alla diffusione di Internet e alla digitalizzazione, anche lo sviluppo della TV su IP è un trend inarrestabile, verso il quale sono ormai indirizzati gli interessi di tutti i grandi player del mondo audiovisivo.
La connessione della televisione ai servizi a banda larga è ormai un elemento centrale dello scenario di evoluzione della TV. La televisione può essere infatti connessa direttamente, parliamo in questo caso di connected TV. Ormai ampiamente disponibili sul mercato e con diffusione in forte crescita, sono anche gli apparati a loro volta connessi alla TV, come i decoder IPTV, ovvero i lettori Blu-ray e le game console, tutti dotati di porte per la connessione ai servizi a banda larga.
Se consideriamo l’insieme di queste modalità, già oggi una grande parte delle televisioni italiane può essere connessa agli accessi a banda larga e fruire di servizi televisivi su IP.
Quello che ancora manca è la diffusione dell’utilizzo di questa tipologia, sul quale oggi a livello nazionale stanno investendo prevalentemente gli operatori di telecomunicazioni, in una prima fase con il lancio dei servizi IPTV e ultimamente
94 Associazione Italiana Degli Operatori IPTV, op. cit.

con il lancio di nuove offerte televisive su IP, che ampliano la popolazione raggiungibile a tutti coloro che dispongono di un accesso a banda larga.
Una forte accelerazione di questo sviluppo può però solo avere luogo se tutti gli stakeholders, che includono i produttori di consumer electronics, i detentori dei diritti televisivi, gli editori televisivi e i diversi player del mondo on line cooperano in questa direzione95. Già nel 2009 gli utenti Internet americani hanno dedicato più tempo alla visualizzazione di video on line rispetto a quello dedicato al
controllo delle e-mail96. La straordinaria popolarità dei siti che offrono accesso a contenuti audiovisivi può quindi essere considerata un chiaro indicatore delle profonde trasformazioni in atto.
Il 2010 si caratterizza, soprattutto negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, per il significativo sviluppo di offerte di contenuti professionali attraverso piattaforme IP- based, come ad esempio le piattaforme per il noleggio online di film e altri contenuti premium, o la crescente diffusione delle offerte di catch-up97.
Si tratta, in quest’ultimo caso, di portali che mettono a disposizione, in differita e sotto forma di catalogo on demand, la programmazione dei palinsesti lineari delle principali emittenti, consentendo agli utenti di accedere a programmi andati in onda nei giorni immediatamente precedenti.
La crescente disponibilità di offerte dedicate, sviluppate spesso dalle stesse emittenti e diffuse anche attraverso il web, può essere considerato un indicatore della crescente domanda di personalizzazione dei palinsesti da parte degli utenti finali e della consapevolezza, da parte dei broadcaster, della rilevanza che esse
95 Ibidem
96 Dati tratti da ComScore Video Metrix
97 Dati tratti da On Cubed su dati Google Analystic Ad Planner

possono assumere in un contesto caratterizzato della progressiva frammentazione delle audience98. La moltiplicazione delle offerte che consentono l’accesso on demand a contenuti televisivi tradizionali e pregiati attraverso una pluralità di device, sembra in grado inoltre di influenzare in maniera significativa le abitudini di consumo legate all’intrattenimento televisivo.
I dati sul crescente utilizzo di Internet per il consumo di “rich media” sono confermati a livello globale dalle statistiche di Google Analytics dalle quali emerge che quasi il 60% degli utenti Internet utilizza la rete per accedere a film e altri contenuti video. Nell’ambito di questo cambiamento di paradigma legato alle modalità di distribuzione e di consumo dei contenuti audiovisivi, gli USA si confermano il paese leader: già nel 2010 oltre 145 milioni di persone negli Stati Uniti hanno guardato video on line per un totale di 10,3 miliardi di stream99.
Attualmente a livello globale il segmento della TV individuale rappresenta il 5% del mercato della TV digitale, valore che crescerà fino a raggiungere il 20% nel 2016. Questa percentuale sarà ancora più elevata in Italia, dove non ci sono le cable TV. L’esperienza dell’individual TV avrà impatti su ogni elemento della catena del valore, aprendo nuove opportunità di business con l’offerta di servizi interattivi e personalizzati e con la diffusione di strumenti pubblicitari sempre più mirati ed efficaci. L’individual TV risponde alle esigenze multimediali dei digital native, gli stessi che popolano i siti di social networking e che utilizzano gli strumenti del Web 2.0: si tratta di giovani e adulti che sono early adopter delle nuove tecnologie, abituati ad avere a disposizione strumenti ICT avanzati e che si aspettano quindi di

98 Associazione Italiana Degli Operatori IPTV, op. cit.

usufruire di funzionalità dello stesso livello anche in relazione alla fruizione di contenuti televisivi. Tutto ciò implica il passaggio dalle piattaforme triple-quadruple play attualmente disponibili ad un nuovo single-play, che permette di mescolare nella medesima esperienza di fruizione media differenti come il cellulare, Internet e la TV, creando così illimitate opportunità di innovazione. In primo luogo si passerà davvero da una fruizione passiva ad una attiva, spostando l’asse dal prime time, la prima serata, al my time, ovvero la TV che si adatta allo stile di vita del singolo spettatore e non più viceversa. Il multidevice, la possibilità cioè di accedere ai contenuti preferiti dallo schermo di volta in volta più conveniente (TV-set, PC, telefonino, etc) è la seconda frontiera, mentre l’obiettivo è arrivare a un’esperienza di uso che coniughi i mondi fino ad oggi separati della TV, di internet e delle telecomunicazioni, in un' unica piattaforma multimediale al servizio delle esigenze e della personalità dei singoli consumatori100.

 

100G. Rusconi, tratto da La tv che cambia con il web, ne Il sole 24ore, 4 giugno 2008

CAPITOLO 5:

LA TRANSMEDIALITA' E IL SUPERAMENTO DELLA LOGICA A FLUSSO

 

Lo svilupparsi della multimedialità in crossmedialità in un primo momento e successivamente in transmedialità, è un processo che influenza abbondantemente l' evolversi del mezzo televisivo e l' elaborazione di nuovi linguaggi mediali, volti a catturare l' attenzione di un pubblico storicamente e intellettualmente distante dal modello di consumatore passivo che subisce l' offerta dei broadcaster.
Si parla di contenuti multimediali in ambito informatico, quando per comunicare un' informazione in merito ad un contenuto ci si avvale di diversi media, accompagnando alle immagini in movimento (video), immagini statiche (foto), musica e testo101. Questo primo livello di evoluzione del mezzo altro non è che un media mix potenziato, che però non muta le caratteristiche della narrazione monodirezionale. La vera svolta concettuale si avrà solo con la diffusione del concetto di multicanalità, ossia con l' uso combinato di molteplici canali volti all'instaurazione di relazioni, dialoghi a doppio flusso e alla creazione di servizi102: “the internet now supports all content across multiple platforms. The view of the internet as a website sitting in a browser is now dead” 103.
Attraverso il concetto di multicanalità si approda infine alla crossmedialità, intendendo con questa la possibilità di mettere in connessione l' uno con l' altro i mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo e alla diffusione di piattaforme digitali. E' in questo mutato scenario tecnologico che conseguentemente si evolve anche la
101Www.Wikipedia.it 102Ibidem 103www.globalwebindex.net

tipologia di spettatore/consumatore televisivo. La domanda passiva, cioè quella per cui la televisione e la sala cinematografica rappresentavano principalmente un luogo di aggregazione e lo spettacolo costituiva una forma di intrattenimento a basso costo, ha ormai ceduto il passo ad una tipologia di utenza estremamente consapevole e con motivazioni estrinseche da quelle dalla semplice fruizione momentanea104.
La moltiplicazione delle piattaforme, rendendo ad oggi possibile anche la fruizione di prodotti creati originariamente per il grande schermo (la televisione, l' home video, la pay TV, la pay-per-view, l' IPTV, lo streaming via internet, il peer-to- peer105), ha contribuito a creare una tipologia di consumo che deve tenere conto di una concorrenza allargata, rappresentata non solo dai diretti competitors, ma anche da tutte quelle forme di intrattenimento alternative accessibili da parte del fruitore.
Il genere televisivo o filmico, si trova per tanto a competere in un mercato molto più ampio rispetto ad un tempo e se da un lato propone un ventaglio sempre più vario di prodotti, dall'altro si confronta con una domanda sempre più mirata e focalizzata sul singolo oggetto. Sia le strategie industriali che le pratiche di consumo si muovo quindi tra competizione sul mercato globale e scelta fortemente orientata nella fruizione106.

104V. Innocenti, G. Pescaore, Il cinema della convergenza, Mimesis, 2012
105Tradotto dall’inglese il termine corrisponde all’italiano da punto a punto. Il peer to peer è un sistema di condivisione decentralizzata su internet, come ad esempio i torrent, Kazaa, Freenet, Filetopia, Napster, dove i tipi di file più condivisi sono gli mp3 (file musicali), i DivX (file contenenti film) e i pdf file (file contenenti libri in formato digitale). Ciascuno dei due o più computer delle persone che intervengono nel sistema di rete paritaria P2P scaricano, mettono in condivisione di altri utenti e tengono archiviati i file oggetto di scambio. In questi sistemi si gestisce l’uso contemporaneo di tutte le locazioni fisiche nei computer dove è ubicato lo stesso file, ottimizzando l’utilizzo della banda in proporzione al numero delle persone collegate in un dato momento, così da ridurre il tempo di scarico dei file
106V. Innocenti, G. Pescatore, op. cit.

Il consumatore odierno nell'epoca della convergenza multimediale, necessita di nuove coordinate che gli permettano di scegliere all' interno di un'offerta vasta e differenziata. I moderni strumenti di marketing sfruttano le strategie di posizionamento di un prodotto per creare nello spettatore la consapevolezza nei confronti dell'esistenza di una determinata produzione, generando così il desiderio di visione107.
Concatenato allo sviluppo della crossmedialità anche la transmedialità porta ad un ripensamento dei codici espressivi dei principali mezzi di comunicazione. Grazie alla transmedialità la comunicazione, muovendosi attraverso diversi tipi di media, contribuisce ad ogni passaggio con nuove e distinte informazioni all’esperienza dell’utente. Usando diversi formati di media, si contribuisce a creare dei punti di entrata attraverso i quali l’utente può immergersi completamente nella narrazione. Vi sono due fattori prominenti che guidano la crescita della comunicazione transmediale. Il primo è la proliferazione dei nuovi media come i video games, internet e le piattaforme mobili con le loro applicazioni. Il secondo è l’incentivo economico per i creatori di media che abbassano i costi di produzione condividendo gli assets. La comunicazione transmediale spesso usa pratiche di creazione delle storie anche da parte di persone (co-creazione) che non hanno direttamente a che fare con la produzione principale108.
L'origine del termine transmedia è squisitamente accademica. Ad usarlo per la prima volta è Henry Jenkins che lo conia per descrivere le nuove possibilità di integrazione delle esperienze di intrattenimento che si generano grazie al ricorso a

107Ibidem 108Www.wikipedia.it

molteplici media. Questa narrazione pervasiva consente allo spettatore di sganciarsi definitivamente dalla passività che lo caratterizzava storicamente, trasformandolo in un soggetto attivo, che partecipa allo sviluppo della narrazione (il che costituisce l’essenza del web 2.0)109.
Appare evidente come le dinamiche produttive e le modalità di diffusione e di accesso ai prodotti televisivo-cinematografici nell'ambito del mutato scenario mediale, siano diventate assai complesse, poiché sempre più spesso ci troviamo davanti ad oggetti che possiedono una struttura di tipo modulare, serializzabili, fruibili in ambiti e contesti diversi, secondo tempistiche personalizzabili, pervasivi e capaci di generare community di spettatori che condividono il medesimo interesse. Cambiano le stesse tipologie narrative che, rispetto al passato, oggi si caratterizzano per essere denotate da una crescente interattività, lasciando spazio ed autonomia ad una nuova tipologia di fruitore.
Il pubblico, lungi da poter essere ancora considerato come una sommatoria di soggetti passivi, pronti ad accettare e consumare qualsiasi prodotto venga loro offerto, ora dimostra di avere un approccio attivo nei confronti dei prodotti audiovisivi. Gli spettatori odierni sono dinamici, discutono e riflettono su ciò che consumano, sono caratterizzati dalla comprensione dei prodotti mediatici, costruendosi un ruolo dinamico nella creazione di nuovi materiali derivati110.
Il superamento di un'offerta di tipo lineare, tipica della TV di flusso governata dalla logica del palinsesto, ha fatto si che si superasse il rigore dell' hic et nunc, al quale si sostituisce una libertà prima impensabile: libertà di scelta dei contenuti, della sua

declinazione nella versione più affine alle esigenze del singolo, del momento che meglio si armonizza con il time budget di ognuno.
Dalla metà degli anni Novanta il concetto di pubblico relativo alla TV generalista è stato sostituito dal mutato profilo sociodemografico del nuovo telespettatore, che ha valorizzato il concetto di condivisione istantanea dei contenuti, il piacere della discussione, del commento, del poter esprimere la propria opinione non solo tramite lo strumento del telecomando.
I social network in particolare, inglobano al proprio interno proprio quelle fasce di popolazione storicamente più difficili da intercettare da parte della consueta programmazione televisiva. Si è andata creando una generazione di esperti, che ha portato alla luce nuovi concetti e nuove abitudini con le quali i teorici e gli operatori dei media devono confrontarsi, pena l' obsolescenza.
D'altronde internet risponde pienamente alle esigenze di condivisione e interazione che hanno da sempre caratterizzato il pubblico di ogni media111.
Oltre all'idea di condivisione, che agisce in profondità sull'agenda dei media determinandone contenuti e priorità, anche fenomeni di fandom112 si impongono all'attenzione degli studiosi di media, come fenomeno nato dal basso e in grado di influenzare radicalmente i contenuti e la rilevanza dei prodotti televisivi e mediali.
Analizzare l' esperienza transmediale dal punto di vista del consumatore appare come un processo tanto duttile quanto naturale, più complicato è invece l' adattamento del produttore alle nuove necessità.
Solo facendo gemmare la linea temporale narrativa grazie al ricorso a flashback e
111F. Rose, Immersi nelle storia, il mestiere di raccontare nell' era di internet, Codice, 2010
112Il termine fandom indica una sottocultura formata dalla comunità di appassionati (fan) che condividono un interesse comune in un qualche fenomeno culturale, come un hobby, un autore, un genere cinematografico o una moda.

flashforward, sviluppando personaggi sino a quel momento marginali, creando storie parallele ma saldamente correlate al plot principale, sarà possibile garantire allo spettatore/utente una nuova, soddisfacente, esperienza di intrattenimento, che non depotenzierà l’interesse per l’offerta a tema sulle altre piattaforme ma che anzi servirà ad alimentare un virtuoso sistema di rimandi da un testo all’altro, da un medium all’altro113.
Per la creazione di “mondi altri” su piattaforme, occorre garantire all'utente la sperimentazione di linee di narrazione aggiuntive, la fruizione di nuove esperienze, la possibilità di arricchire le informazioni a disposizione114.
Se è sembrato per lungo tempo che la “cattiva televisione” si manifestasse nella riproposizione di quei prodotti seriali, considerati spersonalizzanti, poco accattivanti e orientati più al mero consumo che non all'arte, oggi si assiste al fenomeno inverso per cui sono proprio quella tipologia di prodotti a ridare alla televisione quella forza innovatrice che era andata spegnendosi negli ultimi anni.
Un significativo mutamento di tendenza si è verificato negli anni Novanta, durante i quali hanno cominciato a diffondersi prodotti seriali statunitensi di altissimo livello, imponendo uno standard qualitativo fino a quel momento pressoché ignoto e mettendo in discussione i presupposti della critica negativa sulla televisione e i suoi prodotti.

TERZA PARTE

CAPITOLO 6:

LA SVOLTA NARRATIVA E LA DIFFUSIONE DELLO STORYTELLING

 

L'epoca attuale, lungi dal rappresentare la morte delle grandi narrazioni, rappresenta invece la più completa trasposizione della modalità narrativa in ogni aspetto della vita: dall'economia, alla politica, all'educazione.
Le scienze sociali e non solo, sono sempre più interessate al fenomeno della ricerca in ambito narrativo, che si sta sviluppando in maniera poliforme contaminando campi considerati solitamente inusuali per l'oggetto di studio.
Vengono oggi analizzate le più disparate tipologie di “storie”, da quelle personali e tipicamente letterarie, a quelle politiche, istituzionali, organizzative, che stanno permeando i più disparati aspetti della vita contemporanea, influenzandone le percezioni.
Un'ambiziosa versione dell'analisi narrativa prende le mosse dalla nozione di una costruzione sociale che ha le sue radici proprio nel racconto collettivo, culturale e politico del mondo: “da un punto di vista ermeneutico, la vita umana è un processo di interpretazione narrativa115”.
Questo ha portato a investigare sul come si costruiscono le narrazioni, quale ruolo ricoprono nella vita delle persone, chi è preposto alla circolazione di una strategia narrativa, per quale motivo e come questa si realizza all'interno del tessuto sociale. E' implicito che in questa concezione del racconto questo non si limiti più ad essere

definito attraverso la formula della buona tragedia di memoria aristotelica, con un inizio, uno svolgimento e una fine116, ma diventa una forma caratterizzante le identità, i sé e le realtà collettive. La definizione fornita da Aristotele nella Poetica, pur essendo tutt'ora formalmente corretta in merito alla struttura di una sequenza narrativa, non dice nulla su come questa si sia evoluta e su quale sia la sua funzione attuale. Mari Laure Ryan aiuta a comprendere quello che viene definito l'imperialismo narrativo odierno: “il potenziale narrativo della vita può essere spiegato facendo una distinzione tra 'essere un racconto', e 'essere in possesso di narratività' ”117
Sarebbe inutile e ingannevole per tanto assumere la narrazione come qualcosa di formalmente sempre uguale a sé stessa, di completo e ordinato, che risiede in uno spazio distinto rispetto a tutte le altre tipologie del discorso. Non esiste una definizione che possa risultare confacente per ogni tipologia narrativa e ricercare il consenso concettuale su tale tematica, lungi dal far chiarezza, può invece risultare controproducente118.
Si inizia quindi a parlare di narrative turn quando si passa dallo studio delle singole narrazioni allo studio della narrativa in sé, come oggetto di indagine ubiquo e versatile ”in grado di essere veicolato dal linguaggio articolato, sia esso orale o scritto, da immagini fisse o in movimento, dai gesti, nonché dall'insieme di tutto ciò. La narrazione è presente in forma di mito, leggenda, favola, racconto, novella, storia, tragedia, dramma, commedia, mimica, pittura [...], la ritroviamo sulle vetrate,
116Aristotle. Poetica. Oxford: Clarendon Press, 1968
117“The narrative potential of life can be accounted for by making a distinction between ‘being a narrative’, and ‘possessing narrativity’.M. L. Ryan, Narrative. In Routledge Encyclopedia of Narrative Theory, D. Herman, M. Jahn and M.-L. Ryan, London and New York: Routledge, 2005
118E. Ochs, Elinor, L. Capps, Living Narrative. Creating Lives in Everyday Storytelling. Cambridge, MA: Harvard

sui muri, nei cinema, sotto forma di fumetto, di notiziario, di conversazione...”119. Appare evidente che siamo di fronte ad una nuovo modo di intendere il racconto. La svolta narrativa inizia nei primi anni '80 influenzando le aree della sociologia, della psicologia e delle scienze della formazione e dell'educazione, implicando quindi una ricerca orientata alle scienze prettamente umanistiche (in netto contrasto, per altro, con quello che era stato il rigido strutturalismo retorico).
Prese piede l'idea che la vita stessa fosse una narrazione: “da questo punto di vista, il narratore non è un sé unitario, che dà un senso olistico della sua vita, al contrario le storie che le persone raccontano di sé stessi riguardano molti sé, ognuno situato in contesti particolari, che lavorano strategicamente per convivere in quei contesti120”.
La metafora della vita vista come insieme di narrazioni ebbe diverse conseguenze: innanzitutto diede importanza alla raccolta dei così detti “racconti di vita”, privilegiando the big narratives of life121, dando forte impulso alla lettura delle diverse narrazioni come coerenti e unitarie. Inoltre l'enfasi sulla natura espressiva della vita-narrativa fece sì che si iniziasse a considerare tali storie non come insiemi autosufficienti, ma interagenti con le istituzioni e il contesto socioculturale, tanto che si iniziò a parlare di pratiche narrative.122 Jaber F. Gubrium e James A. Holstein si spostano da uno studio meramente testuale delle storie verso un processo volto ad indagare l'etnografia narrativa, focalizzando l'interesse sulla

119R. Barthes, Roland. Introduction to the structural analysis of narrative. In Image, Music, Text. S. Heath. New York: Hill and Wang. Original edition, 1966
120C. Squire, Narrative genres. In Qualitative Research Practice, C. Seale, G. Gobo, J.F. Gubrium and D. Silverman.
London, Thousand Oaks, New Delhi: Sage. 2004 121Ibidem
122J. Gubrium, A. Holstein. Narrative ethnography. In Handbook of Emergent Methods, S. Hesse-Biber and P. Leavy. New York: Guilford Press, 2007

rilevanza concettuale dello storytelling in sé stesso123.

L'interesse nella produzione, distribuzione e circolazione di storie all'interno del tessuto sociale, fa si che la ricerca si ponga delle domande inerenti a chi produce particolari tipi di storie, come queste si possano verificare, quali conseguenze comporteranno, in quali circostanze particolari queste narrazioni possono venire utilizzate, come fanno a guadagnare popolarità e come iniziano poi a formarsi delle contro-narrazioni124.
L'influente studio di Arthur W. Frank, The Wounded Storyteller, evidenziò come le narrazioni costituissero il modello che principalmente supporta le istituzioni mediche, pubblicitarie e dei media125.
Apparso negli Stati Uniti a metà degli anni Novanta, lo storytelling può dunque venire descritto come “l'arte di raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva”126 e trova applicazione in settori decisamente inattesi.
La svolta narrativa delle scienze sociali ha coinciso non casualmente, con l'esplosione di internet e i sorprendenti progressi delle Nuove Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (NTIC), che hanno permesso non solo una diffusione del fenomeno impensabile fino a poco tempo prima, ma hanno anche fornito i mezzi per una crossmedialità narrativa che permette di integrare più piattaforme in una costruzione coerente al suo interno.
Internet, la cui struttura è fatta da testi, suoni, immagini e video, si presenta come un mezzo camaleontico, in quanto all' occorrenza può trasformarsi in uno

123Ibidem 124Ibidem
125A. Frank, Arthur The Wounded Storyteller. Body, Illness, and Ethics, Chicago & London: The University of Chicago Press. 1995
126 C. Salmon Storytelling, la fabbrica delle storie, Fazi Editore, 2008

qualunque degli altri media, come già trattato nel precedente capitolo. La sua struttura non sequenziale inoltre lo rende un mezzo non solo interattivo ma partecipativo, in quanto non si limita a rispondere ai comandi dell'utente, ma lo stimola spingendolo a contribuire attivamente127. Sotto lo stimolo di internet sta emergendo un nuovo tipo di narrazione, multisequenziale e su più piattaforme comunicative, decisamente più coinvolgente e partecipata, volta a catturare l'utente e non semplicemente a intrattenerlo.
Se è vera l' interpretazione che danno gli antropologi del raccontare come aspetto fondamentale della vita umana, in quanto presuppone un'interazione simbolica ed emotiva tra parlante e ascoltatore, possiamo dedurre che è attraverso le storie che diamo un senso al mondo per condividerlo con altri. Le storie hanno quindi indubbiamente un carattere universale, ciò che cambia è la modalità di narrazione che va di pari passo con i mezzi di comunicazione che di volta in volta si decide di utilizzare.

 

127Ibidem

CAPITOLO 7:

TRANSMEDIA STORYTELLING E LE SERIE TV COME STRUMENTO NARRATIVO

 

Sono decisamente poche le forme di storytelling che possono vantare un' ampiezza narrativa paragonabile alle serie TV, dove si può far proseguire un racconto per degli anni, sviluppando tanti vissuti dei personaggi, caratteri, intrecci, filoni narrativi quanti possono essere ragionevolmente seguiti da un telespettatore attento e concentrato.
Assodata l'ampiezza temporale della nuova serialità narrativa, si potrebbe in un primo momento supporre che lo sviluppo in essa contenuto possa essere esaustivo e soddisfacente per i team creativi che vi lavorano. Ciò viene smentito dallo sviluppo di forme innovative di narrative extentions sulle quali lavorano produttori, sceneggiatori, artisti di varia natura e formazione, muovendosi attraverso diverse e versatili piattaforme, per creare una storia coerente al suo interno.
Distinguere tra adattamento ed estensione narrativa (narrative adaptation e narrative extension) risulta fondamentale per riuscire a comprendere la portata del fenomeno in atto. Se l'adattamento consiste nel trasportare la stessa storia da un mezzo all'altro, l'estensione narrativa comporta l' integrazione di nuovi elementi al testo di base ogni volta che questo viene trasferito su mezzi differenti128. Ogni adattamento rappresenta infatti un interpretazione del lavoro in questione che non potrà mai essere quindi una riproduzione fedele. In questo modo ogni adattamento progressivo collaborerà all'integrazione della gamma di significati collegati alla

storia di partenza, mettendo in atto una vera e propria trasformazione volta ad implementare la strategia narrativa adottata129. Attraverso la trasposizione di una stessa storia su diversi media lo spettatore può quindi immergersi in nuove esperienze imparando nuove cose su di essa. Non è un caso infatti che sia stato proprio un game designer, Neil Young, a coniare il termine additive comprehension, ad indicare il grado che ogni nuovo testo aggiunge alla comprensione della storia nel suo complesso. Cosi per esempio, il fumetto Falling Skies rappresenta il prequel di quella che sarà l'omonima serie TV130, permettendo allo spettatore di comprendere appieno le motivazioni che spingono i protagonisti della serie ad agire, solo dopo essere entrato in contatto anche con la graphic novel. In questo caso l additive comprehension assume le forme della back story.
La maggior parte dei contenuti transmediali risponde ad una delle seguenti funzioni:
• offrire una back story;

• definire i confini;

• offrire un' altra prospettiva sull'azione dei personaggi;

• implementare il coinvolgimento dell audience.

Questo è possibile solo se all'interno di una strategia transmediale si ridefinisce il testo di base di volta in volta proposto, in base alle relazioni esistenti tra i diversi media e non solo tramite una logica di tipo adattivo.
Bisogna sottolineare che il concetto di transmediale non è di certo una novità

129C. Dena, Transmedia Practice: Theorising the Practice of Expressing a Fictional World across Distinct Media and Environments, 2009, http://http://elmcip.net
130Falling Skies è una serie televisiva statunitense di genere fantascientifico creata da Robert Rodat e prodotta da Steven Spielberg. La prima stagione ha debuttato il 19 giugno 2011 sul canale via cavo TNT ed è composta da dieci episodi.In Italia, la serie è stata trasmessa in prima visione sul canale satellitare Fox. Www.wikipedia.org

peculiare dell'era digitale. Anche se il nome è di recente coniazione il concetto strategico della trasposizione di un racconto su altri mezzi è vecchio come i mezzi stessi. Basti pensare alle rappresentazioni figurative di scene sacre e di particolari passaggi biblici, o anche agli iconici personaggi del diciannovesimo secolo come Frankenstein o Sherlock Holmes la cui portata narrativa trascende lo specifico supporto. Anche all' interno dei palinsesti della neo nata televisione degli anni '50 sono state applicate le logiche del transmedia storytelling, come in Dragnet131. Nato come un radiodramma nel 1947 ha poi colonizzato altri medium, divenendo dapprima una serie molto popolare negli Stati Uniti, da cui sono stati poi tratti una serie di libri, un lungometraggio, giochi da tavola, un vero e proprio merchandising ed infine diversi remake televisivi.
Si può altresì affermare che L. Frank Baum, nel suo concentrarsi sulla costruzione del mondo attraverso i media, Wlalt Disney, con lo sviluppo transmediale del branding e J.R.R. Tolkien, attraverso i suoi esperimenti di intertestualità radicale, siano stati dei precursori di quelle che sono oggi delle pratiche comuni di transmedia storytelling.
Questo non significa assolutamente che ciò a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni non abbia apportato novità decisive per il mezzo televisivo e non vi sono dubbi che senza le innovazioni digitali le tecniche transmediali e lo sviluppo dello storytellig non sarebbero stati cosi pervasivi ed efficaci. E' indubbio infatti che le innovazioni tecnologiche date dallo sviluppo delle piattaforme digitali abbiano implementato le tipologie strategiche di tipo multilaterale: on line videos, blogs,
131 Dragnet è una serie televisiva statunitense in 276 episodi trasmessi per la prima volta nel corso di 8 stagioni dal 1951 al 1959. La serie, del genere poliziesco e inedita in Italia, fu molto popolare negli Stati Uniti e originò una sequenza di sequel e remake protrattasi fino al 2004. www.wikipedia.com

giochi per il computer, social network e i più recenti Alternate Reality Games rappresentano dei meccanismi tanto potenti quanto facilmente sfruttabili per l'espansione dell'universo narrativo.
Inoltre il fatto che i progressi tecnologici e i cambiamenti sociali, abbiano ridotto progressivamente il numero dei telespettatori televisivi e abbiano aumentato la concorrenza tra diversi medium, ha costituito un incoraggiamento per la sperimentazione di tecniche transmediali di sviluppo narrativo sempre più all'avanguardia e coinvolgenti.
Quello che oggi appare come una prassi quasi usuale nello sviluppo di un formato televisivo vincente, sopratutto all' interno della nuova serialità televisiva high concept, fino a pochi anni fa rappresentava una pratica eccezionale e impegnativa. Pressoché ogni mezzo di comunicazione esistente offre la possibilità di subire delle contaminazioni e delle estensioni da parte degli altri, divenendo dei meccanismi para testuali in relazione alla matrice testuale, sia essa un film, un libro o un video game. Non è più possibile oggigiorno isolare un unico testo, poiché stiamo vivendo in un era di saturazione mediale, nella quale ogni volta che viene creato un nuovo format, questo diviene parte di un complesso collegamento ipertestuale che prende vita grazie alle potenzialità del web132. Nell'epoca della convergenza ogni mezzo di comunicazione si definisce attraverso l'interazione e la connessione con gli altri, sfatando le teorie della Rivoluzione Digitale, nelle quali si presupponeva che i vecchi media sarebbero semplicemente stati sostituiti dai nuovi133.
Mutuando le teorie di Jonathan Gray134 in merito, possiamo distinguere un primo
132 J. Gray, Show Sold Separately: Promos, Spoilers, and Other Media Paratexts, NYU, 2010 133 H. Jenkins, op.cit.
134 J. Gray, professore presso la University of Wisconsin-Madison e autore di Show Sold Separately: Promos, Spoilers, and Other Media Paratexts, NYU, 2010.

insieme di tipologie para testuali, atte a introdurre e pubblicizzare un determinato tipo di testo; a seguire si individuano quelle che fungono da siti per l'espansione e l'implementazione narrativa di questo; infine una particolare tipologia, che serve ad aiutare gli spettatori a dare un senso alla narrazione globale135. È attraverso questi paratesti che lo storytelling può prosperare e acquisire senso: “il transmedia storytelling rappresenta un processo attraverso il quale gli elementi integrali di una particolare tipologia di fiction, viaggiano sistematicamente attraverso altre piattaforme con il proposito di creare un'esperienza di intrattenimento unificata e coerente al suo interno. Idealmente ogni mezzo dà il suo contributo peculiare alla creazione della storia.”136
Il transmedia storytelling dunque rappresenta un modo di ripensare l'influenza reciproca tra tutti i media disponibili in ogni ambito, si pensi ad esempio al transmedia branding, il transmedia spectacle, transmedia activism, transmedia performance, etc etc... che testimoniano che lo stesso testo può venire elaborato e implementato secondo logiche diverse.
Analizzando il concetto di serialità si può dedurre che questa implica lo svolgersi di un'azione nel corso del tempo, in genere attraverso un processo di suddivisione in blocchi, ossia creazione di pezzi significativi della storia e la dispersione, che comporta quindi la rottura della narrazione creando tante reti interconnesse. Al centro di questo processo vi è la creazione di un gancio alla storia, o di un colpo di scena, che motivi lo spettatore a tornare e ritornare sulla stessa. La serialità televisiva si è evoluta negli anni passando da una struttura di tipo squisitamente

135Tratto dall' intervista di Henry Jenkis e Jonathan Gray rinvenibile su http://henryjenkins.org, marzo 2010 136H. Jenkins, op.cit

episodico ad una di tipo sequenziale, sviluppando le relazioni tra i personaggi, creando un mondo coerente e una trama ad ampio respiro.
Si può affermare che lo sviluppo della serialità televisiva ha giocato un ruolo centrale nel preparare il pubblico nell'accettazione e nella comprensione del transmedia storytelling, in quanto molte delle transmedia stories hanno una struttura altamente seriale, ma non è vero il contrario, essendoci infatti molte serie che non adottano i paradigmi transmediali. Così Bones137 è un drama parzialmente serializzato (ossia ogni singolo episodio è auto sussistente, pur collegandosi tematicamente ai precedenti e ai successivi) che per la maggior parte rimane però confinato all' interno del solo mezzo televisivo.
Una serie televisiva come Glee138 invece ha saputo sfruttare le tecniche di transmedia storytelling, accrescendo così il suo successo internazionale, dando vita a quella che può essere definita una vera e propria Glee's transmedia strategies, volta ad enfatizzare il transmedia performance, attraverso la condivisione su YouTube e iTunes dei brani musicali e la creazione di veri e propri spettacoli dal vivo similari a quelli dello show. Attraverso questi accorgimenti è stato possibile orchestrare una storia coerente che trasportasse la serie dallo schermo alla vita reale, creando il così detto “fenomeno Glee”.
Il livello al quale tutti i prodotti della nuova serialità si dovrebbero assestare è quello della multimodalità (multimodality)139, in base alla quale risulta fondamentale la
137Bones è una serie televisiva statunitense prodotta dal 2005. La serie è liberamente ispirata alle avventure di Temperance Brennan, l'omonimo personaggio letterario protagonista dei romanzi dell'antropologa forense Kathy Reichs (essa stessa una delle produttrici di Bones).Bones è trasmessa in prima visione negli Stati Uniti da Fox dal 13 settembre 2005, mentre in Italia è trasmessa in chiaro dai canali Mediaset e sul satellite da Fox Life.
Www.wikipedia.org
138Glee è stata una famosa serie televisiva musicale statunitense, prodotta e trasmessa dal 2009 al 2015 negli Stati Uniti per sei stagioni da Fox.
139C. Dena, op.cit.

comprensione del concetto secondo cui diversi media coinvolgono diversi tipi di rappresentazione, tant'è che un fumetto differisce da un film, da un gioco, o da una serie TV. Ogni medium possiede una particolare tipologia rappresentativa del testo di partenza. Un gioco facilita la comprensione di diverse metodologie interattive con i contenuti, al fine di superare i diversi livelli che portano allo scioglimento della storia; molto di più rispetto ad un libro o un film. Così una storia che si dipana attraverso media differenti adotterà diverse modalità di interazione con l'usufruitore. È importante in questo contesto distinguere tra partecipazione e interattività. Quest'ultima è inerente alla tecnologia, mentre la partecipazione aderisce ad una sfera di tipo culturale. Nella pratica entrambe possono compartecipare per la comprensione di una medesima struttura narrativa. Parlare di interattività come elemento essenziale all' interno di una strategia di transmedia storytelling, riunisce in sé anche pratiche di tipo socio-culturale proprie della modalità partecipativa. Si possono facilmente immaginare infatti diversi approcci ad una trasposizione transmediale di un testo. Ci sarebbe da un lato la caccia e la raccolta di informazioni da parte dei fan più accaniti, per dotare la storia di un surplus di significato; dall'altro, si potrebbe sviluppare la storia attraverso diversi livelli di un gioco, ponendo quindi lo spettatore partecipante di fronte alla necessità di superare vari ostacoli, raccogliere oggetti, uccidere, in linea con il testo di base.; inoltre si potrebbe pensare a varie tipologie di aggregazione dei fan tramite flash mob, raduni cosplay, come esaltazione narrativa più partecipativa che interattiva e meno controllata dai transmedia producers.

CAPITOLO 8:

LA TELEVISIONE COME STIMOLO ALL' INTELLIGENZA

 

La carenza dei così detti “programmi educativi” e la loro collocazione in fasce orarie marginali, è fin troppo ovvia, come il fatto che la televisione di stampo commerciale abbia invaso anche i palinsesti del servizio pubblico.
Una parte di critica reclama la necessità di più spazi di tipo informativo e divulgativo, che fungano da strumento didattico per i telespettatori-discenti.
Nell'esternazione di queste esigenze colpisce l'ottusità con cui si esclude ogni possibile contaminazione tra diversi ambiti, come se le istanze educative dovessero per loro natura rimanere relegate all'interno dei documentari o dei programmi dichiaratamente didattici, che fanno il verso alla paleotelevisione degli albori.
Certo, in una televisione che negli ultimi anni ha privilegiato format come quelli dei reality, che si basano proprio sul meccanismo diseducativo dell'esclusione, coniugare intrattenimento ed educazione può apparire irrealizzabile, ma esiste uno spazio dove questo abbinamento può ancora essere tentato: lo spazio della fiction, ossia della narrazione televisiva.
Il pensiero “librocentrico” che permea le attività educative, lungi dall'avere ripercussioni negative nell'attività degli autori televisivi, funge spesso da fonte di ispirazione e da driving platform per tutto il successivo sviluppo narrativo140. La parola stampata non solo non è morta, ma si pone come base per tutto l'universo della fiction che da questa prende le mosse e dalla quale mutua una vocazione pedagogica, che da tempo la televisione aveva abbandonato.
140Jeff Gomez CEO, Starlight Runner Entertainment, caricato a marzo 2010 su https://youtu.be/o7_gz05sbQw

Se un tempo spettava ai grandi romanzi di formazione il compito di fornire dei modelli attraverso le vicende in essi contenuti e in tempi non troppo remoti questo stesso compito è stato svolto dal cinema, ora spetta alle moderne serie televisive il delicato ruolo di dispositivi di identità e di consapevolezza. Oggi all'interno delle grandi fiction riscontriamo gli insegnamenti universali del non mentire, l'essere coerenti con le premesse e saper gestire le contro narrazioni141.
Questi precetti non sono semplicemente contenuti all'interno delle trame e della sceneggiatura, ovviamente sempre varie e tematicamente distanti le une dalle altre, ma vengono rinvenute nella stessa struttura di ogni grande narrazione seriale contemporanea, in quanto base stessa per il suo successo e la sua influenza sul pubblico.
Steven Johnson, ricercatore statunitense di grande levatura, è da tempo impegnato nell'analisi del funzionamento del cervello, nello studio dell'interazione uomo- macchina, nelle modalità di appropriazione nelle influenze sociali dello spazio digitale. Studiando il funzionamento dei videogiochi, dei programmi televisivi, di Internet, dello sviluppo delle metropoli, intreccia diverse discipline per tracciare le linee guida di una nuova scienza della complessità e dei sistemi emergenti.
Johnson ha denominato The Sleeper Curve la sua teoria di una televisione intelligente, mutuando l'appellativo dal film Il Dormiglione di Woody Allen, sostenendo che proprio all'interno del mezzo più disprezzato dagli intellettuali fino a poco tempo addietro, è rinvenibile oggi una forma mediale adatta a stimolare l'intelligenza di chi vi si accosta142.
141A. Fontana, E. Mieli, Siamo tutti storytellers, dalle fiction americane alla politica, Amygdala, 2014 142S, Johnson, Tutto quello che fa male ti fa bene. Perché la televisione, i videogiochi e il cinema ci rendono
intelligenti, Mondadori, 2006

Nel film Il Dormiglione del 1973, c'è una sequenza che si prende gioco della scienza e della fantascienza. Risvegliatosi dopo molti anni, nel 2173, il protagonista si accorge che gli scienziati deridono la nostra società per non aver capito i benefici nutrizionali del così detto “cibo spazzatura”. Nell'ottica di una sana e corretta alimentazione, noi crediamo che le merendine siano dannose quanto la TV. Fanno male. Però basta un lungo sonno, una distanza temporale, per capovolgere le convinzioni. Per decenni abbiamo agito con l'idea che la cultura di massa seguisse un percorso in costante declino verso uno standard che rappresenti un minimo comun denominatore e invece dobbiamo oggi constatare che da un punto di vista intellettuale la cultura di massa ha stimolato la nostra mente in modo nuovo e convincente, ha accresciuto le nostre capacità intellettive. La Curva del Dormiglione è un paradosso che ci aiuta a spogliarci di molti luoghi comuni, a non addossare solo ai media le colpe di questa società. La sensazione comune è quella di aver usufruito in questi anni di una TV assolutamente priva di sfumature, volta alla ricerca spasmodica di catturare l'attenzione del telespettatore con meri effetti speciali e trovate trash da reality show, con l esibizione di veri e propri mostri, e un serraglio di “casi umani”. Ma la TV e con essa i videogiochi e le mille offerte del Web, offrono a un numero impressionante di persone una grande quantità di stimoli che hanno accresciuto la media del quoziente d' intelligenza143.
Non è un tentativo di riesumare la vecchia TV di stampo pedagogico che proponeva la RAI ai suoi esordi. Il modello della “maestra televisione” che trasmette precetti nozionistici a dei telespettatori passivi è decisamente anacronistica e
inattuabile nell'epoca odierna.

Quello che si ricerca è una stimolazione effettiva delle capacità cognitive dei nuovi telespettatori, i quali saranno conseguentemente portati a sviluppare ragionamenti proattivi in funzione di ciò che è stato visto.
Nelle trasmissioni considerate educative, tutte le informazioni sono presentate in maniera esplicita e la loro visione “non implica nessuno sforzo intellettuale da parte dello spettatore. Guardando questi programmi non esercitiamo il cervello più di quanto alleniamo il corpo guardando un talk show sul calcio”.
I telefilm sono al contrario capaci di impegnare le nostre facoltà cognitive, potenziandole e non, come si pensa, riducendole e obbligandole ad un ruolo passivo di assimilazione.
“Malgrado le preoccupazioni sull'intontimento generale della società, le scuole che non assolvono al meglio la loro funzione, la TV spazzatura, il declino della pratica della lettura... la popolazione, nel suo complesso, si sta facendo progressivamente più sveglia e gli studi più recenti mostrano un'accelerazione significativa nel quoziente intellettivo della popolazione mondiale.” 144.
I telefilm aiutano e stimolano la capacità di problem solving di chi li guarda e si appassiona a questi proprio in quanto riescono a coinvolgere il telespettatore ad un livello più profondo rispetto alla televisione di puro intrattenimento.
La TV, pur mutuando determinati tipi di linguaggio e di funzioni dalla parola scritta, non è di certo come un libro, non migliorerà mai le abilità dei propri spettatori “nel tradurre le lettere in significato”, forse non attiverà mai l'immaginazione come la attiva una forma testuale; ma per quel che riguarda altre tipologie di esercizio
mentale, la TV pare essere uno strumento ricco di stimoli.

Johnson analizza la capacità di stimolazione cognitiva da parte delle serie TV partendo da Hill Street giorno e notte di Steven Bochco, del 1981, la serie che ha introdotto la convenzione narrativa delle trame multiple, prendendole a prestito dalle soap più popolari.
E' ormai un'idea condivisa che Hill Street Blues abbia dato inizio ad una nuova epoca d'oro delle rappresentazioni televisive nel corso dei suoi sette anni di trasmissione, mettendo in luce come il piccolo schermo presentasse numerosi vantaggi non sottovalutabili rispetto al cinema. In televisione si potevano, come già accennato in precedenza, raccontare storie lunghissime, permettere ai personaggi di evolvere nel tempo ed entrando letteralmente a casa del telespettatore, anziché costringerlo ad uscire, creava con lui un legame di maggiore intimità145.
Hill Street rappresentò un enorme progresso nei modi di sfruttare una narrazione complessa e dei chiaroscuri morali, ma lo fece utilizzando alcuni trucchi fondamentali che Sentieri e General Hospital conoscevano da tempo. Anche Dallas aveva già mostrato che i fili estesi e strettamente intrecciati del genere soap opera potevano sopravvivere alla cadenza settimanale tipica di un programma di prima serata L'intuizione geniale di Bochco fu quella di combinare una struttura narrativa articolata con un soggetto complesso. E' anche grazie a generi generalmente disprezzati come Dallas, Sentieri, Geneal Hospital, che possiamo apprezzare e comprendere serie come di Twin Peaks, O.C., X-Files, Dawson's Creek, Sex and the City, C.S.I., NYPD, Six feet under, I Soprano, Buffy, Ally McBeal, Lost, Desperate Housewives, I Simpsons. Non abbiamo più bisogno di una preparazione

145A. Sepinwall, Telerivoluzione. Da Twin Peaks a breaking Bad, come le serie TV hanno cambiato per sempre la televisione, Bur Rizzoli, 2012

alla trama multipla (uno sforzo cognitivo che le generazioni prima di noi non hanno mai affrontato) perché venti, trent'anni di TV sempre più complessa hanno affinato le nostre capacità cognitive “come in quei videogame che obbligano a imparare le regole durante il gioco, parte del piacere offerto da queste narrazioni televisive moderne deriva dallo sforzo cognitivo richiesto per completare i dettagli”146.
Le serie TV sono diventate, nel corso degli ultimi anni, proprio quello che in altri tempi era definito “intrattenimento intelligente”, con una propria dignità e validità filmica (si pensi a titolo di esempio a Tarantino, che dirige due puntate di CSI147). In Italia questa tipologia di prodotti è decisamente meno rinvenibile che in altri paesi, quali U.S.A. e Canada, ma una menzione speciale va dedicata all'antesignano nostrano della serialità televisiva di qualità: Boris, una sorta di meta-serie sulle serie, che con grande ironia racconta di quanto poco coraggioso sia il modo di pensare e realizzare prodotti televisivi italiani. Attori imposti per ragioni politiche, fotografia sacrificata alla pubblicità, copioni immobili, soggetti ripetitivi e melensi, poco più di fotoromanzi filmati. In Boris tutto ciò è raccontato con intelligenza e senso critico.
Stessa filosofia produttiva rinvenibile nelle serie TV americane di maggior successo, che proprio per il loro rifuggire il politicamente corretto, risultano essere coacervo di elementi politici, psicologici, sociali, antropologici, con l'innegabile pregio di far discutere e introdurre aspetti di riflessione in prodotti altrimenti oggetto di fruizione fin troppo passiva. Al loro interno vengono inoltre rappresentati
personaggi appartenenti alle varie etnie e ai vari orientamenti sessuali, si ironizza
146S. Cjohnson, op. cit.
147Grave Danger è l'episodio finale (diviso in due parti) della quinta stagione di C.S.I.-Scena del crimine e vede la firma alla regia di Quentin Tarantino.La puntata è andata in onda negli USA il 19 maggio 2005 ed è stata vista da 30,3 milioni di spettatori: un record assoluto.

sui comportamenti razzisti al fine di ridicolizzarli, stimolando la libertà di pensiero e la capacità critica, uscendo sia dalle pastoie del romanticismo becero e della soap strappalacrime, che dalla pedanteria dell'edu-television di stampo classico.
Per quanto riguarda la televisione, è stato già messo in luce il fatto che ormai i giovani tendono ad evitare le reti su cui fa perno la TV commerciale, compiendo quella che si può definire una vera e propria rivoluzione generazionale oltre che tecnologica, che vede i canali digitali e in particolare internet surclassare la televisione.
Sembra ormai superato anche il concetto di “spettatore” sostituito da quello di “partecipante”, che elabora ciò che vede in giochi, enigmi, ma sopratutto in storie di portata universale, da implementare e condividere.
Dopotutto le storie, come i giochi, sono simulazioni della vita reale che ci aiutano a creare un microcosmo, una sorta di realtà alternativa, costruendo un mondo che vorremmo fosse reale e permettendoci di immergerci completamente in questa nuova realtà. Tutti aspiriamo ad essere parte di qualcosa, essere coinvolti, ritagliarsi un ruolo e farlo proprio. Di fronte ad un ambiente incerto diviene necessario essere pronti al cambiamento e rivolti al possibile, senza altra legge se non il racconto di sé e della realtà nella quale si appartiene, che deve essere solido e coerente al suo interno, adatto ad essere trasmesso in maniera credibile al mondo148.
La narrazione non è solo una fotografia della realtà, ma contribuisce essa stessa a strutturarla, in quanto le storie entrano in contatto con la parte emotiva degli ascoltatori, agendo non sull'intelletto ma sull'interiorità di ciascuno.
148C. Salmon, op. cit.

Il racconto è dunque una delle grandi categorie dell'esistenza che utilizziamo per comprendere e ordinare il mondo.
Come precedentemente delineato, oggi stiamo assistendo a quella che i sociologi definiscono narrative turn, in cui il racconto che permea ogni aspetto della vita dell'individuo, è finalmente oggetto di studi e riflessioni, in quanto lungi dal raccontare il passato in una forma meramente aneddotica, disegna i comportamenti, orienta i flussi di emozioni e sincronizza la loro circolazione .
Lo storytelling costituisce per tanto la modalità in base alla quale gli individui sono portati ad identificarsi in certi modelli e conformarsi a certi standard.
Grazie alle serie TV ci stiamo abituando al fatto che oggi qualsiasi tipo di narrazione si sviluppa su una tipologia di pensiero ad ampio spettro, che tenga conto cioè non solo della successione, di quello che avviene all’interno di una storia o nei suoi meccanismi di produzione, ma anche di ciò che accade nei mondi paralleli a quello principale, al loro intrecciarsi in diverse linee e attraverso differenti strumenti di comunicazione. Il nucleo principale permane, ma ci sono anche tanti altri ambienti autonomi e integrativi, si lavora su narrazioni multiple che mantengono la loro coerenza prese singolarmente, ma che messe assieme danno una visione complessiva più completa149.
La narrazione della grande serialità televisiva permette al telespettatore di avvicinarsi ad un mondo che parla la propria lingua. Questo facilita indubbiamente la trasmissione di grandi contenuti, frazionati e divisi, per meglio essere assimilati dall'osservatore attento. I micro-contenuti veicolati ben si adattano agli strumenti di

149Annalisa Galardi, docente diComunicazione Pubblica e d’Impresa alla Cattolica di Milano, su www.seriouslysocial.it , gennaio 2015

comunicazione usati dai giovani per avvicinarsi all’apprendimento e alla soglia di attenzione di quelle persone che oggi vogliono essere fortemente sollecitate per un tempo come può essere l’episodio di una serie televisiva.
Nel grande mondo mediatico (One Media World) tutto influenza tutto ed ogni cosa è legata con un' altra: la narrativa influenza il giornalismo e viceversa, che è a sua volta condizionato da Internet, dal punto di vista soggettivo di blogger e opinion leader e tutto ciò ha un enorme impatto sul mondo e sul modo di raccontarlo. I telefilm sono dotati di un punto di forza non sottovalutabile: il tempo, che permette loro, a differenza di ogni altro film o sceneggiato televisivo, di esplorare protagonisti, ambientazione, contesto e intrecci, riportando in auge la capacità tutta romanzesca di raccontare storie che veicolino e indaghino significati forti.
Non è quindi casuale il successo delle serie TV e di come queste siano diventate contenuti premium per il mercato dell’intrattenimento nel quale confluiscono molti capitali, tanto che, oltre alle emittenti e alle classiche case di produzione, si sono spinti nel mercato persino gli operatori telefonici allo scopo di offrire un’offerta globale per cinema e TV in streaming.
Se da sempre la letteratura ha influenzato il cinema e la televisione nella produzione di contenuti di qualità, da qualche anno il fenomeno sembra essersi invertito ed è il mezzo stesso ad influenzare il contenuto. Da quelle più datate come The Love Boat, Magnum P.I., The A-Team, passando per The Sex and the City e ER, fino a quelle di ultima generazione come Breaking Bad, Game of Thrones e House Of Cards di Netflix e True Detective marchiata HBO, tanto per fare qualche esempio, le Serie TV sono già state definite la nuova frontiera della letteratura.

Il motivo di tanto successo risiede sicuramente nel taglio più flessibile rispetto a quello cinematografico o televisivo. La somministrazione in pillole (di solito una dozzina per stagione) è perfetta per sviluppare dinamiche più articolate, far emergere anche i profili dei personaggi secondari e creare forte dipendenza da parte del pubblico. Inoltre, ben si adatta a quel genere di fruizione in streaming e on demand sempre più sovvenzionata da chi propone un’alternativa alla televisione tradizionale.
Ecco che, secondo la Writers Guild of America (West), il sindacato degli sceneggiatori televisivi statunitense, nella lista delle 101 serie scritte meglio spiccano Boardwalk Empire iniziata nel 2010 e alla sua quarta stagione; How I Met Your Mother partita nel 2005 e terminata dopo nove onorate stagioni e Breaking Bad che ha visto la luce nel 2008 e conclusasi dopo cinque premiatissime stagioni. Oltre a questi contenuti mainstream, ci sono altre serie TV meno famose ma ugualmente capaci di attrarre pubblico e riconoscimenti, come quelli consegnati agli Awards per i migliori contenuti di intrattenimento online e offline.

QUARTA PARTE

CAPITOLO 9:

DA DICKENS ALLE NUOVE FORME DELLA GRANDE SERIALITA' TELEVISIVA

 

Come analizzato nei capitoli precedenti, studi antropologici hanno dimostrato che il raccontare è un aspetto imprescindibile dell'attività umana e in quanto tale è sempre esistito anche se declinato in diverse articolazioni, in quanto è attraverso le storie che si da un senso al mondo per condividerlo con altri, presupponendo quindi un'interazione simbiotica tra parlante e ascoltatore150.
Non è dunque il bisogno di narrazione a cambiare, ma il modo in cui questa narrazione si esplica, in base ai mezzi tecnologici a disposizione, in quanto ogni mezzo di comunicazione ha sempre dato vita ad una nuova forma di narrazione151. L'invenzione della stampa, avvenuta in Europa nella metà del quindicesimo secolo ha generato un'aumento significativo del tasso di alfabetizzazione, che a sua volta ha stimolato la nascita di nuove metodologie espressive.
La motivazione primaria, che è all'origine della serializzazione del prodotto culturale, è rinvenibile in una matrice di tipo economico, del tutto similare a quella per la produzione di massa di prodotti materiali: “la frammentazione, la serializzazione, la parcellizzazione in piccoli frammenti uguali tra loro, non tanto nel contenuto, quanto nel formato, mantengono vivi l'interesse e la curiosità per sapere che cosa succederà dopo, accrescendo l'attaccamento e l'affezione alla storia e moltiplicando in maniera esponenziale il consumo del supporto che la contiene: il

150F. Rose, Immersi nelle storia, il mestiere di raccontare nell' era di internet, Codice, 2010 151Ibidem

giornale, la radio, il cinema , la televisione... “152.

Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, mentre l'affermarsi dei processi di industrializzazione fanno sì che la produzione in serie diventi la rappresentazione più significative delle nuove dinamiche economiche, inizia ad affermarsi una nuova entità: il pubblico.
È la propensione di quest'ultimo ai prodotti seriali che sarà all'origine del successo di un genere che si presterà a venire adattato ad ogni medium di massa.
Ad una maggiore disponibilità e competenza tecnologica, alla possibilità di allargare l'offerta di prodotti culturali e all'ampliarsi del bacino di utenza, corrisponde una risposta entusiasta del pubblico che si dimostra continuamente bisognoso di storie nelle quali possa ritrovare degli elementi comuni: “nella serie l'utente crede di godere della novità della storia mentre di fatto gode per il ricorrere di uno schema narrativo costante ed è soddisfatto di ritrovare un personaggio noto, con i propri tic, le proprie frasi fatte, le proprie tecniche di soluzione dei problemi. La serie in tal senso risponde al bisogno infantile, ma non per questo morboso, di riudire sempre la stessa storia, di trovarsi consolati dal ritorno dell'identico, superficialmente mascherato153.”
E' nel corso della seconda metà dell'Ottocento che si assiste alla nascita di quella che si potrebbe definire la prima forma di serialità culturale destinata al grande pubblico: il romanzo a puntate.
In questa forma narrativa, resa possibile dall'introduzione di sistemi di stampa a basso costo che permettono una distribuzione del prodotto su grande scala, lo

sviluppo del racconto si realizza numero dopo numero, non in base alla mera segmentazione di un testo già realizzato, ma in base al gradimento dei lettori.
Era il pubblico dunque ad influenzare l'andamento della trama attraverso una partecipazione attiva154.
Il momento di maggior successo della narrativa a puntate può essere considerato il fuilleton, forma narrativa a metà strada tra la stampa e la letteratura, comparso all'inizio dell'Ottocento, sotto forma di supplemento al quotidiano.
Nasce un nuovo modo di scrivere, che prevede un intreccio potenzialmente infinito, il cui sviluppo si improvvisa di puntata in puntata, infarcendolo di trame secondarie, personaggi, nuovi legami, volti ad accattivare il pubblico. Molto spesso questi sviluppi si complicano talmente da far dimenticare all'autore stesso alcuni particolari mai risolti, esattamente come accade nelle moderne serie televisive155.
E' dal fuilleton che nasce la stampa popolare che attraverso le maglie della nascente industria culturale, è in grado di raggiungere un pubblico molto vasto, incentrandosi su elementi di ripetitività, della narrazione interrotta e del piacere del pubblico di ritrovare personaggi e ambienti già noti e già percorsi.
Charles Dickens incarna perfettamente l'esempio di un autore che ha ottenuto il meritato successo letterario grazie all'attenzione riposta all'interpretazione delle preferenze dei lettori.
Sebbene non possedesse un'adeguata formazione scolastica, a causa di traversie familiari che lo costrinsero ad abbandonare gli studi, Dickens nel 1836 ottenne l'incarico dalla casa editrice Chapmann & Hall di scrivere una serie di storielle

ambientate nella campagna inglese.

I racconti apparvero in una serie di fascicoli a pubblicazione mensile editi per la durata di un anno, che andranno successivamente a costituire il romanzo Il circolo Pickwick. L'accoglienza poco calorosa delle prime puntate, lasciò spazio ad un profondo interesse in seguito all'inserimento all'interno del racconto picaresco, del personaggio di Sam Weller, domestico dell'aristocratico protagonista. Fu a quel punto che i lettori acquisirono interesse per la narrazione, dimostrandosi vogliosi di più puntate, che l' autore prontamente scrisse decretando il successo della serie.
Dickens fu il primo ad utilizzare l'artificio dei finali mozzafiato per mantenere desta l'attenzione dei lettori, ma sopratutto ebbe l'accortezza di decidere gli sviluppi della trama in base alle reazioni del pubblico156.
“Attraverso la pubblicazione a puntate, un autore poteva recuperare parte del rapporto intimo che intercorreva tra il narratore e il pubblico all'epoca delle saghe e di Chaucer157”.
Nel 1890 la creazione della prima macchina da presa ha dato il via ad una serie di innovazioni incrementali, culminate nel ventennio successivo con la nascita del cinema.
Il serial cinematografico è oggi ricordato principalmente in associazione con quei prodotti a basso budget in auge tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento: le matinée, destinate ad un pubblico giovane158. In verità la segmentazione seriale dei filmati è presente fin dal 1910 con prodotti di durata variabile, caratterizzati da
molta azione e carichi di suspance, scenari esotici e avventurosi salvataggi159.
156Ibidem
157J. B. K. Tillotson, Dickens at work, 1957
158D. Bordwell, K. Thompson, Storia del cinema e dei film. Dalle origini ad oggi, Il Castoro, 2004

A tal proposito ci si può dunque riferire a vere e proprie tipologie filmiche a struttura episodica in cui la story-line si protraeva per diverse puntate.
Viene traslata in questo nuovo formato l' interruzione del racconto proprio nel momento di maggiore tensione, già sperimentata nella letteratura a puntate.
La sistematica sospensione del finale con il cartello che rimandava alla puntata successiva, viene da allora denominato “cliffhanger” (letteramente “appeso allo scoglio”), proprio per la frequenza con cui venivano proposti finali di puntata con il protagonista a penzoloni da un precipizio o da un palazzo, in attesa di una risoluzione che sarebbe arrivata solo con l' episodio successivo, tenendo quindi lo spettatore con il fiato sospeso e inducendolo a tornare al cinema anche la settimana successiva.
Saranno proprio questi serial dei primi anni del Novecento e successivamente i matinée, a porre le basi per l'evoluzione del prodotto seriale sul mezzo televisivo.
La produzione di serial conosce in Francia un momento di grande successo di pubblico con Fantomas160, mentre negli Stati Uniti la popolarità del genere si consolida con serie prettamente femminili (sia come pubblico che come
protagoniste), come What appened to Mary?161 e The perils of Pauline162.
160Fantômas è un personaggio letterario (poi adattato in numerose occasioni per il cinema e la TV) ideato nel 1911, protagonista di una serie di 32 romanzi scritta dai francesi Marcel Allain e Pierre Souvestre e di una successiva serie di 11 romanzi ad opera del solo Marcel Allain dopo la scomparsa del coautore.Criminale spietato, dotato di intelligenza diabolica, organizza intrighi delittuosi complessi e con fini ambiziosi. Egli riesce sempre a sfuggire al suo nemico giurato, l'ispettore Juve e all'alleato di questi, il giornalista Jerôme Fandor. I romanzi della serie di Fantômas contengono i motivi di due generi: quello dei feuilleton, romanzi di intrigo pubblicati a puntate e tipicamente di ambientazione parigina e quelli del genere poliziesco. Popolarissimi in Francia (ma anche in altri paesi europei e in particolare in Italia) dagli anni dieci agli anni trenta, i romanzi hanno dato origine a numerose versioni cinematografiche, a fumetti e teatrali. La figura di Fantômas ha influenzato personaggi di opere seriali successive come i cattivi dei film con James Bond, il fumetto Diabolik e vari protagonisti del genere noir.
161What Happened to Mary? è un serial muto del 1912 diretto da Charles Brabin. Viene considerato il primo serial girato negli Stati Uniti.
162The Perils of Pauline è un serial in 20 episodi del 1914 diretto da Louis J. Gasnier e da Donald MacKenzie, un attore che esordì nelle regia con questo film.The Perils of Pauline ebbe tanto successo che fu seguito da un'altra serie di film interpretati da Pearl White, I misteri di New York. Il serial ebbe numerose imitazioni e parodie, dando inizio alla prima età d'oro del cinema seriale statunitense. Il titolo venne usato dalla Universal nel 1933, per un serial dalla trama differente. Quindi, nel 1947, dalla Paramount per il film The Perils of Pauline con Betty Hutton (film

Il successo di questi format stimola le case di produzione a lavorare su prodotti similari con le stesse caratteristiche che ne hanno decretato il successo, come la ripetitività dei personaggi e delle situazioni, la ricerca di suspance legata alla sospensione narrativa, ai processi di fidelizzazione che si instaurano con il pubblico in un epoca in cui si inizia a prestare maggiore attenzione allo spettatore che comincia ad essere definito come “un essere dotato di memoria”163.
L'avvento della televisione e il suo passaggio da servizio pubblico a televisione generalista commerciale, fa sì che il formato seriale di tipo cinematografico venga sfruttato da questo nuovo mezzo, con l'intento di catturare e fidelizzare il pubblico in un momento di modernizzazione delle tecniche pubblicitarie.
Dal confronto tra cinema e televisione nasce un prodotto ibrido: il telefilm. Ispirato al cinema per quanto riguarda il linguaggio narrativo, ma con la stessa funzione ella televisione per quanto concerne le caratteristiche di fruibilità del prodotto164.
Trovando collocazione all'interno dei palinsesti della TV generalista, il telefilm deve rispondere a particolari esigenze di programmazione: deve essere semplice, di facile comprensione e compatibile con un ascolto distratto165. Mentre il cinema nasce per il consumo in sala, a luci spente e senza interferenze provenienti dall'esterno, la televisione è soggetta ad un consumo casalingo, spesso soggetto ad un'attenzione discontinua e non di rado come sottofondo ad attività quotidiane.
La produzione seriale si distingue da quella prettamente filmica, non solo per la sua già citata capacità di estendersi attraverso un arco temporale più lungo, ottenendo

che in Italia venne distribuito con il titolo La storia di Pearl White). Un altro The Perils of Pauline uscì nel 1967, prodotto nuovamente dall'Universal: il film in Italia prese il titolo de I pericoli di Paolina.
163V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, storia, linguaggio e temi, Archetipolibri, 2008 164A. Sepinwall, Telerivoluzione, Bur, 2012
165Ibidem

così un più elevato grado di fedeltà di pubblico, ma le stesse strutture narrative che sottendono al prodotto sono volte a catturare e mantenere nel tempo l'interesse dello spettatore, coinvolgendolo all'interno della vicenda narrata e lasciandogli il giusto grado di incertezza che lo spinga a sintonizzarsi nuovamente quando andrà in onda la puntata successiva. E' proprio al concetto di fidelizzazione che si associano gli studi condotti in merito alle abitudini di consumo televisivo, evidenziando la necessita nel fornire degli appuntamenti fissi, dei punti di ancoraggio, intorno ai quali organizzare percorsi di fruizione sempre più netti e definiti166.
Il passo dal grande schermo alla televisione è stato dunque breve ed è con questo nuovo media che si ripropongono vecchie tipologie narrative, mutuate dalla forma romanzo di stampo Ottocentesco, dando vita alla serialità televisiva che passera dalle forme rudimentali tipiche della commedia convenzionale alle più elaborate tipologie odierne assimilabili alle grandi produzioni cinematografiche: “forse non ci sono più i romanzi di una volta, quelle grandi narrazioni che rispecchiavano e insieme criticavano la società, ma se continuiamo a cercare qualcosa in cui l'autore, attraverso dei personaggi, prende in esame alcuni grandi temi dell'esistenza, beh, allora forse è venuto il momento di dare un'occhiata non solo ai libri, ma anche ad altre forme narrative, ad altri media. Tipo la serialità americana167”.
Decretare la morte della forma romanzo appare, oltre che apocalittico, anche anacronistico, in un contesto nel quale tale linguaggio non solo vive ma prospera

166V. Innocenti, G. Pescatore, op. cit.
167A. Grasso, Accendi la Tv. Il romanzo è un telefilm americano,ne Il Corriere della Sera, novembre 2011

attraverso la nuova forma d' arte dei nostri tempi, ossia la grande serialità di alta qualità. Tematiche di sorprendente complessità, varietà, generosità narrativa e umana, stanno coinvolgendo il grande pubblico, divenendo oggetti di largo consumo168. L'ibridazione e la fusione dei media, data dalla convergenza e dalla transmedialità, modificano i tempi e i modi di consumare i contenuti , ma non i contenuti stessi che rivivono nelle serie TV, attraverso artifici di stampo narrativo di origine letteraria.
Si assiste per tanto alla dilatazione del tempo e dello spazio narrativo. La stessa Robin Wright, lche interpreta a cinica protagonista Claire in House of Cards, ribadisce questo concetto durante un'intervista per il lancio della serie: “La cosa più bella del costruire questa storia è che non siamo confinati in due ore come in un film, dove devi conoscere l’arco narrativo del tuo personaggio ed è difficile muoversi in quello spazio. Qui invece abbiamo avuto molto spazio per collaborare, esplorare vari aspetti e svilupparli durante il processo. Quello che facciamo influenza quello che succederà tra quattro episodi, ma non lo sappiamo fino a che non viene svelato”.
Se come afferma McLuhan il medium è il messaggio, va da sé che la dilatazione temporale delle serie, unita alle nuove possibilità di fruizione che reti e dispositivi digitali ci hanno messo a disposizione, hanno favorito forme di consumo televisivo impensabili sino a pochi anni fa: “i telefilm raccontano storie affascinanti per parlare d'altro, insegnando diversi mondi e diversi modi di vivere169”.
Tendenzialmente si possono differenziare i prodotti televisivi principali in due

tipologie: il serial e la serie170:

1. Il serial è un vero e proprio racconto articolato in un numero di parti distinte, dette puntate, interdipendenti. La puntata di un serial è pertanto un segmento narrativo aperto non autosufficiente, che occupa un posto preciso all'interno del sistema discorsivo in quanto legato con ciò che lo precede e ciò che segue.
Ci sono due tipologie di serial: l continuous serial e il miniserial.

◦ Della prima fattispecie (i continous) fanno parte le soap opera di origine Europea e Nord Americana, caratterizzate da una narrativa che non prevede ne risoluzione ne finale e la telenovela Sud Americana, dalla narrativa chiusa, sebbene di lunghissima durata, in cui ogni tematica procede verso la risoluzione del racconto. Soap opera e telenovela sono esempi di saga, in cui non solo il protagonista è punto focale del racconto, ma anche i suoi figli, discendenti, e altri personaggi che con questo vengono a contatto. Sono un esempio di queste tipologie narrative Dallas (1978-1991) e The bold and the beautiful (dal 1987).
◦ Nel miniserial il prodotto è costituito da poche puntate trasmesse all'interno di un arco di tempo definito. È un genere di prodotto che si potrebbe definire ibrido proprio per la breve durata che lo caratterizza. Pur appartenendo alla famiglia dei serial per la segmentazione, richiede da parte dello spettatore un impegno e una fedeltà di breve durata. Se nella “serialità lunga” la fedeltà è assicurata dal ritorno del
170U. Eco, Tipologia della ripetizione, Casetti, 1984

già noto, nella ”serialità breve” per assicurarsi l'attenzione da parte del consumatore risulta necessario ricorrere alla familiarità e riconoscibilità di storie e temi che rimandano a materiali risaputi, come la ricostruzione di eventi storici o gli adattamenti di opere letterarie171.
2. La serie si differenzia dal serial in quanto per l'articolazione in segmenti auto concludentesi, solitamente marcati dalla presenza di un titolo che ne individua la tematica affrontata. Ogni puntata si definisce episodio, i quali appaiono come autosufficienti nell'economia della serie.
◦ Per serie antologica si intende quindi una raccolta di episodi continuamente diversificati, che possono costituire quasi una sorta di piccolo film a sé stante, collegato alle puntate precedenti e successive o dal genere, o dall'interprete, o dalla voce narrante, emblematiche in questo senso sono state serie come Ai Confini della Realtà (1959- 1964) e Alfred Hitchcock Presenta (1955-1962).
◦ Rientrano in questa tipologia anche le situation-commedy (sit-com) e la serie propriamente detta, che spazia dal poliziesco, al genere ospedaliero, dall'avventura alla fantascienza, dal western alla commedia familiare172. La sit-com rappresenta all'interno del panorama seriale la tipologia della pura commedia, con episodi di breve durata e i toni mediamente leggeri. La commedia di situazione coinvolge sempre lo stesso gruppo di personaggi, ripresi in uno o più ambienti usuali, trattando di volta in volta diversi accadimenti inerenti alla sfera

171V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, storia, linguaggio e temi, Archetipolibri, 2008 172Ibidem

personale dei protagonisti, in contrasto con il sistema dei ruoli, delle classi, degli stereotipi più comuni, dal quale scaturiscono gli spunti umoristici. L'andamento di questa particolare tipologia è assolutamente ciclico, ossia il punto di arrivo tende sempre a ricongiungersi al punto di partenza, creando una consuetudine schematica in cui le situazioni si ripetono in un eterno ritorno del già noto. Variano invece le interiorità dei protagonisti, i quali sembrano crescere ed evolvere sotto gli occhi del telespettatore, il quale sa di poter ritrovare ogni settimana un ambiente familiare in cui immergersi, nel quale i suoi beniamini maturano, sbagliano, e cambiano con lui. Anche dove ce ciclicità e consuetudine si verifica quindi un progredire della narrazione. Friends (1994-2004), Will and Grace (1998-2006), Seinfeld (1990-1998), sono solo alcuni dei titoli delle sit-com di maggior successo di pubblico degli ultimi anni.
◦ Un'ultima tipologia di produzione seriale è la così detta serie tradizionale, con schema e carattere fisso. In questa modalità la stessa situazione si ripropone ad ogni episodio, grazie alla presenza di protagonisti intorno ai quali ruotano i personaggi secondari che mutano di volta in volta dando l'impressione che la storia narrata sia sempre differente. Questa struttura è stata particolarmente sfruttata sopratutto per i primi generi polizieschi quali Colombo (1968-1991), Starsky and Hutch (1975-1979) e Murder, she wrote, noto in Italia con il titolo de La signora in giallo (1984-1996).

CAPITOLO 10:

LE ETA' DELL' ORO

 

L'interesse suscitato tra i critici dalle nuove tipologie di prodotti seriali destinati alla televisione, sarebbe stato inimmaginabile fino a pochi decenni fa, in cui la TV, intesa come apparato produttivo e non come strumento di creazione e circolazione di idee innovative, non apparteneva all'ambito teorico nel quale si era soliti far rientrare invece a pieno titolo letteratura e cinema.
L'attuale interessamento degli intellettuali della grande serialità televisiva, è sollecitato dalla pervasività del fenomeno, difficilmente ignorabile, che ha raccolto il favore anche delle generazioni più giovani, storicamente più sfuggenti alle catalogazioni degli studiosi di consumi culturali.
Non si tratta quindi di una moda o di un fenomeno di nicchia, ma la nuova serialità ha sollecitato l'attenzione di ambiti disciplinari generalmente distanti dalla produzione televisiva e ha attratto a sé pubblici altrettanto distanti dal consumo televisivo tout court, facendone dei veri e propri fan173.
Oggi si sta assistendo ad una profonda rivisitazione dei confini della serialità televisiva, sdoganando i contenuti e le forme, proiettandole al di fuori del perimetro televisivo e configurandone nuove modalità di fruizione.
La questione della qualità televisiva, è stata punto focale della riflessione sul mezzo fin dal suo nascere, ma se la televisione commerciale degli anni Ottanta aveva allontanato l'interesse della critica da questo, ora si assiste ad un rinnovato interesse dovuto alla consacrazione di una forma espressiva, la serialità per
173D. Cardini, Il tele-cinefilo. Il nuovo spettatore della Grande Serialità televisiva, Between, 2014

l'appunto, a lungo trascurata, se non stigmatizzata. Lo spettatore va evolvendosi di pari passo con i nuovi codici linguistici adottati dal mezzo e quelle che definiamo serie TV vengono godute, apprezzate e discusse, proprio da chi solitamente si discosta dalla televisione: adolescenti, giovani adulti, amanti del cinema, lettori accaniti174.
Verso la fine degli anni Novanta erano in molti tra gli esperti e addetti ai lavori, a scommettere sull'imminente implosione del mezzo televisivo, favorito anche dalla diffusione su larga scala di internet. Tuttavia proprio nello stesso periodo prendevano forma, in sordina, quelli che si sarebbero rivelati i primi prodotti di un nuovo fenomeno televisivo. Con i Sopranos, trasmessi da HBO nel 1999, prese piede una nuova modalità narrativa, capace di segnare irrevocabilmente lo sviluppo della successiva industria televisiva.
Tony Soprano fu solo il capostipite di personaggi e situazioni che avrebbero conosciuto un successo senza precedenti, ai quali va attribuito il merito di aver riposizionato la televisione al centro dell'interesse. Nel giro di quindici anni infatti, il numero delle serie TV prodotte nel mondo è valutabile attorno al centinaio, ognuna con ambientazioni e temi propri.
Per comprendere il successo innegabile di tale fenomeno risulta necessario rivolgersi al suo pubblico, scandagliando le motivazioni che spingono gli spettatori a trascorrere buona parte del proprio tempo in questa specifica tipologia di consumo culturale.
L'esperienza televisiva non è ormai più un fenomeno di fruizione passiva o distratta,

ma con l' ampliarsi delle proposte, dei canali e dei dispositivi si è giunti ad un'offerta

sempre più personalizzabile.

All'interno del palinsesto della maggior parte degli spettatori, occupano uno spazio sempre più rilevante le serie, viste come specchio di ciò che siamo o di quello che vorremo essere.
Comprendere noi stessi e il mondo che ci circonda attraverso storie, racconti e varie forme di rappresentazione è un bisogno antropologico dell'essere umano.
Come precedentemente visto, a questa necessità sociale hanno risposto dapprima il romanzo e poi il cinema, mettendo in luce il legame tra queste due forme d'arte e la moderna serialità televisiva.
Indagando più approfonditamente le abitudini di consumo dei nuovi telespettatori si potrebbe affermare che qualitativamente le serie raccolgono un pubblico maggiormente appetibile per quel che riguarda anche la comunicazione a fini commerciali, essendo il target di riferimento statisticamente più giovane e con maggiori capacità d'acquisto175.
Risulta per tanto superata la dicotomia tra cultura alta e cultura bassa, che metteva a confronto la televisione con cinema, letteratura e radio su dimensioni disomogenee e ignorandone le peculiarità in termini produttivi, economici e industriali. Particolarmente criticata è stata proprio la dimensione seriale della cosiddetta “cattiva televisione”, alla quale veniva associata l'idea di spersonalizzazione, mancanza di autorialità, produzione orientata al consumo anziché all'arte e mercificazione della cultura. Un significativo mutamento di tendenza si è avuto negli anni Novanta con il diffondersi della prima ondata di

175M. De Marco, Timeline TV, cronistoria delle serie televisive. Le serie più famose dagli esordi all' alba del terzo millennio, Area51, 2014

prodotti della serialità televisiva americana di livello più elevato, imponendo uno standard qualitativo dapprima ignoto alla produzione internazionale e mettendo quindi in discussione i presupposti della critica negativa. La qualità televisiva inizia a diventare un concetto non più estraneo alla fiction seriale, ma intrinsecamente legato a questa.
Se la nuova serialità televisiva ha mutuato linguaggi, tematiche, ma anche attori, registi e autori dal grande cinema, quest'ultimo nel decennio che va dal 2000 al 2010 ha visto decadere irreversibilmente i suoi standard. I film più celebrati sono opere di autori affermatisi nel decennio precedente (Tarantino, i fratelli Coen, Tim Burton, Lars Von Trier) o ancora prima (Cronenberg, Almodovar, Lynch, Scorsese) e che hanno continuato a riprodurre grossomodo le medesime ricette di successo. Scarseggiano però i nomi di giovani registi che sono riusciti ad affermarsi negli ultimi anni, imponendo una poetica originale e innovativa. Il mondo del cinema è ormai proiettato nelle produzioni più commerciali, in grado di attirare il segmento di mercato dei giovanissimi, anche attraverso l'uso ormai ossessivo della tecnologia 3-D176.
E' proprio in questi anni che si inserisce il passaggio della televisione da medium storicamente antagonista e diametralmente opposto al cinema, a mezzo capace di catalizzare l'interesse non solo delle grandi masse, ma anche di un pubblico dapprima estraneo alla programmazione televisiva e degli stessi critici.
Non è un caso infatti che da tempo ormai i migliori scrittori, attori e produttori di Hollywood collaborino stabilmente nella realizzazione di serie TV di successo.
D'altronde le serie TV altro non sono che l'evoluzione delle forme collettive di

176L. Bandirali, E. Terrone, Filosofia delle serie-tv. Dalla scena del crimine al “Trono di Spade”, Mimesis, 2012

racconto che, spingendo sulla sperimentazione di nuove modalità narrative, hanno portato la TV ad un livello superiore di aderenza alla realtà, attirando quindi le più illustri professionalità del campo.
L'intera gamma delle serie televisive prodotte negli ultimi anni può essere concepita come la rivisitazione in chiave moderna della Comédie Humaine di Balzac, dove ritroviamo qualsiasi genere di figura, personaggio, ambientazione tipica delle società occidentali, costituendo un grande racconto del presente, in cui non possono che emergere temi di grande attualità, come quelli del doppio (si veda ad esempio Dexter), del cinismo (a tal proposito si possono citare Mad Man, Desperate Houswives, House of Cards), rappresentati senza sovrastrutture ideologiche e moralismi di facciata.
Eppure questo fenomeno non è del tutto nuovo neppure nel nostro Paese, in quanto la serialità televisiva ha rappresentato la chiave di volta per l'affermazione delle reti televisive private. Come già trattato in precedenza Silvio Berlusconi, approfittando di alcuni vuoti legislativi, di una situazione economica favorevole e dimostrando un' indiscussa lungimiranza nel settore delle comunicazioni, è riuscito ad assorbile la concorrenza degli anni '80 con palinsesti che ricordano quelli della pay TV attuale. Le nuove reti emergenti, avendo molto spazio da riempire, utilizzavano pienamente quei prodotti seriali, con l'obiettivo di venire incontro e fidelizzare il maggior numero possibile di telespettatori. Per diversi anni le emittenti televisive hanno trasmesso teleflm dai format innovativi a quasi tutte le ore e ad alcuni di questi prodotti veniva riservato l' ambito orario della prima serata (come Dallas o Dinasty)177. Nel decennio successivo purtroppo questo fenomeno è andato

sparendo, per lasciar posto all'interno della televisione generalista alla trasmissione di fiction di produzione nazionale, ai talk show e altri generi di intrattenimento a basso costo, relegando i telefilm su canali e orari periferici, fatta eccezione per i teen-drama trasmessi da Italia1 e destinati ai giovanissimi.
Negli Stati Uniti, dove il modello della televisione commerciale è nato e si è affermato, si è soliti definire come Golden Age178, quel periodo che va agli esordi del mezzo fino all'inizio degli anni Sessanta, ossia il lasso temporale in cui si concretizza la massima affermazione della TV come medium di massa e si realizzano tipologie di programmi e format che ritroviamo ancora nell'odierna televisione commerciale. Sono questi gli anni degli anthology drama, sceneggiati televisivi proposti dal vivo e scritti da autori di prestigio. La serie televisiva ha avuto dunque la sua primogenitura con il drama, che vede il suo successo anche grazie all'accostamento al genere di divi di Hollywood del calibro di Marlon Brando, Paul Newman o Gloria Swanson. Oltre ad attori già noti nel mondo dello spettacolo, furono anche i registi ad avvicinarsi a questo nuovo genere, dirigendo lavori originali creati appositamente per il mezzo televisivo. Le tematiche trattate in questo periodo, corrispondente al clima da “caccia alle streghe” propugnato dal senatore McCarthy, sono attentamente controllate e censurate dalla produzione, onde evitare impedimenti da parte di governo e inserzionisti, pertanto risulta difficile rintracciare storie di denuncia sociale in quelli che furono i primi esperimenti sulla serialità179.
Dalle serie antologiche, caratterizzate dall'essere racconti televisivi ad episodio

178R. J. Thompson, Television's second golden age. From Hill Sreet Bues to E.R., 1996

unico, si passa a produzioni industrializzate con cast fisso e ambientazioni abituali, risparmiando cosi risorse economiche per la ricerca di sempre nuovi attori e per la creazione di nuovi allestimenti scenografici. Le registrazioni su pellicola hanno inoltre favorito un aspetto fondamentale per il sostentamento del mezzo televisivo, ossia l'inserimento di interruzioni pubblicitarie. Da questo momento saranno gli inserzionisti a determinare in parte la scelta dei contenuti, grazie al loro innegabile peso economico all'interno della filiera produttiva.
Il caso più lampante di influenza dei partner pubblicitari nella caratterizzazione dei format, è costituito dalla creazione di veri e propri racconti seriali ideati per le casalinghe, come le soap opera, che devono il loro nome proprio per l'inserimento di messaggi commerciali inerenti a prodotti ad uso domestico.
Contestualmente si sono andate affermando altre tipologie di prodotto, come le sit- com e il drama, costituito da un cast fisso di personaggi, i quali portavano avanti lo stesso ruolo, frequentando ambienti ricorrenti. Fu in quegli anni che le tipologie di racconto iniziarono a differenziarsi in base all ambientazione: family-drama, police- drama, legal-drama, medical-drama180. La struttura dei primi tentativi di serializzazione presentava per altro sempre una trama di tipo verticale, ovvero un racconto che inizia e si conclude nell'arco di un episodio e senza particolari elementi di continuità con gli altri episodi della serie. Non è difficile riconoscere in questa tipologia di formato televisivo le stesse caratteristiche della produzione Fordista. Si tratta infatti di prodotti confezionati in serie, uniti da un brand, di solito il titolo, o il protagonista181.

Il primo drama può essere considerato il già citato poliziesco Dragnet, trasmesso dalla NBC nel 1952 e destinato ad un pubblico maschile, che racconta la dura vita di un sergente intransigente. Dragnet andava in onda in prima serata una volta la settimana ed era realizzato con una sola camera in ambientazioni prevalentemente esterne. Per gran parte degli anni Cinquanta ogni tipologia di drama ha avuto un unico protagonista alla prese con la sua professione, attorno allo svolgimento della quale ruotava l'intera serie. Campione supremo del genere può considerarsi Perry Mason, una serie TV del 1957, di grande successo anche in Italia, che vedeva come protagonista Raymond Burr nei panni di un lucido e analitico avvocato, sempre in prima linea nella difesa degli innocenti.
R. J. Thompson individua una seconda Età dell' Oro182 della televisione americana in quel filone che a partire dagli anni Ottanta coincide con l'affermarsi di alcune serie televisive di grande successo, sia per l'originalità dei modelli narrativi, sia per l'utilizzo di nuove tecniche promozionai e distributive, che iniziano a coinvolgere diverse piattaforme mediatiche.
Sono questi gli anni del boom del workplace family, in cui i colleghi di lavoro sostituiscono all'interno dei drama i membri della famiglia183 e di cui Hill street blues (1981-1987) distribuito da MTM, ne è l'esempio di maggior successo.
Con la sua costruzione drammaturgica multilineare (che permette quindi i processi di serializzazione della serie)184 questa serie spinge all'estremo le situazioni, lavorando incessantemente sull'eccezionalità e sul limite. I personaggi smettono da
questo momento di porsi invariabilmente come forze positive e rassicuranti,
182R. J. Thompson, Television's second golden age. From Hill Sreet Bues to E.R., 1996
183M. De Marco, Timeline TV, cronistoria delle serie televisive. Le serie più famose dagli esordi all' alba del terzo millennio, Area51, 2014

lasciandosi coinvolgere interamente dal proprio ambiente transitando pericolosamente attraverso il limite tra legalità e forza bruta, in un processo molto più umano che eroico185.
I TV drama precedenti tendevano a raccontare storie tutto sommato semplici, di facile intuizione, con una visione manichea di buoni e cattivi. Con Hill street giono e notte (titolo italiano) viene meno l' interpretazione semplicistica della realtà.
La serie, ambientata in uno squallido distretto di polizia, vede da un lato i poliziotti affrontare quotidianamente il crimine, contrapposti a politici e istituzioni locali che invece sembrano ignorare le necessità di un intero quartiere. Le storie narrate non si concludevano necessariamente all'interno dell'ora dedicata ad ogni episodio, ma continuavano per settimane e a volta per la durata dell'intera stagione. Pur essendoci un protagonista all'interno della serie, il capitano Frank Furillo, la narrazione è più vivace e rimbalza da questi, agli altri membri del cast. Frank è indubbiamente un eroe virtuoso ma trovandosi ad operare con personaggi rappresentanti i più variegati spettri morali, non è immune a momenti di dubbio e debolezza. La serie mischia continuamente al dramma a tinte fosche un umorismo nero, senza disprezzare l' uso frequente della violenza, di un linguaggio colorito e di scene di sesso alquanto esplicite per l'epoca. Hill street ha rappresentato un enorme progresso nei modi di sfruttare una narrazione complessa e i chiaroscuri morali, tant'è che parte del suo lascito è rinvenibile in serie attuali e di grande successo come CSI e Grace Anatomy186.
A partire da quest' epoca la creazione di serie televisive di alta qualità, ha imposto

la capillare diffusione di questi programmi su diversi mercati, colonizzando i palinsesti mondiali.
Il trand della quality television pare inarrestabile e si caratterizza per essere costituito da una serie di programmi televisivi riconoscibili da uno stile peculiare che innalza la qualità di contenuti, sceneggiatura e costruzione visiva. I programmi di qualità più elevata possono vantare cast importanti, ibridazione dei generi, autoriflessività ed una spiccata tendenza verso il realismo187.
“Non c'è mai stata una TV tanto vitale, intelligente e ricca di risonanze metaforiche come l' attuale. Sembra quasi un paradosso, ma spesso si fa fatica a trovare un romanzo moderno o un film che sia più interessante di un buon telefilm188”.
Tra i telefilm che hanno enfatizzato la contaminazione tra generi e la complessità narrativa non si può non citare il rivoluzionario Twin Peaks (1990-1991) andato in onda sul canale della ABC. E' da questo momento che si comincia a ritenere che una serie possa contenere diversi registri espressivi. Nulla fino a quel momento aveva preparato il pubblico al mix di poliziesco, soap opera, melodramma e pura stravaganza dell' opera seriale nata dal genio di David Lynch. Twin Peacks sfugge ai noti codici narrativi e alle identificazioni di formato utilizzate fino a quel momento, in quanto la serie parte come un classico giallo a tinte fosche, a cui si aggiunge un'inaspettata vena surreale con atmosfere da film horror, mitigate da umorismo e satira. La ABC in quell'occasione concesse carta bianca all' autore, per vedere se il suo stile si sarebbe potuto adattare alla televisione, e così fu. La tematica principale della serie, ambientata in una bizzarra cittadina a nord ovest degli Stati Uniti, ruota

attorno al misterioso omicidio di una popolare adolescente, Laura Palmer. L'agente dell'FBI chiamato ad indagare sull'omicidio, si ritroverà a dover gestire tutta una serie di personaggi a dir poco particolari, come un' abitante del posto che cinge perennemente tra le braccia un ceppo, un nano ballerino che parla al contrario, un uomo senza un braccio e uno spirito maligno di nome Bob. Nonostante l'evidente singolarità della serie (o forse proprio grazie a ciò) per alcune settimane Twin Peaks fu un vero successo. “Chi ha ucciso Laura Palmer?” divenne un vero tormentone e i telespettatori impazzivano per risolvere questo e altri enigmi minori della serie, ai quali si attribuivano significati che spesso trascendevano l'intenzionalità degli autori stessi. A coinvolgere il pubblico contribuiva il fatto che le stramberie dei protagonisti erano unite al progresso nelle indagini e ai drammi personali degli abitanti189.
Con David Lynch si riduce lo scarto tra grande e piccolo schermo e si comincia per la prima volta a parlare di TV d'autore, anche in un settore caratterizzato storicamente da risvolti squisitamente commerciali190. Un prodotto innovativo, ibrido, il primo caso di raffinato esempio di meta televisione, in cui la TV cita sé stessa, che diventerà poi un esempio per serie successive di grande successo.
Nel 1990 Twin Peaks sancisce definitivamente il tramonto dei serial che avevano dominato la televisione americana fino a quel momento: Dallas e Dynasty. Questo perché i telespettatori si identificano molto in questa storia a tinte fosche dove il male non è personificato da un unico elemento negativo, che tutto sommato rappresenta un cattivo “rassicurante”, ma al contrario caratterizza un'intera

comunità. Gli abitanti di questa sinistra cittadina sono, a discapito delle apparenze, più affini a chi li guarda, in quanto più simili alla realtà quotidiana di quanto i personaggi di Dallas potranno mai essere. In questo contesto il male si nasconde tra le mura di una famiglia a prima vista serena e nei comportamenti apparentemente ineccepibili di un vicino di casa. Se nelle precedenti realtà seriali i personaggi negativi erano bilanciati da figure positive e affidabili, a partire da Twin Peaks tutti i personaggi sono caratterizzati dalla doppiezza ed è proprio questo dualismo a rendere la storia più affascinate e coinvolgente. Il successo travolgente giunse inaspettato anche per la stessa ABC, per la quale la serie in questione costituiva una sorta di esperimento. L'interesse per la serie raggiunge livelli maniacali mai prima d'ora riscontrati, tant'è che i fan generarono in quest'occasione uno spontaneo merchandising non ufficiale. In questo contesto si riscontrerà l'assoluta mancanza di preparazione da parte dell'emittente nel maneggiare un prodotto così complesso. L' ingerenza dell'ABC farà si che il mistero insoluto sull'omicidio di Laura Palmer abbia un esito troppo repentino, che porterà gli sceneggiatori a dare risalto a storyline minori e ad inventarsi una derivazione del mistero legato all'assassinio per riuscire a terminare la seconda stagione. Il risultato non appare per nulla soddisfacente, sancendo la disfatta della serie e la sua prematura chiusura. La scelta di fare di una grande aspettativa, l'essenza stessa di un racconto rende lo stesso racconto superfluo, una volta che tale aspettativa è stata soddisfatta, errore autoriale che farà da apripista per tutte le serie a seguire191. Con l'aumento della popolarità di questi prodotti, si sente la necessità di farli rivivere nel tempo, garantendo la possibilità di rivedere il materiale a piacimento.
191Ibidem

Nascono così i cofanetti DVD delle serie TV, i canali streaming attraverso i quali i network rendono disponibili i propri programmi e contestualmente fioccano i siti di pirate-streming che rendono disponibili i contenuti in tempo reale e sottotitolati, rispondendo alle esigenze di un pubblico sempre più esigente e appassionato. In questo modo la vita delle serie TV si allunga a dismisura rendendole fruibili in qualsiasi momento, anche a distanza di anni dalla loro messa in onda. Niente a che vedere con il sistema delle “repliche televisive” che venivano offerte negli anni precedenti. La piattaforma telematica del web ha rappresentato la possibilità per lo spettatore di costruirsi realmente il proprio palinsesto, all'interno di una rete che oltre a trasmettere tende ad archiviare, stravolgendo le teorie classiche sul medium flessibile. Pur continuando a chiamarla televisione l'evoluzione del mezzo renderebbe necessaria la coniazione del neologismo “retevisione”192. Le serie hanno la capacità di instaurare con i propri fruitori una forma di contatto che non ha eguali nelle altre arti, in quanto nessun'altra forma d' arte comporta una condivisione di tempo così cospicua. Questa condivisione di temporalità fra spazi e mondi differenti è qualcosa in sé di rivoluzionario, in quanto non ci si è mai avvicinati così tanto all'estensione del tempo vissuto, con l' ambizione non solo di riprodurlo, ma anche di imporgli una struttura e un'articolazione e di attribuirgli nello stesso tempo senso e valore. Le serie TV sono un'arte del tempo come forse nessun'altra arte lo è mai stata prima d'ora193.
Anche se alcune serie dei primi anni '90 hanno ancora tanto dei telefilm di vecchia generazione è impossibile non notare un' evoluzione fuori dal comune in serie nel

192L. Bandirali, E. Terrone, Filosofia delle serie-tv. Dalla scena del crimine al “Trono di Spade”, Mimesis, 2012 193L. Bandirali, E. Terrone, op.cit.

modo stesso in cui tematiche già proposte in precedenza vengono rinnovate nello sviluppo narrativo e stilistico.

CAPITOLO 11:

TERZA ETA' DELL' ORO DELLE SERIE TV E SITUAZIONE ATTUALE

 

E' innegabile che le prime serie TV degli anni Novanta risentono molto dell'impronta della TV generalista basti pensare a teen drama come Beverly Hills 90210, o la sit- com Friends, è altrettanto evidente però come prodotti seriali del calibro di X-Files e
E.R. si siano posti come prodotti innovativi all'interno della TV d'Oltreoceano. In realtà questi sono i primi prodotti nati da un cambiamento che coinvolge in primis le reti televisive, nelle quali si impongono le pay-per-view, tra le quali spicca la rete HBO.
La qualità dei prodotti si innalza per rispondere alle esigenze di un pubblico più esigente e settorizzato in base alle preferenze di consumo ed HBO risponde perfettamente a queste nuove necessità, proponendo lavori qualitativamente superiori alla media, come la celeberrima serie Sex and The City194, con la quale si diffonderà anche lo slogan “NON E' TV. E' HBO”.
Da questo momento l'HBO manterrà per più di dieci anni il primato di canale televisivo più innovativo all' interno del panorama americano, dando inizio ad una nuova Golden Age delle serie TV.
Sino alla fine degli anni '90 l'emittente acquisisce notorietà come piattaforma pressoché svincolata dalle restrittive censure a cui erano sottoposte le TV commerciali e come un ricco canale di programmazione sportiva di spicco. Saranno però tre serial a fare la differenza trasformando al rete in un vero e proprio modello

194Sex and the City è una serie televisiva statunitense, trasmessa originariamente dal canale HBO dal 1998 al 2004. www.wikipedia.it

di business: Oz nel 1997, il già citato Sex and The City nel 1998 e i Sopranos nel 1999.
Ma l'HBO non ha rappresentato solo un modello per l'industria televisiva, ma si è rivelata un vero e proprio dispositivo di influenza sociale, aiutando a plasmare con la sua rappresentazione del reale, i tratti caratteristici della società occidentale come noi oggi la conosciamo195.
D'altronde l'HBO si è distinta fin dalle sue origini, nel 1972 ad opera di Cuck Dolan, utilizzando la formula del subscription-based programming, che pur esistendo fin dagli anni '40 era scarsamente sfruttata. Ma fu nel 1975 sotto la guida di Gerald Levin che l'HBO iniziò a trasmettere i propri programmi via satellite rendendoli accessibili anche alle reti regionali e locali, mettendo in scena, senza le restrizioni dettate dalla FCC, scene di sesso, violenza e vendetta, fino a quel momento non godibili attraverso il mezzo televisivo.
Fu proprio attraverso la messa in onda di contenuti “espliciti” e la canalizzazione dei desideri di un pubblico non soddisfatto dalle proposte delle Big Four commerciali, che la neonata emittente televisiva riuscì a differenziarsi dai competitors.
Ovviamente non fu unicamente l'aver sdoganato linguaggi e immagini dapprima censurati all'interno del panorama televisivo americano, a far sì che l'HBO diventasse l'emittente di riferimento per la serialità televisiva high concept, ma anche la celebrazione all'interno della sua programmazione di livelli narrativi, complessità dei personaggi e profondità delle tematiche, prima di questo momento mai valorizzati, tanto da creare quello che verrà definito come “the HBO style”.
195D.J. DeFino, The HBO effect, Bloomsbury, 2014

Il periodo delle sit-com familiari, caratterizzate da modelli positivi e situazioni educative edulcorate può dirsi esaurito. Non ci sia affida più alla serialità televisiva per evadere dalla realtà, ma per immergersi in questa fino ai gomiti, raschiando letteralmente nel torbido.
Alcuni critici sono arrivati ad affermare che è proprio grazie al lavoro pionieristico dell'HBO e in un secondo momento dei suoi imitatori (quali Showtime, Starz, AMC, FX), che la televisione ha sostituito il cinema come canale narrativo privilegiato della società contemporanea196.
HBO è riuscita a fare questo avendo la lungimiranza di dare alle maestranze che hanno lavorato ai suoi progetti (si vedano a titolo d' esempio nomi quali: Steven Spielberg, Alan Ball, Larry David, David Milch, Martin Scorsese, Aaron Sorkin) totale libertà espressiva e creativa, ricoprendo il ruolo che un tempo era peculiare del cinema d'essay. Se si unisce a ciò la possibilità di caratterizzazione dei personaggi, l' ampiezza della trama, la complessità dell'intreccio, che solo la lunghezza di una serie può garantire, non stupisce più come i grandi nomi del cinema siano approdati al mezzo televisivo.
L' HBO ha precorso i tempi nell'affermare il valore della qualità anche a scapito della quantità, ponendosi così come catalizzatore di talenti fin dai primi anni Novanta. Basti pensare a David Chase, approdato come altri alla rete in seguito allo sciopero degli sceneggiatori nei canali broadcast, con il fortunatissimo Sopranos; o ad Alan Ball, premio Oscar per American Beauty nel 1999 e successivamente sceneggiatore senza restrizioni per Six Feet Under e per True
Blood; David Linch e David Simon, che hanno portato rispettivamente a Deadwood

e The Wire, arrivati all'HBO per incompatibilità di carattere con i restrittivi produttori delle altre reti. Oltre ad essere stata una sorta di oasi felice per gli incompresi di Hollywood, l'HBO si è distinta anche per essersi posta come banco di prova per giovani figure talentuose. A Todd A. Kessler fu offerta la possibilità di scrivere una ventina di episodi de i Sopranos, prima di lasciare l' HBO per approdare con la sua serie Damages sul canale FX; o James Manos Jr che ebbe il suo battesimo del fuoco come produttore del film del 1993 The Positively True Adventures of the Alleged Texas Cheerleader-Murdering Mom e successivamente collaborò per la prima stagione sempre de i Sopranos, prima di lanciare su FX The Shield. Manos, che ingaggiò per Dexter i colleghi con cui lavorò all'interno dell'HBO nella realizzazione di Six Feet Under197.
Ciò che più conta però è il contributo di questa rete televisiva nella definizione di TV di qualità. Fino agli anni '70 la quality TV era caratterizzata da programmi quali All in the Family, The Mary Tyler Moore Show e M*A*S*H, che riflettevano i valori sociali correnti su tematiche di particolari sensibilità, come il confronto tra razze, l'appartenenza a determinate classi sociali, la parità dei sessi. Negli anni '80 il primato passò a quelle serie caratterizzate da formati che si estendevano su un periodo temporale medio-lungo, con archi narrativi sovrapposti, multi-episodio e con una crescente caratterizzazione dei personaggio (Hill Street Blues, St Elsewhere, LA Law). Tutto ciò è concorso nel definire la moderna concezione di televisione di qualità, arricchendosi con altre caratteristiche, quali la verosimiglianza, l'ambiguità morale dei protagonisti, il realismo psicologico e
l'irresolutezza narrativa. E' proprio su questi elementi che l'HBO ha fatto la

differenza rispetto alle altre reti e ha aperto la strada per un filone narrativo in continua espansione: The Sopranos e The Wire si sono imposti come emblema della decadenza morale; Deadwood e Rome hanno aperto il filone della rivisitazione storica nuda e cruda; Game of Throne e True Blood hanno dato nuova voce al fantasy e all'horror; Six Feet Under e Big Love hanno rivoluzionato il concetto di family-drama, rivedendo i valori da sempre veicolati dal genere; Sex and The City e Girls hanno dato voce alle problematiche femminili in due distinte fasce d'età, con realismo e disincanto.
Quality TV è diventata ben presto sinonimo di “fedeltà televisiva” e “appuntamento televisivo”. A differenza della grande massa di programmi che vengono visti unicamente perché trasmessi fortuitamente nel momento in cui siamo distrattamente seduti sul divano di casa, i prodotti della TV di qualità richiedono un impegno ed una costanza crescente mano a mano che la narrazione evolve, di settimana in settimana, di stagione in stagione. L' HBO in questo contesto ha fornito la prova tangibile che l'alta qualità non solo può coesistere con elevati profitti, ma al giorno d'oggi gli altri profitti sono sempre più connessi ad un sempre più sensibile aumento degli standard qualitativi (dopo tutto la televisione è un business come molti altri). Il canale ha costruito un vero e proprio impero su quella che sembrava quasi un' anomalia: creare prodotti di qualità per un pubblico amante del nuovo e dell'imprevisto. Il via cavo si rivelò essere una scelta vincente per intrattenere e fidelizzare i propri abbonati, tanto che dall'uscita di OZ nel 1997 la percentuale degli abbonati crebbe fino a raggiungere i 29 milioni, ad oggi oltre il 28% delle famiglie è abbonato a Home Box Office (HBO), circa 32 milioni di

americani, e oltre 150 paesi trasmettono i suoi prodotti. E' innegabile che l'HBO sia diventata a tutti gli effetti un modello da seguire, non solo per la qualità del palinsesto, ma anche per la capacità imprenditoriale di coinvolgere e mantenere legato a sé il proprio pubblico198.
In un mercato in così rapida espansione che continua ad attirare ampie fette di mercato è inevitabile che la strada dell'HBO venga ripresa, imitata e in alcuni casi implementata.
Per l'HBO, dopo i grandi fasti iniziali alla fine degli anni Novanta, inizia una crisi leggera ma continua, come ha scritto il New York Observer in un articolo sullo stato del brand. L inizio si può far risalire, almeno simbolicamente, al 10 giugno 2007, quando la concorrente AMC mandò in onda la prima puntata della serie culto Mad Men, proprio a poche settimane dall’ultimo episodio dei Sopranos. Lo smacco fu doppio: non solo la serie sul mondo pubblicitario della Manhattan degli anni ’60 era il classico prodotto “alla HBO”, ma era stato addirittura rifiutato dalla stessa qualche anno prima.
In questi anni, infatti, la lezione della rete è stata studiata meticolosamente dagli altri attori in campo e alcuni di questi hanno finito per impararla piuttosto bene. La già citata AMC (col Don Draper di Mad Men e il professore Walter “Heisenberg” White di Breaking Bad), ma anche la FX ha saputo reinventarsi con TV drama e comicità di livello (si veda a titolo d' esempio Nip/Tuck, Louie, Justified). Se Home Box Office non è più quella di una volta, è dovuto anche al fatto che ormai si trovano tracce di essa in molti canali della via cavo americana, e non solo. Il mercato esige che si punti sempre più su prodotti ricercati, ambiziosi, stimolanti e la
198G. Tammaro, aprile 2015, www.wired.it

concorrenza ha imparato che, per fare TV di livello, è necessario essere una non- TV e giocare con i limiti e le regole.
La vera insidia viene però dalle nuove tecnologie televisive, che stanno attaccando le fondamenta della vecchia idea di tubo catodico. Un po’ come fece il network che diede il via alla moderna serialità televisiva negli anni ’70, quando rifiutò il broadcasting e sorprese tutti optando per la cable TV. Entrano in gioco nuovi attori, come Netflix, Youtube e Apple che stanno smantellando certezze e speranze degli addetti ai lavori, portando all’estremo l’idea di TV on demand e offrendo archivi video enormi e di qualità.

QUINTA PARTE

CAPITOLO 12:

ANALISI DELL'ATTUALE PANORAMA TELEVISIVO: ENTRA IN GIOCO NETFLIX

 

“Non puoi semplicemente chiedere ai consumatori cosa vogliono e poi provare a darglielo. Non appena l’avrai costruito, loro vorranno qualcosa di nuovo”
S. Jobs.

Si può sintetizzare con questa frase l'ascesa ed il successo nel nuovo colosso nel panorama delle serie TV: Netflix.
Reed Hastings, ingegnere elettronico laureatosi a Standford, fondò la compagnia nel 1997, specializzandosi nell' affitto per posta di DVD, ordinabili dapprima telefonicamente e successivamente on line. Nel 2000 Blockbuster rifiutò l'offerta di acquisire Netflix al prezzo di 50 milioni di dollari. Blockbuster fallirà nel 2014 a causa della concorrenza con il flusso di contenuti visibili in streaming introotto dalla stessa Netflix.
Netflix ha cominciato a porre le basi per diventare la più grande web TV del mondo nel 2007, quando decise di abbandonare progressivamente la distribuzione dei DVD a favore dello streaming. Nello stesso periodo NBC e FOX si uniscono per creare HULU, che offre contenuti streaming gratuitamente, con frequenti interruzioni pubblicitarie, lasciando intuire come questo settore stesse diventando appetibile.
Per Netflix il successo non si fa attendere, passando da 8 a 20 milioni di abbonati

tra il 2007 e il 2009, arrivando a 44 milioni nel 2015, di cui 11 milioni al di fuori degli Stati Uniti199., superando l'HBO come numero di abbonati nel 2013 e nell'aprile 2014 anche come ricavi. Si stima infatti che negli USA un terzo di coloro che utilizzano abitualmente servizi in streaming abbiano annullato l'abbonamento con la pay TV.
Ciò che impressiona infatti di Netflix sono i numeri. Basti pensare che il servizio streaming coinvolge 7,1 milioni di utenti in molti angoli del pianeta, raggiungendo nell’ultimo trimestre di quest'anno un fatturato di 2,7 milioni di dollari che la portano a una quotazione di poco più di 1 miliardo di dollari200.
I numerosi rialzi del suo titolo in Borsa (per esempio, il 22 aprile ha fatto segnare un clamoroso +33%) l’hanno eletto sicuramente il fenomeno dell’anno, facendo registrare scosse incontrovertibili nel mercato del web.
Reed Hastings stesso racconta la fortunata storia della propria emittente attraverso un divertente video di animazione201, nel quale sintetizza il travolgente successo degli ultimi anni con la flessibilità e la capacità di adattarsi al cambiamento propria dell'azienda da lui fondata. Netflix è stato in grado infatti di costruire un nuovo modo di fruire il contenuto, rivoluzionando un intero settore attraverso i propri servizi202.
Se in un primo momento i contenuti di Netflix sono riproposizioni di vecchi film e telefilm, nel 2008 la collaborazione con la TV via cavo Starz darà i natali alla prima serie originale prodotta dalla rete: Boss, un political drama ambientato a Chicago e prodotto da Gus Van Sant. Nel 2011 la società annuncia la sua intenzione di
proseguire ad aggredire il mercato con la creazione di contenuti originali. E' in
199A. Momigliano, www.rivistastudio.it 200Ibidem
201https://www.youtube.com/watch?t=19&v=vI-Vphpk2WY 202F. Casciabanca, giugno 2015, www.ninjamarketing.it

questa fase che ci si prepara alla svolta epocale dell'emittente streaming, attraverso la collaborazione di David Fincher per il riadattamento di House of Cards, miniserie politica andata in onda negli anni '80. Nel ruolo del protagonista Fincher sceglie il premio Oscar Kevin Spacey.
Fincher e Spacey proposero il progetto ad altre reti, tra cui l'HBO, prima di approdare a Netflix, che si distinguerà dalle concorrenti per la sua volontà di non pretendere un episodio pilota, comprendendo le motivazioni addotte dall'attore, in base alle quali un singolo episodio si sarebbe rivelato inadatto alla comprensione di un prodotto che volutamente avrebbe svelato trame e caratteristiche dei suoi protagonisti nel corso di una complessa narrazione.
Netflix comprende le potenzialità del prodotto anche grazie alle risorse che la società dedica allo studio delle abitudini dei suoi abbonati.
Sfruttando un complesso algoritmo messo a punto dal vicepresidente Todd Yellin, nel quale vengono presi in esame 76 mila sottogeneri (si va da “film sugli alieni fine anni Settanta” a “documentari basati su leggende metropolitane con protagonisti femminili di età compresa tra gli 8 e i 12 anni”), si riescono a ricostruire i gusti, anticipando i desideri futuri, dei suoi utenti203. Il sistema è stato ideato per offrire suggerimenti quanto più mirati agli abbonati, i famosi “ti potrebbe interessare anche…”, ma si adatta perfettamente anche nello stabilire le probabilità di successo di uno show in fase di pre-produzione.
È ciò che permette a Netflix di dare al pubblico quello che il pubblico ancora non sa di volere.
L'algoritmo in questo caso non ha deluso le aspettative: House of Cards è diventata


una delle serie di maggior successo del 2014, con quattro nomination ai Golden Globe, raggiungendo un risultato senza precedenti per una web serie. Un'altra intuizione rivoluzionaria di Netflix, è stata quella di rendere disponibile tutta la prima stagione immediatamente. Decisione ispirata da un attento studio degli usufruitori di servizi in streaming, che tendono a vedere molti episodi (se non tutti) sequenzialmente, come un lungo film. Il fenomeno viene definito “binge watching”, ossia: abbuffata di puntate. E' questa una pratica diffusa da tempo, nata nell'era dei cofanetti DVD e consolidatasi con lo streaming (poco importa se illegale o a pagamento). Nel 2013 un sondaggio commissionato dalla società rivela che la maggior parte di coloro che guardano abitualmente serie on line si “abbuffano” di queste. Oltre ad House of Cards vinene rilasciata in un'unica soluzione anche Arrested Development, diretto da Ron Howard, serie pensate per essere godibili tutte d'un fiato, senza la scansione seriale tipica dei telefilm204. Cambia con Netflix quindi anche il modo di scrivere per la televisione: “È stato un po’ come scrivere un unico, lungo romanzo” hanno affermato gli autori di House of Cards.
Anche Michael Hurwitz, l’ideatore di Arrested Development, sostiene che l’aver scritto per lo streaming ha avuto un impatto sul processo creativo: "scrivere quando già si è certi che lo spettatore sarà in grado di tornare indietro e riguardare (cosa che succede per l’online, ma anche quando si ha la certezza di andare in DVD) permette di inserire dettagli e chicche che rischierebbero di andare perse con la TV lineare", ha spiegato Hurwitz in un’intervista a Todd Van Der Werff205.
Netflix ha per prima separato il concetto di TV dall oggetto-televisione, portando i

204Tratto da www.daily.wired.it/news/media

suoi prodotti su PC, tablet e smartphone.

Anche HBO ha tentato quindi di mettersi al passo, lanciando un nuovo servizio in partnership con Apple: HBO Now, dando la possibilità a chi ha un Iphone, Ipad o Apple TV di vedere i propri programmi e le serie TV senza sottoscrivere un pacchetto di abbonamento alla rete, dimostrando di comprendere la necessità di avventurarsi oltre il tradizionale pacchetto via cavo.
Non è un caso che altri colossi presenti stabilmente in rete abbiano deciso di dedicarsi a contenuti originali: Hulu e Amazon ne sono un esempio, ma anche YouTube che ha scelto di fornire alcuni contenuti con dei canali a pagamento.
Da un paio d’anni Amazon e Netflix si contendono alcuni dei segmenti più innovativi dell’intrattenimento contemporaneo e sono diventati anche produttori di film e serie TV. Questi nuovi plyers stanno radicalmente cambiando le regole del gioco. Una sfida che dall’Italia, dove i rispettivi servizi di streaming non sono ancora operativi, possiamo solo seguire da lontano.
Nell' ultima tornata di premiazioni dei Golden Globe ha letteralmente trionfato Transparent, prodotto proprio da Amazon, incentrato sulla scelta del protagonista maschile della serie di cambiare sesso, tanto che il New York Times si è chiesto se siamo di fronte alla legittimazione del movimento transgender proprio grazie a questa serie TV206.

 

 

 

 

206http://www.nytimes.com/2014/08/31/magazine/can-jill-soloway-do-justice-to-the-trans-movement.html? emc=edit_th_20140831&nl=todaysheadlines&nlid=43427833&_r=2

CAPITOLO 13:

SCENDE IN CAMPO AMAZON

 

"Molte cose devono ancora essere inventate. Molte cose devono ancora accadere.
La gente non ha idea dell' impatto che avrà Internet e per tanti versi siamo ancora all' inizio."
J. Bezos

Amazon annuncia nel 2013 un fiotto di nuove iniziative: ha acquisito una società di educazione on line e creato un sistema di pagamento su Internet che farà la concorrenza a PayPal, ha cominciato a vendere vino a New York, ha lanciato una linea di tablet, ha dato il via ai pilot di venti serie televisive, e infine ha creato magazzini propri all’interno delle aziende fornitrici (Procter & Gamble, per esempio) in modo da sveltire le consegne.
Come si è sviluppata l' ascesa di questo gigante innovativo nel settore delle tecnologie? Una delle prime aziende ad intuire il potenziale di Internet, finendo per cambiare addirittura il nostro modo di intedere la lettura con la creazione e la commercializzazione del Kindle?
Amazon è diventata una presenza costante nella vita moderna, milioni di persone si affidano al suo browser per acquistare qualunque tipologia di prodotto disponibile il più delle volte a prezzi sensibilmente inferiori rispetto ai concorrenti. Persino il New York Times non riesce a farsi una ragione del fatto che Amazon spedisca gratis la Thunderbird Cookie Dropping Machine, una macchina per fabbricare i celebri

biscotti che pesa mezza tonnellata: Food Services Equipment di Chicago, che la fabbrica, fa pagare 2.600 dollari per la spedizione207.
L'azienda è riuscita a sublimare l'arte della gratificazione immediata del consumo, consegnando i prodotti digitali in pochi secondi e quelli fisici in pochi giorni208.
Amazon è passato dai 34 miliardi di dollari del 2010 ai 61 miliardi del 2012, e il titolo, è cresciuto da allora del 150 per cento209, entrando persino a far parte del lessico del business: "To be Amazoned", che significa "guardare impotenti mentre una start-up di Seattle sottrae profitti al tuo business brick and mortar, tipico dei negozi tradizionali".
Jeff Bezoz, il fondatore della compagnia, fa il suo ingresso nel mondo degli affari con una modesta rivendita di libri on-line alla fine degli anni Novanta, estendendosi poi al commercio di musica, film, elettronica e giocattoli, cavalcando l'entusiasmo crescente per le dot.com.
Gia nei primi anni del Duemila, superando la catastrofe che aveva travolto le nuove aziende nate sul web, Bezoz era riuscito a creare una complessa rete di distribuzione per vendere pressochè ogni cosa, dai software, ai gioielli, fino ai ricambi auto e molto altro.
Dopo essersi imposta coma piattaforma affermata per il commercio in internet, l'azienda si è ripensata da zero, grazie all' infrastuttura di cloud computing Amazon Web Services e ai dispositivi digitali pratici ed economici, come il lettore e-book Kindle e il tablet Kindle Fire, in linea con la filosofia dell'azienda "Get Big Fast"
ossia "crescere più in fretta210".
207Tratto da www.daily.wired.it/news/internet
208B. Stone, Vendere tutto. Jeff Bezos e l' era di Amazon, Hoepli, 2013 209Tratto da www.daily.wired.it/news/internet
210B. Stone, Op. Cit.

Sei i valori fondamentali promulgati dall' azienda e perseguiti da Besoz indefessamente, permettendogli di superare gli anni della crisi del dot.com quando tra il 2000 e il 2001 la maggior parte degli osservotori si dimostrava pessimista sul futuro dell'azienda, arrivando a dubitare sulla sua sopravvivenza: "ossessione per il cliente, parsimonia, pregiudizio in favore dell' azione, quote di proprietà, asticella alta per il talento e innovazione".
Sono questi gli anni dello scoppio della bolla delle start-up, le azioni Amazon che negli ultimi anni si erano mosse sempre e solo verso l' alto, toccarono i 107 dollari e per i successivi ventuno mesi non avrebbero fatto altro che scendere. A marzo del 2000 uno storico articolo comparso su Barron's evidenzio il ritmo autodistruttivo con cui le web company come Amazon bruciavano il venture capital accumulato, alimentando i timori degli azionisti211. Il nuovo CFO Warren Jenson ebbe la salvifica intuizione di aumentare la liquidità di Amazon vendendo 672 milioni di dollari in bond convertibili offrendo un alto tasso d'interesse agli investitori del mercato europeo, appena un mese prima del crash del mercato azionario. Senza questa tutela l'azienda avrebbe corso un fortissimo rischio di insolvenza negli anni successivi. Al "Get Big Fast" venne affianacato il motto "Get Our House in Order" (faccamo ordine in casa), innalzando disciplina, efficenza e tagio degli sprechi, a parole d'ordine aziendali. Ma a conquistare la fiducia e la stima dell'opinine pubblica fu la coraggiosa scelta di Bezos di offrire uno sconto del 40% sul quarto libro della serie di J.K. Rowlng Il Calice di Fuoco, promettendo inoltre la consegna rapida il giorno stesso della pubblicazione. La promozione di Harry Potter comportò una perdita di alcuni dollari su ciascuno dei 255.000 ordini, ma si rivelò

un'intuizione corretta in quanto la stampa iniziò a lodare l'operato di Amazon e ad associare il suo nome ad ogni menzione in merito al nuovo romanzo di Harry Potter. La fede granitica nella costumer experience veniva quindi ripagata in credibilità e fiducia da parte dei consumatori e degli azionisti.
"Ci sono due tipi di rivenditori, quelli che vogliono scoprire come alzare i prezzi e quelli che si impegnano per scoprire come abbassarli, noi apparteniamo al secondo gruppo, punto e basta" come disse lo stesso CEO nel corso della teleconferenza trimestrale con gli analisti212. Il circolo virtuoso alla base del business infatti consisteva nell' assicurare prezzi più bassi, che attraevano nuovi clienti, i quali facevano conseguentemente aumentare il volume delle vendite, attirando così sul sito più rivenditori di terze parti pronti a pagare le commissioni, consentendo quindi ad Amazon di sfruttare meglio i costi fissi, come i centri di distribuzione e i server del sito, efficienza che permetteva a sua volta di abbassare ulteriormente i prezzi.
Questo meccanismo comportò un notevole vantaggio competitivo sui rivali.

Nel 2004 Amazon allargò ulteriormente il proprio ambito strategico. Le vendite di libri, musica e film rappresentavano il 74% del fatturato, se quei format erano destinati a passare al digitale, come il successo di Apple e iTunes sembrava dimostrare, allora l'azienda doveva assumere il controllo degli e-book esattamente come Steve Jobs controllava il mercato musicale. "E' molto meglio cannibalizzare te stesso, che lasciarti cannibalizzare da altri"213. Naturalmente il Kindle non fu un successo immediato, ma una promozione aggressiva e una posizione bene in vista

212Ibidem

sull'home page del sito assicurarono un rapido esaurimento delle scorte, modificando l'esperienza di lettura e la struttura stessa delle case editrici.
Il nuovo e vantaggioso prezzo applicato da Bezos su e-book best sellers favorì così lo sviluppo del digitale, esercitando nel contempo pressione sui rivenditori dei formati cartacei e minacciando le piccole librerie indipendenti, dando al colosso Amazon ancora più potere di mercato che gli permetteva di ottenere più concessioni, trasferendo poi il risparmio ai clienti per garantire prezzi ulteriormente più bassi, innescando il circolo virtuoso del risparmio caro a Bezos.
Fin dagli anni irrequieti dell'esposione della bolla delle dot.com, il fondatore di Amazon ha avuto la lungimiranza di monitorare ed adattarsi ai propri competitors ritenuti più pericolosi. Uno di questi sarà proprio Netflix, distintasi fin da subito per la sua capacità di creare un brand forte e temibile, basato sullo stretto legame con la sua clientela, imponendo infine la propria presenza anche nell' ambito sempre più appetibile dei media.
In seguito al mancato accordo per l'acquisizione di Netflix da parte di Amazon, quest'ultima non perse tempo nell'inaugurare a sua volta servizi di noleggio DVD nel Regno Unito e in Germania, con l'obiettivo di impratichirsi nel nuovo business, rafforzando la presenza del proprio brand in mercati nei quali l' azienda di Reed Hastings non si era ancora imposta.
All'inizio del 2009 si poteva già avvertire un cambiamento di tendenza: il mercato dell' home video si stava inesorabilmente spostando verso lo streaming on line e Netlix stava cavalcando l'onda del cambiamento, stringendo accordi per la trasmissione dello streaming con i maggiori studi cinematografici.

Avendo assistito proprio all' interno dei propri magazzini all'improvvisa esplosione di popolarità dei lettori Blue-Ray e delle console per videogiochi connesse ad internet, Amazon era consapevole che era giunto il momento di dover scendere in campo. A Jeff Bozos non restò altra scelta se non comprare la Lovefilm, leader europeo nel settore dell'on demand già corteggiata da Google e Apple, completando l'acquisto delle sue azioni nel 2011, per un valore di circa 300 milioni di dollari214. Con quest'acquisizione Amazon aveva acquisito una solida presenza nel mercato europeo e si apprestava a svelare al mondo la sua ultima coraggiosa scommesa nell'ambito dell'intrattenimento domestico. Un mese dopo l'aver inglobato la Lovefilm venne presentato il servizio Amazon Prime negli Stati Uniti.
I membri di Prime avevano a disposizione un vasto catalogo di film e programi televisivi disponibili gratuitamente, nato dagli accordi tra Amazon e CBS, NBC, Universal ed Epix215. Per raggiungere un vantaggio competitivo sul rivale Netflix, Amazon aveva quindi scelto di offrire a gratis ciò che il competitor faceva pagare dai cinque agli otto dollari al mese, riconfermando come per Bezos fosse cruciale la strategia di applicare al cliente i prezzi più bassi possibili.
Jeff Bezos non ha mai fatto mistero di nutrire scarso rispetto per i così detti "custodi dei media", come ha da sempre dimostrato la sua strategia aggressiva nei confronti dell' editoria. Considerava infatti anacronistiche le regole di un business creato in un'era ormai in fase di obsolescenza, quella analogica, nella quale erano i produttori di contenuti a decidere arbitrariamente cosa il pubblico dovesse consumare e preferibilmente anche le sue tempistiche. L'era del surplus creativo,

214Tratto da www.manageronline.it 215B. Stone, Op. Cit

che negli anni dell'acquisizione di Lovefilm era agli esordi, era perfettamente in linea con la mission costumer oriented del fondatore del gigante di Seattle. "Quando una piattaforma è self-service, anche le idee più improbabili possono essere messe alla prova, perche non c' è nessun custode esperto pronto a dire 'Non funzionerà mai!' E guarda caso, molte di quelle idee improbabili funzionano davvero e la società trae beneficio da questa varietà216".
“Amazon ha tre principi fondamentali”, spiegò un paio di anni fa Jeff Bezos in un’intervista a La Stampa: “il primo è l’ossessione per il cliente, anziché per i concorrenti, il secondo è la continua ricerca dell’innovazione e infine la pazienza: pensiamo sul lungo termine, sappiamo aspettare217".
Ecco perchè oggi con le offerte speciali del Prime Day Amazon offre un prezioso sguardo verso il suo futuro, che non si esaurisce però nell'offerta di contenuti video, ma si è recentemente arricchita con la creazione di Amazon Studio e la produzione di prodotti seriali originali dimostrando per l'ennesima volta l'estrema ricettività del brand.
Solo nel 2014 il gruppo ha investito 1,3 miliardi di dollari per le sue produzioni e per l’acquisizione di prodotti video, contro i 3,2 miliardi investiti a livello globale da Netflix218.
Dopo il suo clamoroso esordio nell' ambito della serialità televisiva hight concept con il premiatissimo Transparent, Amazon ha ottenuto la collaborazione di registi del calibro di Ridley Scott e Woody Allen ai suoi nuovi progetti, a meno di due anni dal debutto del suo primo progetto Alpha House su Amazon Istant Video, lanciata a
216Tratto dalla lettera che Bezos scrisse agli azionisti nel 2011 217Tratto da www.lastampa.it, luglio 2015
218 Tratto da www.lastampa.it, febbraio 2015

due mesi dalla messa in onda di House of Cards su Netflix.

In questa prima prova Jeff Bezos ha dato l'ennesima dimostrazione della sua grade intuizione e lungimiranza, creando un prodotto qualitativamente superiore e che nulla ha da invidiare ai principali competitors del settore (HBO e Netflix, per l'appunto), mettendo in campo uno straordinario John Goodman, nei panni di un senatore repubblicano diametralmente opposto al celebre Frank Underwood.
Pur non riuscendo ad imporsi nell' immaginario collettivo, nonostante le ottime recensioni, Alpha House ha comunque avuto il merito di dare credibilità al nuovo player, che di lì a poco avrebbe avuto sempre più peso nell' industria dell'intrattenimento televisivo.
Rivoluzionaria innovazione rispetto ai suoi rivali del settore è rappresentata dalla volontà di Jeff Bezos di lasciare ai propri iscritti la scelta su quale serie verrà poi prodotta, rilasciando on-line gli episodi pilota e rimettendo al pubblico pieno potere decisionale.
A febbraio del 2014 Amazon propone i primi episodi di The After, Mozart in the Jungle, Bosh e Transparent. I pilot piacciono, non mancando nè le idee originali, nè le personalità di spicco coinvolte. Basti pensare ai nomi degli attori Titus Welliver (Lost e Sons of Anarchy) e Gael García Bernal (I diari della motocicletta e La mala educacion), o quelli di Chris Carter, l’ideatore di X-Files, e Jill Soloway, sceneggiatrice di punta di Six Feet Under.
La prima serie a debuttare come precedentemente detto, è stata Transparent con la prima stagione rilasciata interamente su Amazon Instant Video il 26 settembre 2014, distinguendosi per il suo altissimo profilo. Quest'ingresso nel mercato

televisivo non costituirà di certo un esperimento isolato, dato che Amazon Studios ha annunciato la produzione di cinque nuove serie originali, le quali sono state prima presentate agli utenti di Prime con un episodio pilota, secondo un meccanismo che pare ormai consoldato.
Tra le serie TV che saranno lanciate quest’anno c’è The Man in the High Castle, tratta da un romanzo di Philip K. Dick, la commedia dark Mad Dogs e la docuserie The New Yorker Presents.
La presenza nel mercato dei media nelle intenzioni di Jeff Bezos, pare non esaurirsi con la produzione seriale, in quanto nel 2015 Amazon ha annunciato la sua volontà di iniziare a produrre e acquistare film originali che saranno distribuiti nei cinema e poco tempo dopo andranno su Prime Instant Video.

CAPITOLO 14:

CHI VINCERA' LA GUERRA DELLO STREAMING? PROSPETTIVE FUTURE

 

Se si domanda a qualcuno "come guardi la televisione" con ogni probabilità le risposte possono variabile dal "tutti assieme sul divano, commentando ogni canale sul quale ci si è distrattamente sintonizzati", a "rannicchiato a letto, facendo una scorpacciata di serie TV su Sky Go", oppure "in giro, recuperando l'ultimo show di Netflix, o controllando i nuovi pilot di Amazon Prime".
Il modo in cui decidiamo di guardare la televisione è decisamente cambiato.

Se una volta dovevamo aspettare con ansia il nostro appuntamento settimanale, o sorbirci il palinsesto in programmazione, adesso siamo letteralmente padroni di scegliere cosa guardare, quando farlo e su quale piattaforma.
Gli avvenimenti telvisivi all' inizio del 2015 hanno dato un'idea della portata del cambiamento e di quanto Internet e TV siano ormai fortemente interconnessi. Ai Golden Globe è stato premiato Transparent come commedia dell'anno, una produzione di Amazon, leader delle vendite on-line; sono stati premiati come migliori attori l'inaspettato Jeffrey Tambor, da sempre relegato a parti secondarie sul grande schermo e il premio Oscar Kevin Spacey per House of Card, un'altra premiatissima web serie prodotta questa volta da Netflix. Tambor ha dichiarato che le premiazioni avvenute al Golden Globe sono un chiaro indicatore della nuova direzione presa dal mezzo televisivo: "ecco dove sento che si stanno concentrando tutti i contenuti. La nostra vittoria è stata enorme, siamo il piccolo motore del cambiamento. Ora tutti sono più attenti e consapevoli che tutto si stà spostando

verso un' altra direzione219". Sempre nei primi mesi dell'anno Amazon ha annunciato di aver siglato un accordo con Woody Allen, che si cimenterà per la prima volta nella scrittura e direzione di una serie TV, a dimostrazione di una nuova tendenza che vede la televisione passare da media a basso profilo culturale a mezzo di espressione innovativo sia sotto il profilo dei contenuti che della distribuzione di questi.
Sky Altlantic UK, sempre a gennaio del 2015, trasmise la prima delle sue produzioni originali, il thriller Fortitude, contemporaneamente nel Regno Unito, Irlanda, Germania, Austria e Italia e Stati Uniti, un vero e proprio abbattimento dei confini televisivi.
E' indubbio che HBO, Netflix e Amazon stiano catalizzando l'attenzione mondiale sulle proprie produzioni. Amazon ha in programma di intraprendere un nuovo progetto con Steven Soderbergh e un episodio pilota girato da Ridley Scott; intanto Netflix cattura l' interesse di pubblico e critica con il dark drama Bloodline e la commedia Unbreakable Kimmy Schmidt, mentre l' HBO naviga a vele spiegate con il seguitissimo The Game of Throne.
Il successo di queste "nuove" reti non è solo merito dei contenuti originali che vengono proposti, ma il servizio di streaming stesso ha fatto sì che si potessero apprezzare programmi che altrimenti sarebbero rimasti relegati nei loro confini nazionali, o dimenticati nel tempo: commedie inglesi come The Wrong Mand e Peep Show, hanno raccolto un vasto pubblico negli Stati Uniti, similmente il Regno Unito ha avuto modo di apprezzare una vastissima gamma di prodotti d'Oltreoceano, da Vikings a Halt and Catch Fire, ambientato negli anni '80.
219Tratto da www.theguardian.com, gennaio 2015

Jane Featherstone, chief executive di Kudos sostiene che " negli ultimi cinque anni abbiamo assistito a profondi cambiamenti in ambito televisivo. Anche se i programmi inglesi più seguiti rimangono ancora le produzioni mainstream, come Downton Abbey, Broadchurch o Sherlok, il riconoscimento di Netlix e Amazon come temibili competitos ha dimostrato che non è più necessario raccogliere miliardi di telespettatori, ne bastano pochi milioni, ma saldamente fidelizzati e appassionati, quasi una comunità di fan, per dare vita a prodotti di successo sia sotto il profilo qualitativo che di pubblico. E' quello che ha iniziato a fare HBO capovologendo per sempre le regole del business220".
Con queste premesse è logico aspettarsi l'ascesa in campo di nuovi attori, presumibilmente all'avanguardia in merito alla comunicazione e all'utilizzo di Internet, anche se non strettamente connessa al mondo tele-filmico.
Non è illogico presumere che anche YouTube, Apple e Google stiano preparando il terreno per una scesa in campo nel settore dell' intrattenimento creativo e transmediale, completando così naturalmente il loro processo di narratori contemporanei.
D'altra parte Google si è dimostrata più volte interessata all'acquisizione di piattaforme per inserirsi nel settore: nel 2011 gli fu sottratta la possibilità di acquisire la Lovefilm proprio da Amazon.221 Sempre a dimostrazione di questo interessamento di Google per l'ambito televisivo, c'è il recente avvicinamento con la Warner Bross e la negoziazione di un accordo per lanciare una sorta di abbonamento pay-as-you-go per un servizio streaming in concorrenza diretta con

220Ibidem
221B. Stone, Vendere tutto. Jeff Bezos e l' era di Amazon, Hoepli, 2013

Netflix e Amazon222.

Secondo alcuni produttori, Google vorrebbe investire fino a 5 milioni di dollari per produrre delle proprie serie TV. Dato l'enorme successo di Ingress223, il gioco realizzato da Google dopo l’acquisizione di Niantic Labs, sembra che l' azienda abbia in programma una sua trasposizione televisiva224. Secondo quanto riportato da The Information infatti, Google sarebbe in contatto con Sean Daniel Co., la produzione responsabile di film come La Mummia, al fine di creare una serie televisiva basata su Ingress. Il complesso scenario narrativo di Ingress e il buon seguito di utenti, potrebbero costituire una buona base per un telefilm, inserendosi perfettamenta nella logica del transmedia storytelling.
A suffragio del legittimo sospetto di un trionfale ingresso di Google nel mondo delle serie TV vi è anche uno strano sondaggio che gira sul social network Google+, nel quale si chiede agli utenti se questi siano dei detentori di un abbonamento mensile a un servizio di streaming per film su Google.
Il sondaggio è stato reso pubblico dal giornalista Mike Elgan, incuriosito dallo screenshot che l'utente Google+ Hugo Seijas aveva pubblicato sulla propria pagina, riguardante per l'appunto le domande in merito al “Google Monthly Movie Pass”.
Che Google voglia entrare a far parte del mondo dello streaming, rendendo fruibili sulla sua piattaforma serie TV e film di successo, appare la realizzazione delle parole dello stesso Reed Hastings (CEO di Netflix) che, annunciando a Wired

222Tratto da, 10 Most-Interesting Acquisitions of 2011 ,The Next Women, marzo 2011.
223Ingress è un videogioco di realtà aumentata creato da NianticLabs, sviluppato per piattaforma Android e in seguito per iOS. Il gioco ha un complesso background fantascientifico che viene via via sviluppato narrativamente. ww.wikipedia.com
224Tratto da www.theinformation.com, marzo 2015

l’arrivo in Italia di Netflix ad ottobre, dichiarò che la TV del futuro sarà paragonabile ad un grande iPad225.
Chi meglio di Google potrebbe realizzare quest’idea e con ottimi risultati? Il Play Store di Google vanta già un ampio e curato catalogo di offerte di film sempre aggiornato e al passo con le novità in uscita al cinema, che gode di un ottimo riscontro nel mondo Android, dal quale potrebbe nascere un vero e proprio business di un’offerta streaming ben più strutturata in grado di uscire dal panorama delle app del Play Store e approdare su altri lidi.
Non è fantascianza che Google possa dunque divenire così il rivale numero uno di Netflix, lanciando nuove offerte competitive e concorrenti nel mercato.
Il colosso del web non è certo l' unico ad aver intuito la portata economica della transmedialità narrativa e delle serie TV hight concept come massima espressione di questa, anche Apple sembra infatti pronta a sbarcare nel mondo dello streaming. Nel corso della conferenza annuale degli sviluppatori, tenutasi a giugno del 2015, sono stati annunciati non solo innovzioni nel campo dei servizi di distribuzione musicale, ma anche l'introduzione di un nuovo servizio di TV on line con più di 25 canali (tra cui ABC, Fox, Espn). Pare dunque che nella Silicon Valley si stia preparando il terreno per dare l’attacco a Netflix, che dall’alto dei suoi 60 milioni di utenti mensili è al momento il gigante della TV on demand. Gli indizi, anche in questo caso, abbondano: innanzitutto l’aggiornamento della Apple TV, il nuovo dispositivo dovrebbe avere la funzionalità di Siri226 e uno store interno da cui acquistare applicazioni, giochi, musica e film attraverso iTunes; l’annuncio

225Tratto da www.wired.it, giugno 2015
226Creato da Apple, Siri è l'assistente digitale presente nei dispositivi iOS, quali iPhone e iPad. Www.wikipedia.org

dell’accordo con la HBO per la trasmissione dei propri contenuti on line.

Il vero vantaggio competitivo di Apple potrebbe derivare dall'integrare i punti di forza del rivale ai propri. Il bagaglio di contenuti disponibile su iTunes è infatti decisamente superiore a quello posseduto da Netflix, ma meno fruibile di quest'ultimo. Il meccanismo di vendita della piattaforma Apple appare sotto molti aspetti oramai superato. Il servizio in streaming costa 8 dollari al mese e permette di vedere tutti i film della piattaforma, tutti i giorni e tutte le volte che un utente desidera. Questo ha creato un enorme vantaggio competitivo, antecedente alla stessa realizzione di serie TV originali. Su iTunes invece per il noleggio o il possesso di un documento video si paga un prezzo quasi equiparabile a quello per l'acquisto di un DVD. Se Apple avesse veramente intenzione di rinnovarsi e porsi come nuovo antagonista di Netflix, sarebbe necessario rivedere il suo sistema di acquisto, pensando anch'esso ad una forma di abbonamento mensile che renda disponibile all'utente tutto ciò che è presente su iTunes, musica compresa. La potenza economica di Apple e i miliardi di utenti di iTunes, potrebbero facilmente indurre le case produttrici a distribuire i propri contenuti in esclusiva, prima su iTunes e poi sul resto delle piattaforme. Nel mondo discografico sembra che la Mela stia già forzando la mano per combattere il servizio gratuito di Spotify e Youtube, appare quasi scontato che nel breve periodo questa tattica aziendale verrà estesa anche al campo televisivo.
C'è anche chi ipotizza una vera e propria acquisizione di Netflix da parte di Apple. In un articolo apparso sul Fortune nell' aprile 2015 si fa infatti chiaro riferimento all'interesse dell' azienda della Mela ad entrare nel mercato televisivo. Il successo

di Netflix si può far risalire infatti alla sua logica innovativa di espansione, che ha portato alla creazione di prodotti come Daredevil, Bloodline, Orange in the New Black e il citatissimo House of Cards, venendo inoltre incontro a tutti quegli utenti che non desiderano essere legati a pacchetti e abbonamenti via cavo o satellite costosi, garantendo comunque loro un livello di intrattenimento qualitativamente molto alto. E' altresì innegabile che un progetto di espansione internazionale e il proseguimento di una politica di creazione di contenuti di livello, richiedano ingenti capitali. Motivo per cui la società è considerata all' interno dei mercati azionari matura per un'acquisizione e una realtà come Apple sembrerebbe il canditato ideale per avviare una negoziazione in tal senso, avendo sia i mezzi che le motivazioni per operare. Anche se il mondo di cinema e televisione non sembrano essere state fino ad un recente passato tra le priorità di Apple, questa non può di certo permettersi di rimanere indietro nella corsa all'innovazione, mentre neofiti come Amazon stanno già prendendo il sopravvento sul mercato, in un business da 60 milioni di sottoscrizioni a livello mondiale (dati riferiti a Netflix)227.
Il rischio da parte di Apple di cannibalizzare il proprio mercato iTunes tramite l'acquisizione dell'azienda di Reed Hastings è sicuramente meno dannoso della concreta possibilità di venire rallentati dalla coraggiosa azienda indipendente, che non nasconde le proprie ambizioni di espansione. Avviando un negoziato di fusione l'azienda leader nel campo della musica digitale potrebbe non solo espandere il proprio potenziale, ma anche vedere tagliate le perdite generate dalla presenza di un competitor a miglior mercato. La complementarietà dei due server potrebbe coprire le esigenze dell' intero settore, contribuendo l'una con l'ampiezza del
227Tratto da, www.fortune.com, aprile 2015

proprio data base e l' altra con un sistema di prezzi più vantaggioso e la produzione di contenuti originali di successo.
Un'altro indizio che porta a pensare ad una possibile acquisizione è dato dalla sinergia di marketing già esistente tra le due, attraverso la quale i nuovi sottoscrittori di un abbonamento Netflix possono ricevere uno sconto per l' acquisto dell'ultimo modello di iPad; similmente Apple garantisce un abbonamento trimestrale con Netflix unitamente all' acquisto di un Apple TV228.
Con una capitalzzazione di mercato di oltre 720 milioni di dollari il gigante della tecnologia puà facilmente finanziare l' acquisizione di Netflix, valutato per 34,7 milioni229.
La corsa all'oro dei contenuti originali dovrà però fare i conti anche con un altro big del web: YouTube.
Il più grande problema di YouTube è sempre stato trasformare gli sguardi dei visitatori in profitti. Considerando il suo traffico, i suoi rendimenti sono a dir poco deludenti. Fornire contenuti originali, professionali sembra essere però il prossimo obiettivo a cui punta l’azienda, affidandosi sia alla propria comunità di talentuosi videomaker, sia con collaborazioni sempre più strette con AwesomenessTV (il canale video più famoso del web di proprietà della Dreamworks)230. Gli You Tubers più seguiti, insieme ad altri scelti direttamente dal canale, saranno preposti all' ideazione dei soggeti, per lo sviluppo dei quali si occuperà Brian Robbins, CEO di AwesomenessTV231. Una strategia questa che appare nettamente in contrasto con
la tendenza degli altri network di ingaggiare nomi di prestigio per accrescere la
228Ibidem 229Ibidem
230Tratto da, www.wired.it giugno 2015 231Tratto da, www.wired.it, aprile 2015

rinomanza e la qualità dei proprio prodotti. Non è ancora stato annunciato quale metodo di distribuzione sfrutterà l'azienda. Una modalità potrebbe essere la proposizione delle anteprime sul proprio canale, per poi rilasciare i prodotti finiti su altri formati a pagamento, ma è lecito aspettarsi l'uscita di un prodotto originale (con ogni probabilità una serie TV) già entro l' anno che sancisca l'ingresso del canale nel business dei contenuti a pagamento on-demand. L'accelerazione delle trattative con gli Studios di Hollywood è percepito infatti nel mercato come la volontà di mettersi alla pari con concorrenti forti come Netflix, Hulu e Amazon.
YouTube pare infatti avere un capitale che si aggira attorno agli 1 e 3 miliardi di dollari, utili per investire sulla realizzazione di programmi originali e di qualità da diffondere via streaming232.
Dato che Yahoo! si è dimostrata interessata al mercato, tramite l' acquisizione della startup istraeliana RayV233, focalizzata sui video on-line in streaming, anche la strategia del colosso dei video amatoriali deve adeguarsi al cambiamento in atto, pena la fuoriuscita dal mercato. L'idea imperante nel settore dei media pare essere quella di soppiantare definitivamente il mezzo televisivo in senso stretto, per permettere agli utenti di usufruire unicamente dei contenuti multimediali, disponibili illimitatamente, in tempo reale e utilizzabili in base alle preferenze del singolo (cosa che peraltro stà già avvenendo sotto i nostri occhi). L'ottica futura è pertanto quella di creare un intrattenimento globale, mobile, sociale, interattivo e interconneso, "questo è esattamente il mondo che noi di YouTube stiamo creando con tutti voi" come afferma il CEO Susan Wojcjcki alla presentazione della compagnia NewFront

232Tratto da, www.investireoggi.it, maggio 2015 233Ibidem

di proprietà di Google a New York. Anche Josh Goldstine, marketing chief della Universal Studio ha affermato che per quanto la televisione commerciale abbia ancora un potere indiscutibile, le dinamiche del modello digitale innescate da You Tube costituiscono l' alternativa migliore. Lo dimostra il fatto che la stessa Hilary Clinton abbia avviato la propria campagna elettorale attraverso un video apparso su questo mezzo234.
Ad avvalorare la tesi di un'espansione di You Tube nel mercato di film e serie TV concorre anche un annuncio apparso su Google già un anno addietro, in cui la multinazionale americana piega di star cercando un Head of Family Entertainment and Learning for YouTube Originals, il che parrebbe dare la conferma definitiva della volonta di YouTube di passare da servizio di hosting per video creati da altri, al mondo della produzione235.
Indiscrezioni apparse sul Wall Street Journal vorrebbero che anche Spotify abbia intenzione di far valere il proprio peso nel mercato dei contenuti digitali, ampliando la propria offerta anche con contenuti video, iniziando ad intessere trattative con la stessa YouTube per la creazione di video originali, sfidando piattaforme gia consolidate come Netflix. L'esordio nei video potrebbe essere inoltre agevolato dai dati che Spotify già possiede sulle abitudini di ascolto dei suoi utenti (60 milioni, dei quali 15 milioni a pagamento) e potrebbe contribuire a rilanciare i ricavi visto che, nonostante l'aumento degli utenti, i profitti faticano ad arrivare: nel 2013 Spotify ha registrato una perdita netta di 57,8 milioni di dollari236.
Possiamo affermare dunque, che quello televisivo e in particolare della serialità

234Tratto da, www.lastampa.it, aprile 2012 235Tratto da, www.theinformation.com, marzo 2014 236Tratto da, www.repubblica.it, maggio 2015

televisiva di qualità, appare un settore quanto mai in espansione che, oltre a creare contenuti fortemente innovativi sotto il profilo creativo, che traggono la propria spinta innovativa all' interno dell' epoca attuale improntata alla valorizzazione narrativa, sfruttano i nuovi media e le innovazioni nel campo del digitale, per ottenere riscontri di tipo economico crescenti, che allettano non più solo start-up indipendenti e fortemente motivate, ma anche i Big già presenti nel mercato e attenti a non vedersi sottrare importati quote di profitto.

CAPITOLO 15:

LA SITUAZIONE ITALIANA

 

La guerra per assicurarsi una presenza all' interno del mercato della produzione di contenuti originali pare essere solo all' inizio e non è escluso che la battaglia tra le aziende interessate porti ad un progressivo miglioramento delle offerte, sia a livello qualitativo che sotto forma di vantaggio economico per l'utente. Altresì probbile appare l'ipotesi dell'implementazione di servizi sempre più evoluti per garantirsi di volta in volta un vantaggio competitivo in un panorama in continua evoluzione.
Forse non è lontano il tempo in cui la televisione, considerata come mezzo, scomparirà dai nostri salotti (come affermato dal CEO di You Tube Susan Wojcjcki), sostituita da tablet e computer che permetteranno ad ognuno una personalizzazione di contenuti di alto livello e stimolanti, fino a poco tempo fa sconosciuta.
All'Italia nel frattempo, non resta che guardare la grande rivoluzione d'Oltreoceano, attendendo lo sbarco di Netflix in territorio nazionale per ottobre 2015 (che per altro sembra interessata alla prduzione di una serie TV su Mafia Capitale, per la quale ha contattato la Cattleya, azienda italiana che ha conquistato il pubblico con Gomorra237).
L'arretratezza italiana nel campo del digitale appare evidente ora più che mai, in quanto la banda larga nel nostro paese esiste in maniera relativa. Il risultato per le utenze casalinghe è assolutamente disastroso e i numeri parlano chiaro: su una scala di performance che va da meno di 20 Mbps a più di 60 in download, Ookla,
237Tratto da, www.huffingtonpost.it, luglio 2015

leader mondiale del broadband testing, ha confermato che l'Italia è in media sotto i 15, insieme a Paesi balcanici, Grecia e Turchia, mentre il resto d'Europa naviga a tutt'altra velocità, dalla Bielorussia (tra 15 e 20) a Polonia e Ucraina (20-25) fino ai 45/50 Mbps di Olanda, Svizzera e Lituania e agli oltre 50 Mbps di Romania e Svezia. Altrettanto chiaro è il documento "Strategia italiana per la banda larga" prodotto dalla Presidenza del Consiglio, insieme al Ministero dello Sviluppo Economico, all'Agenzia per l'Italia Digitale e all'Agenzia per la Coesione: "il nostro Paese parte da una situazione molto svantaggiata che ci vede sotto la media europea di oltre il 40 punti percentuali nell'accesso a più di 30 Mbps e un ritardo di almeno 3 anni". Secondo i piani industriali degli operatori privati, infatti, solo nel 2016 si arriverà al 60% della popolazione coperta dal servizio a 30 Mbps, senza impegni oltre quella data. Inoltre, nessuno degli operatori ha alcun piano ufficiale per avviare un'opera di copertura estensiva a 100 Mbps, né entro il 2016 né oltre238. Oltre ad un gap di tipo tecnologico e legislativo vi è inoltre una discrepanza creativa evidente, stilizzabile con i prodotti italiani di maniera ricalcanti la tipologia telefilmica di matrice classica, si pensi a titolo d'esempio ai vari Don Matteo, Carabbinieri, Distretto di Polizia, Un Medico in Famiglia, I Cesaroni etc.non classificabili nemmeno come serie TV ma come fiction, ossia un prodotto audiovisivo di qualità scadente, nazional-popolare nei contenuti, dalla forma tutt' altro che innovativa, spesso però di discreto successo.
Qualcosa però sembra muoversi negli ultimi anni anche da noi, come dimostrano le parole dell'economista Severino Salvemini, presidente di Telecom Italia Media, che
ha aperto il convegno "Cinema & Fiction: convergenze parallele?" tenutosi il 29

marzo 2015, curato da Fabiano Fabiani e Marco Spagnoli e organizzato nell'ambito del Bif&st di Bari con la collaborazione della rivista 8 e 1/2: "negli ultimi anni l'offerta televisiva è diventata più complessa e impegnativa, anche per gli spettatori. Pensate a un confronto tra M.A.S.H. e Grey's Anatomy, tra Beautiful e House of Cards, tra i Soprano's e Gomorra: le differenze sono abissali, perché è cambiata la grammatica della TV, e con lei i ritmi, il montaggio, la musica239". Un momento di confronto tra protagonisti del settore, tra cui Ettore Scola, Ugo Gregoretti e Roberto Andò, per capire quale possa e debba essere il ruolo della fiction in Italia, mentre dagli Stati Uniti arrivano i successi di serie TV che vantano attori da Oscar e ascolti strabilianti.
Chiara la posizione anche del regista Maurizio Sciarra (presidente dell'Apulia Film Commission): "non si può continuare a ripetere ancora, dopo decenni, che la colpa è degli autori, perché gli autori hanno bisogno di una committenza, perciò bisogna andare prima di tutto a vedere chi mette i soldi, come e perché. Fatto sta che la TV italiana è ferma a 20 anni fa, non innova da decenni: gli autori chiedono un adeguamento ai tempi dell'industria culturale240". Una richiesta tanto più pressante se si guarda all'imminente sbarco di Netflix in Italia.
Non sono mancate però negli ultimi anni delle produzioni originali seriali di matrice tutta nostrana che hanno contribuito ad innalzare il livello generale, Boris in primis come capostipite del genere, ma anche Romanzo Criminale, Gomorra , 1992.
Lo sceneggiatore Daniele Cesarano, che può vantare 200 ore di serie TV, tra cui

Romanzo Criminale, fa notare i sorprendenti ascolti di 1992 su Sky: "hanno avuto

800mila spettatori, che è quasi un decimo di ciò che ottiene la Rai con una fiction di successo, ma è un gran risultato per una pay TV241".
Spiccano nel panorama televisivo italiano anche realtà indipendenti che stanno raccogliendo attorno a sè comunità particolarmente motivate e fidelizzate, a dimostrazione della sete di novità presente nel nostro Paese.
"Si sta portando in Italia e in Europa una nuova mentalità e un nuovo modo di vedere la TV. Una TV partecipativa, con la selezione del meglio (o almeno questo è l'impegno della nostra emittente) che c'è al mondo per un target di alto livello. Mentre molti scappano dall’Italia, società italiane al 100% stanno attuando un programma di assunzioni importante. Nel nostro caso la piattaforma e la parte tecnologica sono proprietarie e sviluppate da tecnici tutti italiani" come afferma Alberto Baldanello, amministratore delegato di Cubik Group. "Il Made in Italy è anche idee e innovazione tecnologica e capacità di competere a livello globale, generando nuovi mercati e creando nuovi posti di lavoro242". Cubik TV è una start up nata da Sinet Italia Group, società attiva nel campo della comunicazione e dell'innovazione tecnologica che da sempre guarda al mercato statunitense.
Cubik TV vanta oggi 3 milioni di utenti registrati per 12 canali tematici con contenuti on demand push & play ventiquattro ore su ventiquattro. A ciò si affiancano produzioni proprie: il documentario 6th Frontier, al via la prossima estate (12 puntate di 30 minuti, con la rievocazione di episodi storici raccontati per mezzo di diverse discipline sportive) e la telecronaca dello "slider king", disciplina sportiva nata a Treviso che coinvolge 21 stati e 5 continenti per 100 mila km su ruota e 30

appuntamenti243.

Esperienze come quella di Cubik TV, i riscontri positivi di progetti seriali di successo Made in Italy (come i gia citati Romanzo Criminale, Gomorra, 1992) e l'arrivo in Italia di aziende all'avanguardia nel settore ed interessate a produzioni in loco (come Netflix), sono segnali positivi per uno sviluppo anche in Italia della transmedialità narrativa che vede nella produzione di serie TV originali la sua massima sublimazione.

SESTA PARTE

CAPITOLO 16:

ANALISI ATTRAVERSO IL TRANSMEDIA STORYTELLING DI TRE SERIE TV DI SUCCESSO

 

Nelle precedenti sezioni è stato sviscerato il tema dell'innovzione del mezzo televisivo, in funzione al rinnovato interesse per lo storytelling e la necessità di fidelizzazione di un pubblico ormai sovrastimolato, competente e iperesigente.
Le serie TV sembrano rappresentare la tipologia di prodotto che maggiormente è in grado di catalizzare l'attenzione di un'audience giovane e attiva, rappresentante anche il target commercialmente più appetibile.
Alla luce di quanto trattato in precedenza, sono emersi alcuni fattori indispensabili per garantire il successo di un prodotto seriale in quella che John Ellis definisce "età dell' abbondanza"244.
Se la complessità sembra essere una caratteristica onnipresente nelle produzioni più recenti, questa deve sempre essere sviluppata coerentemente al suo interno. Prende così vita un racconto avvincente e logicamente strutturato, indipendentemente dalle temetiche trattate, dall' poca storica in cui è abientato o dalla presenza o meno di elementi fantasy al suo interno.
Lo svilimento della trama, l'incompiutezza di intrecci aperti nel corso della narrazione e l'incongruenza interna, portano alla frustrazione e all'abbandono prematuro della visione da parte dell'utente. Condizione indispensabile per il successo di un serial, spesso della durata anche di diversi anni, è l'appagmento

dello spettatore.

L'elevato livello di concettualità e la psicologia mutevole e affatto stereotipata dei personaggi, sono elementi che impegnano mentalmente un'audience bisognosa di affrancarsi dall'appiattimento televisivo delle reti commerciali.
Wired245 dedica alle serie TV la copertina del numero di luglio 2015, enucleando le migliori, sotto al titolo: Le 100 Serie TV che non ti Faranno più Uscire di Casa, sottolineando come nel corso della selezione, effettuata ad opera dell'intera redazione, siano perfino stati scartati più di 200 titoli246.
La vastità di materiale a disposizione appare evidente. È indubbio che il settore si sia sviluppato enormemente, sopratutto negli ultimi anni, dando vita a generi innovativi e affrontando spesse volte tematiche a dir poco controverse, in maniera tutt'altro che scontata o buonista.
Anche l'attenzione dedicata di anno in anno agli Emmy Awards247, pare essere sempre più consistente, rappresentando ormai un avvenimento atteso quanto gli Oscar del cinema.
Le premiazioni costituiscono non solo un evento mediatico, ma anche la celebrazione di una tendenza sociologica in atto, riflettendo il sempre maggiore interesse rivolto al mezzo televisivo e ai suoi prodotti.

245Wired è una rivista mensile statunitense con sede a San Francisco in California dal marzo 1993, e di proprietà di Condé Nast Publications. Fondata dal giornalista Louis Rossetto e da Nicholas Negroponte. Adotta una linea editoriale originariamente ispirata dalle idee del teorico dei media canadese Marshall McLuhan. La rivista affronta tematiche di carattere tecnologico e di come queste influenzino la cultura, l'economia, la politica e la vita quotidiana. Le versioni internazionali della rivista sono Wired UK e Wired Italia, fruibili anche in versione on line all'interno dei rispettivi siti web. Www.wikipedia.it
246La totalità dei titoli sono rinvenibili sul sito italiano di Wired alla seguente pagina: http://www.wired.it/play/televisione/2015/07/10/300-serie/
247L'Academy of Television Arts & Sciences ideò gli Emmy Award come un'opportunità per potenziare l'immagine e le pubbliche relazioni. Il premio Emmy, chiamato anche Emmy Award o semplicemente Emmy, è il più importante premio televisivo a livello internazionale. È infatti considerato l'equivalente del premio Oscar per il cinema, del Grammy Award per la musica e del Tony Award per il teatro. La prima cerimonia per assegnare i premi Emmy avvenne il 25 gennaio 1949, all'Hollywood Athletic Club di Los Angeles. www.wikipedia.it

Gli Emmy tenutisi a settembre 2015 hanno messo in luce come le preferenze dei telespettatori e della critica si stiano progressivamente e prevedibilmente spostando verso il politicamente scorretto.
Come migliore serie drammatica troviamo titoli come Game of Thrones, Orange is the New Black, House of Cards, Mad Men, Homeland. Nella categoria commedia: Transparents, Veep, Modern Family.
Cicli fantasy dai risvolti inaspettati, serial ambientati in prigioni femminili, padri di famiglia che affrontando la transizione verso un'altra identità sessuale, pubblicitari senza scrupoli, i dietro le quinte di quella che da sempre si definisce la più grade democrazia del Mondo, famiglie allargate, multiculturalità. Queste sono solo alcune delle tematiche che appassionano i nuovi telespettatori, che attraverso le proprie preferenze televisive dimostrano la volontà di misurarsi con problematiche attuali, sulle quali sia la televisione commerciale, sia il cinema, risultano ancora carenti.
Oltre ai moltissimi premi riconosciuti ai programmi considerati politically un-correct, risultano interessanti anche i singoli premi per gli attori, che sempre più conquistano lo star system non con film incredibili, ma con geniali produzioni televisive seriali.
Nei capitoli succcessivi si analizzano tre serie TV che oltre ad aver riscosso grande successo mediatico, ben rappresentano l' attuale tendenza in atto.

La prima è Game of Thrones (Trono di Spade), serie ispirata ad un'epopea letteraria e divenuta un vero e proprio altare culturale, nonchè fenomeno mediatico di grandissimo successo. Fin da subito questa produzione si impone

nell'immaginario, sia grazie alla granitica solidità narrativa sulla quale si sviluppa una trama estremamente complessa, sia per il realismo estremo di cui è imperniata.
L'oscuro mondo raccontato è un'inferno, ora congelato, ora riarso dal sole, nel quale il più delle volte si muore violentemente, spesso per mano di amici e fratelli.
I duelli diventano giochi al massacro più estremo, gli incontri sconfinano nella carnalità e le lotte per il potere causano stragi infami. Il Trono, forgiato con le spade dei vinti, diviene il simbolo del potere che tutto inghiotte e tutto annienta.
Dalla formidabile sequenza animata dei titoli di testa, all'epica colonna sonora, alla trasposizione in un mondo fantastico di tematiche tutt'altro che irreali, agli imprevedibili personaggi della saga, tutto è volto a trasformare il mondo di Westeros in un fenomeno di culto, un mito televisivo, destinato a svilupparsi, dilagare e a durare nel tempo.

La seconda serie televisiva presa in esame è House of Cards, l'esempio di come nel nostro subconscio i cattivi acquisiscano un fascino irresistibile, dandoci la speranza che alla fine, possano trionfare. Questa serie, attraverso il suo cinico protagonista Frank Underwood (interpretato dal premio Oscar Kevin Spacy), riproduce i meccanismi del processo decisionale della politica, costituita tanto dalle delle trattative ufficiali, quanto dagli incontri segreti, dalle consultazioni blindate, dalle macchinazioni spregiudicate.
Sono proprio gli intrighi tra Potere e Palazzo a costituire l'attrattiva del programma, durante il quale allo spettatore viene proposta l'illusione di camminare tra i corridoi

della Casa Bianca, entrare nella West Wing e partecipare alla vita politica sotterranea del Paese.
La sesazione è acuita dal fatto che il protagonista, rompendo la quarta parete, si rivolge direttamente al pubblico, in un processo di continuo coinvolgimento narrativo.
Frank Underwood sorprende continuamente, non solo con le sue azioni, ma anche con i suoi aforismi assolutamente dicutibili. Lui è spietato, in combutta con le lobby, manipolatore, senza pudori e in cerca di vendetta. Ma sopratutto il personaggio appare in continua lotta con sè stesso e forse è proprio questo a costituire il motivo per cui l'empatia, da parte del telespettatore, è immediata e incondizionata.

L'ultima serie analizzata rappresenta il più recente successo tra le produzioni nostrane: 1992.
L Italia, già contraddistintasi per produzioni ad alto livello, quali Romanzo Criminale

e Gomorra, rivolge ora lo sguardo agli anni di Tangendopoli.

Gli scenari di violenza che avevano contraddistinto le due serie precedenti, lasciano il posto ad un altro tipo di crimine, più sottile degli scippi e degli omicidi, ma più pervasivo e letale: la corruzzione.
Lo sfondo dell'intera vicenda è costituito dall'intreccio semidocumentaristico, tra mazzette e politica e dai cambiamenti socio culturali che hanno investito un'intera generazione.
Gli anni Ottanta avevano trasformato la corruzione in normalità fisiologica, che manteneva e arricchiva la politica, appesantendo nel contempo la spesa pubblica.

L'intervento di un gruppo di magistrati, che ebbero il merito di unire legge e senso civico, diedero però anche il via al fenomeno del protagonismo, caratteristica distintiva del decennio successivo.
A guidare la popolazione italiana in questo epocale cambiamento, sarà proprio il mezzo televisivo, che fornirà ad una società allo sbando nuovi modelli da seguire, convogliati non più dalle grandi ideologie, ma da singoli personaggi carismatici e comunicativi.
1992 è la narrazione di un'illusione durata poco, di un'Italia che voleva cambiare, ma non ci è ancora riuscita.

CAPITOLO 17

ANALISI DE “IL TRONO DI SPADE”

 

Come già discusso in precedenza il transmedia storytelling rappresenta un processo nel quale gli elementi di una narrazione, nel nostro caso di una high concept TV series, invadono sistematicamente altri media con il proposito di creare un'esperienza di intrattenimento unificata e coerente al suo interno.
Games of Throne248 è una serie televisiva statunitense, che trae ispirazione dal ciclo di romanzi di George R.R. Martin Le cronache del ghiaccio e del fuoco. Ad oggi giunta alla quinta stagione, fece il suo debutto televisivo nell'aprile del 2011 sul canale via cavo HBO e può essere considerata la più grossa produzione ad alto budget all interno del mondo delle serie TV che ha contribuito alla popolarità di un genere fantasy poco sfruttato nel panorama televisivo, dove si è soliti rivolgersi alle figure mutuate dall'horror, quali zombie, licantropi, vampiri...
Il filone narrativo principale vede coinvolte le più potenti casate dei Sette Regni, in una lotta senza esclusione di colpi per la conquista del tanto agognato Trono di Spade.
Riuscire però a definire una trama univoca o un filone principale risulta essere un'impresa estremamente ardua, in quanto la mutabilità degli eventi e degli stessi personaggi fa si che si creino innumerevoli storie, ognuna delle quali interagisce con le altre, concorrendo a creare un universo iper realistico.
Grazie all'ampia disponibilità di tempo, proprio degli universi seriali, ogni intreccio è

248 Games of Throns (in italiano Il Trono di Spade) è una serie televisiva statunitense di genere fantasy creata da David Benioff e D.B. Weiss, che ha debuttato il 17 aprile 2011 sul canale via cavo HBO. È nata come adattamento televisivo del ciclo di romanzi Cronache del ghiaccio e del fuoco (A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin.

sviluppato in maniera molto accurata e tutti partecipano alla creazione di senso generale. In questo continuo divenire, viene meno ogni possibile divisione manichea tra buoni e cattivi, così come non sono stabili le alleanze e amicizie, così non lo sono nemmeno i caratteri particolari e le prospettive. Al telespettatore non resta altro se non cambiare assieme ai protagonisti, condividendo con loro i diversi punti di vista, giustificando o condannando i diversi personaggi, in una trama sempre sospesa verso il possibile, in cui nulla viene dato per scontato.
Siamo ben lontani dall'epoca della fruizione distratta del mezzo televisivo. Ora ci viene richiesto di immergerci completamente nel programma, siamo indotti ad una visione attenta, partecipata, nella quale la distrazione non è più contemplata. Media diversi dalla televisione commerciale, come internet (dove ogni serie televisiva è reperibile in poche ore dalla messa in onda negli Stati Uniti, già sottotitolata) o l'on demand, permettono la gestione di un proprio palinsesto secondo modalità e tempistiche personali, slegando la fruizione televisiva dal concetto di spazio e tempo. Ora è possibile ritornare su una stessa puntata, stagione o episodio, tante volte quante riteniamo necessario per una completa e appagante comprensione, o semplicemente per rivivere l'emozione di un particolare accadimento.
E' stato precedentemente detto che lo storytelling si rivolge alle nostre emozioni e non al nostro intelletto249, proprio perché non si limita a basare lo svolgersi delle vicende su una singola trama o su un singolo protagonista (o nel più fortunato dei casi a pochi protagonisti), ma piuttosto crea una molteplicità di mondi che sostengono le vicende di personaggi tutti ugualmente importanti e tutti correlati tra loro, in cui le azioni di uno si riflettono sul mondo degli altri.
249C. Salmon, op. cit.

E' da rintracciare proprio nella complessità delle vicende narrate l'esigenza, sentita sia da parte degli utenti che da parte dei produttori, di creare vere e proprie enciclopedie250, mappe, cronologie e vocabolari e altri strumenti conoscitivi paralleli alla serie TV, tra i quali destreggiarsi ed entrare realmente a far parte di una vera e propria civiltà, con la sua storia, la sua lingua, la sua religione e i suoi eroi. Tutto questo aiuta ed incita i fans ad esplorare ed entrare in relazione con questo universo narrativo molto più a fondo di quanto qualunque serie TV da sola possa fare251.
E' stato già affrontato precedentemente il tema della transmedialità come colonizzazione di media diversi, pertanto possiamo definire il transmedia storytelling come la caratteristica peculiare della nuova serialità televisiva252. Ciò è particolarmente vero per una serie epica come Trono di Spade, in cui si va da un testo finemente scritto destinato al mercato letterario, alla serie TV vera e propria, ai giochi di ruolo da tavola, ai siti dedicati253 (siano essi ufficiali o creati dai fan), ai profili social dei vari personaggi254, ai video YouTube (emblematico il caso della nona puntata della terza stagione intitolata Le Nozze Rosse, di cui gli utenti di tutto il mondo filmavano le reazioni degli spettatori ad uno dei colpi di scena più avvincenti dell'intera epopea, per poi pubblicarli prontamente in rete255), fino alla recente creazione di un vera e propria dettagliatissima cartina del Continente Occidentale creata con GoogleMap e pubblicata dal sito Quartermaster256.
250 v. iltronodispade.wikia.com 251 v. Westeros.org / westeros.it/ 252 Salmon, op. cit.
253 v. hbo.com/game-of-thrones / http://gameofthronesitalianfans.altervista.org 254 v. facebook.com/GameOfThrones / facebook.com/JonhSnowGameOfThrones /
facebook.com/DaenerysTargaryenTheQueen 255 v. youtube.com/watch?v=78juOpTM3tE
256 www.quartermaester.info/

L'idea dietro al progetto transmediale era quella di conquistare e accrescere la già cospicua base di fan del libro di George Martin, garantendo un successo stabile e duraturo anche alla serie TV. Per il lancio di questa l'HBO lavorò in cooperazione con l'agenzia di marketing Campfire257 orchestrando un'esperienza che ruotasse attorno ai cinque sensi. Una campagna transmediale non può essere ridotta solamente a una strategia di comunicazione e di marketing, in questo contesto il transmedia storytelling viene usato come mezzo preferenziale per far avvicinare, fino all’immersione completa, il fruitore.
Il programma prevedeva di sfruttare l'interesse dello zoccolo duro di fan già conquistati dai libri, per poter allargare la possibile audience. La campagna per la prima stagione del telefilm è stata lanciata quindi coinvolgendo gli influencer americani, ai quali è stata inviata una suggestiva scatola di legno contenente fialette, rotoli di pergamena e una mappa di Westeros258. Ogni fiala è stata associata a un odore differente (tra le quali, per esempio, Crusty bread e Spice Market) per immergere sensorialmente il fruitore nel mondo martiniano. Usare delle essenze è stata un'intuizione tutt'altro che banale, infatti l’olfatto, oltre ad essere uno dei sensi privilegiati per la formazione di memorie e per l’emotività, è un senso molto sfruttato dallo stesso Martin, che nei romanzi si avvale di odori, profumi e fragranze per rendere vivide nella mente del lettore determinate ambientazioni.

257Campfire è un agenzia di marketing all' avanguardia che per prima ha esplorato le possibilità dello storytelling nella creazione di campagne ad alto impatto emotivo e ad alto coinvolgimento. Nell' home page del sito si legge infatti:”Campfire is a marketing agency that shapes perceptions and enhances brand preference through social storytelling, digital content, and physical experiences. We ignite the fan cultures and broader communities that shape conversations and deliver results for our clients.” www.campfirenyc.com
258Westeros rappresenta in The Games of Thrones il Continente Occidentale “Westeros è un grande continente situato nella parte più occidentale del mondo conosciuto. È separata dal continente Essos da una striscia d'acqua noto come il Mare Stretto. La maggior parte dell'azione in Il Trono di Spade si svolge in Westeros. Quasi tutto il continente, salvo solo le terre a nord al di là della Barriera, è governata da un unico soggetto politico noto come i Sette Regni, che detiene fedeltà al re sul Trono di Spade nella città di Approdo del Re. I termini "Sette Regni" e "Westeros" sono normalmente usati in modo intercambiabile.” iltronodispade.wikia.com/wiki/Westeros

All’olfatto si aggiunge il tatto: avere tra le mani un oggetto fisico, dalle fattezze medievali, non è una scelta dettata dal caso. Il cofanetto ha dunque riscosso prevedibilmente molto successo, generando un forte interesse per la serie. Si decise così di implementare lo storytelling con la costruzione di un vero e proprio mondo di Westeros che accompagnasse i fruitori attraverso un'esperienza totalizzante. La compagnia usò a tale scopo diverse piattaforme: creò un gioco interattivo che ogni settimana coinvolgeva uno diverso dei cinque sensi (vista, olfatto, udito, tatto, gusto) chiamato Kindom of Westeros; ideò un sito web con enigmi e indizi (themaesteroath.com), socialmedia web sites, e una real word experience. Sul sito The Maester’s Path sono tuttora navigabili due scenari che coinvolgono la vista e l'udito. Il primo immerge l’utente nella discesa della Barriera. Il rendering non è ottimo e il sito arranca, ma l’idea del gioco funziona, mostrando al giocatore alcuni sprazzi di vita quotidiana di alcuni dei personaggi che popolano la serie.
L'HBO e la Campfire ebbero la giusta intuizione di rendere il mondo fittizio quanto più simile a quello reale, come si evince accedendo all'innovativo Crossroads Inn. L’utente è libero di spostarsi tra i tavoli della locanda, origliando i discorsi degli avventori immerso in un’atmosfera davvero suggestiva. Si aggiunge così l’ennesimo tassello alla realizzazione di questo universo fantasy, soddisfacendo l’innato voyeurismo degli appassionati.
Il Game of Throne transmedia marketing campaign si basava dunque su cinque steps, ognuno dei quali basato sui cinque sensi, il cui obiettivo era quello di accrescere man mano l'interesse, la consapevolezza, l'attenzione, la

partecipazione e la paternità della storia da parte dei fruitori, accontentando sia i fan del prodotto letterario, sia conquistando una nuova audience.
Questo fu reso possibile dal coinvolgimento attivo degli opinion leader, considerati il cuore pulsante degli appassionati di Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, i quali avrebbero dovuto far circolare la notizia dell'esistenza dello scient kit attraverso i loro siti, pagine facebook e canali social, ossia attraverso una vera e propria campagna pubblicitaria gratuita che fruttò alla compagnia 186.000 nuovi fan sul sito web themasterspath.com. Attraverso i cellulari i fan avevano la possibilità di scaricarsi delle applicazioni che catapultavano letteralmente l'internauta nel mondo del Continente Occidentale, dove perfino le condizioni meteo coincidevano con quelle della propria città. Era inoltre concessa l'opportunità di condividere queste applicazioni esperienziali attraverso i social media. Per quanto The Measter’s Path fosse sicuramente un’esperienza ad alto impatto emotivo, non fu di certo la più elaborata della campagna promozionale. Proprio quando una notevole fetta di mercato era già stata conquistata, l'esperienza sensoriale venne completata stimolando anche il senso del gusto. Elaborando un intero menù di ispirazione martiniana, lo chef Tom Colicchio, fece rivivere il fantastico mondo del Trono di Spade con una creazione di piatti ad hoc.
Sfruttando la peculiarità narrativa della serie TV, nella quale vengono presentate le vicende in base al punto di vista di diversi personaggi principali oltre che per mezzo della narrazione in terza persona, la storia creata da Campfire attraverso il transmedial sensory project, all'interno della quale i viewers, gli user e i players operavano in base a diversi ruoli tutti interagenti, non ha fatto altro che aumentare il

coinvolgimento con la storia e la sua interazione con il mondo reale. Il tutto è stato abilmente rafforzato da una serie di indizi e puzzle volti a mantenere attiva e attenta la base dei fan più competenti e informati, i quali avrebbero avuto una chiave di lettura privilegiata dello show. L'intero progetto è riuscito nell'intento di porsi come attivatore narrativo, garantendo allo show televisivo una consistente fetta di pubblico ancora prima della messa in onda.
Non esiste mezzo nel quale un utente non possa rintracciare informazioni, o condividere impressioni, o immergersi completamente nel complesso mondo di Game of Thrones. Quest'approccio integrato dei vari media oltre a coinvolgere emotivamente, creare una narrazione realistica sotto ogni aspetto e aggregare le comunità di fan sparse per il mondo, svolge anche la funzione non sottovalutabile di continuare a mantenere vigile l'attenzione degli spettatori anche durante le inevitabili pause tra una stagione e quella successiva facendo si che il mondo di Westeros entri a far parte del vissuto individuale.
Il transmedia storytelling riflette appieno anche quella che gli studiosi definiscono la sinergia all' interno delle moderne media companies, integrate orizzontalmente. Queste infatti tendono ad incrementare i diritti delle proprie produzioni attraverso la creazione di una gamma di prodotti accessori integranti quello principale. La HBO ad esempio ha generato sia un video game che un social network game, in un ottica di creazione di molteplici mondi in cui gli spettatori sentono bisogno di immergersi e confrontarsi per comprendere l' intera vicenda.
In particolare la concezione del video game, lungi dall'essere semplicemente un ulteriore espediente di monetizzazione del successo di una serie, risulta invece

coerente con il coinvolgimento affettivo ed emotivo che il moderno storytelling si propone. Oltre a calarsi attivamente in un gioco che presuppone la conoscenza di ciò che accade nella serie TV, i fan sono portati a confrontarsi e dialogare tra loro in una dimensione social e a formare aggregati di individui uniti da un comune interesse: Games of Throne e il suo mondo. I videogiochi sono sempre più spesso retti da storie con intrighi, sentimenti, suspance ed intrecci emotivi in cui siamo chiamati ad agire concretamente259. Nella televisione, nel computer, sullo schermo del telefonino, nella consolle dei videogiochi: la realtà è ormai percorsa da un filo narrativo che filtra le percezioni e stimola le reazioni utili260.
Per quanto concerne il complicatissimo tessuto narrativo di Games of Throne, questo segue la struttura delle moderne serie TV higt concept, in cui ogni episodio è accessibile anche singolarmente, ma contribuisce in maniera significativa alla comprensione della storia nel suo insieme.
Le linee narrative principali sono tre:

• la prima in cui i membri delle nobili casate del Continente Occidentale danno inizio ad una guerra civile per decretare il legittimo erede al Trono di Spade;
• la seconda in cui l'Occidente deve fronteggiare il lungo inverno alle porte e con esso l'arrivo di una minaccia ben peggiore: gli Estranei;
• ed infine la storia dell'unica sopravvissuta dell'antica famiglia regnante dei Targaryen, esiliata al di la del Mare Stretto e la sua pretesa nei confronti del Continente Occidentale usurpatole dai suoi nemici.
La vocazione principale di una serie TV è indubbiamente quella di intrattenere il

259F. Rose, Immersi nelle storie, 2010, Edizioni Codice 260F. Rose, op. cit.

proprio pubblico e Trono di Spade non manca di certo l'obiettivo, avendo compreso pienamente l'efficacia della messa in scena di personaggi moralmente polivalenti e non sempre (anzi quasi mai) eticamente irreprensibili. Attraverso una chiave fantasy la serie si propone di investigare temi tutt'altro che anacronistici, fungendo pertanto da specchio dell'epoca attuale, affrontando questioni di portata universale: le gerarchie sociali, la religione, la lealtà, la corruzione, la sessualità, le guerre civili, l'accoglienza del diverso, il tema dello straniero, l'emancipazione femminile....
L'intero intreccio risulta oltremodo credibile in quanto numerose sono le fonti storiche da cui si trae ispirazione, dalla Guerra delle Rose inglese (1455-85) tra la casa dei Lancaster e degli York, da cui prendono vita i Lannister e gli Stark e le loro lotte intestine, i sotterfugi, le alleanze e i tradimenti. L'intera Westeros d'altronde è una reminiscenza dell'Europa Medioevale, dalla quale si attinge a piene mani per la scelta delle ambientazioni e della scenografia, ma anche per quanto concerne i costumi o il codice morale cavalleresco. Altre fonti di ispirazione storiche sono l'Hadrian's Wall261 che ha ispirato l'idea della Barriera262; la parabola dell'ascesa e distruzione dell'antica Valyria263 traggono la loro origine dalla Caduta di Roma e la Leggenda di Atlantide; al Fuoco Bizantino264 è stato cambiato solo il nome

261Il Vallo di Adriano (in latino: Vallum Hadriani) era una fortificazione in pietra, fatta costruire dall'imperatore romano Adriano nella prima metà del II secolo d.C., che segnava il confine tra la provincia romana occupata della Britannia e la Caledonia (ovvero l'attuale Scozia). Questa fortificazione divideva l'isola in due parti.
262“La barriera è una colossale fortificazione lunga 482km sul lato nord di Westeros a difesa dei Sette Regni. La barriera è alta circa 244metri, costruita di solo ghiaccio si dice che sia stata costruita usando la magia circa 8 millenni fa come conseguenza della lunga notte per difendere il reame dai bruti che vivono più a nord,ora bruti ed estranei vengono considerati leggende.” iltronodispade.wikia.com/wiki/Barriera
263“Valyria è una città distrutta del Continente Orientale. E’ stata un tempo la capitale di un grande impero, chiamato Fortezza di Valyria. Distrutta da un cataclisma passato alla storia come Disastro di Valyria, un centinaio di anni prima dell’ Approdo di Aegon. E’ la sede ancestrale di grandi casate come la Casa Targaryen, la Casa Celtigar e la Casa Velaryon.” iltronodispade.wikia.com/wiki/Valyria
264Il fuoco greco (greco ὑγρόν πῦρ - hygrón pyr) era una miscela incendiaria usata dai bizantini per dar fuoco al naviglio avversario o a tutto quello che poteva essere aggredito dal fuoco. L'espressione "fuoco greco" era utilizzata soprattutto dai popoli stranieri, poiché i bizantini, in realtà «romei», cioè romani dell'impero romano d'Oriente, lo chiamavano fuoco romano, fuoco artificiale o fuoco liquido.

(Altofuoco) rimanendo pressochè inalterato nella sua funzione e utilizzo; all'intera epopea vichinga nelle terre dei ghiacci si ispirano le vicende del Popolo Libero (i bruti); come altrettanto evidenti sono i riferimenti alle orde Mongole per la caratterizzazione dei Dothraki265. Non mancano inoltre elementi storici della Guerra dei Cent'anni (1337-1453) e accenni al Rinascimento Italiano.
L'indubbia capacità degli sceneggiatori (tra cui lo stesso Martin) sta nell'essere riusciti ad assemblare tutte queste reminiscenze in un formato coerente e credibile al suo interno.
La serie nel suo complesso risulta talmente ben congegnata da creare veri e propri fenomeni di dipendenza, agevolati dagli sviluppi inattesi e assolutamente inaspettati, ma mai banali o fine a se stessi nel loro svolgersi. Lo stesso elemento fantasy non è mai pura magia scenografica, ma viene razionalizzato e inserito all'interno della narrazione in modo tale da non risultare affatto incongruente o estraneo ad un mondo che nella mente dello spettatore è perfettamente sostituibile con quello reale.

 

 

265“I dothraki sono un popolo nomade, che si sposta a cavallo per le sterminate praterie delle terre al di là del mare; loro stessi definiscono il loro habitat "mare d'erba". Vivono di caccia e razzie, muovendosi all'interno di un gruppo chiamato khalasar, che fa capo a un khal, il guerriero più forte e rispettato.” iltronodispade.wikia.com/wiki/Dothraki

CAPITOLO 18

ANALISI DI “HOUSE OF CARDS”

 

Francis Underwood266 venne invitato nel 2014 come oratore all'interno del prestigioso Content Marketing Word del 2014.
Kevin Spacy in quell'occasione spiegò ad una platea di guru del marketing che cosa può imparare questa disciplina dai migliori racconti di oggi facendolo in perfetto stile House of Cards267, elargendo al pubblico alcune perle di saggezza appositamente distillate.
Innanzitutto, insegna Francis/Kevin, in una narrazione di successo il "Cosa" è sempre antecedente e più importante rispetto al "Come". Una volta deciso cosa raccontare è necessario selezionare quegli elementi atti a rendere coinvolgente la storia.
Questi elementi sono:

• il conflitto: "il conflitto crea tensione e la tesione mantiene le persone coinvolte nella tua storia";
• l' autenticità: "rimani fedele al tuo marchio e il pubblico risponderà alla tua autenticità con entusiasmo e passione";
• il pubblico: "ha importanza cosa c'è dietro ad un link se nessuno lo clicca?"268

266Francis "Frank" J. Underwood è un personaggio della serie televisiva House of Cards - Gli intrighi del potere, interpretato da Kevin Spacey. Www.wikipewdia.com
267House of Cards - Gli intrighi del potere (House of Cards) è una serie televisiva statunitense, concepita e prodotta da Beau Willimon. È un adattamento dell'omonima miniserie televisiva prodotta dalla BBC, a sua volta basata su un romanzo di Michael Dobbs. L'intera prime tre stagioni, sono state rese disponibili dal 1º febbraio 2013 sul servizio streaming on demand Netflix. Ambientata nell'odierna Washington D.C., House of Cards segue le vicende di Frank Underwood (Kevin Spacey), un Democratico eletto nel quinto distretto congressuale della South Carolina e capogruppo di maggioranza (Majority Whip) della Camera che, dopo essersi visto sottratto il posto da Segretario di Stato che il neopresidente gli aveva promesso, inizia un giro di intrighi per giungere ai vertici del potere americano. La sua fedele moglie, Claire Underwood (Robin Wright), lo aiuta nel suo piano. Www.wikipedia.com
268www.contentmarketingworld.com/

Con l'elaborazione di questi tre concetti si è aperto il Contemt Marketing Word. Appare tutt'altro che ardua l'impresa di traslare questi tre pilastri anche all'interno delle strategie di storytelling che che hanno reso House of Cards una delle serie più appassionanti e più seguite degli ultimi anni.
Ironia della sorte i sudetti precetti sono stati esposti proprio dal protaginista della suddetta serie TV, fattosi uomo in mezzo agli uomini, per fornire la propria visione di una strategia narrativa di successo. Sul palco non c'era più Kevin Spacy, l'encomiabile attore, ma per tutti era Frank Underwood, il macchiavellico politico americano, in carne ed ossa.
Non a caso le vicende che influenzano la grande politica americana, da cui la serie trae ispirazione, nascono dalla mente e dalla penna di Michael Dobbs, lord inglese, a lungo braccio destro di Margareth Thatcher, che alla fine degli anni '80, scriverà il primo capitolo di una saga che da miniserie diventerà una vera e propria serie cult prodotta da Netflix, nella persona di David Fincher e interpretata da un cinico e spietato Kevin Spacey.
Dobbs riconosce nella politica una forma d'arte assai raffinata, capace di rendere sistematica,ordinata e sensata la sua innata e costitutiva entropia, prestandosi naturalmente all'essere trasposta in letteratura e in qualche modo romanzata. Anzi la politica attuale si nutre naturaliter delle caratteristiche peculiari dello story telling, trasformandolo in una risorsa preziosa per la raccolta di consensi e per la circolazione di storie convincenti, capaci di aggregare l'opinione pubblica.
Non a caso lo stesso scrittore, raccomandò in un incontro ufficiale al nostro premier Matteo Renzi, di non prendere House of Card come un manuale di istruzioni,

dimostrando come la finzione entri a piè disteso nella vita reale, confondendosi e mischiandosi con essa: "la politica è un dramma, quindi in ultima istanza, una fiction269".
Mentre le vere leve della politica sono in mano a "poteri senza volto: i mercati, Bruxelles, le agenzie di rating", afferma Salmon, "i politici sono schiavi del loro racconto, costretti sempre a rilanciare se stessi e la loro storia in una sovraesposizione mediatica che ne consuma la credibilità"270.
Il successo internazionale della serie House of Cards consiste proprio nell'aver dato vita ad una serie di personaggi che entrano nel linguaggio comune ad indicare una condizione, un comportamento o un aspetto della personalità. Diventare "proverbiale" può decisamente essere considerata la cartina tornasole di quanto un operazione mediatica sia effettivamente riuscita. Così Frank Underwood è diventato il sinonimo per indicare il potere politico sporco, quello degli accordi sottobanco e dei ricatti.
D'altronde il personaggio si presenta fin da subito al suo pubblico in maniera chiara e diretta, facendo scomparire la quarta parete che divide gli spettatori dallo spettacolo rappresentato e facendoli entrare nella fiction come parte attiva, come unico privilegiato depositario delle acide e disincantate considerazioni del protagonista.
Contrariamente ad altre serie TV in cui chi sta dall'altra parte dello schermo deve raccogliere informazioni per capire piano piano ciò che accade, qui è lo stesso Frank che, estraniandosi dal contesto di scena, si rivolge al suo pubblico, a volte

269A. Fontana, E. Mieli, Siamo tutti storyteller. Dalle ficion americane alla politica, Amygdala, 2014 270C. Salmon, La politica nell' era dello storytelling, Fazi, 2014

per giustificare l'ingiustificabile, a volte per fornirci la chiave di comprensione corretta, sussurrando i suoi segreti rivolto verso la cinepresa. L' utilizzo di una modalità recitativa di chiamata in causa diretta dello spettatore, ispirata al Riccardo III di William Shakespeare e considerata uno dei motivi di successo dell'intera serie. Il burattinaio Underwood con tutto il suo carico di negatività e di crudele freddezza riesce però a creare una forte empatia con il proprio pubblico. Giustifichiamo le sue azioni a causa della premessa che origina la catena d'eventi messa in moto all' inizio della serie: la vendetta per un'ingiustzia subita. E' questo il motivo sottostate alla nostra simpatia nei confronti di Frank. Lui è il nostro antieroe, il personaggio in cerca di riscatto, che rialzandosi dalla sconfitta ha giostrato abilmente gli eventi creando un impero.
Come sempre accade all'interno delle serie TV hight concept, ciò che rende il tutto reale e attuale, sono le sfacettature dei personaggi che, come nella vita, non sono mai o buoni o cattivi. La profondità e le contraddizioni insite in ogni carattere, anche in quello apparentemente più definito, permettono al telespettatore di comprendere ed assimilare anche gli avveimenti e le scelte più scioccanti, proprio perchè il lato umano dei protagonisti li avvicinano a noi.
Non si è di fronte ad un cattivo assoluto, ma ad un uomo che vive, si realizza e si è formato all'interno di un abiente, quello politico, nel quale "un leone non chiede il permesso di mangiare una zebra"
Il successo di questa serie è senza dubbio dovuto al contensto nel quale i protagonisti si ritrovano ad agire. Parlando in modo crudo della politica e dei suoi giochi macchiavellici e sotterranei, che si discostano dalla storie che i politici

raccontano alle masse, vengono scostate le tende che separano il palcoscenico dal dietro le quinte. Come spettatori siamo elettrizzati all'idea di sollevare il pesante drappeggio, camminare per i pavimenti del Congresso, aprire le porte e vedere cosa si nasconde dietro la facciata. Una volta entrati, la meticolosa caratterizzazione di vicende e personaggi e lo svolgersi degli eventi ci tiene inevitabilmente incollati allo schermo, puntata dopo puntata, stagione dopo stagione. "Questo film non parla di politica. Ma mostra come il potere passi di mano in mano nel più infrangibile silenzio"271.
A rendere più veritiero il tutto contribuisce il cast e il team, composto da personalità non del tutto estranee al mondo della politica.
Lo stesso Kevin Spacey fu amico personale e consigliere di Bill Clinton negli anni '90; lo sceneggiatore Beau Willmon negli anni giovanili venne coinvolto della campagna elettorale del candidato democratico del Vermont Howard Dean; Jay Carson, amico fin dai tempi del college di Jay Willimon, vicesindaco di Los Angeles; fino allo stesso autore del libro, da cui la serie ha tratto ispirazione, che come gia accennato in precedenza, fu consigliere del primo ministro inglese Margaret Thatcher272.
Wilimon stesso descrive così la sua esperienza come esperto in comunicaione all'interno della campagna elettorale: "i media non creano autonomamente delle narrazioni convincenti, non sono cosi potenti. Quello che fanno è attingere a narrazioni che già sono presenti embrionalmente tra l'audience e i lettori. I buoni gionalisti sono coloro che sono in grado di percepire le tendenze e i flussi
271Intervista a K. Spacey, Panorama, aprile, 2014
272J. Zakarin, How 'House of Cards' Writer Beau Willimon Got the Inside Dirt on D.C., febbraio 2013, www.hollywoodreporter.com

d'opinione e la narrazione che da questi scaturisce."273 L'esperienza da sceneggiatore gli sarà sicuramente tornata utile nel costruire la complessa narrazione di governo che di volta in volta il protagonista Frank si trova a dover strutturare. Se la creazione del racconto elettorale appare strutturalmente più semplice, in quanto si focalizza su due obiettivi principali: convincere e vincere, quella di governo deve svilupparsi su più ampi confini, orchestrando quindi una serie di storie coordinate e coerenti tra di loro, tenendo sempre presente che chi governa è sempre esposto alla contro narrazione dell' opposizione274. House of Cards riproduce perfettamente la continua guerra di narrazioni e contro narrazioni che quotidianamente di fronteggiano all'interno delle sale della politica. Frank Underwood insegna suo malgrado ai politici, non solo americani ma anche nostrani, che non basta una narrazione convincente se poi chi la mette in scena appare avulso dalla realtà che lo circonda. Per riuscire ad accattivare i propri elettori e trasmettere in maniera convincente la storia che è stata creata per loro, il politico deve dimostrare di avere piena consapevolezza del presente e del territorio nel quale si trova ad operare.
Sarà proprio per merito dell'attualità e l'autenticità della narrazione che lo stesso Bill Clinton ha ammesso di aver esaurito l'intera serie in un sabato sera, che Barak Obama, terrorizzato dalla prospettiva dello spoiling, poche ore dopo l'uscita americana della seconda stagione ha twittato l'invito a non mettere anticipazioni in rete, o che perfino il nostro presidente del consiglio Matteo Renzi suggerisca ai suoi collaboratori di studiarne le puntate275. Il premier arrivò addirittura ad ipotizzare una
273Ibidem
274A. Fontana, E. Mieli, op.cit.

scuola di formazione politica nella quale parte integrante della formazione sarebbero state proprio le serie TV, maestre di storytelling. Ben diversa quindi da quella che è stata ad esempio la Scuola del Partito Comunista Italiano, fondata nel 1944, 276.
D'altronde le similitudini tra la serie e la politica italiana non mancano. Se negli Stati Uniti la serie, arrivata alla terza stagione, è stata recentemente condannata da critici televisivi, opinionisti e politici, a causa della supposta implausibilità delle dinamiche politiche messe in scena, in quanto lontane dalla realtà della politica americana, in Italia l'idea di un politico pragmatico e post-ideologico che, per vendicarsi dalla mancata nomina a Segretario di Stato da parte del Presidente che ha fatto eleggere, lo elimina e ne prende il posto, avvia una riforma radicale del mercato del lavoro, ignorando il consenso del suo partito, non risulta poi così assurda e irrealizzabile. Noi siamo innegabilmente succubi del fascino di Frank Underwood e di sua moglie Claire e rimaniamo stregati dalle sue macchinazioni, perchè ciò che per la Casa Bianca è reputato impossibile, per noi è quasi la norma277. E' l'intera politica Renziana che pare svilupparsi secondo la sceneggiatura della serie TV, tanto che lo stesso Michael Dobbs ha inviato al premier una nota nella quale lo avvertiva di non attingere alla sua opera come ad un manuale di istruzioni278.
Significativo è quanto afferma Ceccarelli: "È dunque un utile e scafatissimo prontuario, questo libro, per leggere il renzismo al di là delle apparenze e degli hashtag, delle sorprese e dei ripensamenti, un racconto che tiene insieme il
276Il Fatto Quotidiano, giugno 2015
277M. Caverzan, Chiamatelo "Renzi of cards". Abbiamo un premier da serie TV, Il Giornale, marzo 2015

Principe di Machiavelli e le favole anti-Letta dello spin doctor Filippo Sensi, che procede fra le tentazioni napoleoniche e gli accorgimenti per alimentare e il retroscena giornalistico imponendo la propria narrazione"279.
Underwood riesce a subentrare al suo predecessore, dopo essersi spacciato per suo fidato alleato e una volta insediatosi nello Studio Ovale fa sistematicamente e cinicamente piazza pulita dei suoi oppositori interni. La sua prima riforma presidenziale sarà l'American Works, un piano volto alla creazione di posti di lavoro tramite la rischiosa riduzione del welfare. E' impossibile non creare dei non troppo fantasiosi parallelismi tra questo e il Job's Act, tanto da chiedersi se la bozza della riforma sia stata stesa prima dell'aver visto la serie TV, dalla quale lo stesso premier ha ammesso di trarre ispirazione.
Fra le massime di Frank Underwood particolarmente calzante in questo contesto compare: "Nessuno è un boy scout. Nemmeno un boy scout".
Anche in questo caso dunque realtà e narrazione televisiva sembrano compenetrarsi ed intrecciarsi in un unicum davvero difficile da separare.
Lo spettatore infatti è catturato dal telefilm perchè in qualche modo sovraponibile alla realtà della quale fa parte, nello stesso tempo sembra che la stessa politica attuale tragga esempio dal mondo fittizio per costruire le proprie storie efficaci.
House of Cards è quindi l'esempio più lampante del racconto della politica e della politica che si fa raccondo. Una good story, ossia una storia universale nella quale riconoscersi e nella quale riconoscere il nostro contesto di riferimento, grazie ad un protagonista che, pur con difetti e debolezze, è capace di superare una serie di difficoltà per raggiungere il suo obiettivo.
279F. Ceccarelli, Tra il vintage Dc e House of Cards lo storytelling del leader "nuovo", La Repubblica, marzo 2015

Nell'era delle narrazioni e dei media onnipresenti dunque, raccontare una good story non può essere solo appannaggio di sceneggiatori, attori e concorrenti da reality, anche il politico è chiamato ad incarnare una storia davanti alle telecamere, ai social network e quindi agli elettori. Elencare il proprio programma elettorale non è più sufficiente, quando non addirittura poco auspicabile. E' necessario incarnare un percorso narrativo, unire i fatti in un racconto avvincente dal preciso obiettivo finale, capace di essere in linea con i cittadini nel momento storico nel quale ci troviamo a vivere.
Da una visione pessimistica dello storytelling politico ereditata da Salmon, con il passare degli anni l’approccio si è evoluto verso forme meno intransigenti e apocalittiche, pur permanendo una certa diffidenza, asimilando il "raccontare una buona storia" con il mentire. L'assioma secondo cui è preferibile il ragionamento alla narrazione, in quanto il primo è scientifico la seconda è emotiva, il primo dunque veritiero perché parla alla testa, la seconda menzognera perché parla al cuore, appare oggi come una semplificazione. Se infatti da un ragionamento si possono escludere le posizioni opposte al fine di dimostrare la limpidità del proprio assunto, in una storia, se buona, nel senso di good story, non si escludono mai le tesi avverse, anzi l'obiettivo è proprio quello di saper creare una narrazione sufficientemente coerente da poter resistere ad eventuali contro-narrazioni. Regola mutuata dalla sceneggiatura televisiva, che ci ha insegnato che il nemico deve avere sempre una scena in cui esporre i suoi motivi in maniera più convincente del protagonista. Tutto ciò vale se vogliamo davvero raccontare una good story, una trasformazione della realtà che non escluda il negativo ma lo inglobi per superarlo.

Perché una storia, se è ben concepita, è un movimento dal negativo al positivo alla ricerca di un cambiamento280.

 

280 S. Carini, Come realizzare uno storytelling che funzioni, L' Unità, luglio 2015

CAPITOLO 19

ANALISI DI “1992”

 

Anche l'Italia stà dando prova negli ultimi anni di possedere capacità non trascurabili nell'ambito della produzione televisiva di alto livello.
Sebbene ancora ancorati ad una tradizione che fonda sulla fiction il modello seriale più seguito e replicato, si stà assistendo ad un progressivo innalzamento qualitativo. Grazie al colosso della pay TV Sky, che ha scommesso su storie originali, distanziandosi nei temi, nei linguaggi e nelle procedure creative dai modelli consolidati nella TV tradizionale. Hanno così preso vita progetti di successo, come Romanzo Criminale281, Gomorra282 e più recentemente 1992283.
Come per la maggior parte dei prodotti hight quality del made in Italy cinematografico e televisivo, la fonte di ispirazione viene dalla cronaca nostrana.
Quello della mafia, in tutte le sue sfacettature, è il grande tema delle produzioni impegnate italiane. Anche negli Stati Uniti la tematica è stata trattata, ne sono un esempio serie di successo come Boardwalk Empire284 e I Soprano. E' evidente però che per gli americani la mafia non fa parte del proprio DNA e anche se presente in

281Romanzo criminale (2008 - 2010) è una serie televisiva italiana basata sull'omonimo romanzo del giudice Giancarlo De Cataldo e ne rappresenta il secondo adattamento dopo il film diretto da Michele Placido, che ha collaborato anche per la serie televisiva.
282Gomorra (2014 - in produzione) è una serie televisiva italiana ispirata dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano e ideata da Roberto Saviano stesso. La serie, prodotta da Sky, Cattleya e Fandango con la collaborazione di LA7 e Beta Film, va in onda sul canale Sky Atlantic ed è la terza trasposizione dell'opera dopo la pellicola cinematografica di Matteo Garrone e lo spettacolo teatrale di Mario Gelardi.

2831992 (2015 - in produzione) è una serie televisiva italiana creata da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo da un'idea di Stefano Accorsi. La serie è trasmessa su Sky Atlantic e su Sky Cinema 1 dal 24 marzo 2015.
284Boardwalk Empire - L'impero del crimine (2010 - 2014) è una serie televisiva statunitense di genere period drama creata da Terence Winter, trasmessa sul canale via cavo HBO. La serie, ambientata ad Atlantic City durante il proibizionismo, che trae ispirazione dal saggio Boardwalk Empire, combina fatti storici realmente accaduti e finzione.

territorio americano, non è parte dell'anima a stelle e strisce. Quella della mafia è

cosa nostra a tutti gli effetti.

E' inevitabile quindi che, quando il tema viene affrontato sugli schermi televisivi nazionali, catalizzi l'attenzione generale.
Se Romanzo Criminale aveva messo in scena le attività della Banda della Magliana nella Roma degli anni '70 e Gomorra ha trascinato il telespettatore tra le faide camorriste tra clan rivali nella Napoli dei giorni nostri, ora la sfida di 1992 è quella di raccontare gli anni di Tangentopoli.
Lo fa in maniera controversa, mettendo al centro delle vicende sei personaggi inventati e facendoli agire all'interno dello scenario politico, sociale ed economico di quell'anno.
Ognuno di questi incarna lo spirito del suo tempo, facendo percepire al telespettatore l'atmosfera di un periodo non troppo lontano.
L'anno 1992 rappresenta infatti la fine di un'epoca e ognuno dei personaggi è chiamato ad affrontarla in maniera diversa.
Si parte dal 19 febbraio, ossia dall’arresto del socialista Mario Chiesa da parte di Di Pietro (Antonio Gerardi) e mentre sullo sfondo si riavvolge il nastro dei mesi di Mani Pulite con i suoi protagonisti (il pool dei magistrati milanesi, Giovanni Falcone, il leader referendario Mario Segni, Umberto Bossi e Marco Formentini, fino alla celebre “così fan tutti” pronunciato in Parlamento da Bettino Craxi), si sviluppano le storie dei nostri protagonisti esemplari, tutti impegnati a volgere a proprio vantaggio il terremoto in corso. Tra questi c’è l’epopea di un giovane reduce della prima guerra in Iraq, che trova modo di riscattarsi tra le file dei sostenitori della prima

Lega Nord. Poi c'è Leonardo Notte, un personaggio, quello interpretato da Stefano Accorsi, abile nel leggere e cogliere le nuove occasioni dell’Italia che sta cambiando. Il 1992 è stato infatti anche un anno di grandi opportunità, per uomini nuovi e persone comuni, che hanno avuto modo di realizzarsi e talvolta cambiare le sorti del nostro Paese.
E' questa l'atmosfera che traspare puntata dopo puntata, in un telefilm che non si pone come fedele trasposizione dei fatti trattati, ma vuole restituire al pubblico il sapore di quegli anni.
Ad arricchire l'atmosfera della serie concorre anche un ben gestito e per nulla gratuito, effetto nostalgia, che riproponendo spot elettorali, spezzoni televisivi, dettagli d'epoca, in una continua contaminazione tra passato e presente, rapisce lo spettatore, operando la trasfigurazione della realtà in mito285.
In 1992 convivono due piani di lettura. Accanto ad un piano narrativo di tipo orizzontale, tipico delle serie televisive, nel quale si sviluppano i caratteri complessi dei protagonisti, vi è anche l’autoritratto di un Paese che pesca nel profondo e nel rimosso, un’analisi dell’inconscio collettivo della seconda Repubblica286.
Ludovica Rampoldi, che per oltre tre anni ha lavorato al copione, nel descrivere i personaggi che popolano il mondo di 1992 dice: "i nostri protagonisti non sono i veri Chiesa, Di Pietro... Abbiamo incontrato magistrati, giornalisti, politici per farci un'idea e poi costruire grandi personaggi di finzione, archetipi, inseriti dentro il racconto: sono finti, la storia intorno a loro è vera. Usiamo i loro occhi, questo ci ha permesso una grande libertà, la possibilità di costruire personaggi doppi,

285Tratto da Wired, G. Niola, febbraio 2015, www.wired.it
286Tratto da Il Fatto Quotidiano, N. Del Becchi, febbraio 2015, www.ilfattoquotidiano.it

sfaccettati, e di muoverci nelle faccende private. La complessità è sempre più interessante287".
1992 costituisce la prova che la lezione americana è stata assimilata e importata in territorio nazionale con successo, creando storie originali, radicate nel territorio e impresse nella memoria collettiva. La messa in scena di caratteri multiformi, in continua trasformazione, dediti ai propri interessi e focalizzati sulla realizzazione di sè, in cui il bene non sempre riesce ad avere la meglio, è quanto di più distante possa esistere dal rassicurante mondo delle fiction all'italiana.
I protagonisti si muovono nel mondo rappresentato esattamente come se fosse il mondo reale: tra insicurezze, indecisioni, compromessi e azioni tutt'altro che nobili. Nella messa in scena delle umane debolezze ogni giudizio di valore viene sospeso, rimesso alla sensibilità di ogni telespettatore. Ne è un esempio il protagonista di fatto della serie, Accorsi, il cui personaggio rimanda al vero perno politico della narrazione, la gestione della discesa in campo di Berlusconi nelle stanze della Publitalia di Marcello Dell’Utri (Fabrizio Contri).
Una storia narrata per quello che fu, ovvero la trasformazione di un’azienda in partito politico.
Nella visione di Dell’Utri, che ai suoi venditori regala von Clausevitz, la politica è la prosecuzione degli affari con altri mezzi: bisogna persuadere gli elettori esattamente come si persuadono gli inserzionisti e per questo al genio della pubblicità Leonardo Notte, assegna un compito ben preciso: “dobbiamo salvare la Repubblica delle banane”, per far sì che lo scellerato patto tra affari e politica non

287Tratto da La Repubblica, S. Fumarola, luglio 2014, www.repubblica.it

venga meno288.

La storia ci insegna che non sempre i colpevoli vengono puniti, i corrotti smascherati e che la storia, sopratutto quella italiana, tende a ripetersi, "bisogna che tutto cambi, affinchè tutto rimanga com'è".
La serie televisiva espone i fatti e fornisce i mezzi per permettere al pubblico di apportare le proprie valutazioni, astenendosi dal dare una facile chiave di lettura buonista e preconfezionata, favorendo così un confronto in continua evoluzione tra lo spettatore e il mondo rappresentato.
Lo sa bene Lorenzo Mieli, fondatore di Wildside, casa di produzione cinematogrfica, impegnata nella realizzazione della serie in collaborazione con Sky: "La cosa più importante è la scrittura. Il limite delle sceneggiature sono i personaggi piatti, buoni o cattivi, la serie lunga ti obbliga alla complessità. In America i protagonisti sono quasi tutti bipolari:Tony Soprano, White di Breaking bad, Dexter, Kevin Spacey di House of Cards. Da noi Gomorra ha aperto la strada ma c'è la paura di turbare, invece alla fine della puntata devi dire: 'Non avevo capito niente'. Bisogna farlo strano il cattivo, mai semplificare"289.
1992 non è una serie TV conciliante, quieta, addomesticata, non ha nulla a che vedere con i prodotti a cui Rai e Mediaset ci hanno abituato per anni.
Rimangono impressi due grandi momenti che sintetizzano il salto di qualità della serialità italiana e la rottura con gli schemi del passato.
Il primo si ha quando il pubblicitario Leonardo Notte (Stefano Accorsi) ottiene il rinnovo di un contratto pubblicitario in Publitalia con un importate investitore. Lo fa

288Tratto da Il Fatto Quotidiano, Op. Cit.
289Tratto da La Repubblica, Op. Cit.

mostrando a questi una registrazione di Non è la Rai, sussurrandgli all'orecchio, come un Don Draper290 sadico e navigato, la controlettura di un programma che potenzialmente ad un rivenditore di articoli per bricolage non costituirebbe nessuna attrattiva. Leonardo esplicita un pensiero ovvio (ma mai apertamente dichiarato): non solo le ragazzine guardano Non è la Rai, ma anche i milioni di genitori di queste, che non distolgono lo sguardo dallo schermo perchè sotto sotto bramano quei corpi immaturi immaginando di sentirsi dire: "Fammi vedere tu come si fa, che sei un uomo"291. L’investitore e Dell’Utri sorridono e noi con loro, complici in questo scambio di battute.
La seconda scena, emblemica del rifiuto dei vecchi codici propri delle fiction, è rappresentata dal personaggio della valletta in ascesa Veronica (Miriam Leone). Decisa a diventare un volto noto del piccolo schermo, grazie alle spinte di un industriale, Veronica fa un provino per Domenica In, al termine del quale lascia chiaramente intendere al direttore del casting che per essere presa è disposta a fare di più di quello che le è stato richiesto davanti alla telecamera. La risposta giunge fulminea: "guarda che sei stata presa, quello che ti dovevi scopare te lo sei
già scopata"292. Sorridiamo nuovamente al veritiero spettacolo che la televisione offre di sè stessa.
Non solo 1992 ha il merito di affrontare un tema, quello di Tangentopoli, ancora fresco e vivo nella mente e nei cuori degli italiani, ma facendolo si mette in mostra , smascherando le proprie perverse dinamiche. Nel fare questo era fatale che
venisse osservato anche il fenomeno Berlusconi, senza peraltro fornire dei giudizi
290Donald "Don" Francis Draper è un personaggio della serie televisiva statunitense Mad Men, che incarna un pubblicitario abile e affermato nell' America degli anni '50.
291Citazione tratta da 1992, st. 1 ep. 1
292Tratto da 1992, st. 1 ep. 2

in merito.

Non è in fondo così singolare quindi che 1992 confermi ancora una volta la qualità delle fiction proposte da Sky e che la spinta innovativa parta dalla proprio dalla pay TV, prima che della Rai e Mediaset, in quano il network di Ruper Murdoch costituisce al momento l' unico sguardo internazione possibile.
La serie non si addentra in spiegazioni storico politiche dei fenomeni che sconvolsero l'Italia di allora, nè indaga in profondità la dimensione della corruzione, piuttosto si impegna a mettere a fuoco come il linguaggio della comunicazione di massa (televisiva e pubblicitaria) abbia soppiantato il lingaggio dei partiti di massa, facendo si che i quadri dirigenti della TV commerciale sovrastassero quelli formatisi all'interno degli ambienti politici.
Nel racconto c'è una scena che esemplifica chiaramente questa svolta. Leonardo Notte somministra ad un gruppo di scolari un test nel quale viene richiesto di elencare le dieci cose preferite. Al pubblicitario basterà ordinare quei fogli per ritrovarsi tra le mani un vero e proprio censimento dei sogni correnti, che si dimostrano capaci di intercettare interi gruppi sociali. Dalle risposte date da questo campione di ragazzi appare evidente come l'identificazione fosse diventata una componente più efficace dell'utilità, che da sempre costituiva il collante materiale e alimentavano lo storytelling dei partiti di massa.
Le competenze del marketing che consistono nell'adeguare il prodotto e il racconto di questo, ai desideri del proprio target, sostituirono quindi il patrimonio lingistico e culturale di natura più strettamente pedagogica, sul quale si basava la formazione del soggetto politico e sociale. Gli ideali disillusi non venivano quindi sostituiti da

altre idee, ma da una tecnica che in qualche modo riusciva ad adeguare lo storytelling politico alle propensioni correnti293.
La vera protagonista di 1992 è dunque la televisione, che alza il sipario e ci permette di vedere il dietro le quinte, narrandoci di sè stessa e di come il suo racconto abbia influenzato la realtà.

 

 

 

 

 

293Tratto da Il Fatto Quotidiano, S. Balassone, marzo 2015, www.ilfattoquotidiano.it

CONCLUSIONI

 

La volontà di voler affrontare uno studio sulla nuova serialità televisiva, vista come sublimazione delle principali trasformazioni che stanno investendo il mondo della comunicazione, nasce principalmente da un interesse personale, essendo infatti in prima persona un'appassionata di serie TV.
Alcune sono state da me attentamente seguite fino all'ultimo episodio, atteso spesso per anni; altre invece sono state abbandonate in corso d'opera (il più delle volte per lo svilimento della trama). Ho testato inoltre in prima persona, la soddisfazione nell'avere a disposizione un'intera stagione di programmazione fin da subito, grzie all'innovativa messa in rete di tutti gli episodi da parte di Netflix.
Ho avuto ben presto modo di rendermi conto che le serie più appassionanti innescavano meccanismi sociali inusuali nella canonica fruizione del mezzo televisivo. Da un lato la riscoperta di una visione di tipo conviviale, organizzando appositamente serate tra amici, con lo scopo di vedere determinati episodi ritenuti di cruciale importanza per lo svolgimento della trama.
Dall'altro, commentando in tempo reale le varie puntate di questa o quella serie, tramite i più disparati network, mi immergevo in un universo social di tipo virtuale.
Nel vedere una serie televisiva c'è quindi una sorta di condivisione e partecipazione attiva che è difficilmente rinvenibile in altri spettacoli televisivi.
Tramite la compenetrazione e l'interazione tra i diversi medium, le vicende e i personaggi che prendono vita nel mondo televisivo, sconfinano e si impossessano anche della realtà quotidiana del telespettatore.

All'interno del mio profilo FaceBook, nella sezione "amici", si possono trovare agilmente nomi noti nel mondo della serialità televisiva quali Daenerys Targaryen e Jon Snow, entrambi protagonisti della saga di Trono di Spade, Ragnar Lothbrok, protagonista della serie Vikings, Blair Waldorf di Gossip Girl. E non sono gli unici a rientrare nel mio parterre di amicizie virtuali.
La trasposizione dei protagonisti delle serie di maggior successo sui social network, fa sì che questi vivano e sviluppino i propri caratteri anche al di fuori della scansione in puntate e stagioni, eludendo in tal modo le stesse caratteristiche tecniche della tipologia seriale. Inoltre la prospettiva transmediale, attraverso la quale si sviluppa uno storytelling coerente, concorre nel rendere questo ancora più reale agli occhi del pubblico, che vi trova rimandi, citazioni e arricchimenti su molteplici piattaforme e mezzi.
Ebbi pienamente coscienza della crescente importanza che stavano iniziando a rivestire i telefilm nel panorama delle produzioni ad alto livello nei primi anni del Duemila, quando iniziarono a venire trasmesse serie e miniserial, che oltre ad reggersi su sceneggiature particolarmente dense e credibili, venivano interpretati da nomi resi noti dal grande schermo. Una su tutte la miniserie Angels in America, trasmessa nel 2003 e che racchiudeva al suo interno un cast stellare, del calibro di Al Pacino, Maryl Streep e Emma Thompson.
Appariva ormai evidente che la serialità non era più catalogabile come un fenomeno passeggero. Qualcosa stava cambiando per sempre il modo di guardare la televisione e gli prodotti televisivi ai quali eravamo abituati.
Le serie TV non attiravano più solo un pubblico di fedelissimi, per altro sempre più

numerosi, interessati, informati e attenti, ma anche i Big di Hollywood, i migliori sceneggiatori, nomi di registi pluripremiati, nonchè il mondo accademico che in tempi recenti ha iniziato ad interessarsi a quella che non poteva più venire liquidata come mera televisione commerciale.
In questo elaborato ho voluto indagare le motivazioni per cui le serie TV stanno sostituendo mezzi considerati più "nobili", come il cinema e il romanzo, non solo come tipologia di intrattenimento, ma anche come fucina di creatività.
Ho cercato pertanto di individuare le spinte sociali che hanno condizionato questa particolare tipologia di prodotto televisivo e come quest'ultimo, a sua volta, abbia influenzato il reale.
Collegando i principali studi sociologici dell' epoca attuale e quelli sul mezzo televisivo e sulla serialità in particolare, ho cercato di tracciare una sorta di fil rouge che unisse i due oggetti di studio.
Il risultato di tali ricerche può essere sintetizzato con due concetti chiave: le parole d' ordine dell' epoca attuale sono infatti narratività e transmedialità.
Il telefilm, ricalcando il racconto letterario ad episodi, può essere considerato la forma narrativa per eccellenza dell'universo televisivo. Le sue caratteristiche tecniche lo rendono naturalmente più completo rispetto ad un film, versatile e atto a subire numerosissime variazioni nel corso del tempo, potendo avere un'estensione anche di diversi anni.
Tenendo presente che il nostro innato bisogno di storie è dettato dalla necessità di fornire di senso ciò che ci circonda, le serie TV costituiscono un prezioso supporto nel raggiungimento di questo obiettivo, mostrandoci un mondo inquietantemente

simile a quello in cui viviamo, nel quale le dinamiche, i temi, i conflitti interiori e i problemi non sono poi così dissimili da quelli che si affrontano quotidianamente.
Persino un ciclo fantasy come Il Trono di Spade è più facilmente assimilabile alla società attuale, di quanto lo fosse, a titolo d'esempio, I Robinson, che pure era ambientato nell'epoca delle riprese e la cui storia si proponeva di portare in scena le vicissitudini e i problemi degli appartenenti ad una famiglia afroamericana degli anni Novanta. Con gli occhi dello spettatore attuale, abituato a ben altri intrecci e complessità di personaggi e situazioni, I Robinson non possono che apparire estremamente naif. L'idealizzazione dei personaggi è evidente, i pregi e difetti di ognuno sono ben delineati e definiti, al punto che il telespettatore sa sempre cosa aspettarsi da ciascuno di loro. Inoltre la semplificazione estrema delle vicende narrate, l'edulcorazione delle problematiche adolescenziali trattate, assicurano sempre una facile risoluzione e il lieto fine. Ad incrinare ulteriormente la rappresentazione della realtà di questo storico telefilm, si aggiunge anche la singolarità di una famiglia afroamericana appartenente all'alta borghesia, perfettamente inserita e integrata all'interno del tessuto della propria comunità, cosa difficilmente rinvenibile nella società americana degli anni Novanta.
Eppure I Robinson rimane uno dei telefilm più seguiti nella storia della televisione. Cosa è cambiato nell' ultimo ventennio nei gusti dei telespettatori?
Nel tentativo di rispondere a questo quesito, all'interno dell'elaborato ho cercato sopratutto di delineare un nuovo tipo di audience, formatasi in un'epoca in cui il concetto stesso di televisione appare ambiguo e multiforme e in cui la transmedialità attraversa ogni ambito delle comunicazioni e dell'essere sociale.

Per questi nuovi telespettatori i prodotti della televisione commerciale non rappresentano più un'attrattiva, necessitando di una soddisfazione più mirata e specifica delle proprie esigenze di intrattenimento.
I produttori più attenti e dinamici hanno saputo cogliere questi cambiamenti, dando loro voce e spazio e trasformando i loro prodotti, in un primo momento di nicchia, in un business miliardario in continua espansione e sempre più appetibile per un numero sempre maggiore di competitors, provenienti dai settori più disparati delle comunicazioni e non necessariamente da cinema e televisione.
Mentre questa trattazione stava prendendo forma, si è consumata in territorio nazionale la battaglia mediatica tra Sky e Mediaset per la programmazione televisiva. Da settembre 2015 infatti la piattaforma satellitare di Sky è cambiata, sostituendo i canali Mediaset, con i propri palinsesti.
La spiegazione viene fornita sul canale 104 della stassa payTV: "Mediaset ha deciso di oscurare su Sky le proprie trasmissioni satellitari dei canali Rete4, Canale5 e Italia1. A breve qui potrai vedere un nuovo canale e sui canali 105 e 106 troverai i grandi show di Sky Uno e le serie di Fox". Lo spazio lasciato vuoto da Rete4 è stato presto sostituito da Rai4, che, con il suo 1% di share, pare raccogliere la fascia più generalista e variegata degli spettatori294.
La drastica decisione di Mediaset deriva dalla mancata soddisfazione della richiesta rivolta dalla rete al colosso di Murdoch, di ricevere un riconoscimento economico per la ritrasmissione dei suoi contenuti sui canali a pagamento. Istanza disattesa da Sky, la quale dichiara di limitarsi a ricevere un segnale di tipo free.

294Tratto da Mediaset via dal satellite: Sky Uno e Fox al posto di Canale 5 e Italia 1. Un nuovo capitolo della guerra tra Mediaset e Sky dopo i diritti sul calcio, R. Franco, www.corriere.it, settembre 2015

Una guerra senza senso, se si analizzano i dati d'ascolto della prima serata, nei quali appare evidente che occupare una delle prime sette posizioni del telecomando non sembra più un vantaggio competitivo per chi voglia fare televisione oggi. In media, il 40% dello share dei programmi della prima serata viene ormai totalizzato stabilmente da canali non generalisti295. Inoltre la facilità con cui, con le televisioni di nuova generazione, sia possibile passare dal satellite al digitale terrestre, trasforma questo contenzioo in una diatriba alquanto sterile.
Contestualmente si attende l'imminente arrivo di Netflix in Italia, annunciato per ottobre 2015, come il segno tangibile di una vera rivoluzione televisiva.
Il concetto di fondo è l’abolizione del palinsesto tradizionale, con lo sbarco dei singoli contenuti sul web, offerti non più per fasce orarie, al mattino, al pomeriggio e alla sera, ma sempre disponibili su richiesta, anche in mobilità, o in TV.
Appare evidente l'insensatezza nell'epoca attuale, dell'affermare il valore del posizionamento di un canale sul telecomando, quando lo spettatore stesso pare non curarsi più di tanto della preminenza di certi canali a scapito di altri.
Se l’utente può fruire dello stesso contenuto su altre piattaforme, numerazioni, dispositivi, ha poco senso pensare che non continuerà a farlo solo perchè andrà in onda in una posizione più o meno alta della guida TV, come invece sembra supporre il colosso Mediaset.
Forse è prematuro parlare della fine della televisione commerciale, in quanto questa riveste ancora una notevole importanza sia di audience, che di investimenti pubblicitari, ma è indubbio che il futuro del mezzo televisivo risieda altrove ed è

295Tratto da Guerra Mediaset-Sky, una battaglia senza senso per il telespettatore, N. Di Turi, www.wired.it, settembre 2015

lecito supporre che lo stimolo per il cambiamento risieda proprio nella nuova serialità televisiva hight concept.

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