Tema la guerra

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Tema la guerra

LA GRANDE GUERRA
VISSUTA IN PRIMA PERSONA
Materie coinvolte: Letteratura, Storia, Filosofia e Inglese.
FILOSOFIA:
• Von Clausewitz: definizione
STORIA:
• La Grande Guerra
Cause
Fatti principali
Trattati
Conseguenze
LETTERATURA:
• Ungaretti (1888 – 1970)
L’Allegria
Fratelli
I fiumi
San Martino del Carso
INGLESE:
• The war poets:
Brook “The Soldier”: l’amore per la patria e l’espressione idealistica della morte
Rosenberg “August 1914”: la guerra brucia la gioventù
Hemingway “there is nothing worse than war”: l’inutilità della Guerra.
VON CLAUSEWITZ: LA GUERRA
(Von Clausewitz 1780 – 1831, partecipò alle guerre napoleoniche, riorganizzò l’esercito prussiano e insegnò alla scuola militare di Berlino).
La guerra non è altro che un duello su una vasta scala. La moltitudine di duelli particolari di cui si compone può rappresentarsi con l’azione di due lottatori. Ciascuno di essi vuole, a mezzo della propria forza fisica, costringere l’avversario a piegarsi alla propria volontà; sui scopo immediato è di abbatterlo e, con ciò, rendergli impossibile ogni ulteriore resistenza.
La guerra è dunque un atto di forza che ha per scopo quello di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà. La forza si arma delle invenzioni delle arti e delle scienze per misurarsi contro la forza. Essa è accompagnata da restrizioni, alle quali si dà il nome di diritto delle genti, ma anche che non hanno capacità di affievolirne essenzialmente l’energia.
La forza intesa nel suo senso fisico costituisce il mezzo; lo scopo è di imporre la nostra volontà al nemico.
Per raggiungere con sicurezza tale scopo occorre che il nemico sia posto nella impossibilità di difendersi; e questo è il vero obiettivo dell’atto di guerra; esso rappresenta lo scopo, e lo respinge, in certo qual modo, come alcunché di non appartenente alla guerra propriamente detta.
LA GRANDE GUERRA (1915 – 1918)
IL PROBLEMA BALCANICO
La Russia presentandosi come protettrice delle etnie balcaniche in realtà aspirava a procurarsi uno sbocco sul Mediterraneo e il libero passaggio attraverso gli Stretti (Bosforo e Dardanelli).
L’Austria, perduta l’egemonia sull’Europa centrale, intendeva rifarsi nei Balcani; e in questa prospettiva nel 1908 si era annessa arbitrariamente la Bosnia e l’Erzegovina, suscitando gravi preoccupazioni internazionali, dato che il Congresso di Berlino le aveva invece assegnato quella regione solo in “amministrazione provvisoria”.
La Germania appoggiava le pretese dell’Austria e considerava la penisola balcanica come una sorta di ponte per i propri traffici con l’impero turco.
GUERRE BALCANICHE
Tra il 1912 e il 1913 Serbi, Greci, Montenegrini e Bulgari, sostenuti dalla Russia, mossero guerra all’Impero turco e lo costrinsero a sottoscrivere la pace di Londra che lo privava di quasi tutti i possedimenti balcanici, lasciando solo la città di Istanbul.
Serbia e Ungheria entrarono poi in conflitto fra di loto per la separazione della Macedonia: nacque così una nuova guerra, nella quale la Bulgaria fu attaccata non solo dai suoi ex alleati, ma anche dalla Romania e dalla Turchia; ma ben presto dovette cedere e sottoscrivere il trattato di Bucarest che le ritoglieva parecchi dei vantaggi conseguiti con la pace di Londra.
LA GRANDE GUERRA:
CAUSA OCCASIONALE E RAGIONI PROFONDE
Nel giugno del 1914 il granduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono austro – ungarico, fu ucciso con la moglie. L’Austria accusando la Serbia, le inviò un ultimatum durissimo, che la Serbia accettò quasi per intero, respingendo solo le condizioni più umilianti, incompatibili con la sua stessa dignità di stato sovrano. Il governo di Vienna, che cercava un pretesto per aggredirla, le dichiarò guerra (28 luglio 1914), e ottenne il pieno appoggio della Germania.
L’evidente volontà di guerra degli imperi Centrali (Germania e Austria) provocò la reazione della Russia e della Francia che ordinarono la mobilitazione generale; e la Germania dichiarò guerra ad entrambe le potenze.
Tutto questo accadde senza che l’Italia venisse interpellata dalle due alleate della Triplice, e quindi poté dichiarare la neutralità. L’Inghilterra invece, da troppo tempo in pessimi rapporti con la Germania, le dichiarò guerra il 4 Agosto, mentre le truppe tedesche invadevano il Belgio, violandone la neutralità.
CAUSE POLITICHE ED ECONOMICHE DELLA GUERRA
I rapporti tra le potenze europee erano profondamente cambiati, sia sul piano politico che in quello economico. La Germania era diventata la prima potenza economica del continente e già all’inizio del secolo aveva superato la gran Bretagna, ma riteneva che il suo nuovo ruolo non fosse stato riconosciuto adeguatamente sul piano politico. D’altra parte, il declino economico della potenza inglese aveva costretto questo paese a scegliere delle alleanze per difendere i propri interessi.
CAUSE ETNICHE E TERRITORIALI
I problemi che derivano dalla sopravvivenza di due grandi sovranazionali (austro – ungarico e russo) all’interno dei quali le popolazioni soggette premevano per conquistare l’indipendenza. Le rivendicazioni indipendistiche trovarono la netta opposizione dei rispettivi governi che temevano che le modifiche delle antiche frontiere andassero a vantaggio delle nazioni rivali.
LE PREMESSE DELLA GUERRA
Per quanto grave, l’attentato di Sarajevo fu però soltanto la causa occasionale del conflitto: le cause profonde della guerra erano infatti da ricercarsi nei contrasti interimperialistici:
• la rivalità commerciale tra l’Inghilterra e la Germania;
• la Germania era convinta che non sarebbe mai riuscita, in via pacifica, ad occupare in Europa e nel mondo una posizione proporzionata alla sua potenza produttiva e demografica. Essa perseguiva da tempo il cosiddetto programma della grande flotta, che le aveva procurato la costante ostilità dell’Inghilterra. La Germania, già dotata del più forte esercito d’Europa, sarebbe stata pericolosissima se avesse potuto disporre di una flotta altrettanto forte;
• l’Austria, appoggiata dalla Germania, temeva che il suo dominio sulla Bosnia – Erzegovina non sarebbe durato a lungo, se non fosse riuscita a umiliare la Serbia e a ridurla alla condizione di stato satellite;
• la Russia non intendeva abbandonare alla mercé degli Imperi Centrali la penisola balcanica e i popoli slavi di cui si era sempre dichiarata protettrice;
• l’Inghilterra e la Francia, che possedevano i due più grandi imperi del mondo, erano perfettamente consapevoli che la Germania si sarebbe potuta espandere solo a loro spese, e che non fosse stata bloccata nel suo impetuoso sviluppo industriale e militare, si sarebbe presto imposta come potenza egemone dell’intera Europa e di buona parte del mondo;
• non si può dimenticare che il Kaiser per eccellenza (l’imperatore tedesco Guglielmo II) era convinto che «per il diritto di una tradizione millenaria» esistesse al mondo «un solo imperatore: l’imperatore tedesco».
1914: PRIMI MESI DI GUERRA
INVASIONE DEL BELGIO E RESISTENZA FRANCESE
L’esercito tedesco per liquidare rapidamente la Francia la aggredisce di sorpresa da Nord, attraversando e occupando il Belgio e violandone la neutralità. Questo insulto al diritto internazionale solleva lo sdegno dell’opinione pubblica europea, e offre alla Gran Bretagna l’occasione per intervenire immediatamente nella guerra, anticipando una decisione peraltro scontata.
I tedeschi penetrano nel territorio francese e minacciano di occupare la stessa Parigi. I Francesi riescono ad attestarsi sulla Marna e costringono i nemici a retrocedere fino all’Aisne.
FRONTE ORIENTALE
Al successo difensivo francese contribuiscono gli attacchi scatenati dalla Russia contro gli Imperi Centrali: lo stato germanico è infatti costretto a trasferire dal fronte occidentale al fronte orientale due corpi d’armata, e solo a questo punto riesce ad arrestare l’offensiva russa. I Russi bloccati sfondano però più a Sud (Galizia) e minacciano da vicino il territorio dell’impero austro – ungarico.
SUPERIORITÀ INIZIALE TEDESCA
Alla fine del 1914 il fronte occidentale si attesta su una linea lunga centinaia di chilometri, che dalle Fiandre raggiunge il confine svizzero. Malgrado le clamorose vittorie tedesche, gli Alleati hanno conseguito due obiettivi importantissimi:
• hanno conservato i porti di Calais e di Dunkerque, fondamentali per le comunicazioni tra Francia e Inghilterra
• hanno bloccato la guerra di movimento dei primi mesi e l’hanno trasformata in una guerra di trincea, grazie alla quale avranno tutto il tempo necessario per mobilitare le proprie immense risorse.
All’inizio della guerra il Regno Unito disponeva della più potente flotta del mondo, ma il suo esercito era costituito dolo di 120.000 soldati, militari di professione. La Francia era dotata di un esercito molto più forte, ma non aveva né un’artiglieria pesante, né una fanteria paragonabili a quelle tedesche. La Russia poteva reclutare enormi masse di uomini, ma era relativamente male armata, priva di un’industria tanto forte da poter alimentare una guerra come quella che si stava combattendo.
VIRTUALE SUPERIORITÀ DEGLI ALLEATI
La superiorità della Germania era dunque nettissima. Gli Alleati potevano inoltre contare sull’appoggio e sui finanziamenti degli Stati Uniti d’America, e l’Inghilterra era in grado di bloccare con la sua flotta parte dei rifornimenti di viveri e di materie prime diretti verso gli imperi Centrali.
La Germania non avrebbe potuto competere con i nemici ed essa aveva previsto una guerra rapida e travolgente, contando di mettere fuori combattimento la Francia in poche settimane e di scaraventare poi tutta la propria forza militare contro la Russia.
INTERVENTO DEL GIAPPONE E DELLA TURCHIA
Nel bilancio del 1914 andò a vantaggio degli Alleati anche l’intervento del Giappone, che dichiarò guerra alla Germania ma condusse poi un’azione militare circoscritta all’Estremo Oriente, strappando ai Tedeschi le loro basi in Cina e nel Pacifico.
La Turchia intervenne a fianco degli Imperi Centrali, e arrecò un notevole danno agli Alleati bloccando completamente comunicazioni che gli Anglo – francese avrebbero potuto stabilire con i Russi.
1915: SECONDO ANNO DI GUERRA E INTERVENTO DELL’ITALIA
IL SECONDO ANNO DI GUERRA
Nel corso del 1915 il fronte occidentale rimase sostanzialmente stabile, malgrado le sanguinose offensive scatenate dai Franco – inglesi. Sul fronte orientale i Tedeschi con una formidabile offensiva costrinsero i Russi ad abbandonare non solo la Galizia ma l’intera Polonia.
Il 24 maggio l’Italia entrò in guerra contro l’Austria. Quando poi la Bulgaria si schierò a fianco degli Imperi Centrali, la Serbia fu costretta ad arrendersi, e gli Austro – tedeschi poterono pertanto impadronirsi di buona parte della penisola balcanica.
Alla fine dell’anno gli Imperi Centrali erano in netto vantaggio, perché dominavano sui vasti territori compresi tra le Fiandre e i confini della Russia. Il blocco inglese cominciava peraltro a far sentire i suoi effetti, e in tutti i paesi controllati dagli Austro – tedeschi i viveri scarseggiavano.
NEUTRALISTI
Nel 1914 l’Italia era giunta ad abbandonare la Triplice alleanza e il parlamento e l’opinione pubblica erano in grande maggioranza favorevoli alla neutralità.
Contrari alla guerra erano:
• i socialisti che la consideravano una semplice lotta fra opposti imperialismi dalla quale il proletariato non avrebbe tratto alcun vantaggio
• i cattolici che non volevano combattere contro l’Austria, baluardo della cristianità
• i liberali giolittiani che ritenevano l’Italia troppo debole per una guerra così impegnativa e pensavano che le terre irredente (Trento e Trieste) si sarebbero potute ottenere mediante trattative diplomatiche con l’Austria.
INTERVENTISTI
Favorevoli all’intervento erano invece:
• gli irrendentisti di ispirazione democratica, sinceramente convinti che la guerra fosse rivolta contro il militarismo autoritario degli Imperi Centrali
• i nazionalisti reazionari, che la concepivano come un’avventura imperialistica, partecipando alla quale gli italiani si sarebbero temprati
• i liberali di destra (seguaci di Salandra) che con tranquilla incoerenza rivendicavano le terre irredente in base al principio di nazionalità e aspiravano nello stesso tempo a conquistare nuove terre calpestando i diritti delle altre nazionalità.
PATTO SEGRETO DI LONDRA
Il governo Salandra dapprima intavolò trattative con l’Austria poco disposta ad accogliere le rivendicazioni circa il Trentino e la Venezia Giulia. Nell’aprile del 1915 il governo Salandra stipulò con le potenze dell’Intesa il Patto segreto di Londra: un trattato che impegnava l’Italia a intervenire entro un mese al loro fianco dietro promessa della Dalmazia, dell’Albania, delle isole del Dodecanneso e di alcuni compensi coloniali nelle terre africane.
Del Patto né il parlamento né l’opinione pubblica furono informati, cosicché le sorti del paese furono decise dal Governo e da Vittorio Emanuele III.
1916 – 1917: GLI ANNI DELLA SVOLTA
DA VERDUN ALLA SOMME
All’inizio del 1916 i tedeschi ripetono il tentativo di sfondare il fronte occidentale; ma la loro violentissima offensiva contro Verdun non riesce a restituire la mobilità al fronte. E la guerra di trincea continua.
Sul fronte italiano gli Austriaci conducono la cosiddetta “spedizione punitiva” (Strafexpedition) per castigare l’Italia d’aver tradito la Triplice Alleanza: un’offensiva che mette a dura prova le nostre difese, ma non consegue risultati decisivi. Le nostre linee resistono con successo anche perché una forte offensiva russa sfonda nella Polonia e, minacciando l’Austria , la costringe a distogliere truppe dal fronte italiano.
Bloccata l’offensiva di Verdun, gli Alleati contrattaccano in luglio sul fiume Somme, impegnando per la prima volta nella battaglia i carri armati (allora noti come tanks); ma anche la loro offensiva fallisce.
INTERVENTO DELLA ROMANIA
Nell’agosto del 1916 la Romania entra in guerra contro gli Imperi Centrali, ma, attanagliata fra gli Austriaci e il Bulgari, viene sconfitta e occupata. Le sue preziose risorse (grano e petrolio) cadono pertanto nelle mani degli Austro – tedeschi.
BATTAGLIA DELLO JUTLAND
Nel 1916 viene combattuta anche l’unica vera e propria battaglia navale di tutta la guerra: la battaglia dello Jutland. Nel maggio la flotta tedesca attacca una squadra d’incrociatori inglesi presso la penisola di Jutland, e infligge ai nemici perdite assai più gravi di quanto ne subisca; deve però ritirarsi quando sopravviene il grosso della flotta britannica che si concluse con un durevole vantaggio per la flotta inglese, perché i nemici non osarono mai più contestarle il dominio dei mari.
INTERVENTO USA
I Tedeschi dichiarano che i loro sommergibili affonderanno senza preavviso tutte le navi mercantili neutrali avvistate in prossimità dei paesi dell’Intesa, e questa minaccia è di fatto rivolta soprattutto contro gli Stati Uniti, che sono i più attivi fornitori degli Alleati. L’America reagisce rompendo le relazioni diplomatiche con la Germania, e di lì a poco le dichiara guerra (5 aprile 1917).
DA CAPORETTO AL PIAVE
In autunno l’Italia rischia la catastrofe: l’esercito austriaco riesce a sfondare a Caporetto: quindi avanza rapidamente verso Sud e, minacciando di isolare le nostre truppe schierate sul fronte giuliano, le costringe a una ritirata precipitosa, che si trasforma in una rotta per lo sbandamento di molti reparti. Con uno sforzo supremo, che riesce a mobilitare a fondo l’intera nazione, i nemici vengono però bloccati sulla linea del Piave, agganciata al Monte Grappa.
RUSSIA E ROMANIA SI ARRENDONO
Il collasso è invece irresistibile in Russia, dove nel marzo del 1917 (febbraio secondo il calendario russo) Pietroburgo insorge, e il regime zarista, inefficiente e corrotto, crolla nella vergogna. Il potere passa a un governo provvisorio, che viene a sua volta abbattuto in novembre dalla rivoluzione comunista.
I comunisti né vogliono né possono continuare la guerra, perché i soldati hanno disertato in massa, e l’esercito russo si è quasi completamente dissolto. Nel dicembre i comunisti firmano un armistizio che prelude alla durissima pace di Brest – Litovsk, da loro subita nel successivo marzo 1918.
Il crollo della Russia costringerà alla resa anche il governo romeno, che già alla fine del 1916 era stato ridotto alle corde e conservava il potere solo su una piccola parte del territorio nazionale.
VIRTUALE SCONFITTA DEGLI IMPERI CENTRALI
Ma se nel 1917 gli Imperi Centrali hanno battuto definitivamente la Russia, gli Alleati hanno ottenuto un successo anche più grande: al loro fianco sono intervenuti gli Stati uniti, che compensavano largamente l’uscita di scena della Russia e rendono di fatto impossibile una vittoria finale degli Austro – tedeschi. In questo senso il 1917 è l’anno in cui si decidono le sorti finali della guerra.
1918: CONCLUSIONE DELLA GUERRA
OFFENSIVA TEDESCA, CONTROFFENSIVA ALLEATA
Con le truppe che lo sfacelo della Russia ha permesso di distogliere dal fronte orientale, i Tedeschi rafforzano le proprie armate occidentali, e nel marzo del 1918 sferrano una violentissima offensiva contro i Franco – inglesi, nella speranza di concludere la guerra prima che gli Stati Uniti cominciano a far sentire tutto il loro peso.
Nel luglio le sorti della guerra si rovesciano, perché gli Americani sono ormai liberi di sbarcare in Francia e gli Alleati iniziano una controffensiva di vaste proporzioni. I Tedeschi si ritirano e fra di loro si diffonde la convinzione che, malgrado ogni sforzo, la guerra sia ormai perduta.
BULGARIA, TURCHIA E AUSTRIA SI ARRENDONO
Nel frattempo la situazione precipita anche sul fronte turco – balcanico. Nell’estate del 1917 gli Alleati hanno costretto la Grecia a intervenire al loro fianco, mentre gli inglesi strappavano ai turchi la Palestina e la Siria. In questa nuova situazione la Bulgaria e la Turchia, attaccate dai corpi di spedizione francesi e inglesi, sono costrette alla resa, e gli Alleati conquistano il controllo del Medio Oriente e della penisola Balcanica.
Il colpo di grazia viene assestato all’Austria dall’offensiva italiana di Vittorio Veneto, che mette in rotta l’esercito nemico e costringe l’Austria a firmare l’armistizio di Villa Giusti, mentre di fatto l’Impero asburgico si dissolve nelle singole nazioni fino allora in esso comprese.
CROLLO DELLA GERMANIA
Anche la Germania è ormai in pieno sfacelo. La flotta si ribella; Brema, Asburgo e Lubecca sono nelle mani degli operai e dei marinai in rivolta; Guglielmo II «per sempre unico imperatore nel mondo», abdica e si rifugia in Olanda; a Berlino i socialdemocratici proclamano la repubblica e formano un governo provvisorio, i cui delegati nel 1918 firmano l’armistizio con i rappresentanti delle potenze vincitrici.
BILANCIO DELLA STRAGE
La guerra, che tutti prevedevano breve, è invece durata più di quattro anni ed è costata complessivamente ai belligeranti quasi nove milioni di morti. A questi si devono aggiungere i sei milioni di persone falciate fra il 1918 – 1919 dalla spagnola (terribile epidemia influenzale che si diffonde rapida e devastante fra i popoli, indeboliti dal razionamento dei viveri, dalle privazioni della guerra e dal deterioramento delle condizioni igieniche generali).
CONSEGUENZE DELLA GUERRA
Quattro imperi crollano: l’impero germanico, asburgico, zarista e turco:
• morti e milioni di ex combattenti trovano enormi difficoltà di reinserimento nella vita sociale e produttiva;
• epidemie;
• biennio rosso: il movimento operaio europeo, uscito dalla forzata compressione degli anni della guerra, fu protagonista di un’impetuosa politica che assunse a tratti l’aspetto di una grande ventata rivoluzionaria;
• le difficoltà di riconversione dell’industria e la grossa crescita del debito pubblico di tutti gli Stati belligeranti, ebbero disastrosi effetti sul mercato del lavoro favorendo l’aumento della disoccupazione e su tutti i lavoratori l’aumento dell’inflazione;
• furono i cattolici a portare il primo e il più importante fattore di novità, abbandonando la tradizionale linea astensionista e dando vita a una nuova formazione politica che prese il nome di Partito Popolare Italiano (PPI) con a capo Luigi Sturzo;
• massimalismo: corrente politica del socialismo italiano volta a ottenere il massimo previsto dal programma del partito. Si costituì in vera e propria corrente nel 1919 e sotto la guida si Serrati. I massimalisti pensavano che si dovesse educare il proletariato italiano all’insurrezione attraverso agitazioni continue.
TRATTATI DI PACE
TRATTATO DI VERSAILLES
Impose alla Germania:
• di restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia e di concederle per quattordici anni lo sfruttamento del bacino minerario della Saar;
• di evacuare il Belgio;
• di sgomberare i territori polacchi occupati sin dalla fine del Settecento;
• di cedere le colonie africane alla Francia e all’Inghilterra, e i possessi nel Pacifico e in Cina al Giappone;
• di ridurre le forze armate a soli centomila uomini;
• di consegnare le navi da guerra agli inglesi (ma gli equipaggi tedeschi preferirono affondarle);
• di rinunciare all’aeronautica militare, ai sommergibili e all’artiglieria pesante;
• fu costretta a dichiararsi unica responsabile della guerra e a risarcire pertanto tutti i danni da essa provocati.
La Germania in realtà avrebbe attuato solo in parte l’ultima clausola, ma bastò a suscitare nei Tedeschi un forte e spiegabile risentimento nazionalistico.
ALTRI TRATTATI
• Trattati di Saint – Germain e del Trianon sancirono la dissoluzione dell’ex impero austro –ungarico: sui suoi territori sorsero la Repubblica austriaca, la Repubblica cecoslovacca e il Regno di Ungheria. I territori slavi furono riuniti a costituire il Regno di Iugoslavia. Il Trentino, l’Alto Adige, Triste e l’Istria (Fiume esclusa) passarono all’Italia. Rinacque dopo oltre un secolo la Polonia, costituita in repubblica. In Russia furono istituite le repubbliche di Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia.
• Trattato di Sèvres: decise lo smembramento dell’impero turco, costretto a cedere la Siria alla Francia, la Palestina, la Transgiordania e l’Iraq all’Inghilterra. Il Dodecanneso fu definitivamente assegnato all’Italia.
SOCIETÀ DELLE NAZIONI
Proposta da Wilson: gli Stati Uniti non aderirono alla Società, perché il loro senato respinse le proposte del presidente, e l’Inghilterra e la Francia la usarono quale semplice strumento per la difesa dei propri interessi particolari. Il prestigio della Società ne risultò quindi gravemente sminuito, e i rapporti internazionale continuarono ad essere risolti non mediante pacifici arbitrati, ma con tradizionale impiego della forza.
GIUSEPPE UNGARETTI (1888 – 1970)
LA PAROLA AL CENTRO DELL’ESPRESSIONE POETICA
L’opera di Ungaretti ha un’importanza centrale nella poesia del Novecento italiano. La sua prima raccolta di versi, L’Allegria, da un lato nasce dalla frequentazione degli ambienti culturali francesi (Parigi al tempo era la capitale mondiale della cultura), dall’altro rappresenta una decisa inversione di tendenza rispetto agli atteggiamenti avanguardistici allora molto diffusi.
Le avanguardie (come il Futurismo) avevano avuto infatti un carattere soprattutto distruttivo nei confronti della tradizione, ma non erano riuscite a costruire nulla di duraturo. Ungaretti si pone invece come il primo poeta che, dopo la critica delle avanguardie, riparte dall’elemento essenziale di ogni poesia: la parola.
Fratelli Mariano il 15 Luglio 1916
Di che reggimento siete
Fratelli?
Parola tremante
Nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
Involontaria rivolta
Dell’uomo presente alla sua
Fragilità
Fratelli.
La parole – chiave della poesia fratelli è simmetricamente presente in apertura e chiusura ed esprime il senso di solidarietà e fraternità che spontaneamente nasce di fronte allo scatenarsi della violenza. È un legame fragile, precario, continuamente minacciato dalla morte (parola tremante, foglia appena nata).
Ma nell’angoscia e nel dolore (nell’aria spasimante) l’uomo, afferma il suo legame con gli altri, quasi a esprimere la sua ribellione contro la violenza che divide e oppone gli uomini tra loro.
È questa l’ultima redazione di un testo che il poeta ha sottoposto a numerose varianti, attraverso le quali egli ha teso a raggiungere l’effetto della massima essenzialità e concentrazione espressiva su alcune parole e immagini isolate e messe in rilievo dalle numerose pause, rappresentate dagli spazi bianchi che separano i versi.
Analisi del testo:
• La poesia è giocata sul contrasto fra condizione di soldati e quella di uomini. I soldati sono nemici per antonomasia; la fratellanza sembra il sentimento più lontano dall’uomo in guerra.
L’idea di fratellanza nasce invece nel poeta proprio dalla considerazione della fragilità umana , che la guerra evidenzia in maniera fortissima. La strofa concettualmente centrale del componimento è la penultima: la fratellanza è una forma di “rivolta” (nei confronti della guerra, della condizione di uomini combattenti gli uni contro gli altri) che nasce “involontaria” (cioè istintiva, irrazionale) quando l’uomo si rende conto della sua fragilità.
• Il legame tra fratellanza e fragilità è però espresso dal poeta non in termini logici e argomentativi, ma attraverso immagini e suggestioni foniche: il suono fr collega infatti le ultime due parole della poesia (fragilità e fratelli); il suono f colloca fratelli e fragilità anche con foglia, mentre il suono r in seconda posizione sottolinea l’importanza di altri termini, in particolare tremante e presente.
I fiumi Cotici il 16 Agosto 1916
Questa è una poesia esemplare sia dal punto di vista dei temi che affronta, sia dal punto di vista delle soluzioni formali. Pur trattandosi di una poesia relativamente lunga e ricca di elementi narrativi, il poeta procede per improvvise illuminazioni, che si manifestano con ardite similitudini e metafore, secondo una tecnica che costituisce probabilmente la novità più importante della sua prima raccolta di versi.
Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto delle nuvole sulla Luna
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia ho riposato
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità
ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
Analisi del testo:
• La prima strofa ha lo scopo di delineare la situazione in cui si trova il poeta, volontario al fronte durante la prima guerra mondiale. È notte, il poeta si trova in una dolina, vicino ad un albero mutilato. La guerra è però momentaneamente sospesa, il poeta gode un momento di calma e contempla la Luna (si noti la presenza di elementi della poesia romantica in un contesto però lontanissimo da quello idilliaco a cui essi sembrano rimandare).
Ungaretti introduce il tema di fondo della poesia (rapporto uomo – natura) attraverso due aggettivi: mutilato (riferito all’albero, che ne nasce così umanizzato, vittima anch’esso della violenza bellica) e abbandonato (che il poeta volutamente non chiarisce se si riferisca all’albero o a se stesso).
• A partire dal verso 9 incomincia un lungo flash – back: il poeta ricorda ciò che è avvenuto durante il giorno; ma un episodio banale (un bagno nell’Isonzo) acquista un significato proprio perché, in una situazione eccezionale come quella della guerra, anche i gesti più semplici si caricano di significato. L’Isonzo è il primo fiume di cui parla il poeta, che esplica immediatamente il suo rapporto con esso: il fiume infatti lo leviga «come un suo sasso»; il poeta si sente «una docile fibra dell’universo» e attinge «la rara felicità» di sentirsi in armonia con la natura.
• In questo momento di felicità tornano alla memoria del poeta gli altri fiumi che hanno segnato la sua vita: il Serchio, da cui hanno attinto l’acqua per secoli i suoi antenati contadini; il Nilo, presso il quale ha trascorso l’infanzia; la Senna, presso la quale è arrivato alla maturità («mi sono conosciuto»)
Il momento di felicità attinto nelle acque dell’Isonzo è quindi dovuto anche al fatto che nell’Isonzo il poeta riconosce tutti i fiumi che hanno accompagnato la sua vita passata; accanto al sentimento di armonia con la natura, è anche questo senso di continuità della vita (addirittura di generazione in generazione) che fa momentaneamente dimenticare al poeta la precarietà della sua condizione di soldato.
• Nell’ultima strofa il flash – back si conclude e il poeta torna a parlare del presente, chiudendo circolarmente il componimento. Il tono dell’ultima strofa è dominato dalla “nostalgia” per quel breve momento di felicità e dal riemergere dell’angoscia, espresso nell’immagine finale.
La scelta di usare versi liberi e strofe irregolari, prive di rime, serve al poeta per dare il massimo risalto alle singole parole. A questo scopo concorre anche la sintassi ridotta al minimo (la poesia è priva di subordinate e addirittura di coordinate: la maggior parte delle strofe coincidono con il periodo) e la scelta di non usare alcun tipo di punteggiatura.
Il poeta crea in questo modo una musicalità particolare, basata da un lato sulle assonanze, dall’altro sulle ripetizioni e sui rimandi interni. Si noti che all’inizio delle ultime sei strofe la ripetizione del pronome dimostrativo, che dà alla poesia un tono quasi di litania sacra.
Numerosissime sono le similitudini e le metafore, spesso basate su ardite analogie, che costituiscono uno degli elementi più significativi della poesia ungarettiana.
Metafore: nella prima strofa «questa dolina che ha il languore di un circo abbandonato prima o dopo lo spettacolo», nella seconda «mi sono disteso in un’urna d’acqua»; nella sesta «mi sono riconosciuto una docile fibra dell’universo».
Paragoni: nella seconda «come una reliquia»; nella terza «come un suo sasso»; nella quarta «come un acrobata»; nella quinta «come un beduino».
San Martino del Carso Valloncello
dell’Albero Isolato il 27 Agosto 1916.
Al poeta è destinato il compito di conservare la memoria dei luoghi distrutti e, soprattutto, degli amici morti, che sono simbolo di tutti i caduti nella presente e nelle passate guerre. Così l’impianto tematico di San Martino del Carso trae spunto dalla contemplazione desolata di un paese ridotto a qualche brandello di muro; dallo sguardo su tali rovine il pensiero corre ai tanti uomini scomparsi anzitempo per la ferocia delle armi.
[edizione del 1916]
Di queste case
non c’è rimasto
che qualche
brandello di muro
esposto all’aria
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
nei cimiteri
Ma nel cuore
nessuna croce manca
Innalzata
di sentinella
a che?
Sono morti
cuore malato
Perché io guardi al mio cuore
come a uno straziato paese
qualche volta
[edizione del 1931]
Di queste case
non c’è rimasto
che qualche
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Analisi del testo:
• San Martino del Carso è una delle più note poesie del diario di guerra dettato da Ungaretti; come in altri casi, la composizione prende l’avvio da uno sguardo dimesso e triste gettato sul passaggio: qui spicca la desolazione di un paese distrutto, capace di suggerire al poeta, tramite il ricordo di tanti amici brutalmente scomparsi, amare e profonde riflessioni.
Unica forma di consolazione è ancora una volta la poesia, che sa conservare il ricordo di chi non è più, facendone simbolo e ammonimento per il futuro.
• Leggendo con cura le due redazioni della poesia, si osserva subito che tutte le correzioni di Ungaretti procedono verso la ricerca di una maggiore sinteticità e immediatezza comunicativa, lasciando cadere per lo più i tratti narrativi o semplicemente descrittivi dell’antica stesura. Dei venti versi originari ne vengono così conservati appena dodici:
seconda strofa: il completamento di un luogo non viene conservato nella versione definitiva, al fine di eliminare una voce stonata e vagamente patetica, che circoscriveva l’affermazione con l’eccessivo realismo di autori come i crepuscolari;
versi 13 – 17: divergenti rispetto all’essenziale linearità del testo ultimo, sono del tutto eliminati;
strofa finale: è ridotta a un’epigrafica sentenza, che, volgendo la comparazione dell’uguaglianza alla maggioranza (È il mio cuore / il paese più straziato) pare modificare il senso intero della poesia.
THE WAR POETS
DIFFERENT ATTITUDES TO WAR
The First World War was welcomed with enthusiasm. Thousands of young men volunteered for military service in the early months of the war; most of them regarded the conflict, if not as a crusade, at least as an adventure undertaken for noble ends.
The common soldier were the first to apprehend the horror and suffering of the war in their full array, whereas the officers, thanks to their position of privilege and responsibility, saw the conflict in a more heroic light.
However, there was a group of poets who actually experienced the fighting, and in most cases lost their lives in the conflict, who managed to represent modern warfare in a realistic and unconventional way, and to awaken the conscience of the readers to the horrors of the war.
RUPERT BROOKE (1887 – 1915)
The first War Poet to die was Rupert Brooke, who had contributed the Georgian anthologies with his poem. He wrote his war sonnets in which he advanced the idea that war is clean and cleansing, rather like a good swim. He tried to testify the safeness of war and even death is seen as the safest shelter of all against the dangers of life. Traditional his poems were the last to express idealistic patriotism also because, unlike the other War Poets, who lived to witness the horrors of trench warfare.
THE SOLDIER
This poem is notes for its gentle lyricism which, together with his handsome appearance and untimely death, made Brooke a favourite poet among young people of his generations.
If I should die, think only of me:
That there’s some corner of a foreign field
That is for ever England. There shall be
In that rich earth a richer dust concealed;
A dust whom England bore, shaped, made aware,
Gave, once, her flowers to love, her ways to roam,
A body of England, breathing England air,
Washed by the rivers, blest by suns of home.
And think, this heart, all evil shed away,
A pulse in the eternal mind, no less
Gives somewhere back the thoughts by England given;
Her sights and sounds; dreams happy as her day;
And laughter, learnt of friends; and gentleness,
In hearts at peace, under an English heaven.
ISAAC ROSENBERG (1890 – 1918)
He was another victim of war. Rosenberg differs from the other War Poets not only for his poor background. His poems may be regarded as modernist in technique. His vision of the war was apocalyptic and less concerned with the pity of things.
AUGUST 1914
This brief poem is characterised by a more experimental style.
What in our lives is burnt
In the fire of this?
The heart’s dear granary?
The much we shall miss?
Three lives heart one life –
Iron, honey, gold.
The gold, the honey gone –
Left is the hard and cold.
Iron are our lives
Molten right through our youth
A burnt space through ripe fields
A fair mouth’s broken tooth.
The poems contains many metaphors:
• granary  man’s heritage that made up of experience
• honey  sweetness, feelings and the concept of love
• Iron  weapons, guns, strength
• Ripe fields  youth
ERNEST HEMINGWAY (1889 – 1961)
Hemingway rarely wrote in an explicit autobiographical way, but is as if he were trying to go back to the most important experience of his life and give them a universal value that could become a model both for himself and his reader.
According to Hemingway, love appears to be meaningless, since the relationship between a man and a woman is a game with fixed rules and once the game is over, it has no sense at all.
In Hemingway’s vision, there is no true society: it is nothing but a combination of individual units, alienated men, who are unable to know themselves or each other.
Another central experience of Hemingway’s life was the First World War which made him understand that the only chance of escaping the horror of death was in some manly qualities: strength, sexual, power, lack of sentimentalism and the ability to react. Consequently his heroes are men of simple character and primitive emotions, such as bullfighters and hunters.
His style is characterised by a simple syntax, colloquial, colourful dialogue and brief description (often of landscape). There is very little introspection, or analysis of personal feeling and sensations, yet Hemingway’s prose creates great emotion in the reader.
THERE IS NOTHING WORSE THAN WAR
Hemingway has a realistic vision of war in fact he believe that war is not useful at all because there is loss destruction, death and horror.
The protagonist is Henry and he is the narrator of the “Farewell to Arms”: its point of you is that to consider the situations and the character of everybody. The time of this story is from summer of 1916 to April 1918. When Aimo died he tells : "The world kills the very good and the very gentle and the very brave impartially .If you are none of these you can be sure it will kill you, too, but there will be no special hurry". In this story Hemingway reflects about his opinion of war. The style of the story is based about the reality trough emotions and. flashes
In the following passage Henry and a group of Italian soldiers (Passini, Manera, Gavuzzi and Gordini) are talking about war during a pause in the fighting. Some think they could stop fighting, others believe that it is impossible because being defeated the enemy (winner) would take sister, and would make than fight against other people again.
BIBLIOGRAFIA:
AA.VV. Il novecento: le guerre mondiali e i regimi totalitari; LE MONNIER, 1998
AA.VV. Biblioteca, volume 3°; ARCHIMEDE EDIZIONE, 2000
AA.VV. Percorsi di letteratura, dalla storia ai classici; BRUNO MONDADORI, 1996
CAMERA A. Storia contemporanea; PRINCIPATO,1996
SPIAZZI, TAVELLA Only connect…; ZANICHELLI, 1997

Fonte: http://www.scuolazoo.com/wp-content/uploads/2009/05/maturita_la_grande_guerra.doc

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