Dante Alighieri

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Dante Alighieri

 

Dànte Alighièri (Firenze 1265-Ravenna 1321) È considerato, grazie alla sua opera maggiore La divina commedia, uno dei fondatori della letteratura italiana. Dante Alighieri nacque a Firenze nel maggio 1265, da Alighiero di Bellincione e da Bella d'ignoto casato. Era una famiglia nobile, non ricca, e schierata con i Guelfi. In quegli anni Firenze stava diventando la città più potente dell'Italia centrale e una delle maggiori per ricchezza e popolazione del mondo occidentale. L'attività manifatturiera e mercantile l'aveva resa indipendente dalle strutture e dai poteri feudali. I Guelfi ritornarono al potere a Firenze nel 1266 e bandirono i Ghibellini che erano al governo da sei anni. Poche le notizie sull'infanzia del poeta. Da alcuni documenti risulta che Dante perse la madre all'età di tredici anni e il padre nei cinque anni successivi. Secondo la narrazione della Vita Nuova nel 1274 all'età di nove anni, ebbe il primo incontro con Beatrice della quale si innamorò. Rivedendola dopo nove anni ne ebbe un dolcissimo salutare e gli sembrò di raggiungere la beatitudine. Da questo momento iniziò per Dante il percorso decisivo che l'avrebbe portato all'affermazione della sua moralità e libertà in mezzo agli impulsi della passione. Dante fece tirocinio letterario con il poeta stilnovista Guido Cavalcanti (ca. 1250-1300) al quale sono ispirate le prime poesie dellaVita Nuova (1292-1294). Nel periodo compreso tra il 1283 e il 1290 Dante scrisse le poesie dei primi ventisette capitoli della Vita Nuova e parte di quelle comprese nelle Rime. Nel frattempo sposò Gemma Donati (1285) e cominciò a partecipare attivamente alla vita politica del comune fiorentino. Già dalle prose della Vita Nuova risulta che verso il 1293 la cultura di Dante si estendeva oltre il campo della poesia volgare con la lettura del De consolatione Philosophiae di Boezio e del trattato De amicitia di Cicerone. I segni di questa trasformazione si possono trovare nel Convivio che presenta una versione diversa dell'episodio della donna gentile inserito nella Vita Nuova, traspare la tentazione amorosa, ma Dante cerca di rifarsi una degna reputazione dando rilievo alla sua appassionata competenza in filosofia. La vita politica di Firenze era stata modificata dagli Ordinamenti di Giustizia (1293) che toglievano il diritto di partecipazione a coloro che non fossero iscritti a un'Arte, quindi a tutti i nobili che ritenevano per etica di classe di non dover esercitare un mestiere o una professione. Questa disposizione colpì anche Dante, ma nel 1295 gli Ordinamenti furono rivisti e i nobili riammessi a partecipare alla vita politica con l'impegno di farsi registrare nel libro di una delle Arti. Dante entrò a far parte di quella dei medici e degli speziali. Documenti d'archivio che si riferiscono agli anni dalla fine del 1295 all'autunno del 1301 permettono di seguire la traccia di Dante in molti consigli e uffici del Comune, mentre si acuiva in città la lotta tra le fazioni dei Bianchi e Neri che si erano sostituite ai Guelfi e ai Ghibellini. Al 1296 risale probabilmente l'inizio delle rime petrose. Dante manifestò in queste una visione tormentosa e passionale dell'amore, vissuto e concepito questa volta come forza crudele che ferisce e distrugge. Queste poesie costituiscono un elaboratissimo esperimento di metrica e di stile. Il ciclo delle rime petrose ebbe molta importanza per gli esperimenti tecnici e tematici e ancora più che per l'amplificazione del mondo poetico di Dante. In questa fase della lirica dantesca l'amore non era più una dimensione psicologica in cui il libero arbitrio attuava il destino morale e spirituale dell'uomo, ma un campo di agitazioni tormentose da cui l'impotenza morale era sorta come tentazione. Dante uscì da questa fase quando scrisse la Divina Commedia. Contrario alle mire egemoniche del pontefice Bonifacio VIII, si schierò fra i capi di parte bianca e nel giugno del 1300, facendo parte dei sei priori chiamati a governare la città, tentò con i suoi colleghi di reprimere la lotta tra Bianchi e Neri mandando in esilio sette capi di parte bianca e sette di parte nera. Nel 1301 fu tra quelli che si rifiutarono di mettere a disposizione di papa Bonifacio VIII un reparto di cento soldati. Più tardi si recò a Roma in ambasciata presso il pontefice e si trattenne fino ai primi di novembre, mentre il principe francese Carlo di Valois faceva il suo ingresso a Firenze. Dante fu condannato per baratteria ed esiliato il 27 gennaio 1302. I primi dieci anni del suo esilio furono incerti, Dante scrisse due canzoni probabilmente destinate ad essere commentate nei due ultimi trattati del Convivio. La prima giustamente detta la grande canzone dell'esilio presenta tre donne allegoriche che circondano il cuore innamorato del poeta dicendo di essere state abbandonate dagli uomini (Tre donne intorno al cor mi son venute), l'altra canzone parla degli uomini privi di virtù, specialmente degli uomini avari (Doglia mi reca). Fra il periodo delle poesie liriche e la lunga elaborazione della Divina Commedia sembrò svilupparsi una fase di perfezionamento filosofico-letterario e di lavoro prosastico rappresentata dall'elaborazione del De vulgari eloquentia e del Convivio. Il Convivio venne iniziato verso la fine del 1304 e la sua redazione si protrasse oltre la primavera del 1306 prima di arrestarsi alla conclusione del quarto trattato, il De vulgari eloquentia, scritto in latino e quindi destinato ai dotti, fu interrotto nel mezzo del secondo libro. Dante nel De vulgari eloquentia tratta l'argomento relativo all'esigenza di unvolgare illustre, comune a tutte le regioni d'Italia, accanto alla varietà dei quattordici dialetti principali distinti da Dante. Il secondo libro è dedicato alla capacità espressiva e all'uso migliore del volgare nella poesia. L'ampiezza delle notizie filosofiche, letterarie, scientifiche e ancor di più la loro precisione lasciano pensare che Dante avesse a disposizione molti libri e, data la sua condizione di esule, ne deriva la supposizione che egli si trovasse in un attivo centro di studi, forse a Bologna presso l'università. All'età di quarant'anni Dante con un'esperienza di vita intensa, d'amore, di poesia, di cultura e di impegno politico, era stato cacciato dalla città natale, infamato dalle imputazioni della sentenza di bando, con il ricordo di una bella esistenza passata e un futuro politico oscuro. Ci furono tentativi da parte dei fuoriusciti di rientrare a Firenze nel 1302 e nel 1304, entrambi però fallirono. Dante partecipò al convegno dei fuoriusciti tenutosi a San Godenzo in Mugello. La mediazione per rappacificare Bianchi e Neri svolta dal cardinale Niccolò da Prato, inviato a Firenze da papa Benedetto XI, successore di Bonifacio VIII, nella primavera del 1304, fallì. Risale a questo periodo una lettera scritta in latino da Dante a nome degli esuli fiorentini. Niccolò da Prato lasciò Firenze nel giugno 1304 scagliando l'interdizione sulla città, il 7 luglio morì Benedetto XI e tredici giorni più tardi i fuoriusciti fiorentini vennero sconfitti alla Lastra.

 

Fonte: http://dictionario.wikispaces.com/file/detail/dictionario..doc

Autore del testo: http://macosa.dima.unige.it/

 

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