Appunti di viaggio

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Appunti di viaggio

 

LA LETTERATURA DI VIAGGIO

L'uomo ha sempre viaggiato e il viaggio è da sempre una CONDIZIONE.
Nell'antichità coloro che viaggiavano di più furono:

  • le truppe di soldati;
  • i mercanti;
  • i pellegrini.

Fin dall'antichità il pellegrinaggio di cristiani e pagani verso i luoghi sacri divenne una vera e propria forma di viaggio molto comune che dal I sec. a. C. fino alla caduta dell'Impero romano aumentò sempre di più.

Durante il Medioevo  e fino all'XI sec. (1000 d.C.) i viaggi si arrestarono a causa dell'impoverimento dell'Occidente: il commercio via terra viene totalmente bloccato e nei vari territori d'Europa gli unici a viaggiare erano rimasti i soldati e i pellegrini, i quali iniziarono diverse dispute con i musulmani a causa del pellegrinaggio nella Terra Santa.

Successivamente all'anno 1000 la situazione cambiò a causa, o per merito, delle due più importanti Crociate (delle quali Tasso scrive nel XVI sec.); si colmarono, inoltre, i contrasti tra il mondo musulmano e quello cristiano, di conseguenza aumentò il flusso delle bande di avventurieri cristiani verso la Terra Santa.

Quindi riassumendo: a partire dal 1200 circa, gli europei ripresero a viaggiare grazie a:

  • rifioritura dei commerci che portarono alla nascita delle Repubbliche Marinare;
  • grandi scoperte dei territori orientali (Russia, Cina e Mongolia).

Un impulso a questi viaggi venne dato, inoltre, dalla nascita degli ORDINI MENDICANTI:
i Francescani, in particolare, fecero ripartire l'evangelizzazione verso gli altri popoli.

Alcuni tra gli scrittori più celebri del tempo lasciarono minuziose descrizioni in latino dei luoghi che attraversavano, eccone alcuni esempi:

  • Giovanni Pian del Carmine nel 1293 descrisse la Mongolia;
  • Guglielmo di Rubruck.

Con questi autori iniziò l'introduzione delle LETTERATURE DI VIAGGIO, delle quali l'esponente più importante fu MARCO POLO che, spinto a viaggiare dal commercio in quanto figlio di commercianti, arrivò via terra fino in Cina.

Nel 1300 ci fu una seconda battuta di arresto dei viaggi dovuta a:

  • avventure di Tamerlano verso l'Europa Orientale;
  • lo scoppio della peste nera e della grave peste (raccontata da Boccaccio nel suo “Decameron”) le quali provocarono una diminuzione dei traffici mercantili;
  • l'affievolirsi degli spostamenti dei missionari, che comportarono la diminuzione degli scambi;
  • l'affievolirsi del pellegrinaggio che continuò a svilupparsi solo in Europa grazie alle due mete principali: Santiago di Compostela e Roma: da questi due fuochi si sviluppò una grande mappa di itinerari costellati da numerosi luoghi sacri di pellegrinaggio.

Tra la fine del 1300 e l'inizio del 1400 ripartì l'economia e con essa ripartirono anche i viaggi grazie allo sviluppo sempre più crescente della GEOGRAFIA e della CARTOGRAFIA.
Enrico il Navigatore, re portoghese sollecitò quieti sviluppi e finanziò le spedizioni di scoperta ed esplorazione per spingere gli Europei verso l'Oceano Atlantico (Sud), ovvero verso le isole di Capo Verde e verso le Canarie. Le sue imprese permisero la ricerca di un nuovo tragitto per raggiungere le Indie Orientali (Asia) evitando le vecchie rotte diventate ormai problematiche a causa dei contrasti via mare con i musulmani. Cominciarono a cercare quindi una via verso l'occidente, ancora sconosciuto, ottenendo la scoperta di nuove terre:

  • scoperta dell'America nel 1492 per conto di Cristoforo Colombo (compì altri 4 viaggi scrivendo le rispettive relazioni);
  • Magellano, a servizio della Spagna, si spostò verso Sud e partendo dall'Europa attraversò l'Atlantico, lo stretto di Magellano, l'Oceano Pacifico, le isole Filippine, nelle quali venne assassinato, e, successivamente, la sua flotta, nel viaggio di ritorno verso l'Europa, circumnavigò l'Africa.

Alla fine del 1500 (XVI sec. d. C.) la scoperta dell'America non era ancora conclusa, ciò ci è pervenuto grazie alle minuziosissime cartografie e trattati geografici del tempo.

Quindi riassumendo: tra il 1400 e il 1500 si scoprirono l'America e l'Africa del Nord e diminuirono i viaggi verso l'Oriente che veniva ormai raggiunto per via marina.

Tra la fine del 1500 e l'inizio del 1600, in contrasto con spagnoli e portoghesi, fiorirono i commerci:

  • dell'OLANDA (mercanti di stoffe; potente da molto tempo si accresce e divenne concomitante a grandi disastri politici e territoriali con la monarchia spagnola a causa soprattutto del contrasto religioso di calvinisti e cattolici);
  • e dell'INGHILTERRA (distrusse la fortissima flotta spagnola di Filippo II detta “L'Invincibile Armada”).

Allargandosi così il mondo aumentarono i viaggiatori che iniziarono a dirsi INTELLETTUALI i quali praticavano scambi scientifici e letterali con gli intellettuali stranieri e tra 1600/1700 nacque una nuova figura: il VIAGGIATORE PER INTERESSE. Questo tipo di viaggiatore era spinto al viaggio dalla curiosità e dall'interesse personale nel visitare e conoscere posti nuovi, essi si interessavano soprattutto all'economia, alla religione e alla politica del paese:

  • Carletti, partito come mercante, nutrì una sensibilità verso i paesi e i popoli incontrati diventando  viaggiatore per interesse;
  • Pietro della Valle, fu un tipo di viaggiatore curioso;
  • Francesco Belli, partì per l'Olanda con diffidenza verso la religione calvinista ma poi si ricredette.

Tornando alla letteratura:La “letteratura di viaggio” interessava maggiormente i geografi e gli storici, considerando il fatto che siamo in un'epoca che vede le scoperte territoriali diffondersi ampiamente. In questo periodo uno dei rapporti cruciali della letteratura è quello con la verità; allo scrittore preme che ciò che egli racconta venga preso per vero, per realmente accaduto. Ad esempio Dante Alighieri nella “Divina Commedia” si preoccupa del fatto che il suo viaggio venga preso per reale e non in quanto metafora. Qui subentra la LETTERATURA D'EVASIONE ovvero un rapporto verosimile tra quanto scritto e quanto fatto, poiché le cose non vere vengono “spacciate” per tali, un esempio è la “Novellistica” (pensiamo a Boccaccio) che racchiude storie inventate che vengono fatte passare come accadute o perlomeno come verosimili.Dalla fine del 1400 si sviluppò quindi la LETTERATURA OIDOPORICA (oidoporìa dal greco = viaggio), ovvero una letteratura polimorfa, avente quindi diverse forme: relazioni, lettere, diari, descrizioni, indirizzate a diversi destinatari. Essa si intrecciava con l'AUTOBIOGRAFIA, un genere letterario narrato in prima persona (es. Belli, Carletti, Della Valle, …).
Alla letteratura oidoporica corrisponde una varietà di usi e scopi (istruzione, scoperta, illustrazione geografica) che si muovono tra il “monere” (insegnare) e il “delettare” (compiacere).
Gli autori facenti parte di questo tipo di letteratura, vogliono che ciò che viene scritto sia preso per vero. Lo scrittore è colui che ha viaggiato in luoghi remoti, sconosciuti, ma ciò comporta che la veridicità dei fatti non venga dimostrata. Perciò si viene a creare una sorta di patto tra lettore e scrittore, che consiste nella disponibilità del primo a credere che ciò che racconta il secondo sia effettivamente accaduto.

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Nel Medioevo si ebbe un'importante produzione di testi relativi ai viaggi detti anche libri di pellegrinaggio (es. Nicolò da Poggibonsi, toscano, scrisse il “Libro d'Oltremare” descrivendo il suo tragitto da Venezia, Giaffa, Gerusalemme).

Nel 1348 Leonardo Frescobaldi scrisse “Viaggio in Terra Santa”, diario minuziosissimo scritto in volgare anziché in latino che poteva così contare su di un pubblico più vasto (ciò portò all'allargamento del bacino del pubblico, che era comunque un numero ristretto: borghesia mercantile, medici, letterati).

Il corrispondente di “libro”nel Medioevo era manoscritto”: la diffusione era capillare in quanto veniva copiato da molti. La figura del libro nacque intorno al 1450 sotto forma di un oggetto a stampa.

Il libro più famoso tra 1271 e 1295 fu “Il Milione” di Marco Polo. Il titolo di quest'opera è un PATRONIMICO: secondo gli studi “Milione” dovrebbe derivare dal nome di persona “Emilione” al quale è stata apportata un'AFERESI, ovvero la caduta della prima lettera.
Al suo ritorno dalla Cina, Marco Polo venne catturato e imprigionato dai genovesi a causa del contrasto tra la Repubblica di Genova e quella di Venezia. In carcere conobbe Rustichello da Pisa al quale pare che egli abbia dettato il suo viaggio in francese. “Il Milione” venne successivamente tradotto in volgare toscano nel 1309, in latino nel 1320, di nuovo in francese e in altre lingue romanze.
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Dalla fine del 1400 in avanti le relazioni di viaggio si incentrarono esclusivamente sulle nuove scoperte, riprese vigore la forma della DESCRIZIONE GEOGRAFICA in latino e nel 1560 in volgare (es. la descrizione in volgare dei Paesi Bassi di Lodovico Ricciardini nella quale egli descrive il paese, il popolo, le regioni, allora Province Unite, le questioni politiche, religiose ed economiche).

Tra '400 e '500 proliferarono le RELAZIONI DI VIAGGIO sotto forma di diario, di lettera, inviata a illustri corrispondenti come i sovrani, o di rielaborazione di appunti in un racconto continuo che può essere esposto da chi ha vissuto direttamente gli avvenimenti o da chi ne ha avuto notizia da testimoni attendibili (es. Pietro Martire D'Anghiera scrisse una relazione INDIRETTA durante la conoscenza di Cristoforo Colombo ascoltando la sua relazione sul viaggio: “Decadi sul mondo nuovo/Decades de orbe novo” in latino).
Ecco degli esempi di raccolte di relazioni di viaggio:

  • Fracanzio da Montalboddo verso il 1507 raccolse testi di vari autori tra cui Amerigo Vespucci scegliendoli con un particolare criterio: devono illustrare le meraviglie della natura della terra narrata.
  • Alvise da Masto, veneziano, raccontò l'esplorazione del Nord Africa fino a Capo Verde (1455-1456).
  • Giovan Battista Ramusio nel 1555 produsse una raccolta in 3 volumi chiamata “Navigazioni e Viaggi” su rotte marine e terrestri e itinerari, diviso per aree geografiche (1 Asia, 2 Africa, 3 America), scritto totalmente in volgare toscano.

Ci sono scrittori che tengono conto non solo del che cosa viene raccontato ma anche del come. Per la letteratura il rapporto cruciale è quello delle UNITA'. Per i secoli più antichi era da prendere alla lettera; per esempio Dante volle sottolineare nella “Divina Commedia” che ciò che lui stava narrando era la pura verità, ciò che accadeva realmente. Iniziò anche una letteratura verosimile: diverso grado di avvicinamento alla realtà (per esempio la scrittura narrativa). Nella letteratura odeporica che scrive racconta solo la verità facendo un patto con il lettore secondo il quale questo si deve fidare di ciò che viene raccontato (per es. animali mai conosciuti, piante mai viste, usi e costumi mai sentiti).

 

 

FRANCESCO CARLETTI
Nacque nel 1536 (nella metà del XVI secolo) a Firenze, da famiglia di mercanti con una lunga tradizione mercantile che a partire da un certo momento decide di dedicarsi alla politica. Giovane, si trasferì a Siviglia (1591, Spagna), poiché dopo la scoperta dell'America l'asse dei commerci si spostò ed ebbe come centro Spagna e Portogallo (ovvero le potenze che avevano
promosso la potenza di Colombo). Dunque abbiamo una svolta straordinaria nel mondo dei
commerci, poiché si presenta la possibilità di sfruttare a proprio vantaggio le nuove terre
scoperte.
Nel 1594 si trasferì con il padre Antonio Carletti alle isole di Capo Verde (Africa) e andò a comprare degli schiavi; in questo periodo il commercio degli schiavi, fiorente già da tempo, subì un acceleramento. Carletti partì con delle licenze particolari poiché Spagna e Portogallo possedevano dei monopoli e per poter comprare gli schiavi nelle colonie spagnole bisognava acquistare delle costose concessioni.

  • Protezionismo spagnolo e portoghese: in Spagna a quell'epoca vigeva una sorta di “marcato protezionismo”, ovvero venivano imposte regole tali da non permettere il libero commercio; se si era sudditi spagnoli o portoghesi il commercio con le colonie non necessitava del pagamento di concessioni, altrimenti era obbligatorio.

Il Carletti comincia a sentirsi suddito di uno stato (quello italiano) che non conta nulla, che non
tutela i propri mercanti; il poeta in quanto residente a Siviglia aveva però ottenuto delle agevolazioni, mentre il padre parte quasi come un clandestino alla volta di Capoverde. A risolvere la situazione interviene la moglie spagnola di Cesare Baloncini, mercante pisano, che offre i suoi uffici e mette a tacere la questione.
Carletti continuò a viaggiare verso l'America, poi nelle Indie Orientali, in Cina, per poi ritornare a Capo Verde. Durante il ritorno perse il padre, la sua flotta venne derubata di tutto dai pirati olandesi; Carletti decide quindi di ritornare in Europa anche avendo meno ricchezze di quanto sperava e con qualche debito.
Rientrato in Europa venne chiamato presso Enrico IV di Francia, ma non riuscì a sistemarsi e ritornò a Firenze presso la corte di Ferdinando I de Medici.
Il Gran Ducato di Toscana dovette competere con la grande potenza Spagnola. Carletti accettò la protezione del Principe diventando suo consigliere. Si spense a Firenze.

Carletti dedicò a Ferdinando I i Ragionamenti del mio viaggio intorno al mondo”.

Commento del testo...
Vi è un parco di oggettivazione, ma nel pezzo letto vi è un'addensazione di aggettivi:
1. Grande-meraviglio= Dittologia
2. Grande-immensa= Climax

La prima cosa che balza è la parola “ragionamento” e questo fa capire la forma di scrittura, ovvero il DIALOGO: si inscena una specie di discussione che nei fatti non è un ragionamento poiché non vi sono interlocutori.
• Meraviglioso → ciò che suscita meraviglia.
• Universo → il mondo, passando dalle Indie Occidentali a quelle Orientali.

Carletti da sempre le COORDINATE CRONOLOGICHE, cioè le date, perché segue una modalità narrativa di due tipi:

  • la MODALITA' CRONACHISTA, che deve dire sempre il come, il quando e il dove e che permette di ribadire come ciò che si racconta sia realmente accaduto;
  • la modalità del DIARIO, scrittura dell'io (che riguarda se stessi).

Non sono presenti solo ragionamenti ma anche DISCORSI → genere letterario di tipo narrativo, esplicativo e osservativo (sostiene una tesi); viene descritta la maniera.

Questi ragionamenti sono messi insieme da due discorsi, e abbiamo notizie dal punto di vista
tecnico, ciò che riguarda i fatti accaduti durante il viaggio.
• I NEGOZI E TRAFFICI (dittologia sinonimata per la retorica): estremamente importante poiché abbiamo il punto di vista dell'autore, ovvero lo sguardo di un uomo di mercantura sul mondo, che diventa misurabile nel commercio.
• COSTUMI E MANIERE PELLEGRINE: strano, inconsueto per chi è stato in quei luoghi e per chi sta per leggere. Troveremo la precisa collocazione geografica dei posti, con un intento di verità per ciò che si sta raccontando.

•Accidente = accadimento ↔ Successo
•Pellegrinare → andare da un luogo a un'altro; senso metaforico: indica di aver passato molti pericoli e grandi spazi.

•Ragionamento → Carletti e Ferdinando I → DIALOGO (genere rinascimentale importante, genere che discute quelle verità indiscutibili, tanti punti di vista).
•Ragionamento → MONOLOGO: il Principe era disposto ad ascoltare un racconto ed interveniva poche volte per fare delle domande.

PRIMO RAGIONAMENTO delle Indie Occidentali

• TITOLI ANALITICI: rubriche in termini boccacciani, ovvero riassunti che anticipano il contenuto della novella (es Decameron).
• ANALISI DEL TITOLO: Nel titolo si usa la 3° persona singolare. E' un testo narrativo-descrittivo.
• ANALISI TESTO: Durante il testo abbiamo la 1° persona singolare, dunque vi è una modalità del testo AUTOBIOGRAFICO, e ciò implica che chi racconta di sé stia facendo un'indagine interiore, un viaggio dentro di sé.

Durante l'attacco dei pirati olandesi, Carletti perse gli appunti di viaggio oltre alle ricchezze e si scusa con il lettore con una “CAPITATIO BENEVOLENTIAE”  perchè non potrà essere preciso come voleva. La memoria è un elemento fondamentale della scrittura autobiografica, ribadisce il fatto che le cose descritte sono vere. Carletti parte per fare e non per vedere e conoscere terre nuove; lo scopo del viaggio condiziona sempre lo sguardo del viaggiatore.
Carletti procede con una descrizione e localizzazione geografica per poi raccontare i particolari e gli usi e costumi che egli incontra nel viaggio.

Nelle isole di Capo Verde ci sono molti portoghesi in maggioranza che gestiscono il commercio e colonizzano la zona. Queste isole sono vescovate e questa è un'altra caratteristica nella narrazione di Carletti. Da qui parte il confronto tra le popolazioni colonizzate e non: la narrazione si concentra soprattutto sulle donne indigene che si univano in matrimonio con i portoghesi: Carletti [pg.72] scrive che le donne portoghesi patirebbero il clima e le nuove condizioni di vita del paese quindi è quasi “necessario” che gli uomini portoghesi si uniscano in matrimonio con donne indigene. Carletti propone questa sservazione dal punto di vista antropologico in quanto se uno dei motivi per ui un occidentale può o non accopiarsi è dato dal colore della pelle, a cui a un certo punto non ci si fa più caso; Carletti percepisce quindi la DIVERSITA' come un elemento di valore relativo e non assoluto che se praticato con costanza diventa normale.

Nelle pagine precedenti Carletti si sofferma sul modo di vivere e sulle condizioni di vita di Capo Verde: i portoghesi nonostante le loro difficoltà climatiche e di costumi vivono in una condizione privilegiata di conquistatori.
[pg.70] Carletti accenna alle noci di cocco e alle banane utilizzando CONTINUI PARAGONI e assimilazioni a cose già note (es. la banana al fico o al cetriolo europeo) in quanto vuole descrivere con precisione agli europei ciò che vede. Le parole dovevano entrare in concorrenza con le capacità espressive dell'immagine per riuscire a spiegare ciò che fino ad allora era stato sconosciuto o poco noto. Sono fate ulteriori osservazioni in particolare durante il periodo delle pioggie che provocò molti guai a Carletti: in questo periodo gli europei si davano alla pesca e proprio in queste isole si potevano pescare in abbondanza grossi pesci che Carletti descrive: questi pesci pescati di notte non dovevano essere esposti alla luce dellla luna in quanto se esposti diventavano per la tradizione immangiabili (problema della CONSERVAZIONE a causa del clima). Egli si chiedeva come facessero a mangiare questi pesci “marci” e immangiabili dal gusto forte, ed accostò subito questa abitudine riscontrandola a una descrizione negativa in quanto per i portoghesi era merce da vendere e non poteva essere “malata” o deforme [pg.71].

Successivamente, Carletti descrive gli animali: l'assiduo allevamento di galline faraone e capre che col tempo può provocare la desertificazione di terreni e scimmie che durante i banchetti  reggevano dei candelabri e di simile facevano poi gli schiavi.

TEMPO STORICO INTERNO: tempo della storia raccontata sul posto comprensiva di date.
TEMPO STORICO ESTERNO: sospensione e ripresa del racconto. Carletti comunica che questo suo racconto viene fatto quotidianamente al suo sovrano Ferdinando I e quotidianamente viene interrotto e inviato ogni giorno.
Il ragionamento del dialogo è diventato in Carletti descrizione alla quale i lettori devono affidarsi.

Nel capitolo successivo [pg.74] Carletti tende ad ignorare le fila del discorso perdendo le basi del racconto e comunicando l'intenzione di accaparrarsi della merce, schiavi in particolare, che si scontra con la legge del mercato nel quale la domanda di questi in Capo Verde è molto alta e a causa di ciò l'offerta diminuisce e avviene l'incremento dei prezzi. Ma nonostante ciò Carletti si ritrova ad acquistare molto meno di quanto pensava ad un prezzo abbastanza alto x l'epoca (75 schiavi = 100 scudi ciascuno). Questi schiavi venivano procurati dai portoghesi (maggiori mercanti di schiavi) che si occupavano di trasportarli nei vari paesi colonizzati.

SECONDO RAGIONAMENTO de' viaggi...
[pg.75] Nelle pagine nelle quali viene esplicato il rapporto della domanda e dell'offerta degli schiavi e delle caratteristiche di questi, Carletti interrompe il racconto per rivolgersi direttamente al proprio Principe sottolineando come sia per lui ripugnante il mercato di schiavi e come si sia sentito obbligato di farlo al tempo in quanto per lui sono esseri umani come tutti e non trova giusto questo loro trattamento e commercio visto come un commercio di animali e oggetti.
Dopodichè Carletti racconta come avviene il commercio degli schiavi e utilizza una freddezza nella scrittura.
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LEZIONE DI STORIA
“L'Europa scopre sé stessa”
Cosa significa appartenere all'identità europea?
Verso la fine del medioevo la popolazione europea era di circa 80 milioni, mentre quella mondiale era di 400 milioni circa, quindi quella europea era 1/5 di quella mondiale. Verso la fine dell'800, però, la popolazione europea ammontò a 600 milioni rispetto ai 2 miliardi (1/3 rispetto alla popolazione mondiale). L'Europa ha scoperto e conquistato nuovi territori colonizzandoli e sottomettendo altre popolazioni; la capacità degli europei di scoprire, conoscere e integrare ciò che è diverso portò alla crescita della popolazione europea.
La cultura europea medievale nasce dall'incontro di due culture: quella dell'Impero Romano e quella dei popoli germani (barbari). La scoperta dell'America fu molto importante per gli europei in quanto scoprirono una terra completamente ignota al mondo e la colonizzarono; con questa scoperta iniziò un susseguirsi di importante scoperte.
Ma già in precedenza nel Medioevo all'interno dell'europa centro orentale ci fu un nucleo che conquistò le periferie dell'Europa Scandinavia, Polonia, Europa del Sud (nel quale arrivarono i musulmani). Ci fu quindi un'impresa di riconquista da parte di queste popolazioni che si espanse in altri territori conquistandoli attraverso le imprese cavalleresche di grandi famiglie di nobili come per esempio i Normanni (dalla Svezia si situano tra Francia e Inghilterra espandendosi poi verso il Sud dell'Italia, la Spagna, Africa settentrionale).
Coloro che arrivarono prima conquistando i territori conquistarono anche la religione e la cultura contaminandoli (es. lingue slave come il polacco accoglie molti termini di lingua tedesca, o lo spagnolo con la riconquista della penisola spagnola dagli arabi contiene molti termini derivati dalla lingua araba) → PROCESSO DI CONTAMINAZIONE RECIPROCA.
Questi movimenti di espansione concernevano, oltre alle grandi famiglie di nobili, anche le masse di contadini inducendoli agli spostamenti e ad occupare le nuove terre; questi vengono a contatto con le nuove popolazioni mescolandosi con esse → INCONTRO DI FUSIONE, INTEGRAZIONE e CONTAMINAZIONE.
Nelle città europee dell'Europa Medievale erano presenti molte persone di colore provenienti dall'Africa subsahariana a causa del processo di importazione di schiavi; a Lisbona costituivano quasi 1/5 della popolazione della città, lo stesso fu a Napoli e in Inghilterra. Spagna meridionale e Italia meridionale furono le due regioni con un maggiore flusso di schiavitù.
Quali sono gli eventi che diedero l'inizio all'epoca moderna?
1) Caduta di Costantinopoli sotto il regno di Costantino conquistata dai turchi.
Cade l'Impero Romano d'Oriente: l'Europa si trovò in pericolo in quanto nell'impero ottomano il potere politico e religioso si trova nelle mani di una stessa persona che costruisce un impero progressivamente, è un impero di tipo federale dove il capo supremo/sultano ha al suo servizio dei principi che governano le sue province. L'impero ottomano fu il nemico per eccellenza (per tutta l'epoca moderna) dell'Europa a causa della sua STRUTTURA FEDERATIVA e a causa della sua ORGANIZZAZIONE MILITARE molto CENTRALIZZATA. All'interno di questo impero ci fu una forte presenza di etnie che vivevano però ognuno secondo i propri usi e costumi (ebrei, ortodossi, indiani dell'India, schiavi).
Dopo la battaglia di Lepanto l'Impero musulmano si occupò della Persia, la Spagna perderà interesse nel mediterraneo spostandosi verso le conquiste atlantiche, le posizioni dominanti nel mediterraneo verranno acquisite da Inghilterra e Olanda.

2) 1492 – scoperta America
Il viaggio di Colombo si trovò in mezzo a tre eventi:

  • le Crociate: sono ritenute simili alla scoperta dell'America perchè durante la scoperta dell'America ci fu l'evangelizzazione e la cristianizzazione del posto e del popolo come durante le crociate. In Colombo ci fu anche un obiettivo ovvero arrivare nelle indie orientali per entrare a far parte del commercio delle spezie che rendeva ricche le monarchie;
  • la sconfitta del regno di Granada, "la Reconquista" della penisola iberica ai musulmani, espulsione degli ebrei (con successiva diaspora) dalla Spagna: si utilizzarono meccanismi di conquista che vennero applicati successivamente alla conquista dell'America, ovvero degli accordi (capitulatiòn) tra monarca e famiglie nobili alle quali si dava il potere di conquista delle terre in nome del sovrano in cambio di poteri (es. potere giurisdizionali sui feudi, l'encomienda);
  • la navigazione dell'impero portoghese nell'Atlantico che cominciò un secolo e mezzo prima della scoperta dell'America (XV-XVI secolo): i portoghesi cercavano l'oro(per pagare i mercanti arabi e orientali per acquistare le spezie), gli schiavi(il commercio degli schiavi non era ancora terminato e con la fine del medioevo rinvigorì e con la scoperta di nuove terre americane aumenterà) e le spezie(fondamentali per la ricchezza del paese, spinsero i portoghesi a navigare portandoli all'oceano indiano circumnavigando l'Africa). Navigando formarono un percorso di fortezze costruite nelle città sul mare che indicarono il loro percorso fino a Machao.

3) 1717 - pubblicazione Tesi di Martin Lutero che sancirono la spaccatura della Chiesa cristiana
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Carletti passando con la nave attraverso l'arcipelago delle Antille venne colpito da un rischiato naufragio dovuto a manovre non professionali di chi era alla guida dell'imbarcazione che rischia di disintegrarsi. Ma scampato il naufragio, ritroviamo un tipo di scrittura di carattere autobiografico nel quale il naufragio scatena in Carletti un acquirsi della febbre, già contratta in precedenza, dovuto allo spavento. Successivamente, mentre il lettore Ferdinando I si aspetta di leggere ciò che Carletti ormai sbarcato vide nel posto, egli si ritrova a leggere del tempo trascorso da Carletti durante la navigazione. Carletti descrive la navigazione e si sofferma in particolare per un lungo periodo sulla pesca e l'approvvigionamento descrivendone le modalità tecniche (tipo di pesce catturato, tipologie di esche, quanto costano le merci e quali sono, ecc). Carletti propone dei marinai fiocinatori, ovvero che, posti sull'estremità della nave e muniti di una fiocina (tridente tipo Nettuno), cercano di infilzare i pesci che seguono la nave fuoriuscendo dal mare. Egli descrive tutto ciò tenendo conto della sua mentalità da mercante e riflettendosi nei suoi scritti e nei fatti che incontra e racconta.
Nonostante ciò inizia ad aprire le sue vedute confrontandosi con il mondo straniero appuntandone le caratteristiche. Il suo tipo di scrittura sta tra l'impostazione e il rigore scientifico e quello contemporaneo. Carletti cerca di paragonare i pesci ignoti d'altura (alto mare → oceano) con quelli del Mediterraneo che il suo interlocutore ben conosceva. [pg.80] Per i marinai di Carletti tutti quei pesci che seguono la nave (con la speranza di mangiare gli scarti buttati dalla nave) formano un unico grande pesce in grado di proteggerli dalle sventure marine. Il ragionamento si conclude con la solita interruzione del racconto nel quale Carletti sta narrando il suo sbarco a Cartagena per iniziare col terzo ragionamento.

TERZO RAGIONAMENTO dei viaggi..
Appena Carletti sbarca viene arrestato in quanto non ha rispettato le leggi doganali e narra le peripezie del carcere. Nella narrazione viene introdotto un narratore, Don Pietro Bravo d'Acugna, al quale Carletti presenta le lettere redatte da Don Pietro Medici, ambasciatore di Siviglia e con le quali riesce ad uscire dal carcere. Durante il viaggio morì una buona parte degli schiavi, morte dovuta a malattie e fame. Per ciò Carletti si mostra molto rammaricato in quanto pensa alla perdita netta di soldi spesi per le licenze e l'acquisto di quegli schiavi; ma dopo poco ritorna nei suoi panni di mercante pensando agli schiavi come merce da salvaguardare e curare [pg. 82].
Colpito dal caldo della nuova terra Carletti comincia una nuova descrizione: per descrivere ciò che lo circondava nn gli era possibile l'utilizzo di paragoni, infatti le parole usate da Carletti sono generiche, e nella loro generalità evocano e si riferiscono al Paradiso terrestre, al locus amoeno, e provocano nel lettore un immagine topica, standardizzata, nella quale tutto è bello e abbondante. Ma questo luogo è ancora più straordinario del Paradiso in quanto Carletti usa dei superlativi ma, nonostante ci sia questa natura edenica, appena rientrati nell'entroterra ci si imbatte in una siepe.
A questo punto Carletti, dopo aver parlato della natura, si sofferma a parlare delle attività del luogo. In quel periodo era molto importante la ricerca dell'oro in quanto era l'unica modalità di pagamento per l'acquisto delle spezie. Queste erano importantissime poiché erano utilizzate nella conservazione del cibo.
Successivamente il suo aggravarsi della malattia lo portò a raccontare come avveniva la medicazione e la cura delle malattie: uno dei rimedi praticati era la dissezione che però era assolutamente vietata. Carletti osserva che ciò che veniva vietato dai medici europei era invece un sistema di cura per gli abitanti di quelle latitudini, ad esempio la possibilità di mangiare pesce per coloro che erano convalescenti oppure pensare che la carne di maiale fosse un antinfiammatorio.
Carletti descrive il suo viaggio in tutti i suoi aspetti: navigazione, medicina, natura, ecc. In seguito Carletti si sposterà da Cartagena a Panamà. Incontrerà degli animali di grandi dimensioni e non solo ma anche zanzare, pipistrelli..Dopo aver parlato di questi animali inizierà il suo viaggio verso la più vicina terra di Panamà, una risalita che avverrà per mezzo di piccole imbarcazioni tenute al centro del fiume e che verranno oppresse dalle piogge, dai fulmini e dalle zanzare. Dopo ben 19 giorni di navigazione arrivarono in un porto dove vennero smistate le merci che dovranno essere caricate sui muli. Il viaggio fu molto pericoloso e difficile e  l'unica cosa di cui nn dovevano temere erano i briganti, poiché gli indigeni non erano ancora influenzati dalla mentalità europea e quindi non erano estranei a questi furti.

QUARTO RAGIONAMENTO dei viaggi..
Dopo la permanenza in Perù, Carletti riprende il percorso che lo riporta verso nord (Messico attuale) per procurarsi nuove merci che rivenderà. Ma successivamente, Carletti decide di riprendere la navigazione e dirigersi verso le Indie Orientali (Filippine) anziché verso il Perù. La Nuova Spagna colpisce Carletti per la straordinaria ricchezza delle località colonizzate. Il punto di osservazione di Carletti ha due obiettivi: la natura e le attività antropiche (geografia umana ed economica del posto). Della natura osserva le differenze tra la nuova natura e quella da lui conosciuta e in particolar caso gli straordinari fenomeni naturali inesistenti in Europa (es. terremoti). Nella sua descrizione Carletti utilizza molti termini derivati da “meraviglia” quasi per mettere a confronto arte e natura. Nel suo confronto la natura incontaminata dall'uomo prevale sull'arte e questo provoca un gran stupore in Carletti. Prodotti articolari erano il cioccolato, le patate e le foglie di coca i cui semi venivano utilizzati soprattutto nelle miniere per alleviare il dolore dello sforzo dei minatori. Dei popoli nota la saggezza.
In queste nuove terre incontra mercanti cinesi, giapponesi ed europei in viaggio che, come lui, vogliono instaurare l'autorità della propria nazione nelle terre colonizzate.
Quando Carletti riporta qualcosa, lo descrive sempre basandosi sulla sua esperienza diretta. Talvolta egli propone un atteggiamento di non condivisione verso ciò che vede e descrive; ciò non vuol dire che egli si voglia impegnare affinchè le cose cambino: la sua manifestazione di dissenso, ad esempio verso la schiavitù, non comporta che egli difenda gli schiavi dalla loro situazione.
Al suo arrivo nei Mari del Sud, Carletti prosegue il suo ragionamento sugli usi e costumi degli indigeni (es. abitudini sessuali), sulla compassione (sempre mantenuta con una certa distanza) che prova verso le condizioni di vita degli indios.

NATURA → duplice interpretazione:
● visione della natura come ideale e magnifica: elogio della bellezza della natura
● visione della natura come nemica e ostile che impedisce ai mercanti la navigazione e il sopravvivere in terre estranee

Carletti mostra di essere inperturbato dal distacco con la terra colonizzata.

I rapporti con la religione
Carletti, nel corso del suo viaggio, accenna all'opportunità che in certi luoghi venisse proposta un'evangelizzazione. Carletti non è particolarmente ostile rispetto altre espressioni di religiosità, ma si limita a sottolineare il fatto che gli indigeni praticassero una religione pagana; secondo lui l'evangelizzazione è un modo di fortificare l'opera di colonizzazione. La sua posizione è quella di un consueto conformismo, però ci sono alcune situazioni in cui si prende gioco di alcune avventure di evangelizzatori (frate Francescano). Il francescano, dopo l'episodio, rincontrerà Carletti, ma afferma di non essere riuscito nella sua opera evangelizzatrice, soprattutto per problemi di comunicazione con gli indigeni. Per Carletti l'opera evangelizzatrice è necessaria, ma in fondo è disinteressato a riguardo, non prende una particolare posizione, dicendo però che la religione è un potere che si può esercitare per controllare gli indigeni. Il “discorso”, il “ragionamento”, ha uno stile narrativo, infatti lui racconta qualcosa (descritio), per informare i lettori (in primo luogo Ferdinando, e in secondo luogo gli altri lettori). Nel discorso non usa latinismi (uso però frequente di etiam) o una costruzione sintattica difficile, essendo un mercante, e volendo esprimere ciò che fa e vede in modo concreto. E' un discorso che afferma di essere un discorso orale tra lui e Ferdinando, quindi riprende la “piattezza” della forma orale. Ci sono però parole spagnole e portoghesi, oppure alcune della lingua degli indigeni (per quanto riguarda la flora e la fauna), per problemi di traduzione nella sua lingua (non sempre ci sono le parole adatte).
[pg. 93] Partenza da Panama, navigazione nel Pacifico, porto di Lima. Esordisce dicendo “se la memoria non mi inganna”, tipicamente orale, colloquiale, per riprendere artificiosamente il discorso da dove si era concluso (non è un'espressione spontanea nel discorso orale, ma è viene usato apposta nella forma scritta, in diversi gradi, per replicare una certa discorsività). [pg. 121] Conclusione non spontanea. Applica un taglio narrativo propenso alla sintesi. Dice di non voler fare del suo racconto, analitico, una storia, ovvero una forma in cui, tra i vari elementi, tutto si complica. Non parla di ciò di cui hanno parlato già altri autori prima di lui (in quel periodo erano già stati fatti molti viaggi nel nuovo mondo).
Il punto di vista di Carletti è quello di un Occidentale, curioso, che viaggia da mercante di un certo tipo di cose (tra cui schiavi). Ha dovuto constatare nei suoi viaggi la bellezza di certi Paesi, ma anche lo sfruttamento di queste terre dai colonizzatori, anche se lui non prende una posizione a riguardo, pur criticando certe situazioni (traffico di schiavi). Non si limita a descrivere le cose, ma le quantifica, essendo un mercante. Ha uno sguardo diretto, pur essendo curioso. In una chiesa cattolica costruita nelle terre colonizzate, viene messo un altare, usato dagli indigeni per i sacrifici, dentro il santuario (simbolo di totale fagocitazione della cultura indigena in quella occidentale. Carletti non è uno scopritore, ma un viaggiatore, non va in territori sconosciuti, ma in quelli già colonizzati. Ferdinando è un principe, è un interlocutore “muto”, e con lui Carletti utilizza la tecnica del confronto per fargli capire le cose.
[Carletti chiede a Ferdinando di far ristrutturare il porto di Livorno, per renderlo un punto commerciale importante nel Mediterraneo. Ferdinando è il “patrono” di Carletti in quel periodo].
Per Carletti il principe è da istruire, da informare, quindi il “cortigiano” diventa il maestro. Questa funzione pedagogica, didascalica, è messa sul piano informativo.
In Pietro della Valle, parte da un punto di vista diverso, cioè che dalle altre civiltà si possa imparare qualcosa, mentre Carletti pensava che la civiltà dominante fosse quella Occidentale, Europea.

 

 

PIETRO DELLA VALLE
Romano, ambiente culturale diverso da quello fiorentino di Carletti. E' un aristocratico, un nobile romano. Aveva come capo spirituale e politico il Papa. Parte da Venezia, cioè da una repubblica, più libertà espressiva. Pietro della Valle nasce nel 1586 e muore a Roma nel 1652. E' molto diverso da Carletti, per frequentazioni, interessi, per ambiente sociale, ecc. E' molto curioso ed intraprendente, e ciò che lo spinge a viaggiare, è la curiosità, la voglia di conoscere il Mondo. Viaggia inizialmente in Italia, resta per qualche anno a Napoli, dove conosce Mario Schifano, un naturalista, che diventerà il destinatario della sua opera (come il principe per Carletti). Dal 1609- 1614, resta a Napoli. Poi decide di partire all'estero, e ci resta fino al 1626. Lui non intraprende questo viaggio per ragioni commerciali, quindi è disinteressato. Decide subito ed elimina le zone del Mondo in cui viaggiare (no il nord d'Europa,perchè non gli interessa, no Americhe, perchè sono terre che sono state colonizzate partendo da civiltà arcaiche, e quindi non gli interessano, no Africa, perchè sono rozzi arretrati, credeva fossero in via d'estinzione per via del traffico di schiavi). Gli interessa l'Oriente come Cina, Giappone, India, perchè, malgrado le diversità hanno una struttura molto solida. Infatti ci furono viaggi verso l'Oriente già nel 1200. Selezione dei territori pregiudizievole, ma comunque era normale basarsi sui giudizi a quel tempo. Inoltre per un uomo curioso come lui, era normale che l'Africa non fosse una particolare attrattiva per lui, perchè le popolazioni africane erano considerate arretrate ecc. Lo stesso vale per le Americhe, perchè dal punto di vista organizzativo era di impianto Spagnolo. L'Europa era invece troppo conosciuta.

Mete:

  • Terra Santa: forza di attrazione per i cristiani ancora molto forte (dal Medioevo in avanti). Il flusso di pellegrini in Terra Santa fu sempre costante. Quindi va lì come pellegrino e non come viaggiatore. Per andare in Terra Santa si partiva da Venezia, per arrivare a Costantinopoli e poi in Palestina. Qui si ferma a lungo, animato anche da intenti religiosi,vorrebbe fondare un monastero, dare vita ad una attività religiosa, ma la cosa non va a buon fine e si sposta.
  • Persia: passando da Aleppo(Siria), si ferma a Baghdad, si sposa con una nativa, Sitti Maani, va ad Ismahan, Hormux e arriva in India. Nel viaggio muore la moglie e ne farà imbalsamare il corpo per poi tornare a Roma con il corpo. Tornato in Italia decide di pubblicare ciò che ha vissuto; anche in questo caso la scrittura non sarà spontanea.

Utilizza la forma della lettera, ma il destinatario non risponde, quindi è una forma particolare di epistolario. Sceglie questa forma espressiva, perchè nella letteratura odeporica ebbe maggiore rilevanza, ebbe una solidissima tradizione. Il destinatario era Mario Schifano che, una volta ricevute le lettere, avrebbe dovuto rielaborarle per la pubblicazione. Ma ad un certo punto decide di occuparsene lui, mantenendo comunque la forma epistolare. Questa rielaborazione durerà molti anni, infatti due libri furono pubblicati quando era in vita, e il terzo, postumo, curato da Schifano, quindi non si sa quale sia la vera realtà.
Queste letture vengono raccolte in 3 libri:
Libro I = prima parte del viaggio da Venezia alla Turchia;
Libro II = Persia (materiale per la maggior parte rivisto da Della Valle;
Libro III = viaggio di ritorno dall'India all'Italia.

Composti da migliaia di pagine, e la loro caratteristica è il punto di vista dell'autore: a lui interessa tutto (flora, fauna, usi costumi, strutture del potere, religione, ecc). Porta con sé un pittore fiammingo che disegnerà i paesaggi, le città, ecc. Questo pittore fiammingo impressionerà il sultano di Persia. E' un uomo curioso, e tutto lo interessa, avendo anche ricevuto molti stimoli dall'ambiente in cui è nato e cresciuto; ha molte doti, tra cui una particolare intelligenza vigile, e quindi dovrebbe essere aperto mentalmente, ma in realtà conserva dei pregiudizi e i valori tradizionali.

Le relazioni di Della Valle sono in sostanza una rielaborazione dei suoi appunti di viaggio. Se si esclude la prima relazione, le relazioni di tutto il viaggio sono sottoposte ad una lunga fase di rielaborazione, anche se non tutto il materiale vede la pubblicazione nello stesso momento. La rielaborazione consente di dare al testo una struttura e una forma estremamente controllata →  non è un resoconto spontaneo. Questa comporta una rielaborazione formale che vede numerosi tipi di testi diversi, rimandi a fonti classiche attraverso citazioni → non è solo uno sfoggio di cultura (Della Valle fa parte di un circolo intellettuale ed ha alle spalle una solidissima cultura sia classica sia contemporanea. Cita molto Senofonte e il Tasso della “Gerusalemme conquistata”). Della Valle è uomo colto e curioso, ma soprattutto ricco, quindi può predisporre un’organizzazione del proprio viaggio puntuale e sfarzosa. È cmq un viaggiatore privilegiato, anche se incorre negli stessi inconvenienti degli altri viaggiatori.

Mentre Carletti racconta la sua esperienza, ma raramente diventa il protagonista quasi romanzesco della sua relazione, questo non accade in Della Valle: egli è una sorta di eroe, come per esempio nell’ascesa al monte Sinai, quasi una parodia della “Lettera a fratello Giraudo” di Petrarca, oppure nel viaggio verso il Kurdistan. Notevole varietà anche a livello tonale e stilistico. Quello che emerge è il viaggio da oriente a occidente, con tutte le differenze tra i due mondi, un oriente portatore di una civiltà millenaria, un oriente con il quale ci sono contrasti di natura religiosa (p.e. questione musulmana e turca; contatto con la religione dell’estremo oriente, buddhismo, taoismo etc. definita dai viaggiatori di quei tempi “pagana”). Della Valle parte mosso dalla curiosità ma non per questo impreparato o sprovveduto → ci aspetteremmo quindi un atteggiamento aperto, tollerante (concetto nato con l’illuminismo), ma in questo Della Valle è di estrema ambiguità, è curioso, certo, ma nel rapporto tra oriente ed occidente, nonostante riconosca la grandezza delle civiltà orientali, ne sostiene l’inferiorità. Le considerazioni sulla condizione dello scià Abbàs mostrano una notevole riverenza nell’edizione nel 1628, ma quando nel 1654 pubblica il primo volume muta opinione: certo lo ammira, ma ne sottolinea la stravaganza e l’inferiorità rispetto a un qualsiasi sovrano occidentale. Guglielminetti lo sottolinea nell’introduzione, considerando l’aspetto della tolleranza religiosa, che mancava tanto in oriente quanto in occidente. Della Valle nel 1628 aveva dato una prospettiva particolare su questo argomento, ma nel 1654 tutto questo sparisce perché:
1. Della Valle agisce e opera nella Roma papale, non può permettersi di esprimersi a favore di una civiltà come quella orientale
oppure
2. Autentico ripensamento dovuto forse al fatto che in Europa i conflitti diventavano sempre più evidenti e difficile da sanare soprattutto dal punto di vista religioso e politico, per cui non riesce a vedere fino in fondo i pregi di altri paesi.

Correzioni d’autore coatte → è un meccanismo che troviamo in molti scritti europei della letteratura dell’età della Controriforma (dal concilio di Trento che si chiude con dogmi molto severi e si sottolinea l’inconciliabilità tra mondo protestante e mondo cattolico) per cui c’è un minuziosissimo controllo delle opere per controllare che i testi rispettino i dogmi del concilio, mentre gli artisti pretendevano libertà di espressione e di immaginazione. Tasso è un esempio da manuale di questo fenomeno, dopo che scrivendo la “Gerusalemme liberata” ne fa un’ossessione, il suo tormento non è dettato solo dalla sua ipersensibilità. La correzione la fa cmq l’autore oppure vcenivano pubblicate edizioni censurate dei libri, venivano quindi diffusi dei testi in cui l’autore non diceva in parte o in toto quello che egli stesso pensava.

Non si sa se effettivamente nel caso di Della Valle si possa parlare di correzioni d’autore coatte, ma si può ben notare la convinzione della superiorità dell’occidente. Luigi Firpo, storico specializzato a partire dagli anni della controriforma, riesamina le carte del processo di Campanella, la condanna di Giordano Bruno, fu uno dei pochi che ebbe accesso all’archivio segreto del Vaticano, aperti solo alla fine degli anni 90. (?)

[pg. 331] Abbàs è senza dubbio un sovrano dispotico, Della Valle sottolinea che Abbàs governa da solo, come di lì a poco sarebbe successo in Europa con le monarchie assolute (→ sciolto, il monarca è al di sopra del vincolo delle leggi). Alterna descrizioni dettagliate a sentenze concise e riassuntive. Sottolinea innanzitutto che Abbàs non ha consiglieri fissi, cortigiani che egli interpella costantemente, al contrario dei monarchi europei che erano circondati da un gran numero di consiglieri e ministri, il CORTIGIANO è una figura fondamentale nel governo europeo, era un’eminenza grigia, stesso potere del cardinale ma agisce nell’ombra, da dietro le quinte. I cortigiani sono però inaffidabili, tormentati da invidie personali, affidare le decisioni di un regno ai cortigiani è un rischio, quindi secondo Della Valle Abbàs fa bene a non averne, interpellando quando necessario persone fidate che danno opinione che può o meno essere ascoltata anche perché egli ha una notevole capacità decisionale, ma come dote innata, infatti non è particolamente colto, è un sovrano semi analfabeta! Di qui esempi → tutto quello che accade nel suo regno lui lo sa, di tutto è curioso, sa risolvere ogni conflitto. “Quando però non sia cosa che ricerchi gran secreto” → a meno che non sia un affare che richieda assoluta segretezza. Funzione consultiva delle persone fidate e dei messaggeri, senza alcuna mediazione. Di qui spunta il Della Valle testimone, che dice di aver assistito personalmente ad una scena simile.” Essendomi più volte in tali congressi trovato presente” → patto narrativo, Lejeune parla di patto con il lettore nell’ambito dell’autobiografia.

Prudenza → termine chiave della politica di fine ‘500. È una delle virtù che un sovrano deve avere, ma è un concetto meno stabile ed univoco di quanto sembri, esso sostituisce nel ‘500 quello machiavelliano di virtù intesa come capacità di agire che un principe deve avere, virtù è anche capacità di sfruttare un’occasione (come acquisire un nuovo principato dal ‘500 come conservarlo). La prudenza può essere sinonimo in modo generico di una saggezza sia nel sapersi muovere con circospezione, adattando le proprie azioni al risultato che si vuole ottenere. Non tutti i politici sono d’accordo, diverse concezioni di prudenza o virtù. Della Valle intende la prudenza come capacità di riflessione e decisione. Questo apparato si basa molto su una stretta e sterminata rete di confidenti → un sistema di informatori non occulti da cui si fa aiutare, con funzione di governatori e amministratori delle regioni della Persia, normalmente eletti tra i personaggi di maggior prestigio del regno, erano sistematicamente affiancati da persone di strettissima fiducia che facevano direttamente capo ad Abbàs, controllo operativo e informativo.

 

Gusto di Della Valle per l’aneddoto → una sorta ne è la definizione di Abbàs come uomo pietoso e paterno nei riguardi dei poveri, e figlio nei riguardi dei potenti, dal momento che la ricchezza sua deriva dalle ricchezze degli uomini di potere. [pg. 333] Abbàs sostiene che chi è privato cittadino nell’impero ed è particolarmente ricco è tenuto a dare parte della sua ricchezza al regno o donando del denaro al regno o ponendo il re tra i suoi eredi, poiché questi si sono arricchiti grazie alla grandezza del regno, quindi deve restituire al favore al suo regno. Della Valle ci tiene a chiarire che tutto questo denaro va a favore della res publica, non delle casse di Abbàs e più avanti Della Valle parlerà della estrema frugalità di Abbàs, per cui nonostante le sue grandi ricchezze e il suo grande potere tanto politico quanto economico (ha lui solo il monopolio sui commerci), egli è un uomo estremamente e per natura frugale, al contrario delle monarchie europee. Ostenta solo nel possedere suppellettili e stoviglie d’oro, ma queste diventano denaro in poco tempo, rimane una ricchezza dello stato.

Per ora Della Valle ha parlato solo di politica interna. L’impero persiano per gli interessi economici e l’importanza economica ha notevoli rapporti con l’estero → politica estera, sgomento e sconcerto degli ambasciatori stranieri, perché Abbàs è molto abile, non concede mai colloqui privati, e se è costretto a farlo sa spostare l’argomento su tutt’altro, dando risposte evasive, ASSENZA DI PROPENSIONE A FARSI CONDIZIONARE DA RICHIESTE CHE ARRIVAVANO DA ALTRI PAESI. Abbàs non ha una rete di ambasciatori fissa, ma quando necessario manda ambasciatori all’estero: solitamente, egli manda in stati con cui non gli interessa fare trattative persone di cui vuole liberarsi, come si può notare a pagina 334, in cui quando un funzionario chiede ad Abbàs di essere mandato come ambasciatore nei paesi cristiani, egli risponde in modo quasi scherzoso e giocoso che lì manda solo uomini che non vuole avere più nei paraggi. Nel caso in cui, invece, si tratti di mandare ambasciatori in paesi importanti per lui, come per esempio Gran Bretagna, Olanda, Turchia, la scelta si fa decisamente più accurata. Nel caso particolare della Gran Bretagna e dell’Olanda, praticamente gli unici paesi occidentali con cui Abbàs intende mantenere delle relazioni, dal momento che la ricchezza della Persia è dovuta principalmente al commercio, anche se non commercia prodotti nuovi come il tabacco o il cioccolato, ma prodotti come le spezie o i tessuti pregiati, la Persia rimane comunque il punto d’incontro del commercio tra Oriente ed Occidente, quindi nelle abilità di Assàb è anche presente la consapevolezza di dover mantenere rapporti solidi con le grandi potenze economiche e politiche europee.

DAL PRIMO RAGIONAMENTO
Elogio del sovrano Abbas
L’esercito del re persiano, riferisce Della Valle, è molto organizzato, temibile, ed è governato con il pugno di ferro, che consiste nella rigorosa punizione di soldati semplici e non se si azzardano a comportarsi come si comportavano gli eserciti europei, quindi scorrerie saccheggi violenze etc. → tutti questi comportamenti erano severamente puniti. Questo è fondamentale per il confronto oriente-occidente: in occidente gli eserciti, composti per lo più da mercenari, erano una vera e propria piaga, ingovernabili, ma non solo nel momento in cui invadevano paesi stranieri, ma era pericoloso un esercito di mercenari, perché sono facilmente corruttibili, vedi
Lodovico il Moro, che fu tradito da suo esercito, corrotto dal re di Francia. Questa è una piaga descritta anche dal Machiavelli, o dal Manzoni nei Promessi Sposi, quando parla dell’arrivo dei Lanzichenecchi, che ovunque arrivano fanno terra bruciata. Ancora una volta quindi il re di Persia è presentato da Della Valle come un uomo saggio e prudente, forse crudele e violento, ma in definitiva il suo atteggiamento risulta EFFICACE, cosa fondamentale al tempo → non è una brutalità fine a se stessa. La lettura del testo deve per questo essere storicizzata, non è che questo tipo di atteggiamento nei confronti dei sudditi fosse completamente sconosciuto in occidente (condanna a morte, tortura, punizioni corporali etc.), Della Valle ha cmq in mente nell’esposizione dell’organizzazione dell’esercito di Abbàs il confronto con gli eserciti europei e il concetto di efficacia [pg. 336]. La severità implacabile di Abbàs contro i suoi soldati non è dovuta solo ad un generico concetto di giustizia in senso teorico – o cmq non nella sua totalità - ma certo c’è anche l’abilità di Abbàs nel comprendere l’importanza del controllo dell’esercito per cui:
 I soldati sono completamente asserviti al sovrano;
 Il popolo non può che amare un sovrano che lo protegge -> i soldati comprano i loro prodotti, non li rubano.

Questa giustizia è quindi una manifestazione di prudenza, intesa come capacità di governare.

La stessa moderazione viene imposta da Abbàs quando si tratta della costruzione di qualsiasi cosa per il bene pubblico [pg. 336] → nell’altra diatrìba presente nel Principe di Machiavelli sulla preferenza di un principe avaro o prodigo, si inserisce nuovamente la figura del re persiano, particolarmente prodigo nella costruzione di opere pubbliche, avaro invece se si tratta di lusso e cose inutili, ponendosi nuovamente in contrasto innanzitutto con i sovrani occidentali, ma anche con la tradizione dei sovrani orientali a lui precedenti.

Fondamentale è l’attenzione di Abbàs per la prosperità economica della Persia, sia in quanto crocevia commerciale, sia grazie alle sue bellezze naturali. Per quanto riguarda il commercio, Abbàs si trova in contrasto con i principi mercantili della Spagna, non ci sono gabelle (tasse) dedicate al passaggio di alcune merci, i mercanti si muovono senza problemi nel regno persiano, ed inoltre Abbàs è di fatto l’unico compratore e venditore di queste merci. Egli interviene comprando tutte le merci e agendo come un “grossista”, si occupa degli accordi commerciali, quindi si fa carico anche della gestione dell’attività economica. In Persia il monopolio del governo è assoluto, non solo ha un controllo molto stretto sui suoi sudditi, ma si fa mercante lui stesso, in un atteggiamento che per un europeo è pressoché incomprensibile e inaccettabile, per cui il sostegno di Della Valle per Abbàs si fa più cauto → su certi argomenti la forza dell’esempio che Abbàs potrebbe dare non è accettata nemmeno da Della Valle.

L’arte in Persia, nel rapporto tra artista e capo, è diversa dal mecenatismo occidentale, in cui gli artisti sono finanziati ma non senza tornaconto, più o meno spiacevole (cfr il ruolo di Lodovico il Moro alla corte di Milano). Machiavelli sostiene che un tornaconto è necessario perché altrimenti è rischioso, tuttavia l’attività artistica pura e semplice non ha un’utilità pratica (anche per questo l’architettura non è completamente inserita tra le arti); Della Valle parla quindi solo di arti intese come “artigianato” → perché assume il pittore fiammingo? Perché, assai abile nel disegno, il suo disegno può essere usato PRATICAMENTE in diversi modi (progettazione e costruzione di edifici etc), per questo Abbàs apre le sue porte agli artisti di tutto il mondo, a volte anche al fine di istruire gli allievi con la tecnica del disegno  arte come teknè.

Conclusione:
 È una conclusione assolutamente elogiativa nei confronti di Abbàs;
 Il confronto tra oriente e occidente pesa parecchio verso l’oriente e forse questo ha infastidito molti europei, sudditi e sovrani. Il tentativo di Della Valle di presentare Abbàs pure come sovrano non cristiano, se dobbiamo indagare in maniera imparziale sulle informazioni sul governo della Persia, dobbiamo riconoscere che questo paese è così stabile sono perché Abbàs è Abbàs, quindi rischia di essere inapplicabile non solo all’Europa ma anche in Persia quando Abbàs dovesse morire. La potenza della Persia non si incardina infatti su una solida organicità dello stato, ma dipende tutto dalla grandezza di Abbàs stesso, non dello stato. IL PROBLEMA è CHE è UNA COSA NON REPLICABILE.

DAL PRIMO LIBRO DEI VIAGGI DI DELLA VALLE
Napoli o Costantinopoli?
Le pagine antologizzate chiudono la descrizione molto ampia delle due città. Già nella descrizione delle città, la “vittoria” di Napoli su Costantinopoli , così è ancora rimarcato nella conclusione, tenendo conto di un nuovo metro di giudizio, la maggiore o minore salubrità del sito della città. → Nelle Descriptiones di molte città dell’epoca, sono molti i riferimenti alla salubrità delle città, ma non al punto da diventare uno degli elementi decisivi per proclamare la superiorità di Napoli su Costantinopoli. Non è che C sia un luogo del tutto insalubre, ma la sua insalubrità è dovuta alla incuria degli uomini, alle condizioni climatiche → infelicità del luogo [pg. 341-342]. Certamente Costantinopoli non è la città ideale, le condizioni climatiche possono indurre numerose malattie, come la peste, malanno endemico (→ pressoché legato al territorio), e per questo particolarmente difficile da debellare. Della Valle indica come causa della peste la massiccia assunzione di cibi contenenti molta acqua, come per esempio il cocomero e il cetriolo, e il fatto che Costantinopoli è una città sostanzialmente sporca, poiché i Turchi non si preoccupano di tenerla pulita trascurando la manutenzione delle fogne a cielo aperto, costituite da canali di scolo ai lati delle strade – chiamati chiassi - che convogliano i rifiuti in zone designate. Tuttavia, nelle città europee la situazione non è molto diversa: non ci sono più le fogne al chiuso dei Romani, cfr novella di Andreuccio di Perugia nel Decameron di Boccaccio, in cui il protagonista per scappare da una prostituta che lo voleva derubare, salta da una finestra e atterra su un chiasso; anche a Napoli i rifiuti sono scaricati nel mare.

La decadenza di Costantinopoli, infine, è imputata da Della Valle alla noncuranza dei governanti e, per questo fine, Della Valle si avvale anche di argomentazioni scientifiche. Passa poi all’esaltazione della città di Napoli, [pg. 343] per le sue condizioni climatiche, per il suo sito, per la sua vicinanza al mare ed infine per la salubrità della sua aria.

Tuttavia questo confronto non può essere considerato altro se non un “a priori”, dal momento che Della Valle lo inizia già con l’intento di dimostrare la superiorità di Napoli e quindi dell’occidente; consideriamo infatti che siamo ormai lontani dall’epoca della battaglia di Lepanto (1570), e che quindi c’è in questo confronto una ragione storica e religiosa.

Un'escursione sul monte Sinai
Lezione di Letteratura italiana del 10/11/2011

Ultima parte su Della Valle - (p358)

ASCESA AL MONTE SINAI (famoso per i 10 comandamenti e per il monastero di S.Caterina di Alessandria III secolo D.C). I suoi compagni di viaggio già gli sconsigliavano l'impresa per il mal tempo, infatti nevicava, ma nulla lo fa desistere dal suo intento. Come Petrarca (il quale trova ausilio in dei montanari) Della Valle cerca delle guide ---> arabi [non è infatti interessato alla diversità religiosa]. Alcuni dei suoi lo seguono e al gruppo si aggiunge Fra Manase il quale ha la stessa funzione di Gherardo per Petrarca, cambia solo il significato. Il Frate è molto spedito/veloce, ma questo non ha un significato religioso (sfumatura presente in Petrarca) anzi, lo paragona a un daino anche in modo irrispettoso --> nota allegra/ironica in un contesto serio/drammatico --> demistifica, diventa burlesca la lettera (come quella di Marino sul Moncenisio). Caricato stilisticamente --> ironia evidente e sottolineato da termini quale ad esempio "stramazzoni". I particolari naturalistici/geografici/etnici sono rivolti al destinatario iniziale. Il tempo del racconto mantiene il suo realismo ---> arrivati sul monte pregano e mangiano (estremo realismo a differenza di Petrarca, il quale raggiunge pure lui la vetta e guardandosi attorno vede tutto il paesaggio. Della Valle invece non riesce a vede nulla). Della Valle si vanta di non essersi mai ammalato nonostante il tempo. Era vestito da pellegrino --> tunica bianca + bordone, cioè il bastone (solitamente verga = riconoscimento del ruolo di condottiero/guida/legislatore del popolo ebraico) fatto di mandorlo o nocciolo (tipico dei rabdomanti). Appunto dissacrante per l'uso marcato di ironia.

KURDISTAN
Notazioni di carattere politico/storico. Estrema ospitalità della gente, dai più umili ai più ricchi. Problema della lingua (uso di interpreti) ma il viaggiatore deve avere una certa autonomia: Della Valle conosce il TURCO (che parla correntemente), lingua dei commerci, della politica e dei traffici. Nella scrittura era più usato il PERSIANO poichè molto soave, anche troppo ---> destinato alla letterarietà e non ai discorsi importanti quelli politici, resterà quindi marginale per sempre secondo lui (un po' come l'italiano). Il viaggiatore deve assumere un cambiamento d'aspetto, di costumi per non suscitare diffidenza. Paesaggio ostile per il tempo. Della Valle non critica ma si adatta a tutte le usanze. Egli trova nel Curdistan cordialità, generosità e grande apertura etnica.

COPIARE BENE SOPRA…......Pietro della Valle parte con un gruppo di amici, tra cui un monaco, verso l'ascesa al monte Sinai. Questo monte ha da sempre una grande importanza x i cristiani in quanto sull'estremità di questo monte Mosè ricevette le tavole della legge e sul monte era stato eretto un monastero in onore di Santa Caterina D'Alessandria (santa che doveva essere martirizzata su una ruota dentata che però, non funzionante, la portò alla decapitazione; in seguito alla decapitazione arrivarono degli angeli che la portarono sul monte Sinai). Nonostante le difficili condizioni metereologiche (molta neve) P.D.V. decide di partire comunque verso la sua meta. Esattamente come Petrarca egli cerca e trova delle guide: (montanari per Petrarca nel monte Vantù) degli arabi che gli mostrano il cammino.
P.D.V. è vestito come un pellegrino [pg. 358]. Durante tutto il suo viaggio e la permanenza in terra santa il suo abbigliamento comprendeva una tonaca bianca e il bastone tipico del pellegrino chiamato “bordone” che era la verga dell'albero di Mosè (riconoscimento dato a Mosè della sua funzione di condottiero degli ebrei; questa verga era fatta di legno di mandorlo o nocciolo, secondo gli studiosi della Bibbia essendo un bastone che fiorisce. Si diceva che questi legni avevano la capacità di ricercare fonti d'acqua). Si trova dell'ironia nel paragone del monaco vestito con la lunga tonica e un daino che si arrampica tra i monti (→ rapporto di intertestualità tra testo Petrarca e testo Della Valle).
Le strade che trova Della Valle nel suo cammino sono molto strette e ripide e mettono a repentaglio la sua vita a causa anche della neve; la tensione viene però messa in secondo piano grazie all'utilizzo dell'ironia [pg. 359].
Della Valle parla prima dei suoi accompagnatori (ad es. il pittore fiammingo, il servo Tomasetto e il monaco) e poi di sé stesso. In queste descrizioni si avverte un ritmo comico.

Dopo aver riposato, pregato e mangiato ripartono verso la Valle. La discesa viene rappresentata come un gioco nel quale l'unico modo per scendere è scivolare giù.

Situazione analoga alla precedente, a causa del clima, è quella del viaggio verso il Kurdistan: abitato da turchi, questo paese venne raso al suolo e desertato.

 

 

 

 

 

FRANCESCO BELLI
[pg. 429]

Francesco Belli è una figura piuttosto interessante nel panorama letterario di fine ‘500 e inizio ‘600. E’ originario del Veneto: i dati relativi al luogo preciso di nascita non sono chiari; alcuni sostengono che sia veronese, altri sostengono che sia vicentino → convinzione più accreditata. Un aspetto molto importante è dato dal fatto che trascorre la maggior parte della propria vita a Venezia e quindi è l’ambiente culturale veneziano che contribuisce alla sua formazione. Venezia costituiva un luogo particolarmente vivace sotto il profilo culturale: si distingueva dal resto della penisola in quanto era l’unico Stato ordinato a repubblica (→gli altri erano principati). Il modello politico e culturale che Belli ha in mente e con il quale andrà a confrontare i Paesi che attraversa, di conseguenza, è un modello atipico, diverso da tutti gli altri, ma soprattutto è un modello diventato esempio di libertà e autonomia (→ il concetto di libertà aveva un significato diverso rispetto a quello che ha oggi. La repubblica veneziana è un esempio di libertà ma è una repubblica oligarchica, una repubblica aristocratica: c’è un senato e un capo del governo (→ il doge), ma l’accesso al senato non avviene tramite le elezioni a suffragio universale → la repubblica veneziana segue quindi un modello istituzionale diverso da quello a cui siamo abituati noi ). Tra la fine del ‘400 e durante tutto il ‘500, Venezia rappresenta il centro dell’editoria italiana (→ si potevano stampare libri che in altri luoghi sarebbero stati censurati)e degli scambi commerciali (→ città di incrocio).
Aldo Manuzio : editore, tipografo e umanista italiano. E’ ritenuto il maggior tipografo del suo tempo e il primo editore in senso moderno. Introdusse numerose innovazioni destinate a segnare la storia della tipografia fino ai giorni nostri. Scelse Venezia, intorno al 149, nel momento del suo massimo fulgore, come sede più idonea per la sua tipografia. 
Successivamente, però, Venezia inizia a risentire dello spostamento dei traffici commerciali in Oriente, in seguito alla scoperta delle Indie occidentali. Questo avvenimento ha un’influenza negativa nei confronti della potenza veneta, la quale cade in declino sia via terra sia via mare (→ essere veneziani, quindi, vuol dire essere parte di un ambiente culturale in declino).
Tra la fine del ‘400 e durante tutto il ‘500 si assiste, in Italia, alla proliferazione delle accademie. L’accademia era una riunione libera, nel senso che era istituita da intellettuali di vario tipo che si radunavano per studiare e approfondire argomenti, produrre ecc.; una libertà che nel corso del ‘500 viene erosa dalle strutture del potere, in quanto la maggior parte delle accademie diventano uno strumento di politica dei principati italiani → oggi la parola ‘’accademia’’ è sinonimo di università. Un esempio di questa operazione lo possiamo osservare a Firenze, con ‘’L’accademia degli Umidi’’ che progressivamente si trasforma in ‘’Accademia Fiorentina’’, riorganizzata e diretta da uomini del Duca di Firenze, Cosimo I. Venezia, anche in questo caso, si distingue dalle altre città italiane, dato che le accademie riescono a mantenere un po’ di autonomia (→ Giovanni Francesco Loredano o Giovan Francesco Loredan → fondatore dell’Accademia degli Incogniti ). Nel corso del ‘500 si crea il mito di Venezia, coltivato sia in Italia, sia al di fuori di essa (→ si ricorda che Venezia, la cui forma di governo è la repubblica, è la patria della grande fioritura e della libertà, intesa ovviamente in senso cinquecentesco e non come lo intenderemmo noi oggi). Belli intraprende il suo viaggio partendo da Venezia; all’andata giunge in Svizzera e in Germania fino ad arrivare in Olanda, dove si ferma per un periodo; al ritorno passa dalla Francia e dalla pianura padana (→ Torino). È un viaggio nel corso del quale Belli ha sempre presente l’Italia e Venezia, considerati i 2 modelli; il giudizio è negativo per quanto l’Italia e positivo per quanto riguarda i paesi visitati, ma Venezia pareggia i conti e in certi casi ottiene una posizione vincente → Il concetto di Italia e il senso di appartenenza all’Italia è molto più antico rispetto al concetto di unità.
Francesco Belli parte nel 1626, al seguito della carovana dell’ambasciatore Giorgio Zorzi, il quale parte per una missione diplomatica in Olanda. L’Olanda stava diventando il cuore pulsante dei traffici e dei commerci europei, aveva il predominio  delle province unite (Paesi Bassi o Fiandre ), di cui una parte era cattolica e una protestante (→ le vicende, sono quindi complicate anche da dissidi di carattere religioso). Di conseguenza, Venezia aveva interesse a stipulare accordi e mantenere rapporti con essa. I Paesi Bassi riescono a mantenere e addirittura ad accrescere (→ cosa che colpisce tutti i viaggiatori) una prosperità di carattere economico, nonostante i conflitti difficili e perturbanti. Nel corso del ‘500  assume importanza il grandissimo movimento intellettuale in Europa; infatti, alle grandi categorie di viaggiatori, dobbiamo aggiungere l’imponente traffico di letterati, mossi dallo spirito di conoscenza. Giordano Bruno, per esempio, si reca a Venezia, mosso dall’offerta di un nobile veneziano, che successivamente lo  denuncia alla pubblica inquisizione.
Le posizioni religiose di Belli non sono chiarissime: apparentemente è un laico, ma, ad un certo punto della sua vita, prende posizioni religiose → La via ecclesiastica era la strada che permetteva a molti di uscire dai momenti problematici, di bisogno; era una strada percorsa da secoli da molti intellettuali. Tralasciando questo sacerdozio, che tra l’altro Belli assume abbastanza in là nel tempo, se leggiamo le osservazioni che fa durante il viaggio, non possiamo giudicarlo un eterodosso*, anche se non mostra mai né fastidio nè un atteggiamento di particolare censura nei confronti di essi.
*eterodosso: con la parola eterodossia ci si riferisce ad una serie di opinioni, ideologie, scelte di vita o credenze non in linea con quelle dominanti o maggiormente diffuse. La parola ‘’eterodosso’’ è spesso usata in modo contrastivo alla parola ‘’ortodosso’’, per sottolineare e rivendicare la propria posizione non allineata a quella tradizionale → gli eterodossi erano i protestanti.
Belli segue un percorso tradizionale, scopre terre incognite, non possiamo aspettarci rivelazioni sconvolgenti …. L’interesse di Belli è orientato all’attività umana: è interessato al paesaggio, ma a quello antropizzato; è più interessato alla GEOGRAFIA UMANA rispetto alla GEOGRAFIA FISICA -> TRATTO IMPORTANTE!!!
Per quanto riguarda la struttura di questa relazione, la parola ‘’osservazione’’ nel viaggio, sottolinea l’elemento cruciale della relazione; non è solo un racconto, una narrazione, una descrizione delle terre attraversate ma è una vera e propria OSSERVAZIONE, durante la quale Belli si pone (come se avesse un microscopio) di fronte alle terre che attraversa, come farebbe uno scienziato → I TITOLI SONO MOLTO IMPORTANTI (→ Il titolo della sua relazione è ‘’Osservazioni nel viaggio’’). L’opera di Belli non viene scritta immediatamente al ritorno a Venezia, ma viene pubblicata soltanto nel 1632; di conseguenza gli appunti sono stati soggetti ad un’opera robusta di rielaborazione e di revisione da parte dell’autore → non viene scritta di getto, nel momento in cui l’autore attraversa i vari paesi, ma è un’opera  che nasce dagli appunti che Belli aveva preso durante il viaggio, successivamente rielaborati, sia per quanto riguarda ‘’l’ordine’’, sia per quanto riguarda la struttura (→ molto complessa, in quanto il Belli vi aggiunge tutta una serie di componimenti poetici (26 sonetti), che vengono composti e rielaborati, tra i quali sono inserite discussioni su questioni accademiche che riprendono una consuetudine che vigeva a quel tempo; le discussioni tra i personaggi sono considerate normali vista la lunga durata del viaggio).   
L’antologia non ci propone il racconto del viaggio dall’inizio, ma parte con il passaggio di Belli e dei suoi compagni dalle Alpi e con l’arrivo nel territorio svizzero. Il giudizio che Belli ha nei riguardi della Svizzera è molto complesso, in quanto, da un lato giudica gli svizzeri persone tutto sommato selvatiche, specialmente nelle zone delle vallate alpine (che attraversa), con usi e costumi stravaganti, ma dall’altro, riconosce che la svizzera cittadina è diversa da quella delle valli e delle campagne. Un elemento che colpisce Belli e sul quale basa l’elogio di questo popolo (che pur mostra tanti segni di arretratezza, secondo il punto di vista di un civilizzatissimo veneziano) è il senso di libertà e di giustizia, che viene applicata con estrema severità e che fa parte del patrimonio genetico di questo popolo → ‘’…Si argomenti di qui che presso loro la giustizia non è mai sonnacchiosa, luntana o negletta…’’ → all’angolo delle strade c’erano le forche che fungevano da monito.
 (→ Pag. 433, riga 13): siamo di fronte ad una descrizione di geografia antropica. Durante l’attraversamento di questa valle, non tanto gradevole secondo Belli, si imbattono in tre uomini disarmati per ogni parte (→ incontro del tutto casuale, rappresenta un avvenimento di vita quotidiana che colpisce molto Francesco). Successivamente vi saranno altri incontri importanti (→ Per esempio, quando si recano in un’osteria dove i cibi sono poco invitanti). Quello che lo colpisce a proposito delle osterie è il fatto che sono di proprietà di ex comandanti. La Svizzera era la fonte primaria di provenienza dei soldati mercenari, coloro i quali tornavano in patria con bottini di un certo rilievo → i mercenari, quindi, investivano i loro soldi nelle locande. Un’altra particolarità sta nel fatto che i mercenari si dedicavano a questa attività anche durante la loro carriera, non solo alla fine di essa; si fermavano ovviamente solo quando venivano ingaggiati.
L’attrazione verso la figura femminile da parte di Belli è un fattore che abbiamo già trovato nella relazione di Carletti → Belli rimarrà molto colpito dalle donne olandesi (→ vedremo perchè), ma le donne svizzere, invece, non lo colpiscono, in quanto sono rustiche, sgarbate e non sono affatto amabili.

Il titolo del testo determina la visuale e l'osservazione dell'autore, egli infatti racconta di cose vere che ha realmente visto. Altro elemento caratteristico nel passo successivo all'ingresso in Svizzera è la particolare visione della natura: mentre Carletti&co. dimostrarono attrazione verso una natura diversa e straordinaria rispetto a quella a cui erano abituati, Belli invece fu meno aperto nei confronti della natura selvaggia e incontaminata. La sua attrazione è esercitata da una natura dominata dall'uomo la quale è stata modificata dal suo artificio.

LA VALLE DEL RENO → la particolarità è che la zona viene attraversata via fiume, e questo fa sì che l'osservatore adotti un particolare punto di vista (vede scorrere le terre a distanza davanti a sé). La prospettiva dell'acqua rende a Belli la visione delle terre lontane quasi svanente, mentre per altre terre lui ha la possibilità di visitarle e vederle da vicino. Si tratta di un percorso che riscuote un grande consenso nello scrittore. Magonza, città della renania, riscuote gran successo per Belli: lui e il suo equipaggio qui vi fecero tappa. Fu una città che rimase cattolica, nonostante la gran parte della Germania divenisse protestante. Belli non è uno spirito che esprime una particolare attenzione e riguardo per la religione e molto spesso quando si toccano argomenti religiosi Belli si tiene fuori dai commenti, omettendo o lasciando intendere i suoi punti di vista. Belli non cela l'ammirazione per quei paesi nei quali la religione praticata non è quella cattolica, e si nota nel resoconto delle terre olandesi (una parte protestante, una cattolica). (→ vedi Francesco Pona lucerna)
[pg.439] riferimento Annales di Tacito →  nella narrazione della costruzione degli argini del Reno. Tacito avvertiva della presenza del celebre Colosso di Rodi: Belli non è andato a verificare se quanto sostiene l'autoritas antica corrisponde ancora alla realtà o no.
[pg. 440] Paragone religiosità nuove terre e religione cattolica italiana. Successivamente Belli tesse un vero e proprio elogio che esaltava la bellezza del sito (Magonza), dell'architettura, della religiosità e dell'attività degli abitanti.  

OLANDA → paragone elementi noti: città Laia paragonata a Venezia. Belli osserva
Descrizione negativa della natura del luogo in quanto ostile all'uomo.

Dopo aver parlato dei problemi e delle questioni nelle terre conquistate, Belli propone degli argomenti sotto forma di osservazioni generiche molto interessanti in quanto Belli pensa sempre paragonando ciò che vede nel suo viaggio all'Italia. La popolazione è definita fiera e paziente e manifesta un'attività, la marineria (o navigazione), che stava diventando di assoluta importanza in tutto il mondo ed era una delle maggiori risorse dei popoli. Belli continua con una serie di osservazioni che mettono in rilievo la natura generale dei popoli e osserva che essi danno il meglio di sé solo quando sono in guerra o in conflitto avendo una natura particolarmente bellicosa, inoltre osserva anche la scrupolosa osservanza delle leggi rispettatissime e fatte rispettare. La conclusione del capitolo sull'Olanda, che ci perviene, mette in rilievo una caratteristica naturale del paese connessa alla negatività del clima e territorio Olandese che Belli ha già trattato (mutevole, insolare), inoltre questo paese è soggetto a sviluppare epidemie alle quali però la popolazione sembra essere diventata immune e resistente (peste, morsi dei serpenti velenosi, ecc). Infine la conclusione finale descrive coincisamente l'Olanda descrivendo i tratti principali.

FRANCIA → Lascerà nel Belli il ricordo della bellezza del paese e perplessità per l'ordinamento politico e sociale del paese.

Belli torna in Italia attraverso il VALICO DEL MONCENISIO, descritto poco prima in una lettera di Gianbattista Marino a Enrico Falconio: modello che rimane nello sfondo per le sue caratteristiche che invece mancano nella descrizione del Belli. Il Valico del Moncenisio, narra il Beli, è un posto partiocolarmente insidioso, freddo, e qui egli dovette confrontarsi con gli abitanti scontrosi del posto. La narrazione del Belli in questa circostanza non segue i moduli fissati precedentemente da Marino (descrizione valico: vera e propria peripezia con corredo di particolari, stili e registri). La narrazione è alternata da ampie disposizione di stampo erudito: questa narrazione nel genere della letteratura di viaggio segue la stessa modalità in scala ridotta del romanzo di primo '600 → il protagonista mentra sta per iniziare a raccontare l'avventura si interrompre e apre una parentesi di tipo erudito: evocazione di autoritates nel confine. Succesivamente il racconto dell'avventura mancata (per parentesi e perchè non c'è in quanto manca dei pericoli e dei momenti di suspance) continua molto tranquillamente cn la descrizione di questi luoghi montani. Passata Avigliana e Rivoli, Belli arriva a Torino che all'epoca era una città importante resa tale dal Duca Carlo Emanuele I di Savoia (successore del duca Emanuele Filiberto → risollevò il ducato di Savoia politicamente e non) che, dal punto di vista militare propose una politica molto dura. Inoltre questa città stava cambiando anche dal punto di vista artistico, urbanistico e architettonico; non fu per niente una città minore ma non suscitò nel Belli l'impressione di una città che meritasse stima paragonandola sempre e comunque a Venezia, sua città natale. L'impressione torinese non è, quindi, particolare: è una città piccola ma delicata, capitale delle feste che in quegli anni erano particolarmente sontuose e non avevano solo carattere ludico ma erano una manifestazione di potere del principe. Belli descrive poi la fisicità della città, la sua posizione, parla del Po e dei palazzi/dimore principesche che a giudizio del Belli non sono gran cose (allusione a Palazzo Madama → 4 torri). Belli si trattiene dal parlare delle ville (dimore di campagna dei duchi), che non vide; una di queste era la famosa villa di Mirafiori.
Nelle relazioni di viaggio l'autore si prefigge di raccontare ciò che vede, ma il Belli colma le lacune delle visite mancate attraverso la ripresa e la riproposta di fonti geografiche già scritte preferendo di tacere la sua impressione su un certo argomento.

 

 

 

FRANCESCO NEGRI
[pg. 565]
Forma letteraria di scrittura: la lettera.
Ebbe una cultura non approfondita che rimase alla superficie delle cose, personaggio umile e povero amava molto l'esibizione.
Nel 1963 parte da Ravenna con la curiosità di vedere il mondo, ma a differenza degli altri non faceva parte del circuito internazionale dei mercanti e partì da solo con le sue poche risorse mantenendosi lavorando. Il suo viaggio durò tre anni e la scelta stravagante (al di fuori dei normali circuiti) della meta che avvenne quesi per esclusione: non furono le terre delle Indie Occidentali, non furono le parti più note dell'Europa, ma furono le ancora sconosciute terre settentrionali del Nord Europa. All'inizio del '500 la penisola Scandinava era un territorio ancora incognito e la sua cartografia non aveva avuto ancora una precisa interpretazione e questo luogo poteva avere ancora nuovi luoghi e caratteristiche da scoprire e questo influenzò Negri nella sua scelta. Iniziò con un viaggio via terra verso il punto più alto del Polo Nord, ma non riuscendoci, torna indietro fermandosi a Stoccolma per riprendersi. Successivamente riprese il viaggio, ma questa volta via terra, verso la Norvegia raggiungendo infine il capo nord. Fu il primo italiano ad aver indossato gli sci e li descrisse.
La struttura letteraria di quest'opera (è articolata in 8 lettere indirizzate a vari destinatari: come Francesco Belli, Negri elaborò molto gli appunti presi praticando un operazione analoga a quella del Belli, ovvero inserì molte citazioni di autori antichi e contemporanei che gli diedero forte appoggio nelle sue descrizioni. La sua tecnica citazionale è molto più brutale e rude di quella del Belli, non si amalgama bene al resto della narrazione.
Nel suo viaggio si alternano elementi tipici della cultura barocca, come i prodigia → elementi di meraviglia, fantasia e prodigio (es. storie, credenze, miti), a elementi realistici e crudi (es. la caccia alle foche). Uno dei motivi del suo viaggio è di carattere antropologico-etico-morale: egli non voleva ripercorrere i troppi passi che all'epoca si erano accumulati in posti comuni. Egli ritiene che le popolazioni nordiche abitando in luoghi freddi siano una popolazione più vicina a quella che era definita stato di natura e più virtuosi degli altri. Negri parte, quindi, con queste due idee: non percorrere luoghi comunemente visitati e convinzione che al nord l'umanità sia migliore rispetto a quella delle terre calde e temperate. Il suo pregiudizio diventa una convinzione confermata dai fatti e si nota fin dalla parte dedicata ai Lapponi, popolazione molto schiva e restia, nonostante godesse di alcune agevolazioni dal governo svedese (es. formazione gratuita). Essi, per esempio, non volevano mandare i figli in altre città diverse dalla loro in quanto temevano che potessero perdere la propria cultura e pensiero.
La descrizione delle caratteristiche (vizi e virtù) dei Lapponi è svolta in contrapposizione con i peccati capitali quindi per negazione, partendo dalla lussuria (per clima, cibi) e dalla gola, avarizia → eccesso di sobrietà. Questa mancanza di vizi è dovuta secondo il Negri a una spiegazione scientifica proprio a causa del clima.
I Lapponi sono come la propria terra che non produce ne frutti né spine e quindi non hanno né virtù né vizi; questa assenza è definita dalla condizione degli uomini nella mitica Età dell'Oro che successivamente diventerà lo stato di natura. La felicità dei Lapponi si avvale dell'assenza di tre grandi mali del mondo: peste, guerra e fame:

  • la condizione di separatezza dei Lapponi dagli altri popoli (terre deserte e lontane) li tiene lontani da quella che continuò ad essere una delle più grandi calamità fino al '700, cioè la peste (1348 – Boccaccio Decameron, primi del '600 Manzoni Promessi Sposi);
  • la guerra nel '500 e nel '600 devastò tutta l'Europa: guerre con ragioni politiche, religiose, conflitti su grande (potenze europee) e piccola scala;
  • la fame, infine, è da sempre una conseguenza dovuta e legata a peste e guerra che portano la carestia.

I Lapponi sono molto dediti alle arti magiche e superstiziose e la loro è una magia bianca, sottolinea il Negri; questa visione edenica (→ pace, no malattia, no carestia, no peste, no guerra) è incrinata dalla tendenza/attrazione dei Lapponi verso le arti magiche.

 

 

GIOVAN BATTISTA PACICHELLI
[pg. 661]
Giurista, al servizio di Papa Clemente X, viaggia dal '72 al '77. Rientrato in Italia va in missione nel Regno di Napoli sul quale scrisse un'importante storia nel 1603. Successivamente è al servizio di Ranuccio II di Parma.
La Pace di Vespaglia aveva messo fine alle guerre in Europa, diminuendo i conflitti religiosi. Inoltre si era ripristinato il Principio della Pace di Augusta (1559 circa): svolta parziale ai conflitti religiosi → Principio del cuius regio eius religio: i sudditi dovevano assumere la religione del proprio sovrano; questo venne attuato poichè molte volte il principe assumeva una religione luterana o cattolica e ogni suddito invece sceglieva la propria religione e questo portava alla divisione del regno.

“MEMORIE DEI VIAGGI PER L'EUROPA CRISTIANA”
Pacichelli usa nella sua opera la forma della lettera inviata a più destinatari; queste lettere possono avere un carattere fittizio, ovvero non è sicuro che egli le abbia spedite ma è possibile che le abbia solo raccolte al suo rientro in Italia.
Il titolo è significativo. Analizziamolo in rapporto ai titoli precedentemente trattati:

  • “Ragionamento del mio viaggio intorno al mondo” (Carletti) → l'aggettivo possessivo dichiara come l'opera non sia geografica ma definisca l'esperienza dell'autore dichiarandola;
  • “I viaggi...” (Pietro della Valle) → opera che parte da un'esperienza personale (viaggio in Persia) ma che si mostra al pubblico come un trattato, in quanto ha il titolo dei trattati. Il termine viaggio rinvia ad un genere in cui si narra un'esperienza di carattere personale;
  • “Le osservazioni del viaggio” (Francesco Belli) → l'autore assume una posizione di osservatore attento di ciò che lo circonda per poter entrare nel vero significato. Il titolo suggerisce come non si rimarrà alla superficie delle cose;
  • viaggio settentrionale (Francesco Negri) viaggio personale  che delimita il luogo
  • Memorie dei viaggi per l'Europa cristiana” (Pacichelli) → Il termine memorie è un termine che ci introduce in un genere letterario, delle memorie appunto, di natura autobiografica. Sinonimo parziale di ricordi, il termine “memorie” è ritenuto nella storia letteraria più adatto a designare quel genere autobiografico che si fonda sul ricordo. Il termine viaggio rinvia ad un genere in cui si narra un'esperienza di carattere personale. In Pacichelli si ha una delineazione geografica dei luoghi: egli percorre l'Europa viaggiando per i paesi cristiani riformati. Usa l'aggettivo cristiana per volontà di non voler sottolineare la rottura dopo l'esplosione della riforma religiosa.

Pacichelli viaggia verso la Germania al servizio di  Papa Clemente X: viaggia nel cuore della riforma protestante soggiornando per parecchio tempo a Colonia e qui viene introdotto nelle case dei diplomatici, funzionari, ministri e nobili a stretto contatto con un mondo protestante  nel quale da tempo si era creata una frattura inrisanabile. Pacichelli cerca di avere un approccio che non respinga questo mondo protestante.

I PROTESTANTI SONO FRATELLI? [pg. 663]
Passo nel quale Pacichelli descrive il suo soggiorno a Colonia e scrive al Vescovo Pellegrini di Avellino. Pacichelli esordisce con un atteggiamento di apertura nei riguardi del mondo dei protestanti, dicendo che in Italia si ha un'immagine distorta del mondo protestante che invece la frequentazione annulla. Pacichelli riconosce ai protestanti una notevole morale ed una notevole abilità politica, sono ospitali e cortesi, sono soccorrevoli e uomini di fede profonda che alimentano continuamente.

Proselitismo → farsi dei seguaci a tutti i costi (termine negativo)

LA ROYAL SOCIETY
Secondo passo: storico-religioso
Anglicanesimo → non è una religione formata, mantiene molti princìpi dottrinali e strutture (gerarchia ecclesiastica) del cattolicesimo.

 

 

 

 

 

GIOVANNI FRANCESCO GEMELLI CARERI

Duomo di Milano → monumento importante, che aveva impegnato parecchio tempo nella sua produzione. Viene osservato da Careri con uno spirito critico che deriva dal fatto di provare fastidio nei modi dell'arte che si ricollegavano al Medioevo (come umanisti e rinascimentali). [pg. 689] Careri viene solamente catturato da una statua (corpo martirizzato) dell'intera costruzione: nell'osservarla mantiene in ogni caso un gusto barocco che si intreccia con una nuova e diversa visione dell'arte del mondo. Successivamente, sottolinea che anatomicamente non è una gran statua e, prendendo un passo di Orazio (3, atto secondo → discussione su ), interviene con una citazione particolare descrivendo l'opera mediocre in quanto non sa rappresentare con fedeltà e realismo i particolari e il soggetto rappresentato. Mentre Careri non si pronuncia, Orazio aggiunge che la capacità di saper rappresentare i particolari non vuol dire aver prodotto un'opera d'arte, in quanto questa si ha nel momento in cui si replica il tutto, l'insieme.

[pg. 690] 23/5/1686, in forma di lettera, Careri accenna alla Gloriosa Rivoluzione che terminò con la decapitazione del re Carlo I Stuart. L'unica soluzione possibile per superare la crisi della monarchia inglese era porsi verso il dispotismo. Ma per l'inghilterra la soluzione sarà differente.
Careri parla della popolazione, dai nobili ala plebe. Successivamente della morte e della scarsa cura dell'imortalità dell'anima facendo si che non si tema la morte (→ censura di carattere filosofico-religioso).
[pg. 691] Careri riconosce l'estrema abilità e coraggio degli inglesi sui mari, abilità che li porta ad essere i più temibili pirati del tempo e, soprattutto, porta l'Inghilterra a una fioritura economica che la privilegierà nei secoli successivi. Traffico militare-mercantile, questa era l'attività degli inglesi definita pirateria.
Careri parla inoltre delle molteplici sette religiose (orietamenti religiosi) presenti, come ad esempio la setta ANGLICANA e quella EPISCOPALE(gerarchia ecclesiastica). Il re svolgeva, oltre ai suoi doveri, anche il ruolo che svolge l'attuale Papa. Nel '500/'700 il termine setta aveva un significat differente da quello attuale, indicava i vari ordini religiosi, o filosofici; mentre oggi ha un significato prettamente negativo.

Parlando dei Quaccheri, Careri dice che tutti gli uomini sono uguali, riferendosi al ruolo che essi svolgono nella società.
Le sette sono pericolose per due motivi:

  • sono una rappresentazione della libertà in quanto ciascuno pratica il culto che vuole;
  • capacità di chi è suddito di dare un corso diverso alla politica.

TEST ACT: normativa che precludeva ai cattolici l'esercizio delle funzioni pubbliche. Giacomo II tentò di far abrogare questa normativa, ma ciò non gli riesce ed egli è costretto ad affrontare un'opposizione congiunta(nascente partito conservatore e liberale) ed è costretto a ritirare questa iniziativa e col tempo verrà poi obbligato ad estromettersi dal potere.

LIBERTA' DI COSCIENZA → pericoloso ateismo secondo Careri, perchè ciò indebolisce lo Stato. 

Fonte: http://appuntimedlingto.altervista.org/appunti/Uploads/VIAGGIATORI%20del%20'600%20-%20appunti.doc

Sito web da visitare: http://appuntimedlingto.altervista.org

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